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Autore: Ninfea Blu    16/12/2009    7 recensioni
Salve a tutte. E' la prima volta che scrivo in questa sezione, ma sono affascinata dal personaggio del dottor Cullen, che trovo complesso e interessante, quindi ho voluto provare. Attraverso questa ff, affronto una tematica che mi interessa molto. Ho cercato di rispettare il personaggio e di svilupparlo raccontando la sua esistenza e le sue esperienze.
2° cap - "Mio padre: mi era capitato di pensare a lui... mi chiedevo come avesse reagito alla mia scomparsa, se mi avesse fatto cercare."
5° cap - "Heidi mi inquietava; era un misto di grazia ultraterrena unita a una fisicità fatta di carne e sangue. Sentivo nei suoi confronti una specie di repulsione che si mischiava all'attrazione."
9° cap - "Il mio incontro col destino avvenne una fredda mattina di febbraio, con la luce chiara che entrava attraverso la finestra del mio studio e illuminava il volto delicato di un'umana, una donna che all'epoca era la moglie di un altro uomo."
Non so se la dicitura spoiler sia corretta, di fatto non è una if. Accetto consigli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Heidi, Tanya, Un po' tutti | Coppie: Carlisle/Esme
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Precedente alla saga
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3 - In viaggio.

3 – In viaggio.

 

 

 

Vagai attraverso le foreste del Nord Inghilterra per un po’, ma ogni tanto mi avvicinavo alle città, quando sentivo la necessità di soddisfare certi bisogni legati al mio spirito; dovevo coltivare la mia interiorità, educare il mio pensiero al raziocinio se non volevo essere sopraffatto dall’istinto, che in me era ancora troppo forte. Sentivo il bisogno impellente di ampliare i miei orizzonti e la mia mente.

Forse inizialmente fu un modo per vincere la solitudine che sentivo sempre più pressante, e i primi tempi ne trassi notevoli benefici; leggere e apprendere nuove verità e scoperte, mi faceva evadere un po’dalla realtà e mi faceva sentire quasi normale.

Il fatto che fossi diventato un vampiro non implicava che non dovessi più preoccuparmi di conservare un comportamento umano, e fortunatamente avevo mantenuto in me un vivo interesse per la conoscenza; mi erano sempre interessate le arti, le scienze e in particolare la medicina. Presi a leggere testi di anatomia. La decisione di diventare medico arrivò solo dopo in un secondo momento, all’inizio era pura curiosità.

Divenni un assiduo frequentatore di biblioteche ed ero sempre molto attento a nutrirmi adeguatamente, prima di mettere alla prova i miei istinti; essere a stretto contatto con gli umani era per certi versi, ancora faticoso, ma lentamente stavo imparando. La prendevo come una sorta di espiazione per ciò che ero diventato e sopportavo di buon grado, perché sarebbe stato molto più terribile per me, cedere alla mia natura e lasciarmi trascinare da essa.

Mi avrebbe annientato una possibilità del genere.

Per fortuna sono sempre stato ostinato.

Tentavo di convincermi che se ero riuscito a resistere fino a quel momento, potevo continuare su quella strada, perché ero su quella giusta. A volte era difficoltosa, ma sentivo che dovevo perseverare, perché se c’era una possibilità di salvezza per la mia anima, ammesso che ne avessi una, era in quel modo che potevo trovarla.

Ero fermamente convinto che se avessi fatto il possibile per essere migliore di ciò che ero, avrei potuto salvare me stesso.

Seppur incredulo, mi rallegravo del fatto che i miei sentimenti non sembravano affievolirsi, anzi erano se possibile ancora più potenti, come se fossero in qualche modo rapportati alla mia forza straordinaria.

Io continuavo a provare delle emozioni molto umane che in alcune situazioni affioravano con prepotenza; ad esempio, se vedevo qualcuno che stava male, ero preso dalla smania di riuscire ad aiutarlo, e Dio sa se in quei tempi, la morte e la sofferenza cogliessero gli uomini molto più velocemente attraverso innumerevoli malattie che non davano scampo: peste, colera, vaiolo, sifilide, c’era solo l’imbarazzo della scelta, e le epidemie erano eventi assolutamente naturali che mi ero e mi sarei trovato spesso ad affrontare.

Resistere al sangue poteva essere una tortura, e mi ci volle quasi più di un secolo per diventare indifferente all’odore, ma di fronte alle varie piaghe dell’umanità mi sembrava che fosse tollerabile.

