Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Segui la storia  |       
Autore: Kokky    17/12/2009    3 recensioni
Un mondo parallelo e antico, popolato da vampiri che si muovono nell'ombra e umani troppo ciechi sui nemici succhiasangue. L'esercito, i positivi e gli alchimisti sono gli unici che possono proteggere l'umanità da ciò che stanno bramando i vampiri...
Un'umana insicura. Due piccoli gemelli. Un vampiro infiltrato. Una squadra di soldati. Una signora gentile e un professore lunatico. Una bella vampira e il capo. Due Dannati. L'Imperatore e i suoi figli. Una dura vampira. E chi più ne ha più ne metta!
Di carne sul fuoco ce n'è abbastanza :)
Provare per credere!
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Positive Blood' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
89 – The first one

Il primo a parlare fu Gabriel, che disse un secco: «Benvenuto».
Il nuovo arrivato era un vampiro sulla trentina, almeno all’apparenza dei sensi, dallo sguardo soffice e liquido, capace di racchiudere odio in una semplice occhiata raggelante come di mostrare la più sincera affezione. Aveva qualcosa di angosciante nel viso, una punta inafferrabile di sadismo mista a un’inquieta cattiveria, ma il tutto era nascosto da futile dolcezza, lasciando solo una sensazione di paura.
Era un Dannato dai capelli mossi e vermigli e gli occhi simili al sangue, tanto erano rossi. Forse era quello a mettere in soggezione tutti i suoi simili, anche loro che erano così importanti e potenti da far parte della Dieta.
La risposta a Gabriel fu un sottile sorriso. Le labbra del vampiro erano sempre all’insù e davano l’impressione che egli fosse felice in qualunque momento – per qualsiasi cosa.
Avanzò lentamente fino al centro della stanza, raggiungendo il circolo di divanetti.
Gabriel ripeté: «Benvenuto, Cain».
Cain, il vampiro, parlò: «Mi hanno detto della Dieta, non potevo mancare, non di certo; le bazzecole degli inviperiti sono il mio nutrimento».
Adesso il Dannato, vicino ai suoi simili, spiccava per la propria aura. Non era propriamente vecchio... più che altro sapeva di antico e polveroso e sembrava essere fatto di carta ingiallita al sole, di mozziconi legnosi ormai trasformati in carbone e cenere, crepitanti sotto il soffio leggero del vento.
Aveva qualcosa d’inesplicabile che addirittura terrorizzava alcuni presenti: la sua potenza maestosa era impressionante, la si percepiva con tutto il corpo.
Eppure ad essa si frapponeva una follia celata nel suo animo.
«Ma, prego, riprendete da dove avete interrotto, io mi siederò qui, vicino a Juliet la bella, ad ascoltare un po’», mormorò, ridacchiando sofficemente e muovendo le dita della mano destra con fluidità. Sembrava quasi morbido, lì seduto sul divanetto; dava un’idea di purezza che non apparteneva agli altri vampiri.
Era una maschera.
«Certo», assentì Gabriel, sorridendo a Cain.
La sicurezza ritornò in sala e la Dieta ricominciò.
Qualcuno appoggiò la proposta di Isaac, ci voleva un gesto simbolico che mostrasse il prevalere dei vampiri, la loro forza e presenza.
«Perché non radere al suolo una villa dei positivi?», chiese una vampira.
«Non è abbastanza, risulterebbe ridicolo», borbottò lo stesso Isaac con autorevolezza.
«Si potrebbe...», sussurrò qualcun altro, ma fu interrotto da Cain: «Ucciderli tutti. Sterminare un intero villaggio, perché no?, farli penare quei poveracci, strozzarli, morderli, trucidarli per bene».
«Un paese qualunque non desterebbe scalpore. Colpire chi è indifeso è facile per chiunque», ribatté Gabriel.
Armelia sollevò lo sguardo rosso e propose: «Potremmo rapire qualcuno della famiglia imperiale... lasciar vedere che possiamo entrare lì, anche se vi sono dei soldati a fare la guardia; mostrare che ci siamo, dappertutto».
Gabriel sorrise alla vampira, con assenso. «Sì, e dopo quello potremmo continuare a mostrarci sempre più potenti...».
«... Fino a sterminarli», concluse Cain.
«... Fino a vincere», lo coprì Juliet con un ghigno.

