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Autore: Infinity19    30/12/2009    6 recensioni
Le Lacrime di Drago e di Fenice sono due pietre magiche e preziose, uno smeraldo ed un rubino, nate dall’Amore, limpido e sincero, fra due Anime Gemelle. E la leggenda vuole che esse siano destinate solo a coloro che si amano nello stesso modo, puro e disinteressato, in cui si amarono, in un tempo molto lontano, il Drago e la Fenice. Draco ed Harry se le scambiano il giorno di Natale…
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Ginny Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LE LACRIME DI DRAGO E DI FENICE N.A. Salve! Prima che leggiate questa storia, di soli due capitoli, premetto che doveva essere pubblicata per il giorno di Natale ma, per imprevisti vari e un mare di problemi cadutimi inaspettatamente addosso nel giro di una settimana, ciò non è stato possibile fino ad adesso.
Vorrei dire poi a chi, conoscesse già il mio nome e stesse aspettando l’aggiornamento delle altre mie due fan fiction, che negli ultimi mesi ho attraversato un periodo di profonda aridità ‘artistica’, se la si può chiamar così, e che fino a qualche settimana fa ero in piena ‘crisi dello scrittore’.
Dato che tengo davvero, con tutto il cuore, a dare un compimento ad ‘Il piccolo Harry e il principe Draco’, ho provato allora ad uscirne e ritornare a scrivere. Ed ecco che è nato questo racconto natalizio che, all’inizio avevo previsto dovesse essere una oneshot, ma che poi, data la sua eccessiva lunghezza, ho preferito invece dividere.
Beh, se la crisi l’ho superata o meno, spetta comunque a voi deciderlo e se vorreste farmelo sapere, insieme al vostro giudizio se vi piace o meno questa nuova storia, mi farete davvero contenta. ^__^
Infine, anche se in ritardo, considerate ‘LE LACRIME DI DRAGO E DI FENICE’ un regalo di Natale per tutti voi che, come me, siete innamorati di Draco ed Harry!
Un abbraccio sincero! Infinity19




LE LACRIME DI DRAGO E DI FENICE


Era la vigilia di Natale e quell’anno il profumo di festa che aleggiava nell’aria portava con sé una fragranza del tutto nuova, un sapore di gioia e serenità che da troppo tempo l’intera comunità magica non aveva più provato. L’atmosfera che avvolgeva le cittadine inglesi era calorosa e accogliente e persino i babbani percepivano nel cuore che qualcosa intorno a loro era cambiato, mentre si lasciavano cullare dalla sensazione di pace e tranquillità che gli infondevano i sorrisi sinceri e gli scambi di auguri, che si scambiavano quelle persone bizzarre dalle vesti strane e dai colori sgargianti.
Il motivo di tanta felicità era che per ogni mago e strega, piccolo o grande che fosse, quel Natale era impregnato di un significato ancora più grande e speciale dei precedenti, essendo questi il primo che trascorrevano dopo la fine del periodo di terrore e paure perpetrati per decenni dal Signore Oscuro.
Harry Potter, nell’estate di quello stesso anno, aveva trionfato sul male assoluto che era Voldemort, e ora il mondo magico era doppiamente in festa perché ognuno sapeva che sotto l’albero di quel Natale, tra i vari pacchetti e regali, ce n’era uno più speciale e prezioso degli altri, qualcosa che in molti credevano perso per sempre, ma che invece quel ragazzino di appena diciassette anni, con estremi sacrifici e sofferenze, aveva donato loro: la libertà e la speranza per un futuro migliore.
La sola persona che però sembrava totalmente immune all’euforia natalizia e che al contrario mostrava una faccia perennemente abbattuta e depressa, era, scherzi del destino, proprio il moro Grifondoro, l’unico in quella guerra ad aver perso sul serio la propria libertà: il suo cuore infatti si era ritrovato saldamente e indissolubilmente imprigionato dalle spesse e indistruttibili catene dell’ Amore.