Se ero davvero una creatura senz’anima, cosa di cui dubitavo, non avrei dovuto provare nulla del genere, meno che mai la compassione, quindi doveva essere giusto ipotizzare che quel mio sentire provenisse dal mio spirito.

O qualcosa di assai simile.

Ragionando e riflettendo sul concetto, mi convinsi quasi totalmente di questo.

Dovevo essere nel giusto.

Fu una convinzione che lentamente mi fece rinascere a nuova vita, mi portò a sperare di non avere perso tutto.  Certo, continuavo a disprezzare la mia natura oscura, ma forse iniziavo a conviverci, ad accettarla almeno in minima parte.

In fondo, non è un po’ quello che fanno tutti gli uomini, vivere con le loro debolezze, con le loro pulsioni più bestiali senza lasciarsi sopraffare da esse? Senza farsi dominare?

Era quello che stavo cercando di imparare a fare io. Stava diventando una sfida con me stesso e dovevo vincerla.

Per dominare una natura quasi incontrollabile, tanto potente e selvaggia, occorreva un tempo quasi infinito, un tempo che i comuni mortali non avevano, ma io sì.

Forse per questo a quelli come me era stata concessa l’eternità.

In futuro, sarebbe stata proprio la mia natura a consentirmi di salvare con prontezza molte vite umane, usando le mie capacità sensoriali; l’olfatto mi avrebbe fornito preziose e tempestive informazioni sulla salute dei miei pazienti, perché le cellule di un corpo umano malato, hanno un odore diverso da uno sano e questo mi avrebbe consentito diagnosi precoci e più precise.

Quell’energia misteriosa che mi aveva generato come male assoluto, l’avrei plasmata in una sostanza benevola. Ma sarebbe passato un tempo lunghissimo prima di arrivare a un simile controllo.

 

Prima di lasciare per sempre Londra avevo cercato altri vampiri, per tentare di capire come fossero, se vivevano i conflitti che vivevo io, ma scoprii che erano solo dei mostri dominati unicamente dai loro impulsi. Si erano abbruttiti e involgariti, e non facevano nulla per tentare di migliorare la loro condizione di reietti; erano interessati solo al sangue umano e nient’altro.

Non avrebbero potuto darmi ciò che cercavo; qualcuno con cui confrontarmi, che mi facesse vedere uno spiraglio di luce in mezzo alle tenebre che stavo attraversando.

Per questa ragione decisi di andare in Francia e attraversai la Manica a nuoto.

 

Dal punto di vista intellettuale la Francia era un paese che poteva offrirmi molti e nuovi stimoli; lì proseguii i miei studi, coltivai i miei interessi artistici e la mia curiosità. Erano gli inizi del ‘700 e la società francese era decisamente più libera di quella inglese, meno bigotta e dai costumi più disinvolti e frivoli. Mi avvicinai un po’ di più agli umani, cercando di confondermi con loro, aiutandoli per quanto riuscivo, ma non potevo ottenere quella vicinanza e compagnia che cercavo. Riuscivo a camuffarmi dietro i miei occhi che per fortuna avevano perso quel colore rosso vermiglio inquietante delle origini, ed erano mutati in un colore castano dorato più rassicurante, eppure a volte mi pareva di percepire una paura indefinita negli uomini che incontravo, come se inconsciamente qualcosa dicesse loro che non erano al sicuro con me nei paraggi.

Fu in Francia che conseguii la mia prima laurea in medicina; studiavo di notte, non avendo bisogno di dormire e durante il giorno svolgevo un’ attività di traduttore che mi permetteva di mantenere una parvenza di esistenza comune e decorosa.

A volte la sete si faceva sentire prepotente; quando coglievo un profumo più invitante del solito, il veleno inondava la bocca e allora dovevo allontanarmi velocemente, per evitare di distruggere tutti gli sforzi che avevo fatto fino a quel momento. I miei successi erano altalenanti e ciò contribuiva a minare il mio precario equilibrio, sempre in bilico su quel filo sottile e fragile che era la mia volontà. Certi pensieri cupi e rossi di sangue mi assalivano ancora, facendo vacillare pericolosamente la mia resistenza, rendendomi profondamente insicuro e timoroso di perdermi.

Così a volte, avevo la sensazione di tornare indietro e le conquiste che avevo fatto sembravano annullarsi: era una lotta estenuante fra due esseri opposti che convivevano forzatamente dentro di me, che avrei dovuto sostenere ancora a lungo e il mostro molto spesso ruggiva e reclamava violentemente i suoi diritti.

