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Autore: Dira_    10/01/2010    13 recensioni
La guerra è ormai finita, Harry è un auror e sta per avere il suo secondo bambino.
Degli strani sogni e la misteriosa comparsa di un neonato decisamente particolare turbano la sua pace, tornando a scuotere la famiglia Potter sedici anni dopo, quando Tom, il bambino-che-è-stato-salvato, scoprirà che Hogwarts non solo nasconde misteri, venduti come leggende, ma anche il suo oscuro passato...
La nuova generazione dovrà affrontare misteri, intrighi, nuove amicizie e infine, l'amore.
“Essere amati ci protegge. È una cosa che ci resta dentro, nella pelle.”
Può davvero l’amore cambiare le carte che il destino ha messo in tavola?
[Next Generation]
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Buoonasera. O buongiorno, a seconda di come la vedete. Alla fine sono riuscita a farvi avere il capitolo per Domenica! Putroppo a questo giro non potrò rispondere alle vostre meravigliose recensioni. Sappiate che vi adoro, che siete il motore di questa storia e che vi abbraccio forte. Senza di voi e i ragazzini di Doppelgaenger questo periodo di studio sarebbe un inferno. ;)
PerFarmiPerdonareUnPochino: Questa è un’opera perfetta Al/Tom che mi ha gentilmente donato Flayu, una TALENTUOSISSIMA disegnatrice giapponese che ho conosciuto su DeviantArt. Ragazze… se lo aprite vi giuro che sbaverete per giorni. Io ce l’ho tutt’ora come sfondo del mio pc. E non riesco a smettere di guardarlo. PS: mi piace pensare che quello nella ciotola sia ribes… *ç*
Date un’occhiata anche alla sua Gallery. È una shipper Harry/Tom e credetemi, sa quello che fa.
 
 
 
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Capitolo XXVIII
 
 

 



Ti avverto, chiunque tu sia.

Oh Uomo, conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei.
(Oracolo di Delfi)
 
 
 
Dintorni di Hogsmeade, Stamberga Strillante.
Quattro del pomeriggio.
 
“Zucchettina, dai, rallenta!”
“Col cavolo!”
Rose incedeva impietosa per la salita sterrata che portava alla Stamberga Strillante. I ragazzini del Terzo a quell’ora l’avevano già ampiamente visitata, con tanto di prove di coraggio. E nessuno tornava in quel posto lugubre per una seconda volta. Di solito quindi era un posto tranquillo, dotato di una serie di massi dalla forma comoda, su cui sedersi e far vagare lo sguardo sulla campagna circostante.

Di solito.
Rose si sedette pesantemente, con buste e sacchetti sul suo sasso preferito, mentre Scorpius si accomodava accanto a lei.
“Sei ancora arrabbiata con me?” Chiese, forse per la settantesima volta.
“No Malfoy, è solo una tua impressione…” Celiò. “Se ti piace tanto Jamie, perché non sei con lui?”
Scorpius si strinse nelle spalle. “Ovvio. Perché mi piaci più tu.”

Rose gli lanciò un’occhiata boccheggiante. “Non… Non è questo il punto!”
“Ah no? Mi era sembrato, scusa…” Sogghignò. “Dai, Rosie. Non sarai gelosa?”
“No!”
“Okay.” Rimase un po’ in silenzio, prima di prendere una foglia caduta a terra e cominciare a giocherellarci con le dita. “Mi dispiace per aver perso l’appuntamento. Ma Potter aveva bisogno di una spalla su cui versare fiumi di lacrime virili…”
“C’entra qualcosa il fatto che non si fa la barba da settimane?” Si informò, suo malgrado curiosa.
“Anche…” Rispose vago. “C’è una certa cosa in ballo, e quell’idiota non riesce a organizzare nulla senza una mente superiore che coordini il tutto. Cioè, io.”
“Gli stai facendo da infermierina?” Borbottò, suo malgrado divertita. Scorpius fece una smorfia, afferrandole la sciarpa e tirandola leggermente verso di sé, dispettoso. “Malfoy, quando sei imbarazzato lo sai che cominci a diventare molesto?”
“I try to discover a little something to make me sweeter. Oh baby refrain from breaking my heart¹…” Cominciò a canticchiare, finché non la fece scoppiare a ridere. Si baciarono con le guance straordinariamente fredde.
Oh, Merlino. Sono pazza di lui… Bel casino.
“Scorpius… non possiamo andare al Ballo assieme.” Mugugnò, quando fu seduta accanto a lui.
“Lo so.” Sorrise inscalfibile. “Non fa niente.”
“Davvero?” Si accorse che qualunque cosa gli avesse risposto, lei non avrebbe potuto capire se quella era la verità. Occlumanzia o meno, Scorpius Malfoy era bravissimo a non far capire che diavolo pensava.  

