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Autore: Rein94    01/11/2009    3 recensioni
Sulfus si rende conto dei propri sentimenti per Raf,ma lei è innamorata di Raoul, un terreno... La versione a fumetti si è fermata proprio a questo punto,ed è da qui che parte la mia storia!
[Raf/Sulfus ~ FF Ispirata alla Versione a Fumetti]
Genere: Generale, Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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forbie5 Chiedo umilmente perdono se ho continuato così tardi, ma ho avuto 1 po’ di problemi…bè, allora ecco il capitolo, fatemi sapere cosa ne pensate ^^

Capitolo 5

Raf POV

Ok, ho fatto una scenata quasi…da diavolo direi, e gli ho praticamente urlato contro che mi deve ascoltare. E ora? Cosa gli dico? Sono ingenua, ma non stupida. Non serve a più a niente fingere anche con me stessa. Non voglio dare un nome a questa sensazione, non ne ho bisogno. Mi basta sentire che se non mi è accanto sto male, e che vorrei vedere solo lui, all’infinito. Mi basta sapere che vorrei riempire pagine e pagine di cuori e scarabocchi finché l’inchiostro della penna non finisce; allora traccerò il suo nome con le mie lacrime, fino a che non riuscirò a rendere meno insistente il suo viso nei miei pensieri. Mi basta poter chiamare con il suo nome ogni strada di ogni città, in modo da avere sempre un posto dove tornare e non sentirmi mai persa. Non mi interessa il perché, non mi interessa affatto. Non mi interessa il fatto che siamo…diversi; l’eternità per me è lui, adesso. Lo guardo fisso negli occhi, riesco a vederci il mio riflesso. Rimango colpita per un attimo…quella sono davvero io? Sembro così…umana, e sinceramente non so se la cosa mi dispiace. Voglio dire, i terreni sono fortunati. Non potranno vivere in eterno, ma hanno la possibilità di sfruttare la loro vita al meglio. Possono scegliere a chi voler bene senza paura di essere targati come criminali e allontanati dal loro mondo. Tendo incerta una mano verso di lui, sento come il bisogno di sentire il contatto con la sua pelle, per essere sicura che è reale e che non svanirà al mio tocco come un’illusione. Lui sembra capire le mie intenzioni, e lentamente, come per paura che la magia fra di noi scoppiasse e sparisse come una bolla di sapone, ci avviciniamo. È strano; noi siamo strani. Agli occhi di chi ci guarda, dobbiamo sembrare come minimo fuori di testa. Senza mai staccare lo sguardo l’uno dagli occhi dell’altra facciamo dei piccoli passi tremanti, avvicinandoci sempre più quasi come se fosse una danza. E proprio come in una danza sento il ritmo cadenzato e forte del mio cuore che guida i miei passi, e un ronzio che sa di musica che mi accompagna fino a lui. Dimmi Sulfus; lo senti anche tu? Senti il bisogno di accelerare questa musica, in modo da raggiungermi più velocemente? Vuoi attorcigliare le tue dita con le mie, avvicinare le nostre labbra e baciarmi, far sparire il mondo e i suoi colori e dirmi che ci siamo solo io e te, ora e per sempre? Mi mordo il labbro inferiore, nervosa. Faccio pensieri stile – giuramento – di – matrimonio quando ancora non solo non so cosa provi per me, ma non ti ho nemmeno confessato i miei, di sentimenti. Questa