La Dieta stava andando avanti da un po’ e perciò fu fatta una pausa.
Juliet osservò con attenzione calcolata il circolo dei vampiri, sorridendo leggermente con le labbra sanguigne.
Alcuni di loro s’erano alzati, altri erano andati nelle proprie stanze a riposare.
Armelia e Gabriel stavano discutendo sottovoce, con animosità e familiarità, ma la vampira non ci fece troppo caso.
Osservò invece Cain, seduto al suo posto, che fissava con un soffice sorriso il conte Aaron.
«Vuole qualcosa in particolare?», chiese Juliet con rispetto.
Lui sollevò lo sguardo rosso e ridacchiò. «Qualcuno da massacrare! Per sentire la morbida pelle che si piega sotto le mie dita fredde, lo schiocco delle ossa rotte grazie alla forza delle mie mani, il gemere soffocato e pieno di terrore di qualcuno per il dolore del mio morso».
Juliet annuì seccamente, certa di poter aggradare il vampiro. Provava una leggera soggezione per quella figura insolita, vermiglia. Probabilmente essa era dovuta da ciò che narravano gli altri suoi simili... la storia di Cain, il primo.
«Vorresti essere tu a spezzarti?», domandò lui, alzandosi dal divano.
«Oh, no, no di certo, ma ci sarà qualcuno a farlo al mio posto», rispose lei, scostandosi da quello sguardo inquisitore. La dolcezza di Cain, così falsa, adesso era scomparsa in un repentino attimo, ma poco dopo tornò più forte e quegli le sorrise.
Un umano sarebbe stato ucciso, non lei.

Il salone fu riempito dall’arrivo delle vittime, esseri umani intorpiditi dalla bellezza fiabesca dei vampiri.
Non che loro fossero i buoni, rappresentati nelle fiabe banalmente da persone di bell’aspetto, bensì erano i mostri viscidi che scivolavano nell’ombra, fino a carpirti.

Quando Cain morse la pelle della giovane donna, un brivido gli percorse la schiena. Il sangue, ogni dannata volta, gli ricordava la notte della sua trasformazione.
C’era la luna nuova e lui era distrattamente seduto in veranda, sbevazzando allegramente.
Non riusciva più a distinguere il sapore dell’alcol da quello del proprio sangue. Non rimembrava la differenza.
Però quella notte non era morto, per così dire, anzi era risorto in una nuova forma d’essere... era divenuto un cadavere vivente, un vampiro... il primo vampiro “superiore”.
Era proprio lui, il primo.

Sì – si disse Juliet, assaporando il dolce e delicato gusto d’un infante che teneva stretto in grembo – erano le storie su Cain a renderlo così spaventoso. Era stato lui a fondare quella nuova stirpe di vampiri, a forza di sgozzare umani nelle profondità del buio.
*






90 – New Born
Hopeless time to roam
The distance to your home
Fades away to nowhere
How much are you worth
You can’t come down to earth
You’re swelling up, you’re unstoppable

(Muse)