“Davvero.” Disse infatti, baciandole il naso. “Penso che però potresti concedermi un ballo. Sai, con le maschere, la festa già avviata e l’alcool del buon Nott… Non credo faranno caso a noi.”
“Okay.” Sorrise, scostandogli una ciocca di capelli, sottili come se li era sempre immaginata anche quando lo guardava da lontano. “Ma non sono molto brava a ballare… e ah, non ho il costume.”
“Possiamo rimediare ad entrambe. Balleremo un lento, e quelli li sanno ballare anche i troll.”
“Oh, Scorpius, tu sì che sai come affascinare una donna.”
Il ragazzo rise. “E per il costume…” Lasciò cadere la frase, rubandole un altro bacio.

Rose fece mente locale. Si staccò. “Non ti azzardare a regalarmene uno! Posso permettermelo. È solo che è troppo tardi per mandare Gufi in giro… Mi inventerò qualcosa. Lily è brava a trasfigurare vecchi abiti smessi.” Blaterò molto velocemente.
“Okay.” Le assicurò, sempre con quel sorriso zen. “Promesso.”
“Bene.” Poi sentirono entrambi un rumore di passi. Rose si alzò velocemente dalle braccia di Scorpius, guardando verso la salita. “Sta arrivando qualcuno!”
“Lo sento.” Scorpius la prese per un braccio. “Vieni…”
Si ripararono dietro il fitto fogliame dei cespugli. Rose si sentì un po’ stupida.

Se solo non fossimo chi siamo non dovremo nasconderci …
Lanciò uno sguardo a Scorpius. In quel momento non credeva probabilmente di essere osservato, perché non stava sorridendo. Aveva un’aria seccata, e assorta.
Forse a lui dà fastidio mentire e incontrarci di nascosto…
Rose si morse un labbro.  Non che a lei facesse piacere.
Ma se già suo padre è irritato perché crede che siamo amici… come reagirebbe all’idea che stiamo assieme? Per non parlare della mia famiglia. Papà e nonno Arthur mi disconoscerebbero se sapessero che sto con un Malfoy.  
Sentì una spiacevole oppressione al petto. Era ingiusto. Era dannatamente ingiusto.
Gli cercò la mano e la intrecciò alla sua. Scorpius abbassò lo sguardo. Le fece un mezzo sorriso, e Rose pensò con precisione chirurgica che probabilmente lo amava.
E lui?
Scorpius era un tesoro, nel senso vero della parola. Difficile da scovare, ma assolutamente stupefacente quando finalmente raggiunto.
Ma lui che cavolo ci trova in me?
“Scorpius…” Iniziò, a bassa voce. Il ragazzo la guardò, salvo poi per riportare lo sguardo verso la Stamberga Strillante.
“Rosie… ma quello non è Dursley?”
Guardò anche lei. Era decisamente Thomas. E davanti a lui, a pochi metri, c’era un ragazzo biondo, che in quel momento stava scavalcando la recinzione del vecchio tugurio.
 
