N.d.A.: Okay.. mi sto facendo prendere la mano….
Inizio a pubblicare anche io storie originali XD. Prima capitolo di una storia
che ho iniziato a scrivere un annetto fa. Spero
piaccia a qualcuno. E se così è, recensite!!! Baci *__*
I
Picchiettava
le dita sul volante da piú di un'ora, un movimento meccanico e ripetitivo che
mitigava l'impazienza. Aspettare non era il suo forte, non lo era mai stato in
tutti i suoi trentasei anni di vita e non poteva esserlo in una situazione come
quella. Guardò l'orologio al polso e scoprì di essere là da un'ora e venti minuti: ottanta minuti seduto in macchina ad aspettare
che quell'idiota si decidesse a scendere. Si chiese se per caso non avesse
sbagliato indirizzo oppure orario, guidare col sangue agli occhi come aveva
fatto lui avrebbe potuto farlo cadere in errore. Prese
il foglio che aveva stampato dal computer quella stessa mattina:
Gentile cliente, ecco le
informazioni dettagliate di cui siamo in possesso:
Frank Moran,
31 anni, socio in un’azienda informatica (Gray Byte 3)
residente in Lake Street 58. Orario
uscita tra le 8 e le 10
Rientro variabile, mediamente tra
le 22 e 2 di notte.
Cordialmente, SWT Inv.
Dopo
aver letto il foglio riguardò l’orologio, erano le
Forse
era meglio andare a prenderlo fin dentro casa e farlo scendere per le scale a
calci invece che stare ad aspettare i suoi comodi mentre a lui si corrodeva il
fegato. Allungò la mano sul sedile accanto e prese la busta gialla con le foto,
evitò di guardare le altre e tirò fuori solo quella che gli interessava: un bel
primo piano sorridente di quel gran figlio di puttana del
caro Frank. Pensò che aveva proprio la faccia da
imbecille e falso bravo ragazzo. Volse lo sguardo in direzione dello
specchietto retrovisore e lo inclinò verso di sé guardandosi negli occhi.
“Temo che il vero imbecille sia proprio tu”,
si disse con amarezza.
Mentre parlava con se stesso, si accorse di un movimento alla
sua sinistra, si voltò e serrò i denti: finalmente stava uscendo dal portone.
Mise mano alla maniglia della portiera ma si arrestò,
sorpreso da quanto vedeva: il bastardo non era solo, con lui c’era una bella
ragazza dai capelli rossi che gli sorrideva e che Frank teneva per mano. Anche lui sorrideva, lo stesso sorriso da deficiente delle
foto. I due si fermarono per scambiarsi un tenero bacetto da innamorati: Kevin
si chiese se anche lei fosse la moglie di qualcun altro o magari la legittima
fidanzata. Di certo non poteva essere la moglie di Frank,
l’agenzia l’avrebbe scoperto sicuramente. Decise di prendere le foto dalla busta, le
arrotolò e se le infilò all’interno della giacca: pensò che alla fine,
fidanzata o no, la presenza della ragazza avrebbe potuto addirittura migliorare
la situazione, lo avrebbe sputtanato in mezzo alla
strada e per di più di fronte a lei, senza contare i pugni che aveva intenzione di dargli. Aprì la portiera e uscì, la richiuse con
tanta violenza da far oscillare l’auto e pieno di rabbia attraversò la strada
in direzione dei due ignari piccioncini che continuavano a guardarsi negli
occhi e a scambiarsi dolci sorrisi.
Presi
l’uno dall’altra, nessuno dei due si accorse della figura imponente che a
grandi falcate li stava raggiungendo con fare minaccioso. Solo quando Frank
sentì una mano posarsi in modo pesante sulla propria spalla
si accorse di non essere solo con Emily.
“Ciao
Frank!” lo salutò con enfasi l’estraneo. Frank si voltò trovandosi di fronte un
uomo alto più di metro
e novanta e con grandi spalle che gli rivolgeva un sorriso strano e lo sovrastava
di almeno una ventina di centimetri. “Ciao… ci conosciamo?” gli
chiese esitante.
L’altro
continuava a ostentare un sorriso forzato che
nascondeva intenzioni poco amichevoli.
“Oh
sì, indirettamente ma ci conosciamo. Grazie a mia moglie Jennifer, hai presente?”
Frank
sbiancò in viso, spalancò gli occhi per lo stupore
iniziando a sudare.
“Temo
si stia sbagliando. Non conosco nessuna
Jennifer.” disse visibilmente a disagio.