mia paura…la provi anche tu? Ecco, siamo a un passo l’uno dall’altra. Non credo che il fatto che non ci stiamo più urlando contro cambi troppo la situazione; tocca ancora a me a decidermi a parlare. Deglutisco e mi costringo a non distogliere lo sguardo dai suoi occhi ambrati. “Ehm…Sulfus io…” Lui sembra quasi più imbarazzato di me, e cerca di sciogliere la tensione attorno a noi “Che ti prende, angelo? Non dovevi…parlarmi?” non perdo nemmeno tempo ad arrabbiarmi, ormai lo so com’è fatto. E poi quello che devo dirgli è troppo importante, lui è troppo importante per permettermi di perderlo così. “…tu mi…” Sento il rumore di qualcosa puntato per terra, e istintivamente distolgo lo sguardo da Sulfus per puntarlo verso l’origine del rumore. La punta di uno stivale che ticchetta nervosamente a terra. Alzo lentamente lo sguardo fino al lungo vestito attillato, e comincio ad avere un nodo in gola. Le braccia severamente conserte, il collo rigido. Qualche ciuffo rosso e ribelle che cade sulle spalle, in contrasto con la pelle cinerea e con la bocca violacea. Un sorriso ironico appena accennato, sovrastato da un paio d’occhi acuti e gelidi. Riabbasso lo sguardo sulle labbra della donna, che cominciano a muoversi. Ho paura. Cerco di capire cosa sta dicendo ma ho paura, come se un improvviso senso di vertigine mi travolgesse fino a farmi sentire le gambi molli e non in grado di sostenere il peso del mio corpo. Percepisco indistintamente qualcosa passarmi davanti e dirigersi verso la professoressa. Lentamente, come se le mie orecchie e il mio cervello funzionassero a scoppio ritardato, comincio a rielaborare le parole della donna “Voi due avete parlato abbastanza, anche troppo direi. Muoviti Sulfus, è ora di andare” Una volta fissato il concetto bene in mente, sento il rumore di uno sportello che si chiude, e comincio a correre. Esco, e mi trovo davanti all’autista della macchina che ha appena chiuso il suo sportello. Sulfus sta per entrare seguito dalla professoressa Temptel. Se non mi sbrigo lo perderò, e non me lo posso permettere. Se urlassi il suo nome magari si volterebbe e si fermerebbe prima di salire, ma ho la gola secca e non sono sicura di poter contare sulla mia voce. L’autista mette in moto, ora o la va o la spacca. La Temptel si accorge di me, e fa una smorfia seccata. Sulfus sembra notarla, e esce dalla macchina nella quale stava per entrare completamente. La donna lo spinge dentro mentre lui cerca di opporre resistenza. Cavoli, sono così vicina…allungo una mano nella speranza di incontrare la sua, e vedo che anche lui fa lo stesso. “Si sbrighi, metta in moto la macchina!” L’autista ubbidisce impassibile, e la macchina comincia ad andare lentamente mentre Sulfus e la Temptel continuano a lottare. Lo sportello sta per chiudersi, e cerco inutilmente di accelerare la mia corsa. Non ce la faccio a raggiungerlo, sono esausta. Però non posso fermarmi, non prima di averglielo detto. “Sulfus!” la mia voce stridula e ansante per colpa della corsa riecheggia nell’aria. “mi…MI PIACI! …IO TI AMO!” sento lo sportello sbattersi con forza e cado a terra esausta, strisciando i gomiti e le ginocchia sul selciato, mentre la macchina sparisce all’orizzonte.

