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Autore: Atlantislux    22/11/2009    5 recensioni
[Gundam SEED] Pensava che il passato non l’avrebbe più tormentato. Si sbagliava. Perché le bambole da guerra, anche se rotte, trovano sempre qualcuno che le aggiusti.
Genere: Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Irreparabile'
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Memorie



San Diego, 15 dicembre, 81 C.E.


Nicol aveva atteso fin al momento del trasbordo sul volo di linea civile che lo avrebbe riportato a San Diego, prima di aprire la cartelletta che Athrun gli aveva consegnato.

Non era riuscito a spiegare a se stesso l’impulso che lo aveva portato a chiedere al vecchio amico una copia delle foto che conservava di lui, ma adesso era lì, su un volo strapieno di vacanzieri, con tra le mani tutto quello che Athrun era riuscito a racimolare che gli potesse ricordare chi era.

Nicol fissò la plastica azzurra della copertina, senza avere ancora il coraggio di aprirla. Non è che non si rammentasse la sua vecchia vita, ma si era così impegnato a staccarsi da essa che oramai gli sembrava come se fosse l’esistenza di qualcun altro; qualcuno più gentile, più sorridente, più innocente di quanto lui non fosse.

Sospirò, tamburellando nervosamente le dita sul fascicolo, indeciso se fare davvero una cosa del genere o se liberarsene, una volta atterrato, nel primo cestino dei rifiuti.

Accarezzò il bordo della cartelletta, lentamente. Perché doveva avere più paura di quello che c’era lì dentro, rispetto a tutto ciò che aveva affrontato negli ultimi anni?

D’impulso improvvisamente la aprì, arricciando il naso davanti al contenuto, che Athrun gli aveva consegnato dicendo semplicemente che era da parte sua, Yzak e Dearka.
Nicol si sentì improvvisamente accaldato, e fu certo che non si stava affatto ammalando.

Ma come avete potuto tenervi tutta questa spazzatura?’ pensò, incredibilmente sorpreso e colpevolmente compiaciuto. Perché mentre lui si era impegnato a dimenticarli, e a torcerne il ricordo in modo che rimanessero solo quelli che l’avevano tradito e preso in giro, adesso si rendeva conto di quanto fortemente gli amici avessero invece cercato di serbarlo nella loro memoria.

Avevano conservato non solo le foto, ma stampe di email che si erano scambiati, un terribile richiamo scritto che l’Ufficio del Personale Militare di ZAFT aveva inviato a lui e a Dearka per essere rientrati tardi da una licenza, e persino la carta di una caramella che aveva dato ad Athrun proprio prima del suo ultimo scontro con lo Strike.

Nicol prese tra le dita l’involucro, che era stato religiosamente piegato in mezzo al resto dei documenti.

Se la ricordava bene. Ad Athrun piacevano le caramelle, eccetto quelle al gusto anice. Ma quella mattina a Nicol ne era rimasta solo una in tasca proprio di quel sapore, visto che era riuscito a mangiarsi, per il nervosismo dell’imminente battaglia, tutte le altre. Così, quando Athrun gliene aveva chieste, era stato costretto ad offrirgli solo quella all’anice, che l’amico aveva accettato con una smorfia, facendolo promettere, ridendo, che quando sarebbero tornati Nicol per punizione avrebbe dovuto comperargli ben due pacchetti di quelle alla ciliegia, le sue preferite. Una promessa che il giovane pianista non era riuscito a mantenere.

Nicol si rigirò la carta tra le dita, sorprendendosi di come una cosa così stupida e frivola potesse commuoverlo così tanto.

La mise giù, sbirciando il resto dei documenti. In fondo trovò una copia di spartiti di pianoforte. Anche quelli sapeva benissimo cos’erano; era una composizione breve, che aveva messo insieme in fretta, tra una battaglia e l’altra, niente di che, solo qualcosa per tenersi in allenamento.

‘Theme of Tears’ l’aveva chiamata, in onore di tutti quelli che aveva visto morire sui campi di battaglia.(1)

Capovolse uno dei fogli, guardando quasi con sospetto quelle note meticolosamente vergate sul pentagramma. Erano anni che non suonava, e non era proprio sicuro che sarebbe riuscito a farlo di nuovo.

