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Autore: _ayachan_    10/11/2009    1 recensioni
Diciassettesimo secolo, campagna italiana. Un villaggio indipendente viene requisito da un signorotto locale in cerca di una roccaforte da cui affrontare un avversario in battaglia. La popolazione, impiegata nella costruzione di un’estenuante quanto inutile trincea, sembra essersi arresa all’inevitabile, ma l’arrivo di un ambiguo gruppo di ribelli che dicono di lottare per un generico ideale di libertà interrompe il monotono tran-tran della vita di sempre...
Aspettiamo tempi migliori o lottiamo per crearli nel presente?
Questa storia si è classificata prima nel contest "Dal film alla storia" indetto da DarkRose86 sul forum.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Inverno-2
Inverno

La primavera arriverà










Capitolo Secondo

Tempo variabile





Quando gli uomini del villaggio si svegliarono senza udire lo scroscio della pioggia credettero di essere ancora addormentati. Da settimane erano abituati al mormorio dell’acqua, un mormorio foriero di disperazione e malattie, e pensavano che allo spuntar del sole sarebbero stati lieti e liberi.
Invece si scoprirono soltanto sgomenti: se il tempo volgeva al bello gli uomini del signore non avrebbero lesinato la frusta per farli lavorare più duramente. A che serviva la speranza del cielo azzurro se i loro piedi affondavano ancora nella schiavitù?
Lorenzo e Lia, allo scoprire il terreno umido e non fradicio, si trovarono inaspettatamente eccitati. Il giorno previsto per la rivolta iniziava sotto i migliori auspici, e speravano che un raggio di sole avrebbe risollevato gli animi dei compaesani.
Uscirono di casa prima dei genitori, nascondendo in fondo alla coscienza la delusione provata davanti allo sguardo del padre, e sgattaiolarono guardinghi fino alla stalla.
Ad aspettarli trovarono Falco, il Baio e altri tre dei loro uomini, con gli stomaci già pieni ed espressioni insolitamente nervose. Il loro entusiasmo si smorzò nell’aria pesante della piccola riunione.
«Che succede?» domandò Lorenzo.
«Niente» rispose Falco, mentre gli uomini alle sue spalle si scambiavano sguardi furtivi. «Allora, come vi sentite?» continuò con un ampio sorriso.
Lia e Lorenzo ricambiarono, di nuovo alleggeriti, e comunicarono con orgoglio di essere pronti ed entusiasti. Rividero tutti insieme i dettagli del piano, mentre gli uomini del villaggio li raggiungevano, e si fecero in quattro per rasserenare gli animi inquieti. L’assenza di pioggia era vista come un cattivo auspicio, ma Falco convinse tutti che i contadini lo avrebbero poi interpretato come un segno della divina Provvidenza.
Poco prima dell’alba si separarono, dandosi appuntamento per l’ora di pranzo. Se l’ingranaggio fosse stato bene oliato, quella sera la maggior parte di loro si sarebbe nuovamente incontrata.
Altrimenti, si sarebbero rivisti al Giudizio Universale.