Il
sorriso di Kevin che già era poco amichevole cominciò a trasformarsi in un ghigno
cattivo, mentre i suoi occhi erano quelli di un uomo febbricitante.
“No
amico mio, la conosci eccome! Te la porti a letto con una regolarità
disarmante!”
Emily
prese parola per la prima volta da quanto quell’uomo era intervenuto tra di loro.
“Cosa? Lei è pazzo, cosa sta
dicendo?” inveì contro l’estraneo, Kevin le lanciò un’occhiata fugace ignorando
il suo intervento e concentrandosi sul suo avversario.
“Andiamo Frank, evitiamo questi inutili giochetti. Sappiamo
entrambi che è la verità.”
“Le
ripeto che si sta sbagliando, io non….” non fece in tempo a terminare la frase che si ritrovò a
terra, steso da un pugno in faccia.
La
donna urlò inginocchiandosi accanto al suo compagno. “Frank! Tesoro stai bene?” gli chiese amorevole.
“Ne
stia fuori, signorina. Non c’entra in questa storia, dobbiamo risolverla tra
uomini.”
Emily
aiutò Frank a rialzarsi sostenendolo per un braccio.
“Lei
è fuori di testa, perché ha colpito il mio fidanzato?
Ha sbagliato persona!” gli urlò la donna mentre Frank
si massaggiava il mento dolorante.
Kevin
fece una risata nervosa. “Signorina, forse non ha capito che mentre lei lo
aspetta a casa, il suo fidanzato si sbatte mia moglie persino nel mio letto. Mi spiace per lei, ma io a questo bastardo devo
spaccare la faccia, a costo di finire in galera!” minacciò
afferrando Frank per il bavero della giacca.
Emily
ancora non riusciva a capire, perché quell’uomo accusava Frank di andare a
letto con sua moglie? Lei era più che sicura della sua fedeltà e soprattutto
del suo buon senso, non l’avrebbe mai fatto.
“Tu
sei un pazzo maniaco, io ti denuncio!” sbraitò Frank mentre
Kevin lo strattonava.
“Dopo
che ti avrò fatto cadere tutti i denti che hai in bocca non potrai fare proprio
un bel niente. Sei un figlio di puttana, non solo ti porti a letto le mogli
degli altri, ma lo fai fregandotene della tua donna. Sei peggio di quanto
immaginassi.” continuò quell’uomo alto e arrabbiato
che digrignava i denti e ignorava le invettive della donna.
“La
smetta, maledizione!” gridava al vento la giovane tentando di intervenire tra i
due.
In
quel momento Kevin lasciò la giacca di Frank e lo spinse contro un’’inferriata,
scagliandosi su di lui come una furia e scuotendolo con forza.
“Perché non ti difendi, eh? Perché
non dici niente e ti fai difendere dalla tua ragazza? Hai paura che si convinca
di che razza di maiale sei? Ti crede un bravo ragazzo invece sei un bastardo!” Mentre Kevin infieriva sull’altro, un passante
che stava assistendo alla scena cercò di intromettersi.
“Ma che state facendo
voi due? La smetta!” intimò a Kevin che non si degnò
neanche di guardarlo.
“Vattene.”
fu la sua risposta infastidita.
Ma
il passante non se ne andò e anzi tentò di prendergli
un braccio per allontanarlo dal povero Frank, che subiva l’aggressione senza
neanche difendersi troppo.
“Va’ a farti fottere, non intrometterti se non vuoi un pugno nei denti
anche tu!” gli urlò Kevin.
Il
diversivo del passante consentì a Frank di divincolarsi dalla presa potente di
Kevin e si mise al fianco di Emily.
“Ora
basta, mi ha davvero stancato. Farò finta che questo non sia mai accaduto e non
la denuncerò, ma ora se ne vada.” lo
esortò con calma Frank.
Kevin
si voltò lentamente verso la coppia, fulminandoli con lo sguardo.
“Chiama
la polizia, avanti. Così gli mostriamo anche questi bei ritratti!” urlò estraendo le foto dalla giacca e gettandole nella loro
direzione.
Quei
fogli patinati rotearono a mezz’aria per poi finire ai piedi di entrambi. Lo
sguardo di Emily si posò su una di esse, nella quale
riconobbe subito Frank. L’uomo era con una donna dai capelli ricci che gli
baciava il collo mentre lui rideva beato, erano in
macchina ed era notte. Si inginocchiò accanto alle
foto e ne prese un’altra in mano, soffocando un urlo. La solita donna con i
capelli neri e ricci era seduta sulle sue gambe praticamente
nuda e Frank gli accarezzava una coscia: riconobbe la poltrona sulla
quale erano seduti, era quella del salotto di Frank.
