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Autore: Fedora    15/10/2009    2 recensioni
Il mio primo giallo nonche' la mia prima "fanfic" (anche se di fan non ha proprio niente). La detective Elizabeth Boudelaire deve risolvere uno strano caso di omicidio senza tracce. Suspence! Amore! Hello Kitty! E robaccia del genere troverete se aprirete la pagina. Andate in pace.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Victoria e Dalia
senza le quali ne' le ore di matematica
ne' Elizabeth sarebbero le stesse.
Grazie.



John sentiva che quel giorno non era come tutti gli altri.
Si vantava con gli amici al bar di essere un sensitivo, uno che vede i fantasmi, uno che non teme nulla.Veniva spesso assecondato, anche se tutti sapevano che era coraggioso quanto un gatto che si guardava allo specchio per la prima volta. E quel giorno si sentiva proprio cosi'.
Le nuvole formavano una cappa asfissiante, quasi come se ci fosse stato un incendio e, nonostante le previsioni annunciavano allegramente il bel tempo, si sentivano in lontananza tuoni.
BRRRRRM!
John fece un salto di venti centimetri, facendo cadere le buste della spesa e disperdendone il contenuto per tutto il viale. Una vecchietta di passaggio lo osservava con un misto di tenerezza e compassione mentre lo aiutava a mettere dentro le buste di carta  il resto della spesa. Nel quartiere lo conoscevano tutti. Il signor Bottomley lo considerava uno sfaticato e un perdigiorno, la vedova Calamy lo trattava sempre con gentilezza anche se lo disprezzava molto, il signore e la signora Gresham lo guardavano con sospetto e circospezione,tuttavia essi non dimostravano il loro disprezzo vistosamente, al contrario del signor Hutton. Quest'ultimo non sopportava proprio la sua presenza nel quartiere, ritenendola "inquinante e degradante" per il pacifico viale Chesapeake, dove John stava finendo di raccogliere le bottiglie esplose di acqua gassata, mentre osservava ansiosamente la casa di fronte. Li' si trovava la sua dolce Cora, la ragazza di cui era innamorato e per la quale era solamente un amico, ma anche il signor Hutton.
Per lui era un avaro, meschino uomo d'affari, troppo impegnato a far quadrare i conti piuttosto che dare attenzioni alla figlia ormai adolescente. Anche se Cora dava l'apparenza di una ragazza "tosta" e forte, in grado di spezzarti un braccio solo per un semplice accenno alla sua insolita collana di opali o al suo abbigliamento tendente al gothic, era in realta' una ragazza fragile e per certi versi debole. Solo con il suo amico John riusciva ad aprirsi del tutto. Lui era il suo faro e il suo punto di riferimento, checche' ne dicesse il padre.
John mormarava un grazie alla vecchietta, mentre lei annuiva di rimando. John era parecchio imbarazzato e dalle tende bianche poteva intravedere la nuca pelata del signor Hutton e da un'altra casa la signora Bottomley che innaffiava con troppa acqua i tulipani sulla sua veranda. Odiava essere osservato.
Procedette verso il viale e controllo' l'ora. Erano le 19:30. Avrebbe dovuto sbrigarsi o avrebbe perso l'appuntamento. Percorse velocemente il viale, inciampando tre volte nei lacci e nelle crepe, finche' non giunse a casa. Apri' la porta e mormoro' " Ciao...!". Nessuna risposta. Sua madre Eleanor sara' uscita con qualche altro potenziale "padre"...