****
 
Tom sfiorò con le dita la tasca del cappotto, quella interna, dove teneva la bacchetta. Non gli piaceva mostrarla in giro, ma non se ne separava mai.
Il fango secco suonava polveroso contro la suola delle scarpe mentre seguiva il ragazzo oltre la recinzione che delimitava la Stamberga Strillante.
La casa più infestata di spettri della Gran Bretagna… - Pensò sarcasticamente, guardando la casupola che sembrava reggersi in piedi per magia più che per una mera legge fisica.
In realtà sapeva benissimo, come tutto il clan Potter-Weasley, che quel tugurio era stato edificato negli anni settanta del vecchio secolo per ospitare il padre di Teddy durante le sue trasformazioni in licantropo. In seguito era stato teatro della morte di Severus Piton, e ultima dimora di Voldemort.
Non c’è da stupirsi se, anche chi sa, preferisce tenersene alla larga. Se non è stata infestata prima, chissà che non lo sia adesso, con tutto il sangue che hanno visto quelle pareti…
Sapeva benissimo che il ragazzo era andato lì solo per attirarlo. Quando fu davanti alla porta, infatti, si voltò, con un sorriso. Gli offrì il cartoccio. “Castagne?”
Tom lo ignorò. “Che ci fai qui?”

Il ragazzo fece spallucce. “Gita di piacere… Non avevo mai visto Hogsmeade di giorno. Villaggio grazioso, non trovi?”
“Taglia corto.” Sbottò, guardandosi attorno. Non sembrava che nessun ragazzino avesse voglia di osservare la casa da lontano, quel giorno. Un’autentica fortuna. “Cosa vuoi?”
“Te l’ho detto. Cosa pensi, che passi tutto il mio tempo in quella villa fatiscente a ordire orribili piani contro Hogwarts?” Fece un cenno divertito. Indossava il mantello e sotto un maglione celeste. Sembrava davvero un adolescente.

“Non ti credo.” Sputò.
“Libero di non farlo. Ora, perché non abbassi la bacchetta e mi dici cosa ti turba, Thomas?”
Tom lo guardò confuso, prima di abbassare lo sguardo. Stringeva la bacchetta in pugno, e non si era neanche accorto di averla tirata fuori.
Dannazione.
“Hai i nervi tesi come una corda di violino, mmh?” Indagò retoricamente l’altro. “Rilassati, domani andrai ad una festa in maschera. Hai già deciso come vestirti?”
“Non sono affari tuoi. E devi stare lontano da…”
“Da chi? Dai tuoi amici?” Sbuffò. “Come se mi interessassero. Oh, Thomas… non sono il classico cattivo della storia. Non ho certo intenzione di attentare alla vita degli studenti di Hogwarts o fare del male ai tuoi affetti. Sono un uomo d’affari, non uno psicopatico.”

“Uccidere Duil faceva parte dei tuoi affari?” Chiese, intascando però la bacchetta: quando aveva letto la notizia sulla Gazzetta aveva avuto la spiacevole sensazione di sentirsi in trappola. Con quell’indiano morto la sua situazione in merito a quella vicenda non migliorava.
“Se avesse parlato ci saremo trovati entrambi nei guai, non credi? Ho solo preso delle precauzioni. Non dirmi che ti senti in colpa… Perché sai, non ti crederei.” Obbiettò, masticando con voluttà l’ultima castagna. Gettò la carta a terra, appoggiandosi alla porta della Stamberga.
Tom deglutì forzosamente un grumo di saliva e rabbia. Per quanto in quel momento desiderasse solo mettere mano alla bacchetta e non ascoltarlo, si rendeva conto che aveva ragione. Non riusciva a sentirsi in colpa. Non ci riusciva.
Questo faceva di lui un colpevole?
Quel ridicolo ometto meritava di morire. Si è fatto coinvolgere per avidità, ha fatto rischiare la vita a gente innocente ed è stato così idiota da farsi mettere sotto imperius e farsi poi ammazzare come un ratto. Non si può sentire la mancanza di gente così debole.
“Non ho fatto niente.” Mormorò, con un distacco che stupì lui stesso.
Il ragazzo biondo non rispose. Si limitò ad un sorrisetto, come se avesse indovinato cosa gli passava per la mente. Sentì quella cosa urlare e ribollire nel petto e si frenò con tutte le forze per non darle retta.
Non che parlasse. Ma suggeriva. Oh, se lo faceva.
Io sono meglio di te. Non provare pietà non significa essere un assassino.
“Allora, hai parlato con la professoressa di Trasfigurazione?”
“Sì. Non era la Trasfigurazione, era l’Alchimia. Grazie per l’informazione sbagliata.”
“Beh, ma alla risposta sei arrivato comunque, no?”