Non che nell’essere innamorati ci fosse qualcosa di male, ma, come bisognava aspettarsi dalla sfiga congenita di Harry, naturalmente il suo Amore era privo di qualsiasi speranza, dato che il destinatario del suo affetto era Draco Malfoy.
Era accaduto tutto quando la Casa di Serpeverde, per la meraviglia generale, si era schierata apertamente dalla parte di Silente e il Principe delle Serpi, un poco alla volta, era divenuto il suo secondo e il suo miglior consigliere per la preparazione e l’attuazione della battaglia finale.
Harry, che all’inizio era stato parecchio diffidente nell’accogliere Malfoy e i suoi compagni tra i membri dell’Ordine della Fenice, pian piano ne era rimasto invece sempre più affascinato, perché quando non faceva lo stronzo Draco era davvero una persona incredibile, capace di ammaliare chiunque, anche chi come lui partiva già con dei pregiudizi di base, con la sua eleganza ed intelligenza. Draco era forte e determinato, astuto ed ingegnoso, e, anche se i suoi modi di fare erano prepotenti ed arroganti, alla fine aveva sempre la meglio, ma non perché imponesse la sua volontà sugli altri, ma semplicemente perché alla fine nessuno era in grado di sovvertire la logica dei suoi ottimi ragionamenti e delle sue perspicaci idee: persino Hermione, per quanto piccata per non esserci arrivata lei per prima, più di una volta aveva dovuto dargli ragione.
E lentamente, celato dietro l’iniziale rispetto e poi una sempre più crescente ammirazione, il sentimento d’Amore si era insinuato nel cuore del giovane Potter.
Harry lo aveva capito nel momento in cui aveva dato il colpo finale a Voldemort e la prima cosa di cui si era preoccupato era stata cercare due occhi grigi tempesta tra le persone che avevano assistito allo scontro finale, per accertarsi che lui fosse ancora vivo: e quando finalmente aveva incontrato il suo sguardo, il suo cuore aveva cominciato a battergli forte nel petto per la gioia, perché le sue iridi argentate stavano brillando di una luce calda ed intensa e soprattutto Draco, per la prima volta da che si conoscevano, gli stava donando un vero sorriso.
Ma quel sorriso, il più bello che il moretto avesse mai visto in vita sua, era scomparso in un istante, tanto che Harry aveva avuto il dubbio di esserselo immaginato: era successo infatti che Ginny, in uno slancio di euforia, gli si era letteralmente gettata addosso per abbracciarlo e congratularsi con lui, ed Harry era stato costretto ad interrompere il contatto visivo con il biondino. Quando però era poi tornato a guardarlo, al posto dell’espressione solare e felice di prima, il Grifondoro ne aveva trovata una furente e disgustata.
Draco poco dopo se ne era andato, senza che lui avesse avuto la possibilità di parlargli e chiedergli che avesse mai fatto per farlo arrabbiare in quel modo, e da quel momento in poi tutto tra loro era tornato come era sempre stato negli anni precedenti, nel senso che il Serpeverde aveva ricominciato a comportarsi con Harry in modo freddo e scostante, alternando con il moretto giorni di completa indifferenza ad altri invece caratterizzati da gesti e parole crudeli e pieni di odio.
Ecco quindi spiegato il motivo per il quale sul viso di Harry, in quel giorno di vigilia, non vi era alcuna traccia dell’allegria che sembrava invece aver contagiato un po’ tutti, ma solo tanta tristezza mentre, seduto ad un tavolo dei Tre Manici di Scopa insieme a Ron, Hermione e Ginny, osservava avvilito e sconfortato il paesaggio innevato al di là di una finestra.