Il cielo era ancora coperto di nubi, ma oggi era distante e chiaro. Nembi più scuri attraversavano i campi, innocui, e di tanto in tanto una chiazza soffice lasciava passare un pallido raggio di sole.
Nonostante i timori dei contadini, anche le guardie del Signore furono liete del cambiamento, e premiarono sé e i braccianti con una minore sorveglianza. Riuniti in gruppetti sereni, le fruste posate a terra e le mani sui fiaschi di vino, ridevano e si curavano dei lavoratori solo se li coglievano a riposare troppo a lungo.
Da un lato la scarsa vigilanza dei militari li avrebbe aiutati a sopraffarli, pensò Lorenzo; dall’altro, la momentanea tolleranza poteva infiacchire le motivazioni della rivolta. Perché gli animi riottosi non si placassero, tra un carico e l’altro, si impegnò a diffondere un mormorio contrariato: loro sgobbavano ancora, e le guardie si sollazzavano; almeno prima erano tutti sotto la pioggia, ma ora a soffrire erano soli. Sperò che le sue parole attecchissero, ma non poteva esserne certo.
Quando il chiarore fu massimo gli uomini furono mandati a pranzo. In quel breve lasso di tempo tutti furono informati della rivolta, e Lorenzo sapeva con assoluta certezza che solo dopo la zuppa avrebbero capito se avevano possibilità di riuscita.
Mangiò il suo pasto senza sentirne nemmeno il calore, continuando a scambiare sguardi tesi con Lia. Il resto della famiglia sorbì il brodo in silenzio, apparentemente ignaro di ogni cosa, ma quando il rumore dei cucchiai che grattavano il fondo della ciotola tacque, Lorenzo prese la parola.
«La rivolta è prevista per oggi» annunciò rigidamente. «Io e Lia combatteremo per la libertà. Se voi... se voi deciderete di non partecipare, capiremo. Siete molto indeboliti, era già previsto che alcuni non avrebbero potuto lottare...
«Però... padre, madre, nonni... C’è un favore che vi chiediamo: non abbattete i morali dei giovani; non disilludeteli, non fiaccate le loro speranze. Non incatenate il loro coraggio. Se non siete d’accordo, se il vostro mal pensiero vi fa scuotere la testa, allora scuotetela dietro la porta; perché chi è là fuori è disposto a sacrificare la propria vita anche per voi, e se quel sacrificio si rivelerà vano, la sua sofferenza raddoppierà nel constatare la scarsa fiducia riposta in lui o lei.
«Per favore, non uccidete le nostre speranze ancor prima che si siano formate.»
Nessuno, quando lui tacque, aprì bocca. Nessuno alzò lo sguardo. Il padre portò la ciotola sul tavolo e lì la abbandonò, andando poi a sedersi nell’angolo più lontano. La madre, a testa china, gettò uno sguardo sfuggente ai figli.
Lorenzo strinse le labbra.
«Lia, andiamo. Spero che torneremo.»
Insieme, mano nella mano, uscirono.

«Hai paura?»
«Perché lo domandi?»
«Ti trema la mano. O hai paura, o sei arrabbiato.»
Lorenzo sorrise a malapena, mentre lentamente si avviava alla stalla sul retro.
«Non lo so» rispose. «Credi che nostro padre e nostra madre agiranno come li ho supplicati di fare?»
«Se io fossi in loro, non avrei nemmeno un’esitazione.»
«Ma tu non sei un buon giudice; tu sei già della causa!»
«Certo. E Falco mi ha anche dato il nome: Genziana, come un fiore che lui dice cresce ai piedi dei monti, sfidando le altezze e il freddo con una grazia e una bellezza che...» arrossì leggermente. «Ma non è questo il punto. Il punto è che là dentro... ecco, sembravi quasi lui. Falco. Insomma, è stato molto strano... Lo sai com’è, che quando parla ti convince in meno di un istante... Tu sei stato così, là dentro. E sono convinta che i nostri genitori non siano in grado di resisterti quando parli in quel modo, e che nessuno, in verità, sia capace di farlo.»
Lorenzo la scrutò perplesso.
«Dici davvero?»
«Perché mentire, ora?»
Lorenzo scrollò le spalle. «Voi femmine siete abili ingannatrici, lo sanno tutti...»
«E voi maschi una manica di allocchi. Lo sanno tutti
Lorenzo si concesse una breve risata, e nel raro chiarore del meriggio Lia pensò che era uno strano ragazzo, per metà bambino spaventato e per metà eroe. Non aveva gli occhi chiari di Falco, né la barba virile del Baio o il coraggio feroce di Lupo, ma brillava quanto loro.
Forse era per quella ragione che Falco aveva tanto insistito perché lei lo convincesse a partecipare.
«Lia» la voce di lui la distolse dai suoi pensieri. «Voglio che tu sappia una cosa: sono contento di non essere solo, come i primi giorni. Sono contento che tu sia al mio fianco, e che ci siano anche gli altri. Comunque vada, sono contento.»
Non la guardò, forse imbarazzato, forse commosso, forse vago.
Lia aumentò la stretta sulla sua mano, e poi la sciolse.
Erano davanti alla porta della stalla.