Fece una smorfia. “Ancora non riesco a capire come la mia nascita possa essere stata influenzata…”
“Ah, vedi. E qui ti voglio. Non si tratta di influenza. Tu sei nato, grazie all’Alchimia.”
Tom serrò le labbra in una linea sottile. Una spiacevole sensazione di freddo gli attanagliò la nuca, nonostante il vento fosse caduto da un bel pezzo. “In che modo?”
“Ogni cosa a suo tempo.” Si accese una sigaretta, scrutando il cielo con particolare attenzione.

A Tom venne quasi da ridere. Era inutile, quel gioco sarebbe finito solo quando  l’avrebbe voluto l’altro.
“Su, non fare quella faccia. Puoi scoprilo anche da solo… ti ho dato abbastanza indizi, del resto. Allora, ho sentito dire che i costumi di Halloween sono esauriti… Come conti di andarci?”
“Cosa vuoi da me?” Sibilò  frustrato. “Non so neanche il tuo nome… mi fai questi ridicoli indovinelli e sembri aver organizzato tutto questo… per niente. Per darmi il tormento.”
Se solo avesse potuto prendere la bacchetta e…

Chiuse gli occhi, brevemente. Li sentiva bruciare come lava sotto le palpebre.
“John Doe. Puoi chiamarmi Doe.” Disse l’altro, tirando una boccata ad una sigaretta.  
“È il tuo vero nome?”
“No, naturalmente. Ma che importa. In quanto al motivo per cui io e te siamo in affari… beh. Gli Antichi Greci dicevano Gnothi Seautón. Conosci te stesso. Alla fine, la nostra intere esistenza, Thomas, si dipana attorno a questa domanda…”
Tom fece una smorfia sarcastica. “Filosofia…”
“Oh, se fossi in te non la denigrerei così. In fondo, cosa ci differenzia dalle bestie, se la capacità di pensare?” Si girò tra le dita la sigaretta accesa, pensieroso. “Se sono qui è per cercare qualcosa, naturalmente. Hogwarts ha una cosa che interessa alle persone per cui lavoro. E tu mi puoi aiutare. Do ut des. Io ti darò le risposte e tu aiuterai me a prendere la cosa che mi interessa. Devi avere pazienza, però… non è facile organizzare la cosa.”

Tom sapeva che tutta quella situazione era pericolosa. E che più andava avanti e più il suo coinvolgimento si faceva maggiore.
È tutta la vita che voglio sapere. E se lui può darmi delle risposte, non mi importa quanto dovrò pagare.
“Cosa devo aiutarti a prendere?” Chiese incolore.
“Una cosa che al momento non ho neppure idea di dove si trovi.” Fece un cenno evasivo, con una breve risata priva di calore. “Ma non preoccuparti. Da parte nostra, vogliamo creare il minimo scompiglio possibile in questo delizioso microcosmo magico.”
“Non sei solo allora…” Ipotizzò. Doe gli dava indizi simili a scatole cinesi. E in quel modo, se ne rendeva conto, lo teneva completamente nelle sue mani.

“No, non sono solo. Mi sembrava piuttosto ovvio.” Gettò la sigaretta a terra. “Ti consiglio un costume semplice, comunque. Non sembri il tipo da fronzoli.” Si staccò dalla parete, con un sorrisetto. “Magari nero. Dovrebbe donarti…”
Tom si lasciò sorpassare, in silenzio.
“Faccio degli incubi.” Buttò fuori. Doveva dirlo a qualcuno o sarebbe impazzito.
Non Harry… non zio Harry. Lo insospettirei, e l’ultima cosa che devo fare adesso è attirare l’attenzione su di me. E poi che dovrei dirgli? Sogno di ammazzare tuo figlio?
Doe si voltò. “Tutti ne facciamo. Ti posso assicurare che non dormo una notte tranquilla da anni. Cosa ti turba?”
Tom serrò i pugni. Ogni fibra del suo corpo gli urlava di restare in silenzio, che confidare una cosa simile, una cosa da deboli, a quell’uomo era una sciocchezza, un’idiozia.