Poi, raccogliendo finalmente tutto il suo coraggio, aprì una busta dove Athrun gli aveva detto che erano conservate le foto.
Tirò fuori la prima, osservandola con distacco quasi clinico. Il suo gruppo era ritratto nel giorno del loro diploma all’Accademia di ZAFT.(2) C’erano proprio tutti: Athrun, Dearka, Yzak, Rusty, Miguel, Matthew… e poi c’era lui, il più giovane e sorridente della combriccola, con quel cappello che ricordava troppo grande per la sua testolina.

Ne prese un’altra, scattata durante un’esercitazione all’aperto, qualche mese prima del diploma. Sogghignò a ricordare la prima notte passata con tutti e tre i suoi compagni di corso. Yzak e Dearka l’avevano preso in giro a non finire per il suo fare poco marziale ma, davanti ad un giornaletto pornografico estratto da Dearka, Yzak aveva finito per difendere i suoi occhi innocenti.(3)

Se non era quella la prova che non mi odiava davvero…’

Le ultime due foto, quando le estrasse, gli fecero aggrottare le sopracciglia. In una vestiva la divisa amaranto degli assi di ZAFT, e salutava compitamente l’obiettivo. Nell’altra invece indossava un bel vestito nero, elegante, con una gerbera arancio all’occhiello, e stringeva in mano uno spartito(4); si ricordò che era stata scattata dopo l’ultimo recital che aveva tenuto su PLANT, qualche settimana prima di tornare sulla Terra ed uscire per quell’ultima, disgraziata missione.

Girò entrambe le immagini, che sembravano essere state conservate con particolare cura.

‘In memoria di Nicol Amalfi, amatissimo figlio, valoroso soldato’ trovò scritto sul retro, poche parole seguite da due date. Quella della sua nascita, e quella della sua morte. Leggendole, Nicol non si meravigliò che i suoi amici avessero in così tanto conto quelle foto; erano state di certo distribuite al suo funerale.

Guardò il volto del ragazzo ritratto, e poi alzò gli occhi verso il proprio, riflesso nel finestrino dell’aereo.

Aveva conservato ben poco dell’aspetto paffuto che aveva a quindici anni. Non gli zigomi pronunciati, le guance rotonde e, soprattutto, non lo sguardo: serio, determinato e tranquillo. Quelli erano gli occhi di chi ha tutta la vita davanti, sa quello che sta facendo, ed è convinto che tutto andrà bene.

Nicol si passò nervosamente una mano tra capelli. Come aveva fatto a pensarlo davvero? Nemmeno quando Rusty e Miguel se n’erano andati aveva creduto fino in fondo che qualcosa di male sarebbe davvero potuta accadere a lui o ad Athrun. Nell’incoscienza propria dell’adolescenza, coniugata con la fiducia totale nelle capacità della sua unità, Nicol aveva realizzato l’entità del proprio errore solo quando aveva visto la spada dello Strike calare verso di lui, sapendo che nulla avrebbe potuto fermarla.

La sua attenzione ritornò sulle foto.

No, quello non poteva essere lui. A lui non poteva essere capitata una cosa così brutta e crudele.
‘Dimenticati di tutto. Non sono io, non gli somiglio nemmeno’ tentò di convincersi, trovando comunque inaccettabile il pensiero di non avere più nulla in comune con il giovane pianista.

Si chiama schizofrenia, Nicol.’

Gli avevano detto che non avrebbe mai superato davvero il momento dell’incidente. E non si stupiva per niente che si sentisse così male, dopo tutto quello che era successo negli ultimi giorni; nonostante gli anni di analisi e le medicine, Miguel stesso aveva avvertito lui e gli altri partecipanti alla missione che sarebbe stato psicologicamente problematico essere di nuovo calati in una realtà che avevano rimosso.
Lasciò cadere le fotografie sul resto dei documenti. E Desiderò di non averle mai guardate. Di non avere mai aperto quel plico. Di non avere mai chiesto nulla ad Athrun.

