Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: theSwamp    24/10/2009    2 recensioni
Renesmee è cresciuta, e della bambina deliziosa che incantava chiunque è rimasto davvero poco, rimane solo una ragazza costretta a vivere una vita sul filo di due mondi totalmente diversi. E arriverà il momento in cui dovrà capire quale sia il vero significato dell'amore.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Renesmee Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Andavamo molto veloci, sulla macchina di Benjamin

Andavamo molto veloci, sulla macchina di Benjamin. Non sapevo ne avesse una. Non pioveva quasi più, ma la strada era bagnata e scivolosa: ma lui voleva riportarmi a casa ad un orario decente, o comunque prima dell’alba. Gli avevo detto che avrei dormito volentieri anche i macchina, i sedili erano enormi e io ero stremata, ma lui aveva insistito per riportarmi a casa. Si sentiva in dovere, non riuscivo a capire perché. Cercai di non addormentarmi per tutto il tragitto, ma era più lungo del previsto, avevo guidato tanto, e a tratti non riuscivo a non chiudere gli occhi. Benjamin era ancora meno loquace del solito perché si era messo in testa che dovevo dormire. Sembrava che da come avesse scoperto che io sapevo chi era, avesse deciso di prendersi cura di me con tutte le attenzioni, come per mettermi in testa il contrario. Non ce n’era bisogno. ggdi prendersi cura di me con tutte le attenzioni, come per mettermi in testa il contrario.tti non riuscivo a non ch

Gli chiesi anche in che perché fosse stato mandato dai Volturi: fu elusivo, ma non troppo. Era evidente che si vergognava, ma allo stesse tempo aveva bisogno di parlarmene. Non ero mai stata una persona particolarmente dolce, delicata e protettiva, ma con Benjamin era tutta un’altra storia. Ogni suo sorriso era una conquista meravigliosa, e quando mi rivolgeva uno sguardo luminoso mi sentivo piena di orgoglio. Erano cose che potevo vedere solo io, un’esclusiva meravigliosa. Quando invece Benjamin era più malinconico del solito, stavo male: annaspavo alla ricerca di qualsiasi cosa potesse aiutarmi a farlo stare meglio, a farci stare meglio. Forse la chiave era stata proprio quella, pensai durante il viaggio. Io ero fatta per amare, non per essere amata, come mi era sempre successo. Sin da prima che io nascessi, le vite di tutti i miei familiari, e non solo, erano girate attorno alla mia in un vortice di emozioni e sentimenti forti e positivi. Spesso ero stata amata più del dovuto. Ma Benjamin era diverso, perché mi amava in un modo tutto suo, differente da quello di tutti gli altri. Non conosceva i suoi sentimenti, e non sapeva come affrontarli, e ne era spaventato. Era troppo riservato e introverso per venerarmi. Se fossi stata meno sensibile alla sua personalità, probabilmente non mi sarei mai nemmeno accorta che si fosse innamorato di me. Non mi aveva mai detto nulla di eclatante, o di rivelatore. Mi era accorta di lui attraverso semplici sguardi, contatti, profumi, espressioni. Eravamo naturalmente compatibili, in sostanza molto simili. Sapevo che mi adorava, e che ero diversa da chiunque altro, e quando mi raccontò di come fosse stato contattato da Demetri, mandato da Aro in persona, e che aveva deciso fosse meglio tacere ed eseguire, e quando mi confessò ridacchiando che inizialmente non gli importava molto della sorte di una mezza vampira sconosciuta, trovai quella storia più che naturale. Gli chiesi se sapeva cosa avevano intenzione di fare, mi rispose che non ne aveva idea. Mi percorse un brivido, alla sola idea dei Volturi: finchè nella storia c’era Benjamin, non vedevo alcun pericolo, ma appena usciva di scena, cominciavo ad avere paura. Per me, e per la mia famiglia, e per i lupi. Era orribile.

Mi diede un bacio sui capelli, vicino all’orecchio.

-Non preoccuparti. Non avete mai fatto niente di male. Cercavano scuse, ma non possono trovarne-

-Te ne andrai?-

-Come?-

-Quando ti diranno che devi andare-

-Devo andare?-. Mi osservò, accigliato. Stava cominciando a prendermi in giro, lo capivo dalle sopracciglia innaturalmente inarcate.

-Sì, non ti sopporto più. Vattene- Ci rimase un po’ male, forse pensava che non sarei stata al gioco. Fece uno strano sorriso tirato, furbo.