Adam avanzava avanti e indietro per la stanza, nel buio della notte settembrina. Si pulì la bocca, credendola ancora macchiata di sangue. Era appena andato a caccia, spingendosi un po’ al di fuori da Leluar.
Sofia dormiva ancora, stesa in posizione fetale sotto le lenzuola stropicciate. Il suo respiro era divenuto regolare da poco, delle gocce di sudore le solcavano tuttora il corpo.
Adam non la guardò. Rimase a fissare la cittadina dalla finestra aperta: c’erano molte, fioche luci alchemiche, disseminate tra le vie lastricate; alcuni umani girovagano per strada, percepiti dal vampiro come effluvi leggeri e gustosi; un’aria fresca scuoteva la cappa di caldo tipica di Leluar, rendendo più piacevole la notte che il giorno. Qualche nube copriva il cielo e le stelle, smossa da un vento lieve.
Adam sbuffò annoiato, sognando di poter riavere finalmente il suo passatempo preferito, la voce ironica di Sofia nelle orecchie.
Dandosi del melenso, progettò come trasportare delle prede in quella casa, così che al risveglio Sofi avrebbe trovato di che nutrirsi e non avrebbe tentato inutilmente di morderlo, presa dalla furia della fame. Magari poteva attirarli con la propria bellezza, conquistando ignari turisti o bambine che sognavano il loro principe azzurro...
Il suo flusso di pensieri fu interrotto da un rantolo flebile.
Il vampiro biondo si voltò verso il letto al centro della stanza, inarcando le sopracciglia. Era vuoto.
Vuoto. Le lenzuola non coprivano più nulla, se non il materasso. Sofia non c’era più.
Adam si guardò intorno, in cerca della ragazza. «Dannazione», sbraitò, avanzando verso il letto ancora caldo.
Un fruscio lo distrasse e si scostò con un gesto fulmineo, attento a proteggersi. Una mano agguantò l’aria dove c’era stato Adam fino a qualche istante prima.
Eccolo di nuovo, il rantolo.
Il vampiro osservò il proprio assalitore. Era Sofia, che respirava affannosamente, distrutta dal veleno che ormai l’aveva tramutata del tutto.
«Oh, ti sei svegliata, pensavo che fossi scomparsa», borbottò, mantenendosi in posizione di difesa.
La ragazza non sembrava cosciente di se stessa né di lui o del loro legame. I suoi occhi adesso erano scarlatti e ciechi per ogni cosa, se non per il proprio nutrimento. I capelli erano neri, i denti affilati... era un vampira “superiore” a tutti gli effetti.
Adam percepiva la sua forza più del passato e non calò la guardia; non avrebbe avuto polso morbido con lei, se l’avrebbe attaccato, ma l’avrebbe guidata in quel periodo di famelica vita.
Sofia annusò l’aria, smuovendo il volto verso l’alto. Aveva fiutato una preda, forse? Adam non sentiva nulla di particolare, ma probabilmente era fin troppo abituato a vivere con gli umani e non ricordava più com’era l’inebriamento provato da una traccia appena trovata.
Sofia gorgogliò qualcosa d’incomprensibile e si buttò dalla finestra con un gesto celere e inaspettato. Adam la guardò atterrare là sotto, sulla strada selciata, e iniziare a correre verso la preda.
Attese un solo istante, preso dallo sconcerto, poi saltò anche lui, divertito dalla nuova situazione. Si mise ad inseguirla, ridendo sguaiatamente, e quasi gli parve di sentire una risposta di lei, un riso leggero e cristallino che pervadeva l’aria.
Prima che le grida la riempissero.

