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Autore: bravesoul    30/10/2009    0 recensioni
la fic si è classificata prima al contest - Odi et Amo. indetto da Baddy girl mustang e sweetprincess Ma giudicato Ayumi Yoshida^^ Kakashi ed Anko.
Ancora, instancabilmente.
L' Odio e l' Amore, il nero ed il bianco. Una storia che attraversa i secoli, mondi paralleli in fermento ed un unica frase che li accomuna: - Odi et amo.-
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anko Mitarashi, Kakashi Hatake
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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2- Blood, Whispers and every kind of Wounds-

Konoha, villaggio della foglia.

Il sangue cola copioso dalle sue ferite. Il gilet verde da ninja è ormai completamente imbevuto dal suo sangue, che scorre da una ferita profondissima che gli attraversa il torace. Le costole sono rotte in svariati punti. La maschera blu che di solito gli copre il volto fin sopra il naso è strappata, le labbra di Kakashi sono screpolate e spaccate. Il coprifronte sembra essersi perduto da qualche parte nel suo viaggio lasciando scoperto lo Sharingan sinistro, attraversato da una cicatrice lucida e tirata. Sputa sangue che cola lungo il suo collo.

Gli occhi sono spenti come ormai non lo erano da tanto. Lei li aveva illuminati.

Cammina con un'unica meta in testa, strascicando un passo dopo l’altro, appoggiandosi agli alberi della foresta, mentre sa che ogni passo potrebbe essere l’ultimo. Sa che la fine è vicina, ma non verserà alcuna lacrima, mentre la pioggia lo bagna sino al midollo.

Sta finendo, lo sente nelle ossa, lo sente dalle sue forze che scemano sempre di più. Lo sente dagli occhi che non vedono quasi più. La vista si appanna, il cuore batte sempre meno forte.

Sempre meno forte, sempre più debole ed infelice.

Perché mentre si accascia per terra accanto ad una stele che forse porterà inciso il suo nome, pensa che stavolta  qualcuno da perdere ce l’ha.

Anko…

Un sussurro prima del buio.

- odi et amo -

Roma,  200 D.C.

La giovane patrizia dai capelli viola, legati in un’acconciatura piuttosto semplice per il suo rango, guarda,  protetta dalla tettoia riservatale, in quanto nobile romana, lo spettacolo nel circo.

Gladiatori mandati al macello.

Il popolo lo ama, lei anche.

Ama il sangue di quegli uomini tanto virili che colora il terreno sabbioso, ama le gocce di sudore che cadono sul terreno sofferto. Ama le loro passioni, perché in fondo sono un poco barbari e senza regole. Anche lei è in parte barbara, nata non in Italia, ma in Siria da una madre bellissima ed un padre ricco. Ha avuto una vita difficile, prima di godersi la placida calma di una vita da ragazza romana di nobile famiglia, con uno sposo assicurato. Che poi tanto placida non è . Lei nata guerriera, sottomessa ad un uomo che neanche ama e che con la lingua la fa sentire sporca e sottomessa. Lei non è  nata per questa calma,  ma sa che gettare al vento quella benedizione per capriccio e voglia di libertà sarebbe sciocco.

E così invidiaquegli uomini che sputano e combattono su quell’arena sabbiosa. Sangue.

Qualche goccia di pioggia cade, solitaria, tra le sue guance morbide e curate, sbavando sul Kohl nero che le decora gli occhi.

La folla si apre in un boato:nell’arena entra un giovane dai capelli argentati, un celto, dicono quelli sussurrando. Un celto di una famiglia nobile, ma caduta in disgrazia.

Capelli argentati, un elmo in testa che non riesce nemmeno a contenere quella massa di capelli ribelli e lunghi che gli lambiscono una schiena perfetta(,) dalla pelle pallida. Pettorali scolpiti, un torace perfetto sotto una cotta improvvisata. Molte cicatrici. Una spada in pugno, un gladio semplice. Si muove con una fluidità e una rapidità che spinge la donna  a pensare che faccia quel mestiere da anni, anche se non l’ha mai visto. La sua lama pare guizzare ed essere fatta apposta per uccidere, per sopravvivere. Muscoli che si tendono allo spasimo, contratti sotto la pelle pallida e bellissima. Ammazza senza difficoltà, per sopravvivere. In pochi lo feriscono. La donna sussulta quando una lama incide una ferita profonda nella sua coscia sinistra, ma la testa dell’uomo che ha osato tanto vola via. Si getta nella mischia, il sangue che corre imbrattando il terreno. Oh... se l’attrae. Ma è un celto e i celti le avevano distrutto la vita, per quanto potesse sembrare assurdo. Marchiata a fuoco dal loro sacerdote, costretta a torture di ogni genere. Lei odia i celti, soprattutto quelli dalla pelle pallida e i capelli bianchi, come ricordo del ragazzo che l’aveva consegnata senza dubitare di nulla, pensando che le avrebbe salvato la vita.