“Ma, allora, che cosa sarebbe valso farsi quasi picchiare da Yzak?” mormorò a voce bassissima.



Scese dall’aereo in fretta, dirigendosi quasi correndo verso l’uscita. Era ansioso di rivedere la sua compagna.

Come tutte le volte in cui ritornava da una missione, Cecilia lo stava aspettando, un po’ in disparte rispetto al resto dei passeggeri.

La vide subito in mezzo alla folla, alta ed esile, con gli scuri capelli ricci perennemente disordinati e selvaggi. Poteva al massimo essere definita graziosa, ma a Nicol il suo aspetto non interessava. Non si era innamorato di lei per quello, ma per la sua personalità testarda e combattiva, per il suo umorismo a volte un po’ macabro, e perché c’era sempre stata quando aveva avuto bisogno di lei; lo aveva accudito come una madre, era stata la sua migliore amica, la sua prima amante, e aveva rischiato di morire per un suo errore. Nonostante l’avesse incontrata in circostanze tanto tragiche, lui non rimpiangeva che fosse successo.

La vide cominciare a sorridere non appena si accorse della sua presenza, e portarsi le mani sui fianchi.

La raggiunse abbracciandola.

“Sei bellissima” le disse, e ci credeva davvero. Soprattutto quel giorno, dove si era truccata e indossava un vestito azzurro, invece dei soliti jeans e felpa che erano il suo abbigliamento abituale.
In tutta risposta, lei lo strinse un po’ più forte, dandogli un lieve bacio sulle labbra.

“Grazie… bentornato” gli fece ridendo. Forse era solo la sua impressione, ma a Nicol sembrò che Cecilia fosse molto più felice del solito che fosse rientrato.

“Tutto bene il viaggio?” gli chiese.

Impossibilitato a parlare in pubblico, Nicol le fece solo un breve cenno della testa.

“Sì, ti dirò tutto a casa.”

“Perfetto. Andiamo allora. Anch’io ho qualcosa da raccontarti.”

“Cioè?”

“Usciamo e te lo dico.”

Raggiunsero il parcheggio, quasi deserto in quel momento, e Cecilia si appoggiò contro la fiancata della loro macchina.

Il sorriso della donna era decisamente pronunciato. “Ci trasferiamo!”

Sul momento Nicol non riuscì a capire perché quella dovesse essere una buona notizia. Per ragioni di sicurezza avevano cambiato casa decine di volte negli ultimi anni, e di tutti i posti San Diego era quello che lui preferiva. Aveva sperato che si sarebbero fermati più a lungo.

Lei dovette intuire il suo scontento perché, come faceva sempre quando voleva tirarlo su di morale, gli toccò la punta del naso con il dito indice.

“Non fare quella faccia. Questa volta è diverso. Traslochiamo perché ho ricevuto un’offerta di lavoro. E Miguel è d’accordo che io l’accetti. Anzi, dice che sarà un bene per noi avere qualcuno là dentro. E poi lui e Lorran verranno con noi.”
“Là dentro dove?”

Cecilia disse la cosa che lui meno si sarebbe aspettato. “A Morgenroete. Andiamo a vivere ad Orb.”

Nicol la guardò stranito.

Orb? Come Orb? Miguel sa benissimo che Athrun è là. Che ha in mente?’

“C’è qualche problema?”

“No, assolutamente nessuno” mentì lui, sorridendo di nuovo.

Io e Miguel dobbiamo fare un discorsetto.’
Lei non sembrò convinta, e lo fissò come se nascondesse qualcosa. Poi, indicò la cartelletta azzurra che Nicol ancora stringeva.

“E quella?”