Per quel giorno speciale, in previsione del cenone della sera, il preside Silente aveva concesso ai pochi studenti rimasti al castello di trascorrere la mattinata tra le strade addobbate a festa di Hogsmeade, ed Harry aveva colto l’occasione con trepidazione nella speranza di poter incontrare il Serpeverde e magari, dato che a Natale si è tutti più buoni, riuscire a ricreare quel clima di complicità e fiducia che si era instaurato tra loro durante l’estate. Ma niente, Potter e i suoi amici avevano girato per ore per le vie del villaggio magico, ma di Malfoy neanche l’ombra, e adesso mancavano poco meno di tre quarti d’ora all’ora di rientro e il morale di Harry era decisamente sottoterra, mentre per riscaldarsi, vista l’insistenza e le lamentele di Ron, si erano rifugiati nella locanda per bere qualcosa di caldo.
Nulla comunque sembrava donargli calore, né il fuoco scoppiettante del camino, né la cioccolata che stava distrattamente sorseggiando: tutto sembrava infatti troppo gelido e incapace di riscaldargli quella zona del petto dove gli batteva il cuore; almeno finché, tra i fiocchi bianchi di neve, Harry vide spuntare un raggio di sole, il sole dei biondi capelli del suo Draco.
Le sue guance allora si accesero di rosso per l’emozione, i suoi occhi si illuminarono e le sue labbra, dopo settimane, ritrovarono il sorriso.
Anche Malfoy, che insieme ai suoi compagni si stava dirigendo proprio alla locanda, quando vide Harry tra i vetri opachi della finestra si bloccò e il suo viso arrossì, e il Grifondoro pregò e sperò in cuor suo che la causa non fossero né il freddo, né la rabbia.
I due rimasero incatenati a guardarsi, grigio nel verde e verde nel grigio, per alcuni secondi, finché Zabini non spezzò l’incanto dicendo qualcosa che Potter naturalmente non sentì, ma che intuì essere una battuta poco felice visto che Draco aveva reagito divenendo a dir poco paonazzo e puntando la bacchetta contro il moro Serpeverde.
Quando i loro occhi si ritrovarono di nuovo, Harry con un cenno del capo gli indicò di entrare dentro e sedersi con lui, Malfoy non rispose ma, continuando a fissarlo con un’espressione più curiosa che ostile, ricominciò a camminare.
Ma non fece che pochi passi che il Grifondoro lo vide fermarsi per la seconda volta; con concrescente preoccupazione osservò poi che il suo volto aveva perso ogni colore, sbiancando più della neve, e che il suo sguardo era divenuto adesso più furioso e assassino che mai.
Ma che era successo? Che aveva fatto di nuovo? Si domandò esterrefatto e addolorato il moretto.
Poi percepì alle spalle una presenza e poco dopo si ritrovò abbracciato da dietro da Ginny.
“Chi guardi, Harry?” Chiese la ragazza e per vedere meglio si sporse ancora di più sul Grifondoro, che in questo modo avvertì con ancora più chiarezza il peso e le forme del seno di lei sulla sua nuca.
Harry non poté evitare di infiammarsi letteralmente per l’imbarazzo e a quella vista Draco strinse a pugno la bacchetta ma, anche se in un primo momento sembrava deciso a continuare il suo cammino verso la locanda, i suoi amici lo trattennero e, dopo aver lanciato un’ultima occhiata piena di rancore e veleno nella sua direzione, preferì invece andarsene via.
Harry sbarrò gli occhi confuso e amareggiato per l’ennesimo fallimento con il Serpeverde e si alzò di slancio, allontanando così, anche se non lo fece apposta, bruscamente da sé Ginny e poi gridò: “No, aspetta non andare!!!” Ma la finestra era chiusa e Draco ormai lontano, non gli rimase quindi che prendere la giacca e inseguirlo.
“Ma che diamine sta succedendo?” Domandò Ron sbigottito. “E dove sta andando Harry così di fretta? Ma soprattutto, chi era alla finestra?”
Ginny sbuffò, spazientita ed irritata perché Harry ormai non la degnava più di alcuna attenzione, e rispose solamente: “Malfoy!” Come se quell’unico nome bastasse a spiegare tutto ciò che il fratello voleva sapere.
Ma Ron mise su un’espressione ancora più confusa, mentre Hermione la guardò severa e con occhi accusatori.