-Posso provare a farti cambiare idea?-. Sterzò velocemente l’auto e accostò. Ero ancora un po’ assonnata, e sinceramente non capii subito cosa volesse fare. Almeno fino a quando non sentii le sue labbra percorrere la curva del mio collo, dall’incavo dell’orecchio alla scapola. Capii all’istante, e non mi parve una cattiva idea: cercai di non mettermi a ridere, ma il suo respiro mi faceva il solletico. Cercai di baciarlo, ma le sue labbra sfuggivano sul resto del mio corpo. Volevo togliermi il giubbotto, ma mi tremavano un po’ le meni: mi aiutò lui, in un unico gesto fulmineo. Le sue mani fredde bruciavano sotto la maglietta. Quando riuscii a baciarlo, mi strinsi forte ai suoi capelli, per non farlo andare via, ma di nuovo riuscì a divincolarsi. Lo faceva apposta, era chiaro. Reclinai un po’ il sedile, con la poca concentrazione che mi rimaneva, a approfittai di un momento in cui era tornato a concentrarsi sulle mie labbra per provare a togliermi la maglietta. D’un tratto, si immobilizzò e bloccò una mia mano nella sua. Rimasi lì imbambolata.

-Nessie, vacci piano-

-Perché?- Protestai vivamente, sembravo un bambina che chiede come mai non può sbafarsi un chilo di gelato con gli smarties.  Ero terribilmente ridicola, soprattutto per lui: si allontanò da me ridendo e cercando di rimettersi a posto i capelli con la mano.

-Forse non è il momento migliore, non credi?-

-Ma che stai dicendo?- Mi alzai a sedere, a gambe incrociate, ma mi rifiutavo di alzare il sedile: non aveva il diritto di illudermi così per poi tirarsi indietro. Mi fissava un po’ spaesato, guardandosi attorno, e cercando di non ridere troppo.

-Insomma, non dormi da un giorno, siamo sporchi di fango, accostati sul ciglio di una statale piena di camionisti guardoni, e – alzò l’indice per rafforzare la predica –ti ho appena detto che sono stato mandato qui dai Volturi. E tu vorresti, come dire…sfruttare la notte per altri scopi?-

-Mi hai detto che volevi farmi cambiare idea!-. Speravo che quella storia della protezione e del prendersi cura di me finisse al più presto.

-Bè, scusami se pensavo che bastasse un casto bacetto-

-Casto bacetto? Mi hai succhiata come un lecca lecca!-

Non riuscì più a trattenere le risate, e scoppiò in una risata rauca e profonda che scosse la macchina. Arrossii vivamente al pensiero della cazzata che avevo appena detto. Ero pessima. Non smetteva di ridere e gli diedi uno spintone, imbarazzata.

-Nessie, hai un meraviglioso concetto della sessualità- Continuava a ridere, appoggiato al volante,e d’ogni tanto si voltava a guardarmi, solo per rimettersi a ridere più forte. Non sapevo più da che parte guardare. Scesi dall’auto quando capii che la cosa sarebbe andata avanti per un pezzo. Mi appoggiai alla portiera e misi la testa tra le mani. Ero molto confusa: un minuto prima avrei voluto passare la notte con Benjamin, e non mi importava più niente di niente, e ora mi ritrovavo sul ciglio di una statale a meditare su quanto fossi superficiale e idiota. Forse aveva ragione a ridere tanto. Quando me ne resi conto mi accorsi che nessuno rideva più, e ritrovai qualcuno al mio fianco.

-Tutto bene?-, aggrottò le sopracciglia, confuso. Era tornato lo stesso Benjamin un po’ sulla difensiva di sempre.

-Tu che dici?-. Dalla voce sembravo arrabbiata, ma non ero più nervosa del solito, o almeno così mi sembrava.

-Non volevo offenderti, scusami-. Rimase a debita distanza, sembrava si sforzasse di farlo.

-Perché ti scusi sempre ma non eviti mai di fare delle cazzate?- Sembravo ancora arrabbiata, non era giusto.

-Sono fatto così-, fece una risata amara, portò lo sguardo altrove, anche io mi voltai. Forse era un impressione, ma la notte sembrava un po’ meno scura. Dovevo controllare il cellulare, ci sarebbero state sicuramente delle chiamate perse e dei messaggi. –Ma non voglio che te la prenda-

In un attimo, mi strinse a sé in un abbraccio. Ce ne stavamo lì appoggiati alla carrozzeria della macchina e c’era una pace inaspettata nell’aria.

-Piantala, non sei tu il problema. Puoi ridere quanto vuoi. Puoi anche continuare, se preferisci- Finalmente sembravo un po’ meno incazzata. –Sono un’idiota-

-Questo veramente avresti dovuto dirlo a me-

-Sei un idiota, Benjamin-

-Ah, sto meglio. Sei ancora tu, Renesmee-. Sorrise tra i miei capelli, stringendomi ancora di più. Anche io non riuscii a non sorridere.