L’ultima novità gliel’aveva quasi fatta dimenticare. Il Coordinator la guardò, esitando all’ultimo momento.
Avrebbe potuto inventare qualunque cosa sulla persona la cui vita era conservata tra quei fogli e in quelle foto. Avrebbe potuto raccontare a Cecilia che era suo fratello, un suo caro amico, un parente lontano. Con Athrun davanti, aveva avuto lo strano impulso di riacquistare il suo passato, ma in quel momento gli sembrò improvvisamente assurdo. Perché avrebbe dovuto? Che cosa c’entrava quello che faceva adesso con il suo passato? Che cosa c’entrava Cecilia?
La fissò. Lei non aveva la minima idea di chi fosse stato, di che faccia avesse avuto, di chi erano stati i suoi amici. Soprattutto, lei era innamorata di una persona che dieci anni prima non esisteva.

La conosceva bene, e aveva intuito il perché, subdolo e stravagante, lei si trovasse cosi bene con lui e i suoi compagni, e come mai avesse sviluppato un sentimento così forte nei suoi confronti. Ma, e il contenuto di quella cartelletta lo provava, lui dopotutto non era in fondo niente altro che un semplice essere umano, seppure geneticamente perfezionato. E se non gli fosse piaciuto?
Prese un bel respiro, e decise di tentare la sorte. Non aveva mai affrontato quell’argomento con Cecilia fino in fondo, forse era ora di farlo.

E poi andremo ad Orb, e ci sarà più di un’occasione di incontrare Athrun. Non posso continuare a fare finta di niente o impazzirò davvero.’
Senza una parola, le allungò la cartelletta. La osservò aprirla, e sfogliare i documenti incuriosita. La busta con le foto attirò subito l’attenzione della scienziata. Cecilia ne estrasse una a caso, pescando quella dove lui era in uniforme. Aggrottando le sopracciglia la guardò a lungo, poi la girò.

“Quindici aprile…” mormorò, leggendo la data della sua morte.

Cecilia spalancò gli occhi, impallidendo all’improvviso. Alzò verso di lui il viso stupito, decorato da una smorfia infelice.

“Allora non era veramente la data del tuo compleanno?”

Nicol scosse la testa. “No. Io sono nato il primo di marzo.”

“Già, c’è scritto qui…”

L’attenzione della scienziata ritornò sulle foto, per poi dare un’occhiata veloce allo spartito che faceva capolino da sotto il resto dei fogli. Quando tornò a guardarlo, la smorfia si era tramutata in un sorriso molto dolce, che stemperò immediatamente la tensione tra loro.

“Eri un bel ragazzino, e avevi così tanto talento.” Chiuse la cartelletta e allungò una mano.

“Mi sa che dobbiamo rifare le presentazioni. Piacere, Cecilia Jesek.”

“Nicol Amalfi” rispose il Coordinator, ignorando la mano e abbracciandola direttamente, mentre ringraziava silenziosamente gli amici che, senza saperlo, avevano sistemato un altro tassello della sua vita scombinata.



Orb, 15 dicembre, C.E. 81


Dopo tutto quello che aveva passato in quegli ultimi giorni, Athrun si concesse finalmente di rilassarsi solo quando fu sulla navetta privata che l’avrebbe riportato ad Orb.

Il giorno prima aveva salutato Nicol, consegnandogli la cartelletta con tutto ciò che lui, Yzak e Dearka erano riusciti a racimolare, e aveva dovuto trattenere le lacrime quando si erano salutati. Si era reso conto che, con ogni momento che passavano insieme, Nicol ritornava ad essere sempre di più il ragazzo che ricordava, lasciando cadere la sua facciata di algida indifferenza; Athrun era certo che, se avessero avuto la possibilità di frequentarsi, Nicol non gli sarebbe più sembrato così alieno come quando l’aveva rivisto per la prima volta. Ma le loro vite si erano oramai divise, e all’Ammiraglio di Orb non era sfuggito che, mentre lui aveva dato a Nicol tutti i suoi recapiti, compreso il suo numero privato di casa, l’altro gli aveva consegnato solo un biglietto da visita con un numero di cellulare, pregando di chiamarlo ad ogni ora, se avesse avuto bisogno di lui.

Ripensando alla scena, Athrun si strofinò gli occhi, ancora disagio come qualche ora prima.