E sotto quello sguardo, memore di tutte le discussioni e i diverbi avuti con la riccia Grifondoro, la piccola Weasley capitolò: “Sì, va bene ho capito! Non ci proverò più, sei contenta? Tanto ormai l’ho compreso anch’io di non avere speranze. Harry non ha occhi che per lui!” La ragazza affermò con voce più indignata che triste, dopodiché, come se nulla fosse successo, cominciò a guardarsi intorno alla ricerca di un nuovo ragazzo con cui trascorrere le vacanze di Natale.  
Ron continuò a non capire niente, mentre Hermione scosse la testa esasperata anche se il suo viso era sorridente: tolto l’ostacolo principale che li aveva divisi per mesi, causa la gelosia del biondino e l’ingenuità del moretto, sperava che adesso Draco ed Harry capissero finalmente di essere fatti l’uno per l’altro.


Harry aveva corso a per di fiato lungo le stradine di Hogsmeade per raggiungere Draco, ma non vi era riuscito.
E forse, si disse il ragazzo sconsolato, era normale così ed era piuttosto da sciocchi aspettarsi invece il contrario.
Lui e il bel Serpeverde, infondo, non erano destinati a stare insieme.
E per quanto la sua mente se ne fosse fatta una ragione, il suo cuore non riusciva però proprio ad accettarlo e, nonostante la continue sofferenze, continuava imperterrito a sperare.
Era stato infatti il suo cuore a consigliargli di restare al castello piuttosto che trascorre il Natale con i Weasley, quando aveva saputo che il settimo anno di Serpeverde non avrebbe fatto ritorno a casa per le vacanze, ammaliandolo con la dolce illusione che con meno persone intorno le chance per avvicinarsi con successo alla bionda Serpe sarebbero state maggiori.
E fu sempre dal suo cuore che ora, mentre vagabondava ormai senza più una meta precisa per le strade innevate e osservava disinteressato le vetrine illuminate dei negozi, udì una vocina suggerirgli di comprargli un regalo.
Harry si bloccò al centro della via e realizzò che quella era davvero una splendida idea: infondo era Natale ed era naturale fare regali, quindi Malfoy non avrebbe avuto alcunché da ridire, né alcuna scusa per non accettare qualsiasi cosa gli avesse donato, e per il Grifondoro invece sarebbe stata un’ ottima occasione per porgergli gli auguri, tornare a parlargli con toni pacati come in estate e magari per spiegarsi per qualsiasi incomprensione nata inconsapevolmente tra loro, per offrirgli di andare poi a bere una burrobirra insieme per sancire la pace fatta e costruire da lì le basi per una solida amicizia e forse ancora di più.
A quel pensiero Harry si aprì in un sorriso luminoso, sorriso che si spense però un attimo dopo.
Tutto ciò che aveva immaginato era possibile solo se avesse scelto il regalo perfetto.
Infondo non era poi così tanto sicuro che Malfoy sarebbe stato disposto anche solo a rivolgergli uno sguardo, figuriamoci a sostenerne la vicinanza e a sentirlo scusarsi, se il suo dono non gli fosse piaciuto.   
Ma cosa comprare?
Qualcosa riguardante il Quidditch? Una scopa nuova magari? Un paio di guanti? O vestiti, di cui lui però non se ne intendeva affatto? O forse… no, nulla sembrava abbastanza… importante e prezioso.
Il dono per Draco doveva essere qualcosa di speciale, un oggetto di cui il biondino dovesse rimanere affascinato, ma che al contempo esprimesse il profondo sentimento d’Amore che Harry gli voleva.
Il moro Grifondoro chiuse allora gli occhi in attesa di una folgorazione e questa arrivò sottoforma di musica.
Harry infatti, tra il vocio della gente e il suono dei passi sulla neve, udì nell’aria una dolce ma lieve melodia che sembrava arrivargli direttamente nel cuore. Non era un canto di natale, né sembrava opera d’uomo tanto era bella e soave, e quasi gli sembrò strano che nessun’altra persona ne fosse rimasta rapita e incantata, come invece stava succedendo a lui.
