Fanfic su artisti musicali > Michael Jackson
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Autore: Hayley Lecter    24/12/2009    1 recensioni
Ma la nostalgia di quel luogo, di quella sala, di quello specchio dove vedevo riflessa la mia immagine mentre ballavo a tempo di musica,fu inizialmente devastante, mano a mano che i giorni passavano ed ero cosciente che per qualche mese avrei abbandonato tutto e tutti lì. Tutto fu poi spazzato via da quella giornata passata a ridere ed a scherzare come non mai, a chiedersi cosa si sarebbe fatto per le vacanze e a raccomandarsi di non perdersi di vista. Ma perchè mai poi, c'era da raccomandarsi di farsi sentire? Avrei sentito e continuato a vedere quelle persone. Facevano parte della mia vita, e avrebbero fatto parte della mia lunga e spensierata vacanza. Perchè più delle altre questa, desideravo che fosse una delle estati più belle mai passate. Invece era solo l'inizio della fine.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella domenica scelsi di svegliarmi decisamente prima di tutte le altre, visto che di solito preferivo stare comoda, nel tepore delle coperte,
aspettando che le urla di mia madre arrivassero fin qui nell'intenzione di farmi alzare.
Scesi dal letto, infilai le pantofole e rifeci il letto.
Passai in cucina, ancora insonnolita e infreddolita.
Mia madre era andata già all'attacco dei fornelli.
-Je! Come mai sei già sveglia?-
Mi domandò sgranando gli occhi, chiedendosi stupita perchè avessi rinunciato a dormire.
-Vado a trovare Ilaria e gli altri.-
Risposi stropicciandomi gli occhi ancora impastati di sonno.
Bevvi in pochi sorsi la mia tazza di latte e caffè, consumai velocemente la briosche e scappai in bagno.
Ogni mossa era una sfida tra me e il tempo che scorreva, perchè desideravo con tutto il cuore arrivare puntuale.
Puntuale almeno, per quanto riguardava me, perchè non avevo avvertito nessuno della mia visita.
-Quindi vai alla Time For Dancing?-
Chiese incredula, a voce alta dalla cucina.
-Si! E adesso scusami davvero, ma devo andare.-
Le diedi un buffetto sulla guancia e scappai via, sbattendomi la porta alle spalle.
Camminai a passi rapidi, svoltai angoli e passarono davanti a me diversi negozi e abitazioni, finchè l'insegna mi capitò proprio di fronte.
La musica si sentiva già. Restai impalata per qualche minuto, chiedendomi se veramente avevo avuto una buona idea.
Cercai di mantenere la calma, il sangue freddo, trovai un pò di coraggio ed entrai.
Il volume della musica era aumentato alle mie orecchie, mi ritrovai immersa in un'atmosfera familiare, giocosa, malinconica.
Mi resi conto di quanto effettivamente quel luogo mi fosse mancato.
Simone, il ragazzo al bancone all'entrata, mi vide e restò sorpreso.
-Ma guarda un pò chi c'è!-
Abbozzai ad un sorriso.
-Brava brava, è così che si fa? Ci lasci senza dire niente e poi ti fai viva quando ti pare?-
L'indicatore del mio senso di colpa era già salito di diverse tacche stamattina,
senza contare poi che l'ansia e il magone allo stomaco si erano annidati nella mia coscienza senza alcun permesso,
e quindi, non appena mi sentii rivolgere parole del genere, sprofondai nell'angoscia più nera.
Continuai a sorridere.
-Già, è solo che, non mi và di raccontare tutto. Se vi ho lasciato l'ho fatto per un buon motivo. Ah, approposito, c'è Ilaria?-
Simone mi sorrise gentile, e fece cenno di si con la testa, per poi indicarmi con le dita il primo piano.
-Ok, grazie, a dopo!-
Pregai per il corridoio, pregai e pregai di continuo, pregai in ascensore.
Poi quando le portiere di quest'ultimo si aprirono, le gambe non volevano mantenermi in equilibrio.
Il cuore sembrava una bomba ad orologeria. Dissi a me stessa che dovevo farlo.
Attraversai un altro corridoio, finchè sentii la sua voce squillante, provenire dalla sala n° 5.
Erano le 10.00 in punto del mattino. Ciò stava a significare che ancora una decina di minuti, e la lezione sarebbe terminata.
Aspettai paziente poggiandomi con la schiena sul muro, mentre i ricordi passavano a rassegna nella mia mente.