Usci' di casa verso le 20:00 e si diresse verso casa Hutton. Suono' il campanello una debole prima volta e fu accolto subito dal dolce sorriso di Cora.
" Ciao John! Sei in anticipo! Non ti avevo detto alle 20:15?"
Si senti' esclamare dalla cucina:"Un uomo non in orario non e' un vero uomo!!"
"Zitto papa'!" Cora era l'unica che poteva trattare piuttosto male il padre. Quest'ultimo si scioglieva come burro sul fuoco quando la sua piccola bambina veniva da lui e si pentiva sempre di non dare lei le attenzioni che meritava. Nonostante cio' con gli altri era scorbutico e duro come il ghiaccio, era odiato perfino da sua moglie, che continuava a stare con lui per motivi economici, mentre all'amore ci pensava l'affascinante insegnante di scherma ogni weekend.
Il signor Hutton mugugnava qualcosa mentre si avvicinava ai due ragazzi, ma non disse nulla in presenza di sua figlia. Appena lei ando' in camera con un "Arrivo subito! Aspetta che finisca di prepararmi!", suo padre comincio' a borbottare piu' forte sul sospetto (ed inesistente) odore di John fino a dire ad alta voce: "Secondo me chi puzza cosi'... Deve essere per forza un alcolista! Beve tanto e non conclude niente!" La moglie lo senti' e, rivolgendo gli occhi al cielo, bevve tutto in un sorso il whiskey che aveva nel bicchiere. Lo odiava. Uh quanto odiava quell'uomo. Aveva distrutto i suoi sogni per il futuro quando aveva vent'anni, dandole quella figlia viziata e superficiale, e adesso che ne aveva quarantacinque di anni voleva fargliela pagare. Si servi' un altro bicchiere abbondante e, ridendo senza farsi vedere, pensava a quanto fosse idiota il marito, che in venticinque anni di matrimonio non aveva mai capito che l'unica alcolista era lei. Cora scese dalle scale con uno strano vestito piuttosto lungo per i suoi standard con uno scialle di lana nera che le copriva le spalle bianche. John adorava quel suo candore che risaltava sui suoi vestiti neri abituali, i capelli rossi e profumati che ondeggiavano appena lei si muoveva, quel suo corpo sottile ed esile che nascondeva una forza piuttosto insolita in una ragazza.
"Scusa se ti ho fatto aspettare. Ero indecisa su cosa mettermi." La signora Hutton sbuffo' e bevve ancora.
"Ciao! Io torno verso le 2:30... Non aspettatemi."
"Non sara' un po' troppo tardi coniglietto?" disse il signor Hutton;
Cora ci penso' un po' su e disse: "Nah... e poi la scuola e' finita no? Voglio festeggiare!"
"Va bene ma non tornare troppo tardi"
-E che lo dici a fare?- Fay Hutton sbuffo' troppo.
Tony Hutton la senti' e disse: "Qualcosa non va tesoro?"
"Oh no...niente!" e, sorseggiando il whiskey, guardava sottecchi il marito. Il signor Hutton sussurro' alla figlia:"La mamma ultimamente non la vedo molto in forma..." Fay a stento tratteneva le risate e fini' di bere.
"Uhm... Ok... Allora ciao papa'..." e gli diede un bacio sulla guancia. "Ciao mamma!" La signora Hutton grugni un semplice "humpf", mentre John augurava buona sera e salutava. Uscirono e si diressero verso il viale.
"Secondo me mamma odia papa'..." disse Cora ad un certo punto, sovrappensiero.
John la guardo' con occhi sbarrati: "D...Dici sul serio?"
"Mah...non so... me lo sento."
"Non... non dire sciocchezze!" e inizio' a solleticarle la pancia. Ridendo, si avviarono verso la citta' illuminata dalle luci della sera. John sentiva ancora quella brutta sensazione di prima. E non aveva tutti i torti.

Cora apri' la porta di casa lentamente. Si libero' dai coriandoli della festa e snebbio' la mente dall'alcool. Erano le 3:40.
-Ho fatto tardi...Cavolo!-
Entro' e si tolse le scarpe.Anche se erano quasi le quattro del mattino, era troppo tranquillo. Non sentiva il padre che russava, ne' la madre che si girava e si rigirava nel letto. Era tutto troppo silenzioso. Ma non ci fece tanto caso. Ando' in bagno e si lavo' i denti per eliminare l'acido sapore della birra e soprattutto l'odore. Si svesti' ed entro' nel suo piccolo angolo di paradiso. Indosso' la delicata sottoveste di seta rosa pallido che lei usava come pigiama ed entro' nel letto, addormentandosi. Alle 5:30 si sveglio'.
Aveva voglia di latte.
Percorse il lungo corridoio fino al pianerottolo, scese le scale e giro' macchinamente a sinistra verso la cucina. Entro' ma non accese la luce. Nonostante fosse un mattino di giugno, era buio pesto e Cora inciampo' in qualcosa di morbido. Ma pensando che fosse il gatto Pat, lo ignoro'. Apri' il frigo e la debole luce illumino' un foglio attaccato ad un magnete sul frigo. Cora lo prese e lo lesse alla luce del frigo.