Colto allora dal desiderio di scoprire chi fosse il compositore di quella musica così sublime e meravigliosa, decise di seguirne il suono.
I suoi passi terminarono, per sua enorme sorpresa, in una gioielleria, di fronte ad una collana d’oro, dalla fine lavorazione e forgiatura di folletti, il cui ciondolo era costituito da un rubino dalla forma di goccia: la melodia proveniva, e su questo Harry non aveva alcun dubbio, proprio dal pendente.
Il diciassettenne, ipnotizzato dalla sua bellezza, non resistette e prese tra le mani la collana, notando solo distrattamente che, diversamente dagli altri gioielli, questa non era racchiusa in una bacheca di vetro; così facendo però, si accorse di un’altra cosa strana: per quanto fosse indubbiamente un rubino, al suo interno il ciondolo conteneva una qualche specie di liquido.
Il proprietario della gioielleria, quando si accorse di quanto accaduto, esclamò: “Per la barba di Merlino! Non ci posso credere!!!” Ma con voce così alta e stridula che fece sussultare Harry per lo spavento. Quando poi l’omino, dall’aria simpatica, vide la cicatrice a forma di saetta sulla fronte del moretto, sembrò capire ogni cosa e disse più tra sé che col Grifondoro: “Ragazzo, ero a conoscenza degli incommensurabili poteri di cui sei dotato, ma credevo davvero impossibile vedere un giorno qualcuno sollevare la ‘Lacrima di Fenice’!”
Harry sollevò interdetto un sopracciglio.
“La Lacrima di Fenice?! Ma cosa…?”
“Sì, signor Potter! La Lacrima di Fenice, la collana che ora sta stringendo, a quanto pare, per quanto io non ne abbia mai trovato alcuna traccia magica, sembra stregata: chiunque la vede infatti, ne rimane completamente ammaliato, ma la sua bellezza e il suo mistero sono tali che nessuno osa nemmeno sfiorarla, per paura di intaccarne la purezza con le proprie mani indegne.”
“Oh!” Sussurrò solamente il ragazzo, che non sentiva affatto il bisogno di riporre la collana, e quindi di non toccarla, ma semmai il contrario, perché il canto della fenice, ora lo riconosceva, sembrava lo stesse chiamando. In più adesso, fra le sue note ve ne sentiva alcune più tristi e la melodia sembrava rispondere al dolore che portava lui dentro.
Se non fosse stato inconcepibile il solo pensiero, Harry avrebbe giurato che anche la fenice, che sentiva cantare, sembrava soffrire d’Amore, proprio come lui.
Il gioielliere osservò con quanta intensità il Salvatore del Mondo Magico stava guardando quel gioiello così unico e speciale e, con un sorriso sornione, si convinse che fosse proprio lui l’unica persona degna di possederlo e di venire a conoscenza del suo segreto, che la sua famiglia di orefici si tramandava di padre in figlio da generazioni.
“Vede Signor Potter, questa collana possiede un valore inestimabile e la sua storia è legata ad una leggenda che risale a tempi molto antichi.” L’uomo cominciò il suo racconto con voce solenne, attirando su di sé la completa attenzione di Harry. “Per l’esattezza, quel rubino è il simbolo dell’Amore di una Fenice per un Drago!”
Il Grifondoro adesso spalancò gli occhi e il cuore cominciò a battergli forte nel petto.
“Si racconta che tanto tempo fa, in una fiorente vallata, esisteva una meravigliosa Fenice, che non aveva nessun altro potere se non quello di incantare tutti con la sua bellezza e con la soavità e la dolcezza del suo canto. Era considerata l’animale più sacro fra gli esseri viventi ed era venerata e ammirata da chiunque, perché al solo vederla tutti ne restavano stregati.
Al contrario invece esisteva un animale temuto e odiato da tutti, perché capace di radere al suolo un’intera foresta con il solo sbattere della coda e incendiare interi villaggi col suo alito di fuoco.
Sto parlando del Drago, il coprotagonista di questa storia.