Ma non so dove, per fortuna trovavo sempre la forza necessaria per metterlo a tacere e lui tornava a nascondersi nei recessi più bui della mia anima per un po’.

 

Passavano gli anni e nella mia esistenza solitaria il tempo sembrava dilatarsi all’infinito e tutto pareva scorrere lento e immutabile; la solitudine della mia condizione infelice aumentava in modo sempre più pesante, ma non avevo mai incontrato neppure in Francia qualcuno che fosse come me, almeno a livello emotivo; forse io rappresentavo un’ eccezione, una nota stonata disegnata sul pentagramma da un musicista distratto; cominciavo a pensare che i vampiri fossero tutti concentrati a Londra e che la loro natura fosse quella di esseri ormai dannati e senza alcuna possibilità di redenzione.

Io però mi ostinavo a pensare che la mia esistenza immortale non l’avevo scelta e che quindi, potevo e dovevo tentare di elevare me stesso, non accettare supinamente una disgrazia che mi era capitata. Non avevo mai preso nulla per assoluto e nel profondo ero ancora convinto che anche bene e male fossero termini relativi.

 

Fu proprio a Parigi che attorno al 1730 incontrai per la prima volta un altro vampiro solitario come me. A parte questo, non avevamo nient’altro in comune. Lui si nutriva di sangue umano e non aveva alcun rimorso per il tipo di vita che aveva scelto di condurre.

Si chiamava Etienne; aveva almeno un secolo più di me e non era mai uscito dalla Francia.

Lo incontrai per caso una sera mentre giravo per le strade sordide della città; avevo appena iniziato a esercitare come medico e stavo andando a fare visita a un bambino che aveva una febbre violenta.

Lo vidi in compagnia di una donna piuttosto avvenente, forse una cortigiana a giudicare dall’aspetto, che a breve sarebbe morta. Lei era totalmente succube e non pareva rendersi conto del pericolo che lui rappresentava. Potevo leggere la voglia nei suoi occhi assetati e cerchiati di viola.

Incrociammo i nostri sguardi senza parlare, riconoscendoci per quello che eravamo, mal celando un moto di sorpresa. Ci saremmo incontrati di nuovo e avremmo approfondito la reciproca conoscenza.

 

Oggi sono convinto che anche Etienne, in modo sottile, sentisse il peso della solitudine; solo per questo, per un certo periodo ci avvicinammo uno all’altro, anche se i nostri stili di vita non avrebbero potuto essere più diversi.

Io cercavo di salvare delle vite, lui le stroncava senza esitare mai.

E naturalmente Etienne non comprendeva la mia scelta, giudicandola assurda e innaturale.

“Non sai a cosa rinunci, Carlisle. Gli uomini sono le nostre prede naturali e noi siamo assassini. Non possiamo essere nient’altro che questo…”

Naturalmente non ero d’accordo con lui.

“Se fosse così, tu ti limiteresti a uccidere per soddisfare la tua sete, non sprecheresti tempo ed energie per sedurre delle potenziali prede…”

“L’eternità può essere noiosa, Carlisle…io cerco solo di renderla interessante. E tu in fondo, fai la stessa cosa, anche se in modo diverso…”

Obbiettava col chiaro intento di provocarmi, ma forse in parte aveva ragione; anch’io ero spaventato dall’eternità. Avevo riflettuto spesso sulle sue parole e mi ero chiesto se non stessi solo cercando una motivazione logica all’esistenza di esseri come me.

Ma durante i nostri confronti io ribattevo sempre con assoluta calma.

“No, le mie motivazioni sono diverse. Io sono convinto che qualcosa della nostra essenza umana resti in noi… è difficile, non lo nego, ma dovremmo cercare di preservare questa componente umana, invece di farci dominare dal nostro istinto di predatori… solo così possiamo elevarci al di sopra di noi stessi.”

Elevarci al di sopra di noi stessi?”

“Migliorarci, evolverci nelle nostre coscienze…”

“L’evoluzione non è per i vampiri: siamo immutabili. Ma che cosa intendi per essenza umana?” Sentivo perplessità nella sua voce.

“Sto parlando di… anima, Etienne.”

Alle mie parole esitanti, lui reagì con una palese espressione di sbigottimento e quando mi rispose, quasi si mise a ridere.

“Cosa? Tu credi che i vampiri abbiano un’ anima? Non dirai sul serio!!”

“Sì, invece.” Azzardai.