I denti affilati, candidi nella macchia rossa che scivolava dal collo, penetravano a fondo nella pelle. Sofia era china sulla vittima, intenta a berne il sangue. I capelli scuri le coprivano il viso, precludendolo alla vista di Adam, sazio e attento a non perderla più.
Gli occhi della neovampira, socchiusi e ardenti, scrutavano la notte con curiosità. Ogni cosa, ogni sprazzo di luce, ogni respiro tranquillo, grido inquieto o rumore di passi; ogni cosa le appariva nuova e degna d’attenzione.
Non pensava in modo razionale, non riusciva ad organizzare un semplice discorso... viveva a sensazione, con i cinque sensi tesi allo spasimo, pronta a raccogliere qualunque variazione.
Anche lui, quello che l’aveva inseguita per le strade buie della città, lo percepiva come una massa d’energia e fredda parvenza di morte – come lei, proprio uguale alla sua essenza – e non riusciva a capire perché la tenesse d’occhio.
Non le importava più di tanto, adesso l’appagamento procurato dal sangue le ottenebrava la mente, eppure avrebbe voluto provare a colpire Adam, per vedere i propri limiti.
E il suo sangue che gusto aveva?
Non come quello dell’umano sotto la propria bocca, di sicuro.
Assaporò ancora quella delizia, accovacciata vicino al corpo morente, che diveniva sempre più ghiacciato. Pure l’umano, ora, aveva un alone, una specie di patina sulla pelle, bianca, cadaverica, che lo rendeva più morto che vivo.
«Uccidilo, prima che diventi come noi», borbottò Adam con un ghigno, scrutando il volto celato di Sofia.
Lei non comprese quelle parole, le parvero vuote e lontane, allora lui le si avvicinò e mise un piede sul petto dell’uomo, poi spinse senza sforzo. Il crack si diffuse nell’aria con un tonfo secco, che riecheggiò per poco, ma lo stesso Sofi ne rimase impressionata e lo guardò per un attimo con ammirazione.
Si sollevò di scatto e lo fissò con un sorriso leggero, bagnato dal rossore del suo pasto.
«La prossima volta lo faccio io», disse imperiosa, indicando il corpo morto dal torace schiacciato.
Adam ridacchiò senza scandalizzarsi, socchiudendo gli occhi blu mare. «Sì, certamente».