In realtà però, questo Drago non era di indole cattiva, era anzi piuttosto mite e alquanto vulnerabile, la sua verde pelle infatti non era dura e ricoperta di squame come i draghi che conosciamo noi oggi, ma la sua stazza e le sue caratteristiche fisiche, tra l’enorme coda, l’impossibilità di non sputare fuoco e le sue larghe ali, gli impedivano di stare in mezzo agli altri esseri viventi senza combinare disastri.
Era quindi ritenuto da tutti un feroce e pericoloso assassino e per questo il povero Drago, addolorato del male di cui inconsapevolmente era la causa, decise un giorno di allontanarsi dalla vallata e di vivere in solitudine nell’antro buio di una caverna posta su di un’alta e impervia montagna, nella speranza che tutti si dimenticassero di lui.
Ma non fece i conti con la Fenice, l’unica ad essere a conoscenza di quanta bontà racchiudeva il suo cuore.
Il bell’uccello infatti, sfidando il clima gelido e inospitale dell’altura, lo raggiunse e decise di restare con lui, nonostante il Drago, per quanto commosso dal suo gesto, provò più volte a cacciarla via minacciandola di incendiarla con il fuoco, perché non desiderava che lei, così amata e benvoluta da tutti, fosse invece costretta a vivere quella vita di stenti e privazioni per causa sua. Ma la Fenice, determinata e coraggiosa, non lo abbandonò mai e pian piano riuscì a vincerne ogni resistenza e a farsi accettare completamente.
I due, da allora e per parecchi anni ancora, vissero insieme e condivisero tanti bei momenti felici, per quanto, data la diversità del loro apparire, poteva sembrare impossibile.
Un giorno però tutto cambiò: di solito, quando dovevano cacciare o abbeverarsi, il Drago e la Fenice andavano in posti isolati dove la presenza dell’uomo era assente, ma accadde purtroppo che in una giornata assolata due contadini per caso li scoprirono mentre bevevano da un lago. Spaventati a morte, i due ritornarono immediatamente al proprio villaggio e riportarono la notizia che il Drago era tornato per vendicarsi e annientare tutte le loro famiglie, diffondendo così il panico ovunque. Il capo villaggio allora radunò un’assemblea, in cui convocò gli uomini più forti e valorosi, e di comune accordo si decise che  la miglior cosa da fare era uccidere il Drago prima che lui uccidesse tutti loro.
Così, armati fin sopra i denti, gli abitanti del villaggio prepararono in’imboscata e affrontarono la pericolosa, ma in realtà innocua, bestia.
Le loro armi però non potevano nulla contro l’alito infuocato del Drago che, anche se nessuno se ne rese conto, non mirava affatto il suo getto di fuoco per far del male a chi lo stava attaccando, ma solo per incendiare le frecce che gli venivano lanciate contro: una però, che l’enorme volatile non sapeva avvelenata, riuscì purtroppo a colpirlo facendolo accasciare agonizzante al suolo. Quando ciò accadde gli uomini esultarono di gioia e colsero l’occasione per infliggergli il colpo di grazia, puntandogli adesso una freccia, questa volta però infuocata, direttamente al cuore.
Ma quella freccia non raggiunse mai il Drago, perché in un gesto di estremo sacrificio, la Fenice decise di donare la sua vita per salvare quella del suo Amore.
Successe però che colpito dal fuoco il magnifico uccello, dal piumaggio rosso e oro, divenne cenere, che lieve si andò a posare sul terreno proprio accanto a dove era distesa la testa del Drago morente.
Il Drago, che impotente aveva assistito a tutta la scena, provò allora una sofferenza indicibile ed inimmaginabile e, di fronte a quel dolore così straziante, gli uomini abbassarono pentiti le armi.
Poi, per la prima volta in vita sua pianse una lacrima, una sola però, ma in essa egli racchiuse tutta la sua forza vitale e il suo Amore, insieme all’ultimo desiderio di rivedere la Fenice di nuovo in vita prima di morire.