Gli uomini c’erano tutti, determinati come non mai.
Le loro famiglie avevano abbracciato la causa; amici e vicini, nella maggioranza, anche. La paura era tanta, le certezze poche. La speranza strabordava.
Falco aveva parlato con ardore, entusiasmo, coraggio. Li aveva spronati e li aveva incitati, li aveva spinti a combattere e morire, ma mai arrendersi. Gli uomini, alle sue parole, avevano iniziato a risplendere di luce riflessa.
Lorenzo fu sicuro che ce l’avrebbero fatta; nessuno poteva pensare il contrario davanti a Falco.
Lia, al suo fianco, era una donna innamorata e folle d’entusiasmo. A suo fratello sarebbe piaciuto vederla felice; ma sapeva che avrebbe significato non incontrarla più, a meno di non unirsi ai ribelli e seguire il futuro cognato...
Scacciò il pensiero. Doveva occuparsi del villaggio.
Le ultime parole, le ultime pacche sulle spalle, la conta dei forconi e poi gli auguri.
Erano pronti.
Uscirono dalla stalla tutti insieme, separandosi rapidamente per raggiungere le rispettive famiglie. Falco, il Baio e i tre uomini che erano con loro strinsero la mano a Lorenzo e si allontanarono da soli, scomparendo in una viuzza laterale.
Lui e Lia si guardarono un’ultima volta.
«A più tardi» sorrise lei, sempre così entusiasta e ottimista.
«A più tardi» ricambiò lui, senza sorridere, serrando le nocche sul manico di legno.
E si separarono.

Quando videro il primo forcone le guardie abbandonarono i fiaschi e la frusta scambiandosi sguardi attoniti. Increduli, tastarono la cintura alla ricerca delle spade e sbatterono gli occhi come ubriachi in preda a un’allucinazione.
«Che state facendo? Tornate a lavorare!» gridò uno.
La folla radunatasi ai piedi della trincea non si mosse né rispose. La luce grigiastra del cielo aumentava le ombre sotto i loro occhi, le piaghe sulle loro mani e le loro stesse dimensioni. Un pugno di soldati mezzi brilli contro un centinaio di contadini induriti da fame e fatica.
«Noi siamo uomini liberi!» gridò Lorenzo, in prima fila. «Questo è il nostro villaggio! Tornate da dove siete venuti!»
Un urlo selvaggio si sollevò alle sue spalle, dagli uomini che agitavano i forconi nell’aria. Le guardie arretrarono inciampando, guardarono la Rocca con timore e ansia.
«Corri a chiamare rinforzi!» ordinò il capitano delle guardie a un subordinato. Quello si voltò goffamente e corse via, subito seguito da un forcone che rimbalzò sulle sue caviglie.
«Fermatelo!» strillò qualcuno tra i contadini.
«Non ce n’è bisogno» li rassicurò Lorenzo.
In quel momento dalla cima della Rocca un filo di fumo iniziava ad alzarsi verso il cielo, partendo proprio dall’armeria del Signore. Falco e il Baio avevano fatto bene il loro lavoro. Mentre la giovane guardia correva su per il sentiero, gli altri tre ribelli lo intercettarono e bloccarono a terra, tappandogli bocca e occhi.
Lorenzo fissò dritto in viso il capitano delle guardie, che nonostante il pallore restava ritto e li sfidava.
«Il tuo signore ti paga quanto vale la tua vita?» domandò impietoso.
L’uomo digrignò i denti e sembrò perdere tempo in calcoli.
«Ci ucciderete?» ringhiò.
«No. Ma ci assicureremo che siate abbastanza lontani per non interferire.»
Le spade delle guardie tintinnarono a terra, e furono nascoste nella casa più vicina. I militari si lasciarono spogliare delle altre armi e della cotta di cuoio, poi furono affidati al cospicuo gruppo delle donne, che aveva l’incarico di accompagnarli nella foresta.
«E se veniamo a sapere che avete torto un solo capello a una moglie, una figlia o una sorella, vi sgozzeremo e squarteremo il vostro cadavere per i cani.»
Lorenzo stupì anche sé stesso con la crudeltà delle sue parole. Si giustificò dicendosi che era solo una minaccia, ma al contempo si sentì infervorato e coraggioso come un veterano alla millesima battaglia.
La sua sicurezza diede al popolo coraggio e arroganza a volontà, tanto che iniziarono a proporre di assalire la Rocca.
«Non c’è fretta! Verranno loro da noi!» gridò Lorenzo, additando la fortezza ormai preda delle fiamme. A quella distanza vedeva dei puntini frenetici che si agitavano attorno all’incendio, e si chiese se il fuoco sarebbe arrivato alle polveriere o meno.
Allo stesso tempo vide anche la colonna di soldati che scendeva dalla collina.
Il vocio dei contadini si smorzò, le mani si serrarono con più forza sui manici sudati dei forconi. Il numero dei militari era di poco inferiore al loro, ma se Falco non aveva mentito c’erano delle trappole ad accoglierli sul cammino.
Il primo grido giunse fino alla trincea, quando almeno tre uomini delle file d’avanguardia caddero su un fossato nascosto, slogandosi qualche articolazione. La rabbia di chi seguiva, però, fece aumentare la velocità della colonna, e nemmeno la frana di fango che si abbatté su un fianco del gruppo riuscì a rallentarli.
«Loro sono soldati, e sono armati» gridò Lorenzo. «Ma noi lottiamo per la nostra vita e le nostre famiglie! Noi siamo disperati! Non abbiamo nulla da perdere!»
Di nuovo, il grido della folla gli riscaldò le spalle e il cuore. Anche quando i militari li raggiunsero i contadini continuarono ad agitare i forconi e lanciare invettive; ma, a sorpresa, il loro comandante fermò il gruppo e si fece avanti.
Lorenzo, d’istinto, lo imitò.
«Quel è la vostra offerta?» domandò stringendo il forcone.
«Quale offerta?» replicò il militare, sprezzante. «Siete fortunati che non uccidiamo dieci di voi per quelle stupide trappole lungo il cammino e per questo ancor più idiota tentativo di rivolta. Ci siamo fermati unicamente per chiedervi di levarvi dai piedi. Non siete voi ad interessarci, e se resterete in mezzo al campo di battaglia a creare intralcio verrete falciati senza pietà: stiamo aspettando il drappello del marchese della Ginestra.»