Il giorno arrivò qualche ora dopo.
Adam e Sofia erano seduti sul letto, con le schiene appoggiate sul poggiatesta e i visi rivolti di fronte a sé. La luce si espanse lentamente, rischiarando l’aria che passò dal blu scuro della notte, al grigio arancio dell’alba, fino all’azzurro dorato di una mattina estiva.
Il silenzio permeava la stanza. Adam sapeva che non sarebbe stato facile, all’inizio, e che lei non avrebbe pensato a molto, se non a dissetare la propria sete, così non si preoccupava di riempire quella muta aria tra loro.
Lei non avrebbe risposto, probabilmente.
Stava immobile e fissava con famelica curiosità le cose intorno a sé, pur non andando a toccarle o a saggiarle; guardava e basta, fino ad ubriacarsi la vista d’immagini. Della stanza di Adam.
L’avrebbe ricordata perfettamente da quel momento in poi, con la memoria precisa di un vampiro.
Alla fine, Sofia si voltò verso di lui. Lo osservò bene, per imprimerlo nella mente in ogni piccolo particolare, studiandone il profilo affilato, il naso un po’ lungo, la mascella dura, il taglio quasi ferino degli occhi blu mare, l’alone di capelli dorati che gli delineavano il viso.
Fu come vederlo per la prima volta. Ricordava vagamente, adesso che era in uno stato di grazia e riposava quieta, la sua vita passata, più che altro dei flash, minuscoli sprazzi di luce, e lui era nella sua memoria. Sofia immaginava che fosse stato importante.
Oltre a queste punte di colore, tutto il resto era un enorme buco nero, in cui alcune voci riecheggiavano soffuse – un Sofi lontano, il pianto di qualcuno, la risata di una ragazza... – e di cui capiva ben poco.
S’avvicinò a lui, toccandogli la mano, che le parve fresca e morbida, e poi sfiorandogli il braccio. Adam la guardò con un ghigno sottile, con gli occhi che possedevano una profondità mai vista da lei. Era la sua esperienza di vampiro che, finalmente, poteva esserle rivelata.
«Po-posso morderti?», formulò lei, incerta sulle parole da dire. La curiosità più grande era collegata sempre al nutrimento; tutto il resto veniva in secondo piano, anche quei pochi ricordi del suo passato.
Lui sogghignò con più forza, sbuffando allegramente. «Ma tu guarda, adesso sono diventato io la prelibatezza», rispose senza che lei cogliesse l’allusione.
Gli occhi rossi di Sofi davano ad Adam un senso di distacco, una sorta di nuovo che gli era sconosciuto, ma comunque l’ironia gli bastava a rendere tutto più caldo. Anche quello sguardo, alla fine, era di Sofia – e lei, in fondo, era la stessa, solo che ancora non lo sapeva, che ancora non ricordava.
Sofia si tese verso il suo collo senza preoccupazioni, pensando che il silenzio fosse un assenso, ma Adam la bloccò con una mano. Le premette le dita sulla bocca socchiusa, spingendola lontana da sé.
«Non puoi mordere un altro vampiro, non è buona educazione. Ti immaginavo ligia al tuo dovere», celiò lui, per poi spiegarle: «Solamente al tuo amante puoi... succhiare il sangue. In realtà, non c’è nulla di troppo vincolante in questo gesto, eppure è importante per ciò che rappresenta: è il simbolo di un legame tra noi vampiri. Così come è rilevante il rapporto tra un creatore e il suo vampiro».
Lei annuì con uno scatto, sbattendo meccanicamente le ciglia. Mosse un po’ i piedi sul lenzuolo, ragionando. «E io posso morderti...», sussurrò Sofia, un’affermazione mista a una domanda.
Lui rimase in silenzio, divertito, e poi assentì, semplicemente.
Lei sorrise di rimando, quasi senza accorgersene, e si leccò i denti affilati e candidi, pronti ad assaggiare quel nuovo gusto. «È che sono curiosa, sai, voglio dire, il sapore di un nostro simile deve essere per forza particolare», si sentì in dovere di spiegare, pur non capendone il perché.
Adam le rispose sulla bocca: «In verità non ne ho idea».
«Ok», disse lei, scendendo sul suo collo.
«Ok», ripeté lui, chiudendo gli occhi. Poco dopo il morso gli perforò la pelle e le sue braccia si strinsero a lei istintivamente.
Sofia succhiò il sangue con lentezza, senza ingordigia, assaporandolo per bene. Era particolare, un gusto che non riusciva ad identificare con quelli già assaggiati; non riusciva a capire se le piacesse oppure no.
Ma continuò a berlo, stringendo il collo con una mano, mentre con l’altra carezzava i capelli di Adam.
Non ricordava più molto della sua vita, ma quell’abbraccio le sembrò familiare, caldo; e quel sangue la riempiva in un modo diverso da quello umano, la percorreva, possedendola e facendosi possedere... perciò si perse in lui, ritrovandosi.
*















Guys, questo è il mio regalo di Natale. Due capitoli strani, un po' macabri *ç*, un po' sanguigni, sanguinolenti XD, pieni di cose vampiresche... insomma, due capitoli! XD. Voglio dire u_ù

Comunque, a parte gli scherzi, ringrazio chi preferisce/legge/segue/amaH/odia/trova piacevole/apprezza questa storia *-* che ormai ha i suoi anni e sta diventando vecchia (e perciò deve finire è_é). Come me XD.

Anyway, i grazie più grandi vanno a chi recensisce <3, a chi si mostra. Perché sì, sapete, magari pensate che un commento non mi cambia la vita, che non avete nulla da dire, che non vi sentite capaci, ma in realtà ogni commento è importante, ogni recensione lasciata mi dà forza ed energia, è un regalo unico, e un regalo piace sempre in quanto tale. Ecco.

Detto questo, eccole: mikybiky (Ahah, vedi cara Silvia?, il sangue è arrivato, sangue sangueeeeH! Ok, la smetto XD. Grazie!) e CloudRibbon (AmàH cara, anche a te vengono 'sti flash assurdi? XD Finalmente eccoti presentato il personaggio +w+ un altro vampiro che si aggiunge alla schiera dei diabolici! Evviva! Comunque, grazie mille <3).

Ora scappo. Buon Natale/Anno Nuovo a tutti, tzè!

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: Kokky