La lacrima del Drago finì proprio sui resti del suo amato ed è qui che si avverò quella magia straordinaria ed inspiegabile di cui siamo testimoni ancora oggi: la Fenice risorse dalle sue ceneri!
Il Drago allora, pieno di gioia, le donò un ultimo sorriso innamorato e poi chiuse gli occhi, consapevole che al suo cuore non restavano che pochi battiti di vita.
Ma ancora una volta l’uccello leggendario fu l’artefice di un evento eccezionale: anche lui infatti, versò una lacrima, intrisa di immensa gratitudine e di tutto il suo Amore per il Drago, sulla sua ferita e la guarì completamente, vanificando le proprietà mortali del veleno e rendendone la pelle più resistente, dura ed impenetrabile proprio come la roccia.
La Fenice e il Drago poi, incuranti di quanti avevano assistito ai prodigi della straordinaria magia del loro Amore, si librarono in volo e andarono via, senza che nessuno osasse fermarli, e si racconta che tuttora i due vivano ancora felicemente insieme.” L’omino a questo puntò decise di interrompere per qualche secondo il suo racconto, perché si rese conto che il giovane Potter stava anche lui, probabilmente senza neanche rendersene conto, piangendo. Prima di concludere comunque, lo sentì sospirare, mentre osservava assorto la gemma: “… intrisa del suo Amore per il Drago!
“La leggenda vuole inoltre che sulla terra,  dove poco prima erano stati il Drago morente e la cenere della Fenice, gli abitanti del villaggio, tra cui vi erano alcuni maghi, trovarono due gemme a forma di goccia, uno smeraldo ed un rubino, che non erano altro che le magiche lacrime versate dalle due creature leggendarie!”
Harry adesso distolse lo sguardo dalla collana e guardò invece scioccato verso il gioielliere: “Quindi questo significa che esiste anche una Lacrima di Drago?” Domandò con voce tremante.
“Sì!” confermò l’uomo. “Solo che di lei purtroppo non si ha più alcuna notizia da molti secoli. Ad un certo punto della storia, le due pietre finirono tra le mani dei folletti, curiosi di scoprire quale fosse la natura e il significato del liquido che contengono al loro interno, dato che essi ritenevano pura fantasia il racconto che le ho appena narrato, ma nessuno scalpello, pietra o metallo è mai riuscito a scalfirle.
Nessuno prima di lei, per quanto io ne sappia, ha mai osato toccare la Lacrima di Fenice: per trasportarla infatti si sono sempre e unicamente usati incantesimi di levitazione.
Per quanto riguarda quella di Drago, sembra che anch’essa sia stregata. Chiunque la guarda se ne dimentica dopo pochi secondi, proprio come il Drago della storia che si era allontanato dalla vallata per far cancellare il suo ricordo dalle menti di tutti, e suppongo che sia proprio questo il motivo per cui di essa non se ne trovano più le tracce.
Dopo vari, ma inutili tentativi comunque, i folletti alla fine risolsero di creare delle lavorate catenine, d’oro giallo e d’oro bianco, per realizzare delle collane di cui queste pietre potessero diventare i pendenti.”
Il Grifondoro constatò che la catenina applicata al rubino era d’oro giallo: gli stessi colori della Fenice.
Fenice innamorata di un… Draco!!!
Ecco il regalo perfetto: finalmente lo aveva trovato!
“La leggenda comunque non finisce qui.” Proseguì il gioielliere. “Impregnate dell’Amore reciproco di chi le ha generate, anche le Lacrime di Drago e di Fenice desiderano tornare insieme, ed è per questo che solo vere An…” Ma fu interrotto dall’improvvisa e addolorata esclamazione del moretto.
“Oh, ma allora è per questo che il canto della Fenice sembra così triste! Perché non ha accanto a sé la persona che disperatamente ama!”
“Già, immagino di sì!” L’anziano uomo rispose semplicemente con un caldo sorriso, comprendendo che il giovane Potter, forse senza neanche farlo di proposito, non si era riferito alla Fenice, ma piuttosto a se stesso.