Ma forse lui sa… lui sa che mi sta succedendo…
“Uccido… sto uccidendo una persona… in quel sogno.”
Il ragazzo lo guardò. “E alla fine muore?” Si informò pacatamente.
Tom aveva la nausea, ma si impose di rispondere. “No. Mi sveglio prima.”
“Allora non credo tu debba preoccuparti.” Scrollò le spalle. “Forse, però, devi chiederti cosa rappresenta questa persona per te. Un pericolo, forse?”

“No. Assolutamente.” Ringhiò. Albus… Al non sarebbe mai stato un pericolo per lui.
Anche se, a dirla tutta, non vede l’ora che tu abbassi la guardia per ficcare il naso… - La voce dentro la sua testa a volte sembrava presentarsi autonomamente. E non era certo fosse la sua coscienza.
Doe guardò verso il villaggio. “Ora è meglio se vai… potrebbe arrivare qualcuno, e credo che tu non voglia farti vedere in mia compagnia. Mi sbaglio?”
Tom fece una smorfia, ma girò i tacchi e se ne andò.  

Doveva fingere che andasse tutto bene. E aspettare. E apprendere.
 
Rose seguì con lo sguardo Tom, che si allontanava lungo il sentiero.
“Che diavolo stava facendo?” Mormorò confusa. La cosa non le piaceva. Non sapeva chi fosse quel ragazzo biondo: sembrava uno studente, ma non ricordava di averlo mai visto a scuola. Avevano parlato a lungo, inoltre, e Tom era sempre sembrato sul punto di estrarre la bacchetta. Ma a quella distanza né lei né Scorpius erano riusciti a capire il perché di quell’alterco.
“Lo seguiamo per chiederglielo?” Si offrì Scorpius.
“Figurati se ce lo direbbe. Andiamo a chiederlo a quel tipo piuttosto.” Disse decisa.
Avevo ragione a non fidarmi… 
Scorpius si passò una mano trai capelli, guardando verso il tugurio. “Temo che non sia possibile…”
“E perché?”
Il ragazzo sospirò, spostandosi e svelandole la visuale. “Perché si è appena smaterializzato.”
 
 
****
 
Ministero della Magia.
Secondo piano, Dipartimento Applicazione della Legge sulla Magia.
Ufficio Auror.

 
“È semplicemente ridicolo.”
“Harry, dai amico…”
“No, davvero Ron! È ridicolo. A cosa serve essere a capo dell’Ufficio Auror se poi non riesco neppure a farmi dare una risposta da Azkaban in tre settimane? Metà di quelle celle le abbiamo riempite noi! Stupida burocrazia magica…”

Harry marciava avanti e indietro, davanti alla sua scrivania. In quel mese aveva passato molto tempo a ripararsi dalle critiche della stampa, cosa ormai comune per Capo degli Auror, e il restante a cercare di capire cosa diavolo fosse realmente accaduto a Parva Duil.
Gli era stato immediatamente chiaro che l’uomo non si era suicidato. Ad Azkaban i detenuti erano tenuti sotto stretta sorveglianza; non si poteva certo definire un posto ridente, o che spingesse al buon’umore, era pur sempre una prigione, ma certo non era un luogo dove un sospetto poteva ammazzarsi in tutta tranquillità.
Ron lo guardò con uno sbuffo, seduto sulla sua poltrona, mentre giocherellava con un boccino che solitamente troneggiava sul tavolo assieme a portafotografie di ogni taglia e dimensione.
“Dovresti lasciar perdere. Ci hanno tolto ogni potestà sul caso… Noi abbiamo acciuffato il colpevole. Il resto è nelle mani del Wizengamot.”
“Come posso lasciar perdere se questa storia non è finita?” Obbiettò, togliendosi gli occhiali e pulendoseli sommariamente sul bordo della camicia.