Ti vorrei rivedere, ma spero tanto di non avere mai la necessità di ricorrere al tuo aiuto professionale, se così vogliamo chiamarlo.’

Il giorno prima a PLANT era anche sbarcato Kira che, dopo una visita a Lacus in continuo miglioramento, Athrun aveva letteralmente rapito per raccontargli tutto. Avevano passato la notte a parlarne, insieme ad Yzak e Dearka e, alla fine, Kira aveva contattato Erica Simmons a Morgenroete per avere la sua opinione.

Abbandonando ogni pretesa di addormentarsi, perché aveva fin troppo a cui pensare, Athrun sospirò, riaprendo gli occhi ed estraendo dalla borsa il palmare sul quale erano conservati i materiali che la Simmons gli aveva spedito.

Incredibile come fosse sviluppata l’intelligence di Orb durante le guerre tra PLANT e la Terra e, soprattutto, quanto fossero estesi gli interessi di Morgenroete, anche al di là di quello che era auspicabile per un’azienda con base su un territorio neutrale. Ma suppongo non dovrei stupirmi, visto che ai tempi loro erano solo un contractor privato che agiva indipendentemente dal governo di Orb.’
Il direttore di Morgenroete gli aveva raccontato che durante la guerra del 70 C.E. erano stati contattati dall’Alleanza Terrestre per sviluppare insieme un progetto chiamato S.T.O.R.M., progetto che poi era stato lasciato cadere in favore della costruzione dei Mobile Suit della serie GAT.

S.T.O.R.M. Synthetic Technology On Regenerating Machines’ lesse Athrun sul palmare. Macchine rigeneranti. Curioso modo di definire gli esseri umani. Erica ci disse che i primi esperimenti di impiantare dei supporti bionici a dei soldati dell’Alleanza erano stati tutti un fallimento, per cui, per quello che ne sapeva lei, il progetto era stato abbandonato.’

Athrun strinse i denti. ‘E invece no. Quei bastardi avevano evidentemente continuato i test sui nostri soldati, ecco perché Nicol non ha voluto dirmi nulla su chi gli aveva fatto quelle cose terribili. E chissà se durante la successiva guerra non li hanno poi usati contro di noi. In teoria nel 73 C.E. le unità STORM dovevano già essere pienamente operative.’

Il giovane Ammiraglio maledisse l’Alleanza, ancora una volta, dopo tutti quegli anni. E cominciò a capire come mai Nicol avesse voluto dimenticare il suo passato con loro, su PLANT.

Cosa avrei fatto io, se mi fossi risvegliato in un incubo del genere, senza avere la possibilità di tornare a casa, e trattato come una cavia dai miei carcerieri? Non avrei cercato di dimenticare che una volta era stato felice, invece di aggrapparmi a ricordi che non mi sarebbero stati di nessuna consolazione, e a memorie di una vita alla quale non potevo più tornare?’
Adesso gli era tutto chiaro. L’aria sconsolata del suo vecchio amico, il perché l’avesse trovato così cambiato e, soprattutto, perché gli fosse sembrato così felice, ma anche stranamente ansioso, quando il giorno prima gli aveva consegnato la cartelletta con le foto e tutto il resto.

“Lo spero davvero, Nicol, che tu possa superare le tue paure e riconquistare il tuo passato” mormorò, sperando di rivedere il suo amico finalmente sereno.

Poi chiuse gli occhi. Il comandante aveva appena annunciato l’inizio della discesa verso l’atmosfera terrestre e, come tutte le volte, Athrun si scoprì in trepidante attesa di rivedere la sua famiglia.



Le procedure di atterraggio gli sembrarono lunghissime e, non appena il portellone si spalancò, Athrun si gettò quasi giù dalla scaletta. Cagalli l’aspettava poco distante, davanti alla limousine del Capo di Stato di Orb. Questa volta, era venuta a prenderlo personalmente.

Si gettarono l’uno tra le braccia dell’altra, mai come quella volta ansiosi di stringersi e accertarsi che l’altro stesse bene.

Quando la giovane lo guardò, nei suoi occhi dorati albergava un indicibile sollievo.