E poi che significava che ne sentiva il canto? Il gioielliere di quella cosa non ne sapeva alcunché e probabilmente la motivazione era nel fatto che, capì subito dopo, non era lui il vero e degno possessore di quella collana, ma proprio Harry Potter.
Il ticchettio dell’orologio che suonava le cinque lo distrasse dai suoi pensieri e allarmò invece il Grifondoro: si era fatto tardi e doveva tornare immediatamente al castello.
Disposto a spendere tutto l’oro che possedeva alla Gringott, o a imbarcarsi di debiti se fosse stato necessario, il moretto posò un ultimo sguardo pieno di speranza al rubino e al suo contenuto e poi domandò se poteva comprarlo.
Il gioielliere si limitò ad annuire con espressione soddisfatta e nel mentre andava nel retrobottega per prendere un cofanetto in cui riporre la collana, Harry posò un bacio leggero sulla Lacrima di Fenice e poi se la strinse forte al petto.
“Dolce Fenice, so che lui non è il Drago che stai cercando da sempre, ma ti prego fa che anche la persona a cui ti farò dono possa toccarti… voglia indossarti. Perché lui è il mio Draco e io lo amo esattamente come tu ami il tuo.” Il Grifondoro implorò con tutto il suo cuore. “E fa ti supplico che lui lo capisca e che non rifiuti il mio Amore, ma che anzi... Fa che egli voglia indossarti!” Aggiunse con voce sofferta e accorata.
La Fenice trillò ma questa volta con timbro diverso: il suo canto adesso sembrava felice, ma ancor di più impaziente, quasi non vedesse l’ora di esser regalata. Ed Harry si domandò se per caso le sensazioni, che stava percependo dal diadema, non fossero unicamente il frutto del suo bisogno disperato di credere che la sua storia con il bel Serpeverde potesse avere lo stesso lieto fine che, in un tempo sconosciuto, ebbero la Fenice ed il Drago.
Il gioielliere, quando fece ritorno, irremovibile, nonostante le accese proteste del Grifondoro, pretese una somma davvero irrisoria per il pagamento della collana. L’uomo, che nonostante tutto avrebbe voluto comunque guadagnarci qualcosina da quel preziosissimo gioiello, dato il suo valore inestimabile, nel momento in cui era stato per pronunciare il prezzo esorbitante che desiderava, aveva però udito risuonargli nel petto una vocina, che sottoforma di canto bellissimo e sublime, lo aveva supplicato di non essere avaro ma di lasciarla finalmente libera… libera di volare via per raggiungere il suo Amore.  
E con grande stupore e meraviglia, dato cha a lui non era mai accaduto in tutti quegli anni, e probabilmente non era successo neanche a nessuno dei suoi avi, il gioielliere si rese conto che la fonte di quella melodia era proprio dentro il pacchetto che aveva appena incartato: esattamente come Potter, aveva ascoltato il canto della Fenice e questo per lui contò immensamente molto di più che se avesse ricevuto un milione di sacchi ripieni di galeoni d’oro.              
Scambiatisi gli auguri per un felice Natale, Harry infine andò via con in viso un sorriso luminoso ed innamorato e il gioielliere fu più che sicuro che, in qualche parte del mondo, qualcuno in quel preciso momento aveva appena comprato la Lacrima di Drago.
E la sua certezza era fondata perché, anche se prima era stato bruscamente interrotto, la conclusione della leggenda voleva che: ‘Impregnate dell’Amore reciproco di chi le ha generate, anche le Lacrime di Drago e di Fenice desiderano tornare insieme, ed è per questo che solo vere Anime Gemelle sono destinate a riunirle. E quando ciò avverrà le due gemme diverranno una sol cosa, per poi dividersi di nuovo e mutare nel loro aspetto.’
Ma se il cambiamento riguardava la forma, non più a goccia, o la natura stessa delle pietre, l’uomo questo non lo sapeva, immaginava però che, il giorno che avesse rincontrato di nuovo Harry Potter, lo avrebbe di sicuro scoperto.



  
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