“È la teoria più bizzarra che abbia mai sentito!!” Esclamò assolutamente divertito.

Ci perdemmo in svariate e lunghe discussioni dove mi ostinavo ingenuamente a difendere la mia idea, ma non riuscii mai a persuaderlo. Sarebbe stato come convincere un ateo dell’esistenza di Dio.

Io invece ero convinto che Dio o chi per lui, governasse noi come governava il mondo e il resto dell’universo, e l’energia che aveva generato i vampiri era la stessa che aveva creato l’uomo e forte di questo, ho fatto il possibile per trasmettere questa convinzione anche ai miei figli.

Ma Etienne ridicolizzava il mio pensiero e si ostinava a sostenere la tesi contraria.

“No Carlisle, convinciti. Noi non abbiamo un’ anima. Siamo dannati. Quanto prima ti rassegnerai a questa verità, tanto meglio accetterai la tua natura e smetterai di torturarti. Guarda me: io sono contento di quello che sono e prendo tutto quello che viene.” E allargava le braccia in un gesto plateale.

“A te interessa una cosa sola…”

“Sì, è vero! - rideva – ma è il meglio che ci viene dato!”

“Il meglio? Ma non ti senti limitato? Non ti sembra vuota la tua vita, perennemente uguale di giorno in giorno?”

“Siamo immortali, Carlisle! È una realtà che non possiamo cambiare. Che limite potremmo avere? L’unica cosa che può ucciderci e la noia!! L’eccitazione del sangue, il piacere violento della conquista, il potere di vita e di morte è l’unica cosa che fa sentire vivi quelli come noi!”

Non c’era verso di fargli comprendere il mio punto di vista.

Etienne era teso nel perseguimento ossessivo di tutti i piaceri che la sua condizione gli dava e nell’arco di oltre 150 anni aveva affinato ogni possibile strategia che gli permettesse di raggiungere i suoi obbiettivi.

La sua tecnica di caccia non aveva nulla a che vedere con quella di un qualsiasi altro vampiro che uccideva gli umani. Le sue prede, solo donne, lui le seduceva, le irretiva. Etienne riusciva molto bene in questo perché era un individuo estremamente raffinato ed elegante nei gesti e negli atteggiamenti, e possedeva un fascino ammaliante a cui le donne parevano non resistere: era questa la loro sventura.

Quando puntava una delle sue vittime, questa non aveva scampo.

Un po’ tutti i vampiri hanno questa capacità, ma in lui era sviluppata in sommo grado e sapeva esercitare con notevole talento il suo ascendente in modo fatale: era il suo potere.

 

Era lo stesso carisma che ho potuto osservare in mio figlio Edward, ma lui non l’ha mai esercitato fino in fondo.

Era lo stesso fascino conturbante che ho trovato in Rosalie, esacerbato e nascosto dietro all’astio di una vita mai voluta e vissuta con l’ amara consapevolezza di non poter tornare indietro.

 

Probabilmente da umano, Etienne doveva essere stato un libertino e aveva mantenuto questa caratteristica anche da vampiro, perché la conquista erotica per lui era un piacere unito a doppio filo a quello del sangue. La seduzione faceva parte del gioco mortale e nel momento in cui l’atto culminava con l’estasi dei sensi, si univa l’euforia dell’ appagamento della sete attraverso il sangue; all’apice del godimento lui uccideva famelico, traendo da questo un piacere immenso.

Era l’essere più sottilmente perverso che avessi mai incontrato; le nostre nature sembravano troppo lontane, rendendo quasi impossibile qualsiasi confronto. Eppure, uno strano giorno in cui mi sentivo più solo del solito, mentre annaspavo nel mio sconforto, incredibilmente fu lui a toccare il nervo scoperto di ciò che mi angustiava.

“Che cosa vorresti davvero, Carlisle?” mi chiese con estrema serietà.

“Come? Non capisco…”

“Non vuoi bere sangue umano, e va bene, ma devi ammettere che vorresti ci fosse qualcuno con cui dividere l’eternità. Mi chiedo perché non ti sei ancora creato un compagno o una compagna: non mi dirai che ti fai delle remore anche su questo, vero? Che cosa aspetti? Che qualcuno te lo chieda spontaneamente?”

“Tu l’hai mai fatto?” nella mia voce c’era una nota di apprensione.

“L’ho fatto e lo faccio ancora se mi viene la voglia…” fu la sua frase lapidaria.

 

Ricordo che furono proprio le sue parole a scatenare la mia inquietudine, ad accendere qualcosa nel mio animo.