“Il colpevole si è ucciso?” Suggerì Ron, paziente. “Andiamo amico, la prendi sul personale perché sono stati coinvolti i nostri ragazzi. Credimi, lo capisco… ma stai un po’ esagerando.”
“Non sono stati i tuoi figli a finire tra le grinfie di guerrieri Naga, Ron.” Sbottò. “Jamie si è rotto una gamba e Al quasi la testa. Per non parlare di Thomas e Teddy…”
“I tuoi quattro bambini…” Borbottò Ron, con un mezzo sorriso. “Li tratti come se avessero ancora cinque anni a testa. Senti. Abbiamo indagato, abbiamo arrestato il colpevole… e stop. Non c’è nient’altro su cui scavare. Quel tipo avrà pensato alla bella prospettiva del carcere a vita e…” Scrollò le spalle.

“E cosa? È questo il punto, Ron. Non sappiamo cosa è realmente accaduto nella cella, perché ci hanno letteralmente strappato il caso dalle mani. Parva Duil non poteva assolutamente essere un Mago Oscuro. E sai perché?”
“Uhm… aveva una faccia da fesso?”
“Perché era un funzionario del Ministero. Lo capisci? Ai piani alti si stanno parando il culo.” Si infervorò, strofinandosi inconsciamente le dita sulla cicatrice. Oramai era poco più che un lieve solco sulla fronte, ma nei momenti di maggiore tensione tendeva a ricadere nelle vecchie abitudini.

 
“Ai piani alti lo stanno parando a te, Harry…”

La voce era inconfondibile per i due vecchi amici. Femminile, autoritaria, didattica.

Hermione Jane Granger, chiusa elegantemente in un tailleur dalla foggia babbana, reggeva una pila di cartelle dall’aria pesante come se fossero volantini. Al braccio destro aveva l’inseparabile borsa di pelle che l’aveva sempre accompagnata in quegli anni di brillante carriera nel settore legale del DALM².
Ron per la sorpresa si fece scappare il Boccino, che prese a svolazzare per la stanza. Harry lo afferrò di scatto prima che puntasse la permanente della donna.
Hermione li guardò con aria palesemente seccata.
“Ehi Herm…” Sorrise angelico Harry, intascando il boccino con noncuranza. “Pranziamo assieme?”
“Non appena mi sarò ricordata perché non devo affatturarvi entrambi.” Fece finta di pensarci. “Ah, giusto. perché avrei dovuto farlo trent’anni fa.” Scaricò la pila di cartelle sulla scrivania, squadrandoli. “Lo sapete cosa si dice al secondo piano?”
“Cioè questo piano?” Suggerì Harry.
“Il tuo ufficio è un’isola felice, esule da ogni regola che per noi, poveri maghi comuni, invece vale.” Replicò aggrottando le sopracciglia. “Si dice che Harry Potter scavalchi ordini, procedure, competenze. Harry, sono stata la prima ad appoggiarti quando hai deciso di prendere l’indagine, benché non ci fossero gli estremi perché …”
“Lo sappiamo, Herm!” Sbuffò Ron. “Sappiamo che non c’era sospetto di Maghi Oscuri e che l’indagine avrebbe dovuto essere passata alla Divisione Bestie, ma per la barba di Merlino! Sei qui per farci la predica con un mese di ritardo?”

Hermione sospirò. Si strinse la radice del naso tra le dita. “No. Sono qui perché Harry mi ha chiesto una mano con il caso Duil. E a quanto pare, non te ne ha messo a parte.”
“Hai chiesto una mano…” Ron si voltò verso l’amico, che assunse un’aria imbarazzata. “Hermione è un avvocato, cosa…”
“Hermione conosce bene il personale di Azkaban, e anche quello del San Mungo.” Obbiettò ragionevole, portandosi con naturalezza lontano dal raggio d’azione del vecchio amico. “Così le ho chiesto se poteva fare qualche domanda, chiedere qualche informazione… cartella… cartella sull’autopsia.” 