Il celto li ammazza tutti, le guardie scendono in piazza, il suo elmo vola, rivelando un volto bellissimo, un occhio rosso, attraversato da una cicatrice.

La ragazza lo guarda e capisce, il suo volto si vela di un’espressione di rabbia, ma allo stesso tempo addolcita da qualcosa. - Vita o morte ?!- Domanda stolta; il popolo decide per la sua vita, ma ciò che sorprende la ragazza è quello sguardo, lo sguardo di un uomo che avrebbe preferito morire subito che sopravvivere. Lo sguardo che doveva avere avuto lei anni prima.

La sorprende il fatto di pronunciare queste parole all’orecchio del console romano - Lo voglio. Voglio comperarlo per la protezione di mio marito- Bugia, ma chi se ne frega. Vuole quell’uomo; vuole che sappia cos’è la gabbia.

 

Gli cura le ferite, l’uomo non parla, lei ha una gran voglia di appoggiare le sue labbra su quelle spaccate di lui. Finisce di bendargli la coscia, poi guarda quegli occhi spenti. - Non ti ricordi di me?-

- Dovrei?- Che voce distaccata.

- Non ti ricordi di questo?!- La ragazza si denuda la spalla sinistra, mostrando il tatuaggio, che copre con tanta cura. - Io sono quella ragazza!-

- Anko … - La voce dell’uomo si spegne. – Anko(,) io non avevo idea...-

- Non me ne importa. Come sei finito qui?-

- Mio padre ha tradito il mio popolo ed è stato, no, diciamo che si è suicidato ed io ho dovuto trovare un modo per vivere, e dopo svariate peripezie sono arrivato qui.- La sua voce è distaccata, non mostra la minima emozione nel parlare del suicidio del padre.

- E quella cicatrice?- Gli alza la testa e tocca con dolcezza la cicatrice che gli attraversa lo stranissimo occhio sinistro.

- Il mio migliore amico è morto per colpa mia, e mi ha donato l’occhio prima di morire - La sua voce trema nel proferire quelle parole. Perché le sta dicendo questo? Perché glielo deve.

- Kakashi, mi dispiace- E’ dispiaciuta sul serio.

- Non dispiacertene, è solo un altro rimpianto.-

- Come quello di avermi donata al mio carnefice?!- E’arrabbiata.

- Anko, io non avrei voluto che ti facesse del male, io non sapevo …-

- Io ti odio! Avresti potuto salvarmi!- Lo dice arrabbiata, in modo che si senta in colpa. Le aveva giurato amore eterno(,) eppure non aveva fatto nulla per lei.

- Hai ragione,scusa.- La voce non è minimamente alterata.

- Come solo scusa? Come solo scusa ? Non ti difendi, non fai nulla?-

- Cosa dovrei dire? Che ho tentato tutto? L’ho fatto, ma ho fallito.- Un pugno lo raggiunge in faccia, sorprendendolo.- Dimmi qualcosa, dimmelo!- Lo prende per la tunica e lo strattona, mentre l’uomo si volta, per nasconderle una smorfia che gli attraversa il volto.

- Dio solo sa quanto ci ho provato! Ma ho fallito, lo so. Ma Anko...- Lo sussurra tristemente.

La donna gli dà le spalle.- Ora riposa, domani dovrai iniziare a lavorare.-

L’uomo la raggiunge zoppicando, le si avvicina, a un palmo dalle sue labbra. – Anko,io non ho mai smesso di cercarti.-

- Ma non mi hai trovato, non mi hai salvata e io ti odio, dannato idiota!- Si volta e scappa dalla stanza dell’uomo, sotto lo pioggia del cortile.

Kakashi la rincorre, le viene davanti e la bacia. - Tu potrai anche odiarmi, ma io... non ho mai smesso di amarti.- La bacia ancora.

- Perché lo fai?!-

- Perché sei l’unica che davvero può capire cosa significa essere da soli dentro.-

E bastano quelle parole per farglielo baciare a lungo sotto la pioggia, senza curarsi di essere visti.

Perché ambedue lo sanno, che si amino o odino, non possono vivere l’uno senza l’altro.

La donna si volta, guarda la casa. Sarebbe stata stupida a lasciare tutto per un giovane senza il becco di un talento … ma lei non aveva mai seguito il cervello.

Prende la mano dell’uomo e con un sorriso di sfida dice addio alla placida ed opulenta Roma.

  
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