La
buttò e ne prese un’altra, erano sul divano e lei era seduta
a cavalcioni su di lui, nuda.
Riconobbe
la casa, i mobili, le finestre, era foto scattate
sicuramente da lontano, ma la loro nitidezza era sorprendente. C’erano almeno
dieci o quindici foto, tutte con gli stessi soggetti nelle pose più svariate.
Emily era attonita, le osservava una dopo l’altra
stentando a crederci.
“Amore,
non vedi che sono false? Lascia perdere andiamo via.” tentò di convincerla Frank, ma Emily si voltò verso di lui e
respinse il suo braccio.
“False?
Sei un verme, uno schifoso verme!” lo aggredì lei
alzandosi.
“Aspetta,
non è come credi! Posso spiegarti!” continuò Frank.
“Spiegarmi
che cosa? Che non sei tu, che è un fotomontaggio?
Davvero pensi che io sia così stupida? Sei un porco schifoso,
non farti vedere mai più!” gli urlò con rabbia Emily voltandogli le
spalle per andarsene. Frank tentò di fermarla, ma qualcosa gli afferrò un
braccio bloccandolo in una morsa di ferro.
“Non
abbiamo ancora finito, Frank.” lo minacciò Kevin
sbattendolo di nuovo contro l’inferriata.
Il
passante di poco prima, intravedendo le foto, disse a se stesso che alla luce
dei fatti quell’uomo alto e arrabbiato aveva le sue ragioni e che era una
faccenda privata. Per cui girò sui tacchi e riprese il suo cammino senza
neanche più voltarsi.
Frank
notò l’allontanamento dell’altro uomo e capendo di essere rimasto da solo con
il suo aggressore, ricominciò a sudare: stranamente non passava più nessuno.
“Se
non mi lasci subito comincerò ad urlare per attirare
l’attenzione della gente!”
Kevin
per tutta risposta gli assestò un altro pugno, questa volta nello stomaco.
Frank
si piegò su se stesso e cadde in ginocchio, sputando e quasi vomitando per la
violenza del colpo ricevuto. Stava ancora tossendo quando
Kevin lo sollevò di peso e una volta di nuovo ritto in piedi gli tirò un altro
pugno in faccia, spaccandogli un labbro.
Il
sangue gli colò sulla bella camicia bianca e la cravatta beige, ma non era ancora finita.
Kevin
non era mancino ma per quell’occasione sferrò un altro
colpo con la mano sinistra, prendendo in pieno il naso dell’altro che iniziò a
sanguinare.
Stordito
dal dolore, Frank si accasciò a terra tossendo e Kevin finì l’assalto
tirandogli un calcio sulla tibia, l’unica parte del corpo che poteva facilmente
colpire vista la posizione a riccio che aveva assunto. Kevin ansimava per la
rabbia e lo sforzo, e non era soddisfatto. Ma non
poteva certo ucciderlo, al contrario di quanto aveva affermato poco prima non
aveva intenzione di finire in galera per un figlio di puttana come lui.
Si
guardò intorno e non vide assolutamente nessuno, nei suoi cinque minuti di
follia il caso aveva voluto che non passasse nessuno, così
mentre Frank era ancora a terra che sputava e tossiva, Kevin
riattraversò la strada verso la sua auto, aprì lo sportello e salì. Guardò alla
sua sinistra e vide Frank ancora a terra che cercava di rialzarsi, circondato
dalle foto di lui e Jennifer in svariate posizioni.
Sarebbe stata una scena comica, se la donna delle foto non fosse stata la sua Jennifer: adesso doveva affrontare
lei.
Mise
in moto e partì a tavoletta, in direzione di casa sua, sapeva che quel giorno
Jennifer l’avrebbe trovata lì. Si rammaricò di non
aver preso il cellulare di quel bastardo, se nel frattempo si fosse ripreso
abbastanza avrebbe di certo avvisato Jennifer e lei
temendo suo marito sarebbe andata via.
