xAmericanpeople95: Eccomi anche io, ma non sono altrettanto puntuale con gli aggiornamenti XD
Della CP9 non si sa quasi nulla – solo il passato di Lucci -, degli altri invece zero. Quindi, proprio come hai detto tu, largo alla fantasia. (E’ che mi ispirano, sono i miei ‘cattivi’ preferiti, anche se tecnicamente sono i buoni XD).
Adesso cerco la fanfic, è che non sono pratica con Manganet e sono MOOOOLTO lenta a trovarla… Questione di abitudine con EFP XD
Kokitsune si affrettò per i corridoi. Voleva raggiungere Lucci al più presto, voleva capire quel suo essere, perché era sempre così cattivo e insensibile. Finalmente, lo trovò, ma non venne accolta nel migliore dei modi.
Lucci: -Shigan!-
Kokitsune: -Kami e!-
Disse lei, schivando per un pelo l’attacco del ragazzo. Le uniche Rokushiki che conosceva abbastanza bene erano il Geppou e il Tekkai, le altre erano ancora fuori dalla sua portata e avrebbero richiesto ancora anni di apprendistato.
Lucci: -Che cosa vuoi, cagna?-
Kokitsune: -Dirti due paroline, giovanotto-
Lucci: -Cosa puoi avere tu da dirmi, cosa può essere tanto importante da richiedere la mia attenzione? Shigan!-
Kokitsune: -Vuoi combattere? Fatti sotto! Se non mi vorrai ascoltare, dovrò costringerti con le cattive, micino!-
Lucci non le rispose, ma questa volta usò il Rankyaku. Lei schivò e il colpo tagliò in due parte dell’edificio, che tremò e crollò. I Marines urlarono, si precipitarono in giro, cercando di salvarsi. Probabilmente pensavano fosse un terremoto.
Kokitsune: -Hey! Dammi tregua!-
Lucci: -Sei tu che
sei lenta, inadatta, debole. Ripulirò
Kokitsune: -E io ti mostrerò… Kon kon…-
Ma non fece in tempo a finire la frase che venne colpita: uno shigan alla spalla sinistra. Il sangue zampillò dalla ferita e lei gridò, appoggiandosi al vetro di una finestra chiusa. Erano molto in alto, più di venti piani. La base della Marina sovrastava tutta la cittadina, la sua ombra oscurava le case.
Lucci: -Io
purificherò
Un calcio nello stomaco. Kokitsune cozzò così forte da rompere la finestra e cadere giù. I vetri le si conficcarono nella carne, provocandole ancora più dolore. Non sentiva più la spalla, ma vedeva il braccio ricoperto di rosso. Fortunatamente, non aveva sbattuto con la testa. Se lo avesse fatto, sarebbe svenuta e morta in seguito allo schianto a terra.
Kokitsune: -Geppou!-
Le sue zampe sferzarono l’aria, proiettandola verso Lucci, che nel frattempo l’aveva seguita per assicurarsi che cadesse.
Lucci: -Vedo che sai una delle Rokushik…!-
La volpe mutò il suo corpo, perdendo le caratteristiche antropomorfe: il corpo grosso, robusto, come un grosso felino. Il muso era un misto tra un dragone e un leone, con lunghi baffi filiformi di fuoco azzurro, le fauci spalancate e gli artigli protesi in avanti. Il ragazzo, per la sorpresa, non riuscì a schivarla, e sentì le unghie di lei conficcate nei fianchi, attraverso la stoffa dell’elegante vestito nero.
Lucci: -In genere, bestie così grosse mirano alla gola della vittima… Si gioca in due a questo gioco-
Detto questo, si trasformò in leopardo completo. Nonostante la sua età, era grosso quasi quanto Kokitsune. Fu svelto, morse dietro il collo l’altra bestia che ruggì. Si staccò appena in tempo e vide crescere una criniera di fuoco sulla volpe. A intervalli regolari, tornavano nelle loro abituali sembianze per usare il geppou e mantenersi in aria. I Marines, radunati venti piani più in basso, si erano accorti della battaglia vedendo il sangue sul pavimento. Non potevano fare nulla per fermarli.
Kokitsune: -KI MON TON
KOU!-
I pezzi di vetro che le erano rimasti conficcati nella pelle vennero assorbiti, poi sparati come proiettili dal suo corpo. Erano circondati da fiamme, piccole gocce infuocate, che prendevano le sembianze di piccoli demoni. Essi sprigionavano un vapore violaceo, denso, che in poco tempo li rese invisibili. Così era convinta di poter contare sull’effetto sorpresa, ma Lucci le sferrò un altro, potente calcio, questa volta alla spina dorsale. Kokitsune perse il controllo della trasformazione, riprendendo la sua solita forma. Il sangue le sgorgava dalla bocca come l’acqua da una fontana, sarebbe precipitata… Non era più in grado di far nulla. Sentì una mano cingerle la testa. Una grossa mano la cui unghie erano nere e avvolta da pelo giallo e maculato. Il ragazzo, nella forma ibrida, saltò in cima all’edificio della Marina. Trenta piani di altezza. La stringeva così forte da farle uscire sangue ai lati degli occhi, quasi da distruggere il cranio. Lei era immobile, se non l’avrebbe uccisa la caduta, presto l’avrebbe fatto Lucci tenendola in quel modo.
Lucci: -GUARDATE! VI HO FATTO UN FAVORE, ELIMINANDO QUESTO PESO DAL GOVERNO! GUARDATE, QUANTO E’ DEBOLE!-
Gridò, prima di scagliare con forza la volpe giù.
Kalifa e gli altri, nel frattempo, avevano assistito a parte dello scontro, ed erano corsi fuori dalla base appena in tempo.
Kalifa: -KO! RIPRENDITI, O MORIRAI!!!-
Kumadori: -YO YOI! PERCHE’ NON APRI GLI OCCHI? NON MORIRE!-
Jyabura: -Geppou… GEPPOU… DEVO RIUSCIRCI!-
Jyabura riuscì nel suo intento: si era librato in aria, pronto a prendere Kokitsune, che cadeva come un macigno, senza segni di vita, la testa coperta di sangue così come le spalle e le braccia. Gli cadde tra le braccia con tanta forza che lo rispedì indietro con veemenza, cadde a terra strisciando la schiena contro la terra, ma almeno lei non si era fatta (altro) male.
Kalifa: -KO! KO! SVEGLIA! NON SCHERZARE!-
Marine: -CHIAMATE UN DOTTORE! PRESTO!-
Kalifa: -Ko, non morire… TI prego, non morire!-
Jyabura le teneva la testa, sollevata e leggermente piegata, in modo che tutto il sangue che le usciva dalla bocca non la soffocasse. Anche se quasi paralizzata, Kokitsune faceva smorfie di dolore: la colonna vertebrale doveva essersi rotta.
Kokitsune: -Jya… Jyabura…-
Jyabura: -Non mollare! Non devi morire! Hai capito?! Non devi morire!!!-
Kokitsune: -… Sei tu? Mammina… Mammina mia… Dove sei…? Mammina…-
Gli ci volle tutto il suo sangue freddo per non scuoterla, per non stringerla a sé e confortarla, ma le sue condizioni non lo permettevano.
Kokitsune: -… Mammina, quanta… Luce. Dio mio… Perché mi hai abbandonata? Mammina…-
L’ambulanza arrivò subito, ma per i quattro amici sembrarono fossero passate ore.
Ki mon ton kou: Dal giapponese, ‘Cancello dei demoni, fuga’.