Ron prese un’aria indignata. Le orecchie gli diventarono color aragosta, e serrò i pugni. “Hermione non doveva essere coinvolta nei tuoi dubbi deliranti!”
“I miei dubbi hanno salvato il culo al Mondo Magico.” Replicò duro. In quegli anni non aveva mai perso un grammo di fiducia nell’intelligenza di Hermione o nel pragmatismo di Ron.

Ma non sono diventato capo dell’Ufficio Auror solo perché ho una vecchia cicatrice e qualche gloria notevole. Ma perché non c’è cosa che sappia fare meglio che seguire il mio istinto.
Ron ispirò lentamente. Guardò la moglie, che gli rivolse un sorriso comprensivo.
“Ron, va tutto bene. Non mi ha certo obbligato. E poi, a dirla tutta, trovo anche io che la morte di quell’uomo sia sospetta…” Harry allargò le braccia, con un sorriso soddisfatto. “Ciò non toglie che Harry stia camminando in equilibrio su un filo.”
Harry le sorrise bonario. “La storia della mia vita.”
“Sai a quante persone hai pestato i piedi?”
“Dici da quando avevo undici anni? O da quanto ne avevo uno?”

Hermione alzò gli occhi al cielo, nascondendo un sorriso, mentre apriva la borsa per estrarne un plico anonimo. “Sono i referti dell’autopsia sul corpo di Parva Duil, direttamente dal San Mungo.  Ho promesso che li avrei riportati entro stasera, visto che non è possibile avere una copia. Sono magicamente vincolati. Ho un udienza e tornerò tra due ore. Li voglio trovare in ordine, su questo tavolo.” Picchiettò sulla superficie, piantando gli occhi in quelli dell’ex Golden Boy.
Harry annuì, facendo serio. “Puoi contarci ‘Mione. Grazie. Davvero.”
La donna fece un mezzo sorriso, riprendendosi i chili di scartoffie con leggerezza ammirabile. “Non perderai mai l’abitudine di infrangere le regole, eh Harry?”
“Aggirarle, ‘Mione.” Sorrise, prendendo il fascicolo, mentre Ron ridacchiava. “Solo aggirarle.”

 
Quando la donna se ne fu andata, Ron si alzò di scatto dalla sedia, andando subito alle spalle dell’amico per leggere con lui il referto. “Allora, che dice?”
“Non molto. Quelli di Azkaban si sono limitati ad impacchettarlo e spedirlo al San Mungo…” Fece una smorfia. “Meglio saltare e andare direttamente all’autopsia.” Sfogliò qualche pagina. “Decesso per attacco di cuore… Flessione del nervo vago… Bradicardia.”
“Nervo che?”
“Per farla breve quando ti passi un cappio attorno al collo oltre che soffocare puoi anche avere un infarto.” Tagliò corto, assottigliando gli occhi. “Non è morto soffocato.”
“Eh, l’hai detto.” Gli fece notare Ron confuso. “Infarto invece che soffocamento. Morte orrenda. C’è altro?”
“No…” Stiracchiò, andando alle foto del corpo. Erano magiche, naturalmente, ma a differenza di quelle amatoriali sembravano immobili. Potevano però essere zommate su particolari infinitesimali, e mosse con un lieve colpo di bacchetta sulla superficie. “Aspetta… ingrandisci sul collo.” La foto mostrò la porzione, dove faceva ben mostra di sé un ecchimosi violacea. Harry sospirò.
“Che pensavi di trovare?” Ron si grattò la folta capigliatura rossa. “Miseriaccia Harry, questo s’è impiccato con un lenzuolo, niente di più!”
“Zomma appena sotto all’orecchio.” Intimò Harry, ignorandolo. “Schiarisci di due toni.”
La foto obbedì. Harry sogghignò amaro quando entrambi videro quello che non andava. C’era un piccolo foro circolare sulla pelle della vittima, ignorato dal Medimago perché fatto con qualcosa che non era né pozione, né bacchetta.

“Che roba è?”
“La traccia di una siringa Ron. Servono ai babbani per iniettare cose nelle vene delle persone. Parva Duil non si è suicidato. È stato ucciso. Probabilmente è stato drogato, e poi strangolato. L’omicida poi ha inscenato il suicidio. Parva Duil non aveva famiglie, ed era reo confesso. Una cosa pulita.”