La gonna di Lia si strappò tutta sul fondo, impigliandosi tra i rovi e gli altri cespugli spinosi. Da bambina aveva amato correre per i campi e arrampicarsi sugli alberi, ma, crescendo, il decoro e gli abiti scomodi le avevano imposto altri ritmi, e aveva perso l’allenamento.
Inciampando sulle radici sporgenti e graffiandosi il viso con i rami più bassi, ansimava e attraversava la foresta al massimo della velocità. Doveva raggiungere Lorenzo, e doveva raggiungerlo in fretta, o la rivolta si sarebbe trasformata in una carneficina!
Un ramo le schiaffeggiò il viso, riempiendole gli occhi di lacrime.
Falco... Falco doveva saperlo...

La folla mormorava.
Un uomo era stato mandato in cerca di Falco, mentre Lorenzo manteneva lo status quo, ma l’incertezza aveva fatto scemare l’entusiasmo. Persino il cielo sembrava essersi abbassato sul villaggio, e in lontananza si sentiva tuonare.
Il capitano delle guardie del Signore non era un uomo paziente. Aveva concesso una manciata di minuti ai contadini per prendere una decisione, tuttavia la sua spada sguainata la diceva lunga su quanto fosse disposto a concedere proroghe.
Lorenzo aveva raccolto attorno a sé gli uomini che avevano parlato con Falco, chiedendo la loro opinione. Da cinque persone interrogate, erano uscite sei diverse proposte, la maggior parte delle quali prevedeva un’onorevole ritirata. Un paio di persone avevano suggerito di combattere e, se necessario, morire, ma lo sguardo di una larga parte della folla diceva che ormai avevano perso il coraggio.
Temporeggiava. Sperando nell’intervento di Falco, Lorenzo cercava di prendere tempo e rimuginava ossessivamente sulla notizia che il marchese della Ginestra fosse alle porte. Le sentinelle dei ribelli avrebbero dovuto prevederlo. Avvisarli. Ora che ci pensava, gli uomini nella stalla quella mattina erano sembrati più nervosi del solito...
...Tradimento?
Perché i ribelli lottavano? Quale guadagno ne traevano?
Liberando poveri contadini dall’oppressione di ricchi signori avrebbero ricavato al massimo un sacco di grano. Ma se, per ipotesi, avessero creato disordini in un villaggio per indebolire un nobile a favore di un altro...? Un altro che li avrebbe pagati con moneta sonante, magari? Falco, Falco era bravo con le parole. Diabolico. E lui all’inizio non si fidava di quell’ammaliante sconosciuto, non si fidava per niente...
«Il tempo è scaduto!» annunciò il capitano delle guardie, facendo trasalire Lorenzo. «Toglietevi dal nostro cammino, o vi faremo togliere a forza!»
L’uomo mandato in cerca di Falco non tornava; la Rocca, in cima alla collina, ardeva in un alone aranciato che ricordava l’alito di drago delle leggende.
Guardando i volti di chi gli stava attorno, Lorenzo si rese conto che il peso della decisione gravava interamente sulle sue spalle, e se ne sentì schiacciato.
«Lorenzo! Lorenzo!» chiamò una voce acuta, sovrastando il ronzio allarmato dei contadini. Tra i forconi e le casacche si fece avanti una figura secca e disordinata, che sotto i rametti e il sudore si rivelò essere Lia. Prima di riprendere fiato cadde tra le braccia del fratello, accolta da mormorii inquieti e occhiate oblique, ma si riprese prima di riuscire a reggersi davvero in piedi.