-Stavolta hai ragione tu, sono ridicola. Invece di pensare a una congrega di energumeni che vogliono sfasciare la mia famiglia, e alla situazione in cui ci troviamo, e al casino che ho fatto…voglio fare l’amore con te. E’- mi guardai attorno, in cerca della parola giusta –infantile-

Di nuovo nascosi la testa tra le mani, imbarazzata. Mi tolse delicatamente le mani dal volto e mi baciò sulle labbra, dolcemente.

-Non hai fatto niente di male, Nessie. Non puoi farti carico di ogni cosa e pensare che con un po’ di impegno potrai porvi rimedio-

-Che vuoi dire?-, fui io ad aggrottare le sopracciglia, non seguivo il filo. Si strinse nelle spalle, paziente, mentre ancora teneva le mie mani strette nelle sue.

-Dico che è normale che tu voglia fare l’amore con me-

-Però prima non l’abbiamo fatto-. Non doveva essere un’ accusa, ma ne aveva proprio l’aria. Non riuscivo bene a gestire la comunicazione, forse aveva ragione lui e dovevo andare a dormire. Mi guardò imbronciato, di sottecchi, e anche io rimasi piantata lì con un’espressione molto simile alla sua sul viso. Eravamo irritati per motivi diversi.

-Non mi sembrava giusto. Non so se te ne sei accorta, ma non sei molto lucida-

-Sono lucidissima- .Il mio mormorio passò del tutto inosservato.

-E per quanto tu possa mancare totalmente del senso del pericolo, pensavo che ti avrebbe fatto piacere che qualcuno ti ricordasse la situazione incasinata in cui stiamo. Ma non pensavo di farti venire tutti questi sensi di colpa-

-Il tuo ragionamento non fila-

-La mia vita scorre su una sottile linea rossa-

-Oh, per piacere-

-E per quanto io pensi che tu tenda ad essere un po’ troppo spensierata, credo anche che dovresti evitare i tuoi momenti di depressione cosmica-

Continuavamo ad osservarci di sbieco, mentre io tentavo di capire cosa avrei dovuto fare secondo lui. Ci rinunciai quasi subito. All’improvviso mi sorrise e si avvicinò a me, come per mormorarmi qualcosa all’orecchio.

-E poi, oggi ho pensato a una cosa-. Fremetti, sentivo le sue dita percorrere i miei fianchi –Se ti chiedessi di fare le cose…per bene, con me, come la prenderesti?-

Sembrava emozionato, cercai il motivo nei suoi occhi e trovai solo il solito intenso vorticare oscuro. Era più enigmatico che mai.

-Mmh. Spiegati-, non riuscii a celare il dubbio nella mia voce. Lui rimase qualche secondo fermo a pensare, mentre io cercavo di decifrarlo senza successo.

-Diciamo così Nessie: ti spiacerebbe se parlassi con i tuoi genitori?-Istintivamente mi irrigidii: era una prospettiva orribile a priori. Capì che era meglio non interpellarmi e tirò dritto –Io vorrei starti accanto come un compagno, mi capisci?-

Mi ritornò in mente il discorso con Jasper, quel pomeriggio, e sembrava molto lontano. Cercai di schiarirmi le idee, mi massaggiai una tempia.

-Fammi capire. Tu vuoi una roba tipo la benedizione dei miei?-. Trattenevo a stento le risate, cercando di immaginare Benjamin, truce e minaccioso, che cerca di convincere mio padre e mia madre ad affidargli la loro bambina perché potesse vivere con lei un’intensa e appagante vita di coppia. Già vedevo mio padre stramazzare al suolo e mia madre attaccata alla gola di Benjamin come una sanguisuga.

-Una roba così-. Forse ci stava pensando anche lui, alla prospettiva, perché scoppiammo a ridere assieme.

-Non pensavo la vedessi così. Con presentazione ai genitori e tutto il resto-

-Infatti non l’ho mai vista così, prima di tutto perché non ho mai avuto genitori con cui fare i conti-

-Pff-, sbuffai al solo pensiero delle decine di vampire perfette che vedevo con lui, nella mia mente. Dovevo fare chiarezza sulla questione, o prima o poi mi sarebbe scoppiata la testa.

-In secondo luogo, e qui fai attenzione,- cominciò a percorrere con la punta delle dita la linea della mia colonna vertebrale –mi farebbe piacere che la relazione tra noi fosse ufficiale-

-Lo è, gliel’ho già detto io-. Non riuscivo a togliermi dalla testa l’immagine di mia madre che attaccava Benjamin con l’evidente scopo di ucciderlo. Anche lui sbuffò, impaziente.

-Ma non ti fa piacere?-, si allontanò leggermente da me per potermi vedere in faccia. Mi sembrava un po’ deluso, e mi dispiaceva: cercai di dare una risposasse che non suonasse troppo come un “ma che diavolo ti viene in mente”.