 

Nel tempo presi a valutare la possibilità di crearmi un compagno, meglio ancora una compagna, ma quell’idea fece sorgere in me altri dubbi e perplessità e fui molto restio ad attuarla; era giusto condannare qualcuno alla mia stessa sorte? Togliere la vita a una persona per il mio bisogno egoistico di non essere solo? Col rischio poi, di creare un altro vampiro assetato di sangue che avrebbe distrutto altre vite?

Non era un’azione che potevo compiere con leggerezza.

Erano domande che non potevo evitare di pormi.

Forse quello che io ero diventato, dipendeva in massima parte da ciò che ero stato come uomo.

Avevo solo delle teorie in testa, ma nulla era dimostrabile.

Soprattutto avevo paura di commettere un errore, un’ ingiustizia che non avrei potuto riparare; togliere la vita a un essere umano era un’ idea che mi atterriva, mi disgustava, inoltre temevo che se avessi assaggiato per la prima volta il sapore del sangue umano, non sarei più riuscito a fermarmi e mi sarei trasformato nel mostro che fino a quel momento, ero riuscito con grande fatica a soffocare dentro di me.

Quella era una possibilità che dovevo considerare e mi lacerava.

Forse ero condannato a restare solo. Avrei dovuto accettarlo.

Logorato dai miei strani pensieri, mi sentivo inquieto e la tentazione di attuare il mio proposito agitava il mio animo, ma ero troppo combattuto e insicuro sul da farsi.

Capii che non era il momento, non ero pronto a fare un passo simile.

Mi gettai ancora di più nei miei studi di medicina e desiderai ulteriormente ampliare le mie conoscenze.

 

Era passato qualche decennio; per me era giunto il momento di lasciare anche la Francia che non riusciva più a darmi quello a cui anelavo, ne a rispondere alle domande che mi ponevo ancora, sulla mia natura e la mia condizione. Non avevo mai smesso di interrogarmi sul problema se fossi dannato o meno, se la mia anima si era smarrita anni prima a Londra o se avesse conservato la sua essenza. Lo speravo, volevo crederlo, ma non avevo certezze, tranne quel sentimento di compassione che continuavo a provare e che fortunatamente non mi aveva mai abbandonato. Era la sola cosa che alleviasse la mia pena e l’angoscia che a volte affiorava, quando sentivo che la mia esistenza non aveva senso.

 

Così ripresi la mia vita errabonda, chiedendomi se mai avrei trovato un’ ultima dimora stabile in cui trovare una quiete impossibile.

Varcai i confini e arrivai in Italia. Il paese del sole.

Dovetti fare molta attenzione a non rivelare il mio vero aspetto, così mi muovevo soprattutto sul far del crepuscolo e nelle ore notturne.

Arrivai a Milano, città all’epoca sotto la dominazione austriaca, e lì passai qualche anno concentrato su nuovi studi di carattere scientifico.

Poi, in Toscana; prima Firenze, città ricca di cultura e di storia che mi affascinò moltissimo con le sue opere architettoniche e la sua arte rinascimentale.

Quello era uno dei vantaggi di poter essere un vampiro immortale; la possibilità attraverso i secoli e i continenti, di estendere all’infinito lo scibile umano. 

Finché un giorno, nel mio peregrinare, arrivai nella cittadina etrusca di Volterra; fu qui che feci l’incontro forse più sconvolgente da quando era iniziata quella mia strana disavventura, l’unico fino ad oggi che davvero mi abbia messo in crisi facendomi quasi vacillare e dubitare della mia scelta…

 

 

Continua…

 

 

Nota: il personaggio di Etienne è puro frutto di fantasia e non conoscendo affatto la letteratura vampiresca, se non il “Dracula” di Stoker, non saprei dire se esiste un personaggio che in qualche modo gli somigli. Se voi ne sapete più di me, magari fatemelo notare.

Ho pensato che questo vampiro libertino fosse una figura perfetta da collocare nel periodo storico del ‘700, inoltre poteva creare un certo contrasto con Carlisle. Ho alzato il raiting proprio per la descrizione che faccio di lui e anche il prossimo capitolo potrebbe essere un po’ più forte, rispetto ai primi. Ditemi che ne pensate.

Come sempre grazie di cuore per le vostre recensioni e per come avete accolto la mia storia, tanto da metterla nei preferiti e seguiti, spero che continui a incuriosirvi almeno un po’. Come sempre mi rimetto al vostro giudizio.

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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