«Lorenzo... Lorenzo... C’è un esercito, appena fuori dal villaggio! Vogliono attaccarci! Non possiamo combattere contro due eserciti, non possiamo, non possiamo...» balbettò aggrappandosi ai suoi abiti.
«Lo sappiamo già» rispose lui sottovoce. «Ci hanno informati.»
«Cosa facciamo?» gli occhi di Lia erano ormai gonfi di lacrime, il suo gioioso ottimismo evaporato come rugiada al mattino. «Dov’è Falco?»
«Falco probabilmente ci ha traditi.»
«No!» Lia curvò la bocca in un’O curiosamente perfetta. Lo stupore durò solo un istante, subito dopo fu seguito da una furia che Lorenzo aveva visto poche volte prima. «Tu menti! Non ci avrebbe mai mandati al macello! Deve essere un errore!»
«Vuoi dire che le sue sentinelle non si sono accorte dell’esercito che arrivava?» sbottò lui. «E i suoi uomini dove sono? Dovevano aiutarci!»
Lia scoppiò in singhiozzi contro il suo petto, perché il pensiero del tradimento era venuto anche a lei, già nella foresta, ma sentirlo dalla bocca di un altro, di un altro che amava e di cui si fidava, era la conferma che non avrebbe mai voluto ricevere.
Lorenzo guardò la folla in trepidante attesa.
Ormai c’era una sola cosa da fare.
«Ritiriamoci.»

Una grandiosa rivolta. In campo ideali di libertà, coraggio, fede, speranza; decine di uomini e donne, tutti mobilitati per la causa; un capo, una testa calda dal cuore coraggioso, un ragazzino che si credeva eroe ma aveva troppa paura per andare avanti da solo. Un mentore. Un maestro carismatico scomparso nel momento del bisogno. Una ragazza innamorata, tradita e delusa. Decine di volti sconfitti. Una disperazione più profonda della notte.
Questo il bilancio di una settimana di sofferenze e speranze. Questo l’epilogo di un’impresa forse superiore alle proprie forze. Questa, in definitiva, la conclusione di un sogno troppo ambizioso.
Questo poteva essere.
Ma Lorenzo non era d’accordo.






- Fine secondo capitolo -



NEXT: Temporale primaverile












Tipico: il primo capitolo in straordinario anticipo, i seguenti in straordinario ritardo.
Meno male che sono solo tre.
Chiedo scusa se non ho molto da dire in questo momento, ma ho un esame tra due giorni e attualmente ho passato tutto il pomeriggio davanti al pc... A meno che io non riceva un'illuminazione divina durante la notte, mi conviene per lo meno finire di leggerli i libri, giusto?
Se, metaforicamente parlando, Dio m'assiste, l'ultima parte arriverà in tempi umani.

hotaru: innanzitutto grazie per aver commentato! :-) Le domande che mi hai posto erano esattamente quelle che speravo di aver suscitato, mi fa piacere che siano arrivate a qualcuno! ^_^ Riguardo a Falco e ai suoi ribelli, credo che l'enigma sia ancora più oscuro dopo la fine di questo capitolo... ma nel prossimo avrà la sua naturale soluzione. Fosco è, in effetti, il protagonista, e dunque almeno un po' di fascino volevo darglielo (per quanto ami anche i classici protagonisti un po' scemotti...), così ho optato per il soprannome che hai visto. L'osservazione sulle donne... eheh, purtroppo è vero sì! XD Siamo creature volubili e appassionate... (e questa da dove mi esce?) Grazie ancora per aver commentato, un saluto! :-)

  
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