“Sei tornato” gli disse, e la frase in sé lo fece sorridere.

“Pensavi di no?”

Lei corrugò le sopracciglia, scoccandogli un’occhiata minacciosa. “Ho avuto qualche timore, stavolta, visto la facilità con la quale ti cacci nei guai.”

“Ti preoccupi troppo” le fece per cercare di rabbonirla, scompigliandole i capelli biondi. “Le mie donne mi sono mancate.”

“Anche tu” lei gli rispose semplicemente, con un lieve sorriso e passandosi il dorso della mano sugli occhi. Erano arrossati, segno che non doveva aver dormito molto in quegli ultimi giorni o che doveva aver pianto a lungo. O tutte e due le cose.

“Che cosa è successo?” aggiunse poi, e Athrun per un momento pensò di non dirle nulla, di risparmiarle quella storia atroce.

Ma lo sguardo inquisitorio della giovane gli fece capire che non avrebbe potuto nasconderglielo per molto, perché Cagalli gli avrebbe estorto la verità in ogni modo. E lui era certo che, in futuro, le strade sue e di Nicol si sarebbero di nuovo incrociate.

Le sorrise, quindi, prendendola per mano e portandola verso la macchina.

“Accomodiamoci allora, te lo racconterò per strada.” Athrun scosse le spalle. “Mi spiace, non è un bel racconto.”

“Però, da come sembravi sollevato ieri sera in video, immagino che abbia un lieto fine.”

Il giovane si bloccò, pensandoci su un attimo. Poi, un sorriso gli illuminò il viso.

“In un certo senso” le rispose.


Fine


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(1) Questa bella composizione per piano la potete ascoltare qui http://www.imeem.com/cryorazor/music/Jox92FBQ/kakijima-shinji-nicols-piano-theme-of-tears/
(2) http://img152.imageshack.us/i/macintoshhdusersqdeskto.jpg/
(3) Qui mi sto riferendo ad una deliziosa storia scritta da Shainareth sulle avventure in campeggio dei quattro Rossi. Filate a leggerla, è bella! http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=431018&i=1
(4) http://yfrog.com/2mthemeoftears1j



Ebbene, abbiamo finito, per ora. Il mio scopo di riunire il Team La Klueze è quasi raggiunto perché, da brava fangirl, è questo che avevo in mente sin dall'inizio. XD Scusate ma questi quattro disgraziati sono adorabili insieme, non ne potevo mica lasciare uno morto, non vi pare? Restate comunque sintonizzati, ci potrebbe essere presto qualcos'altro in arrivo! ^^

Come al solito, tantissime grazie a Shainareth, che corregge tutti gli errori che faccio, a Solitaire, che mi ispira con i suoi commenti lapidari, e a Lil_Meyer alla quale devo l'idea originale di questa storia.
Un grazie sentito anche a quelli che sono passati di qui e, in particolare, a quelli che mi hanno lasciato un commento. Rispondo a quelli del capitolo precedente qui; scusatemi ma in questi ultimi giorni il tempo è stato davvero limitato

Gufo_Tave Grazie per le tue parole, sono contenta che questa storia non sembri banale, anche se, sinceramente, trovo il lieto fine abbastanza scontato. Non che abbia mai pensato di fare altrimenti, perché avevo pianificato fin dall'inizio di far riappacificare i ragazzi, ma se davvero Nicol avesse fatto una strage, forse quella sarebbe stata una vera sorpresa per tutti XD
Solitaire La faccenda del wireless mi è venuta in mente in corso d'opera. Dai, mi sembra logico che se questi riescano a scaricare dati siano anche in grado di passarseli tra loro. Okkei, deve fare un male del belino, ma sai che bello spettegolare con i tuoi amichetti senza che nessuno se ne accorga? ;)
MaxT Sì, il piano di Nicol e Riko sarebbe stato interessante da sviluppare, ma veniva un po' lungo da inserire, e non sapevo nemmeno bene dove. Purtroppo, nell'economia della storia ogni tanto bisogna rinunciare a qualcosa. Grazie per le tue belle parole!

  
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