Il telefono squillava ininterrottamente, svegliando Elizabeth.
 Il venerdi' era sacro per lei. Era il suo giorno libero che diamine! E la chiamavano alle 7:30 del  mattino.
Si divincolo' dalle coperte e rispose con un pigro: "Elizabeth Atkinson. Chi parla?"
La voce squillante di Victoria la fece sobbalzare. "E' mezz'ora che sto cercando di chiamarti!! Abbi almeno la decenza di rispondere!"  
"Stavo dormendo" Fece un sonoro sbadiglio. "E poi non ho forse risposto?"
"Si quando sono rimasta per secoli ad ascoltare tutu"
"Bando alle ciance." Si era ripresa completamente. "Che vuoi?"
"C'e' stato un suicidio in Cesapeake Avenue"
Elizabeth trattenne a stento le risate. "Cesapeake?!?!"
La voce di Victoria si fece offesa ed esclamo': " Mica l'ho dato io il nome?!? Muoviti a venire prima che Dalia e la sua squadra levino tutto e tu non puoi vedere con i tuoi occhi quello che ti piace tanto."
"I cadaveri?"
"Esattamente"
"Arrivo"
"Subito!!"
"...Va beeeeeene..." e abbasso' la cornetta.
Era da un po' che non si lavorava su un caso interessante e Elizabeth non vedeva l'ora di vedere questo come era.
Arrivo' 40 minuti dopo. Victoria la guardava furiosa.
"Non fare tanto la pignola... alla fine sono arriva...a...aa...ta" disse sbadigliando.
"Io ti odio."
"Per questo non siamo migliori amiche ma migliori nemiche non credi?"
Sulla bocca di Victoria baleno' un mezzo sorriso, ma si riprese subito. "Vai a vedere subito!"
Elizabeth si diresse dentro la casa. Omini in tuta bianca giravano per casa, mentre una ragazza dai capelli rossi con occhi gonfi di pianto abbracciava un gatto, mentre un ragazzo biondo e piuttosto alto la consolava. I due erano sul divano, mentre su una poltrona era seduta una signora sulla quarantina, piuttosto altezzosa e piuttosto brilla che osservava con circospezione la ragazza e gli omini bianchi. Elizabeth oltrepasso' la scena e ando' in cucina. Li' una ragazza con un fermaglio verde a forma di farfalla e in tuta bianca faceva le foto al cadavere.
-Un uomo grasso...bleah... sulla cinquantina... come tutti ha la capoccia pelata e un coltello ficcato... ah che noia- E sbuffo'.
Dalia la senti' ed esclamo' "Ehi ciao! Era molto in forma eh?"
"Gia'..."  
"Allora?" chiese Elizabeth.
"Maschio..."
"Questo lo vedo"
"52 anni..."
-Urra' ci ho azzeccato-
" Di nome Tony Hutton. Anche se lavorava ancora, era come se fosse stato in  pensione dato che lavorava solo due giorni la settimana. Una vita molto sedentaria e fatta di cibi non molto sani si faceva consegnare il pasto da un fast food..."
"E tu dagli una dieta...no?"
"Ah-ha" replico' sarcastica Dalia."Glielo consegnava un certo Peter Andrew..." Si fermo' e poi disse "Il problema comunque e' scoprire come e' morto"
"Con una coltellata no?"
"Eh gia' perche' da oggi se ti fanno un taglio superficiale al braccio muori nel giro di 2 minuti... no e' morto per qualcos'altro ma a me sembra in salute... Dovra' vedere Vic con l'autopsia... speriamo che scopra qualcosa..."
"Mah... i suicidi ne sanno una piu' del diavolo quando si tratta di morire"
"Elizabeth! Non dovresti dire certe cose!" esclamo' scandalizzata Dalia.
"Dopo una vita fatta di cadaveri ci fai l'abitudine e non ci pensi piu' che sono morti... Pensi che sono ancora vivi..."
Si diresse verso il salotto lasciando Dalia tra i suoi pensieri. Adesso la ragazza con i capelli rossi stava accoccolata con la testa appoggiata sulle gambe del ragazzo. La signora invece aveva lo stesso sguardo di prima. Una folla di curiosi si era affollata davanti i nastri gialli della polizia mentre qualche agente li respingeva con il solito: "Non c'e' niente da vedere gente!"
-Non e' vero...Bisogna vedere tante cose...questa famiglia...questa casa...questi vicini... Non mi piacciono per niente.... C'e' qualcosa di strano...-


Woah... ci ho messo 4 ore per scrivere questo capitolo... e non e' niente di eccezionale! E' un capitolo di introduzione piu' che la vera storia quindi andrebbe letto con attenzione... ho lasciato trapelare troppe cose secondo me pero'. Accidenti! Grazie in anticipo per i buoni commenti e le buone recensioni. A morte chi mi giudica male!!! (Scherzo...oppure no?)
  
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