Non
doveva avere paura di lui, non avrebbe mai avuto il coraggio di alzare le mani
su Jennifer, Kevin l’aveva amata tanto e l’amava
ancora nonostante tutto, ma voleva almeno capire perché lo aveva tradito. Cosa aveva potuto farle mancare da spingerla a cercarlo in
un altro? Forse era presunzione, ma in tutta onestà non riusciva a
trovare nulla nel proprio comportamento che potesse indurre sua moglie a
cercarsi un altro uomo. Neanche l’età, visto che tra Frank e
Kevin non c’erano che cinque anni di differenza. Oppure erano i quasi quarant’anni di Jennifer che avevano spinto quest’ultima a
cercare un uomo con dieci anni di meno che la facesse
sentire giovane e desiderata. Kevin non lo faceva abbastanza per lei?
In
pochi minuti aveva fatto almeno una decina di ipotesi,
tutte confuse e più o meno improbabili, già pensate e ripensate e che gli
procurarono solo un gran mal di testa. Passò anche con il semaforo rosso per
ben due volte, ed era sicuro che gli avrebbero spedito le relative multe. Ma non gli importava di niente adesso, voleva solo
raggiungere casa sua e parlare con sua moglie, e farsi spiegare perché aveva
deciso di rovinare il loro amore andando a letto con uno stupido idiota come
Frank Moran.
Picchiarlo
a sangue non era servito a granché, sì certo gli aveva rovinato quel suo sorriso da
ebete e aveva l’impressione di avergli anche sotto il naso, ma vederlo
sanguinare e contorcersi non lo aveva fatto sentire meglio. Per un attimo il
suo pensiero andò a quella povera ragazza dai capelli rossi che tentava di
difendere il suo uomo ma che alla vista di quelle foto era corsa via
lasciandolo come uno stupido in mezzo alla strada, in balia dell’ira di Kevin.
In un certo senso forse la ragazza se l’era meritato, come si fa a stare con uno così? Possibile che non si era mai
accorta di nulla? A meno che non si fossero conosciuti
il giorno prima, un qualche sospetto doveva essere venuto anche a lei.
Probabilmente era una sciocca ragazzetta che non capiva o peggio ancora faceva
finta di non capire cosa facesse il suo bel
fidanzatino.
Perché
Frank e Jennifer non si vedevano da poco, ma da almeno sei mesi e praticamente tutti i giorni. Impossibile
non vedere qualcosa di strano nel suo comportamento, così come Kevin l’aveva
visto in sua moglie addirittura prima dei sei mesi conclamati, il che gli
faceva sospettare che la tresca fosse cominciata prima. Non voleva
pensarci, altrimenti avrebbe fatto inversione e sarebbe andato a investire con l’auto quel verme.
Proseguendo
la sua corsa in auto, pensò che forse aveva sbagliato
ad andare prima a pestare il bastardo e poi da Jennifer, forse era più
importante parlare con lei, invece adesso c’era il rischio che lei fosse già
andata via, avvisata dal suo caro amico. Ma il pensiero di prendere a cazzotti
l’infame era stato più forte di ogni altro e il suo
orgoglio di uomo gli aveva imposto di andare a rompergli il muso. Ma per quanto
dolorosi potessero essere i pugni ricevuti, non erano
niente in confronto al dolore che sentiva Kevin, lo stupore e l’avvilimento
provati nel vedere quelle foto così umilianti.
Sapeva
già che Jennifer aveva un amante, ma guardare quelle foto che sembravano uscite
da uno squallido giornale pornografico era stato come
essere investito da un treno in corsa. Vedere che addirittura si erano divertiti nel suo letto era stato il massimo
dell’oltraggio, soprattutto pensando che magari poche ore dopo Jennifer aveva
avuto il coraggio di fare l’amore con lui in quello stesso letto. Anche se lo riteneva poco probabile, visto che sua moglie
gli si concedeva col contagocce e talvolta anche malvolentieri. E ora ne capiva il perché.
C’era
un altro con il quale divideva il letto (e il divano, la poltrona…), non aveva
più bisogno di suo marito. Ecco, probabilmente era stata proprio la monotonia
del dormire sempre con lo stesso uomo che l’aveva spinta
a cercarsi un amante, un diversivo al solito e
prevedibile Kevin Duval che dopotutto cosa
faceva per lei oltre che adorarla? Frank invece doveva essere molto più
interessante del noioso Kevin, tanto da sfasciare un matrimonio che durava da
quasi dieci anni e un amore che durava da quindici.
Kevin
sentiva di avere tutto il diritto di sapere perché Jennifer aveva voluto rovinare
la sua vita, infrangendo i suoi sogni.