-Sì…però preferirei che la cosa restasse tra noi. Non voglio che gli altri abbiano niente a che fare-. alzò un sopracciglio, dubbioso.

-Se loro saranno al corrente, potremmo anche vivere assieme, non ci hai mai pensato?-In effetti non ci avevo mai pensato, e la prospettiva era piuttosto eccitante: per un secondo non pensai a mia madre attaccata alla gola di Benjamin. –Ovviamente, solo se lo vuoi-

Adoravo la sua voce quando era nel dubbio, quando vacillava timorosamente nel tentativo di darsi un tono. Solo io potevo sentirla così. Risi leggermente, perchè non sapevo più come trattenere la gioia: ero felice per quello che voleva fare, ero felice per come me l’aveva detto.

-Dammi un motivo per cui non dovrei volerlo-

-Sei giovane, ci ho pensato-. Sembrava un po’ preoccupato nel dirmelo, quasi temesse che facendomelo notare me ne sarei resa conto anche io.

-Per piacere, Ben. Ragiono come una persona adulta da quando ho sei anni-

-Lo so. Però sei comunque giovane-

-Non avresti dovuto pensarci prima?- risposi acida. Detestavo quando veniva messa in ballo la mia età: ero matura, ero adulta, me lo sentivo. Cosa importava alla fine quanti anni biologici avessi, considerando che la mia vita stessa era un’eccezione a qualsiasi regola della genetica? Lui sorrise e lasciò perdere, era di ottimo umore. E riuscivo anche ad intuirne il motivo. Mi morsi un labbro, estasiata.

-Tu vorresti vivere con me?-

-Sì, ho pensato anche a questo. Ho pensato che forse sarebbe meglio aspettare, vedere come si mettono le cose…in generale, prima di dirti niente- alzò lo sguardo, e mi fissò curioso, in attesa della mia reazione –ma poi non ho resistito. Mi piacerebbe, stare con te. Mi è venuto da chiedertelo, scusami-

E scusarsi di cosa, poi. Forse davvero in noi c’era qualcosa che non andava, in tutta quella fretta che avevamo. Non sentivo di non conoscerlo, né di aver corso troppo, e non avevo rimorsi, con lui, al contrario che con chiunque altro. Forse poteva sembrare stupido e avventato, pensare di passare un’indefinita ed estesa quantità di tempo che si cerca di definire con il sostantivo “eternità”, alla fine abbastanza vuoto e riecheggiante in sé stesso, come una stanza troppo vuota, ampia e disabitata, forse anche asettica, dopo che avevamo passato insieme meno di una settimana. Ma non mi pentivo di niente, e ogni azione con lui, ogni gesto, era perfetto. Era giusto, punto. Non ero mai stata una persona particolarmente sicura di sé, aldilà di ciò che cercavo di ostentare, e ogni decisione era un lungo travaglio che di solito terminava grazie all’intervento di qualcun altro. Con lui non c’erano dubbi. Non dubitavo di lui se mi trattava male, non dubitavo di lui se era stato mandato dai Volturi, non dubitavo di lui se cercava di farmi capire che avrei dovuto rimanere con Jake. E non mi sentivo per niente un’idiota, nel fare tutto questo. Lo sentivo in ogni cosa, che non stavo sbagliando niente. Lo sentivo fisicamente, che non sbagliavo, quando sentivo la schiena tremare, e fremere, come se ogni vertebra stesse per scardinarsi, e quando sentivo che dentro di me c’era qualcosa, un luogo, un pensiero, che gli era sempre appartenuto. Chissà se anche lui le percepiva, queste sensazioni. Forse glielo avrei chiesto, ma non in quel momento.

-Davvero vorresti stare con me?-. mi piacque come si strinse nelle spalle, quasi che fosse una cosa tanto banale da essere più che ovvia.

-Ti porto a casa, adesso. E’ tardi, Nessie-. La sua mano scivolò al mio fianco, e mi condusse fino alla portiera. Salii a bordo, e Benjamin mise in moto. Riprendemmo la strada, e mi sembrava che viaggiassimo più lentamente di prima, e non ne ero dispiaciuta. Controllai il cellulare,e  trovai diverse chiamate perse: non verificai nemmeno di chi, perché già lo sapevo. Mi si chiudevano gli occhi, ero assonnata, stremata e sconvolta.

Ma nel silenzio ovattato dell’abitacolo, rotto con grazia solamente dal rombo gentile del motore e dal ritmo sottile dei nostri respiri, l’emozione che maggiormente mi stravolgeva era sicuramente, e assurdamente, contro ogni giusta ragione, la gioia profonda che provavo al pensiero di non essere sola su quella grande, vecchia terra.

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: theSwamp