Quante avventure, quanto sudore avevo gettato in questi posti. Mi sembrò del tutto surreale.
La campanella suonò, il rumore di una moltitudine di passi fece da coro alle voci di ragazzi e ragazze che si stavano riversando fuori dalle sale.
Quando tutti furono fuori, sentii di nuovo la sua voce che urlava:
-Ripassate bene questi passi a casa, la prossima volta non mi dispiacerebbe andare avanti con il programma!-
Timidamente entrai. Forse non si era accorta della presenza in attesa sulla porta.
Fatto stà che saltò in aria quando mi vide.
Dapprima mi guardò, poi mi rivolse la parola, molto freddamente:
-Se sei venuta per farti perdonare, okay, non c'è problema. Però sappi che sei stata scorretta.-
Guardai in basso, mi avvicinai a lei, mentre si infilava un giubottino addosso.
-Lo so e mi dispiace, tanto, forse anche troppo. Sai bene perchè ho lasciato tutto.-
La guardai intensamente. Ricambiò subito e nel frattempo emise un sospiro.
-E ti sembra questo il modo di affrontare le cose? Avresti dovuto continuare! Ti pare che io sono stata meglio di te?
Cavolo, no! Era il mio mito! Ma ho continuato a lottare, non tanto per me, quanto per lui.
Lui non avrebbe voluto che tu smettessi di ballare.-
Una sensazione, simile all'abbandono si fece largo tra le mie viscere, ma rimasi impassibile e la ricacciai dentro.
-Mi sono completamente persa, quando ero a casa ho anche provato a fare qualche passo,
ma sono riuscita a sbagliare anche le cose più semplici. Io.. io ho bisogno di te, Ila.
Sei la mia migliore amica, condividevamo tutto. E so, che avrei dovuto chiederti aiuto quando mi serviva, ma non l'ho fatto, non so perchè.
Adesso voglio solo ricominciare.-
Ilaria mi carezzò la guancia, poi mi abbracciò forte.
Mi sentii nuovamente dentro quella famiglia, dentro quel calore, inevitabilmente dentro quella sala che per me, aveva significato vita.
Mi sussurrò all'orecchio quanto in realtà io fossi mancata a tutti lì, in particolare a lei.
-Cosa vuoi fare allora? Te la senti di ritornare?-
Mi chiese subito dopo esserci sciolte dal nostro abbraccio.
Ci pensai sù un attimo, poi ribattei che si, sarei tornata, avrei fatto tutto quanto c'era da fare per recuperare,
avrei dato animo e corpo, gettato il sangue e anche più.
Mi rispose con un grande sorriso, e i suoi occhi color nocciola divennero subito decisi ad emanare vigore e forza.
-Bene, allora sappi che per recuperare tutto quello che non hai fatto, dovrai venire quà tre volte la settimana.
Dobbiamo ripassare tutte le basi, le cose più semplici e riprendere da dove avevamo lasciato.
E se ce la fai, riuscirò ad inserirti nel saggio che abbiamo in primavera.-
Mi sentivo pronta, più che mai a riprendermi ciò che mi era stato strappato via.
Mi sentii sollevata, felice. Ogni tassello cominciava a ritornare al suo posto.
-Di che saggio si tratta?-
Ero curiosa, volevo ritornare, una nuova scossa di euforia mi attraversò la schiena con un brivido.
Tornai finalmente In, volevo giocarmi tutto e quel saggio avrebbe per me significato la svolta dell'anno.
Perchè l'avrei fatto per Michael, gli avrei dimostrato così che tutto quello che aveva fatto per me e che faceva ancora, aveva un senso.
-Dobbiamo gareggiare con diverse scuole, alla fine una su tutte vincerà. Ognuna porterà una canzone su cui inventare una propria coreografia.
Abbiamo 5 mesi di tempo per prepararne una al meglio. E sai, stavo pensando a Smooth Criminal.-
Mi illuminai d'immenso. Non potevo desiderare di meglio.
La mia canzone preferita, avrei ballato su quelle note, su quella voce, su quel ritmo che tanto mi piaceva.
L'abbracciai forte ancora una volta, la ringraziai e le ribadii che avrei mantenuto la promessa.
Qualcosa di nuovo attendeva me, alle porte. Quel saggio avrebbe significato pena e fatica. Ma ne valeva la pena.
Ce l'avrei fatta.
  
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