Sulfus POV

Cavolo, cavolo, cavolo. Conficco le mie unghie sul dorso della mia mano, cercando di sfogare la rabbia. Cavolo quanto sono scemo, cavolo quando odio questa macchina, cavolo quanto odio il sorrisetto strafottente della Temptel, seduta accanto a me. Cerco di controllare il mio tono di voce; non voglio dare alla strega la soddisfazione diabolica di farmi soffrire così tanto. Aumento la pressione delle unghie sulla mia pelle, e faccio un sospiro cercando inutilmente di calmarmi “Posso muovermi ora?” mi rendo conto da solo che tutti i miei propositi sono stati vani, dato che solo ascoltandomi si capisce che sto per esplodere “Siamo in macchina,no? Ora può anche togliermi questo…questo…” Calma Sulfus, controllati. “…questo stupido incantesimo!” Ok, non è proprio il massimo, ma in confronto alle parole che volevo dire sembra quasi che le abbia regalato un mazzo di fiori. Lei si gira verso di me con una lentezza esasperante, e fa un piccolo sorrisetto sarcastico “Mi dispiace Sulfus, ma credo che dovrai rimanere immobile per un po’. Saresti benissimo in grado di fiondarti fuori dalla macchina, e noi non vogliamo rischiare che tu ti faccia male, giusto?” Scusami tanto, brutta strega, ma sinceramente non mi sembra proprio che ti dispiaccia così tanto. E se vogliamo parlare di dolore, portandomi via mi stai uccidendo. Scema, crudele, insensibile. E ora anche assassina. Un bel curriculum, complimenti; sei un diavolo in piena regola. Brava. Vuoi un applauso per il tuo spettacolo? Scusami, sai, se non mi sto divertendo. Rivolgo lo sguardo verso il finestrino e cerco di concentrarmi sulle sagome degli alberi e del grattacieli sfuggenti. Sento un magone allo stomaco, e capisco che la macchina si sta alzando in volo. La mia visuale si alza sempre di più; ora mi basterebbe mettere una mano fuori dal vetro per toccare le nuvole; tutto questo, ovviamente, se potessi muovermi. La macchina si ferma di scatto, ma solo per cominciare una discesa vertiginosa subito dopo. Le altre volte che sono tornato a Zolfanello City, a questo punto del tragitto, avvertivo l’adrenalina e l’ebbrezza della velocità, ora sono solo nauseato. Sai, angelo? Mi hai davvero shockato, ci sono rimasto di sasso. Mi aspettavo tutto, tutto tranne questo. Non riesco bene a capire se sono felice perché anche tu mi ami, o se sono disperato perché non posso più vederti. L’insieme è una specie di sapore amaro in bocca, unito al battito irregolare del cuore e alla voglia di vederti. …sai? Non so bene se ti credo. Se tornassi e ti vedessi avvinghiata a quel terreno non so cosa farei. Se il tuo sguardo fosse freddo e il tuo cuore non volesse accettarmi, finirei in pezzi. Tu sei così ingenua…se una mattina ti svegliassi e scoprissi di non amarmi più, me lo diresti o soffriresti in silenzio? Non lo so; sul serio. Sei di nuovo nella mia mente. Ti vedo mentre corri, ti vedo mentre mi chiami, ti vedo mentre cadi. Sei veloce, lo sai? Stavi quasi per raggiungermi…scusami per non essere riuscito ad afferrare la tua mano. La tua voce era così disperata, così spaventata…ci tenevi così tanto a farmi restare? Attraverso lo specchietto ho visto l’ultimo sguardo che hai rivolto alla macchina prima che il tuo corpo perdesse le sue ultime energie e cadesse a terra. Ti sei fatta male? Chi è che sta curando le tue ferite? Le tue ultime parole mi risuonano nella mente. Ma sul serio ti piaccio? Io?! Un diavolo? Uno stupido egoista come me che non riesce a rinunciare al tuo sorriso, ai tuoi occhi, alle tue labbra, ai tuoi capelli…? Sul serio io merito il tuo amore? Appoggio la testa contro il finestrino ghiacciato, e abbasso le palpebre per qualche secondo. Faccio una piccola risatina sommessa e triste…quanto tempo abbiamo sprecato...Io credo che infondo…voglio fidarmi di te. Voglio fidarmi del tuo sguardo ferito e del tuo respiro ansante, voglio credere alla tua voce rotta dalla paura e del sangue uscito dalle tue sbucciature. Voglio credere nel tuo amore, così come tu dovrai credere nel mio, appena potrò dirtelo. Voglio credere che sorrideremo tenendoci per mano come gente normale e che cammineremo in mezzo alla strada senza doverci più nascondere. La macchina si ferma di colpo, e riapro svogliatamente gli occhi. Vedo la portiera aprirsi, e lo sguardo vigile della prof mentre scendo dall’auto. “Bentornato a Zolfanello City, Sulfus” cammino mestamente, ma non abbasso il capo; io non voglio avere più niente da nascondere.
Aspettami angelo, perché tornerò sicuramente.

FINE 5° capitolo!
  
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