Ron boccheggiò, poi deglutì l’incertezza, deciso. “Chi è stato l’ultimo ad avere contatti con il detenuto?”
Harry scorse la lista, presente nella prima pagina. “Un prete.”
“Un prete?” Ron ne aveva visti ben pochi in vita sua, e tutti babbani, anche se sapeva che c’erano maghi che andavano in chiesa. “Duil era credente?”

“Questo non lo so. Ma di certo quella visita gli è stata fatale.” Prese il mantello, aprendo la porta dell’ufficio. “Tempo di andare a fare una visitina ad Azkaban …”
Ron esitò, anche se si infilò il proprio mantello. “Non abbiamo più potestà di indagine, lo sai?”
Harry fece un sorriso che avrebbe fatto accapponare la pelle a più di un Mago Oscuro. Ron sospirò, ma non potè trattenere un sorriso. “Miseriaccia, Harry… Facciamolo e basta.”
Harry rise. “Questo è parlare.”  


 
****
 
Hogwarts, Biblioteca. Quasi ora di cena.
 
Tom si scostò quando un gruppo di ragazze ridacchianti gli sfilò affianco, lanciando occhiate dense di sottointesi. Erano di Serpeverde e naturalmente speravano tutte di essere invitate al Ballo entro sera.
Serrò i denti in una smorfia: quel ridicolo Ballo stava mettendo in subbuglio tutta la scuola, e persino un posto tranquillo come la Biblioteca diventava un forno di risatine e sussurri.
Sfogliò una pagina del libro della Prynn, ignorando forzosamente i bisbigli alle sue spalle.
In quel momento avrebbe voluto avere il suo lettore mp3, ma, ovviamente, il campo magico della scuola glielo avrebbe fritto.
L’Alchimia…
Era una materia affascinante, e l’approccio che veniva dato in America era molto diverso da quello inglese. Si pensava più alla speculazione, alla ricerca, che al mero masticare leggi ormai conosciute.
C’erano ampie porzioni di libro dedicate alle pietra filosofale, e ai procedimenti alchemici per crearla.
Ovviamente una cosa erano le formule, un’altra l’effettiva realizzazione.  
Si massaggiò una tempia, guardando fuori dalla finestra: tutto quello era interessante. Ma non gli serviva. Non c’era nulla che accennasse all’influenza dell’Alchimia sulla nascita di un essere umano.
Poi, fu come se una lampadina gli si fosse accesa in testa.
Doe non mi ha detto che influenza ha detto che l’Alchimia può crearlo.
Creare un essere umano…
Non si può creare un essere umano, neppure con la Magia più oscura e avanzata. Non che io sappia.
Neppure Voldemort, l’unico Mago capace di risorgere, è risorto dal nulla. Aveva un corpo, debole ma pur sempre un corpo fisico.
A meno che…
Andò alle note in fondo pagina. E lo trovò.
Homunculus. L’unico esempio di essere vivente creato con l’Alchimia è l’homunculus.
… e qui se ne parla.   
L’inchiostro risultava nero su bianco nella pagina. Sfogliò fino al paragrafo indicato, che aveva letto senza considerarlo, preso a cercare altro.
 
[…] L’homunculus è una leggendaria forma di vita creata attraverso l'Alchimia. Il primo a parlarne fu il celebre Alchimista Paracelso (1493-1541), famoso per le sue scoperte nel campo della medimagia. Fu un seguace dell’alchimia islamica, e fervente ammiratore del lavoro di jabir ibn hayyan. È tutt’ora l’unico Alchimista Europeo conosciuto ad aver tentato  di creare la vita umana. l’impresa pero’ gli costo’ la radiazione dall’albo degli alchimisti. […] la creazione di un homunculus e’ stata bandita dalla Conferenza internazionale dei maghi nel 1550. (vd. Statuto di restrizione sulla creazione di mostri alchemici).
Letture suggerite: Libro delle Pietre, di Jabir Ibn Hayyan.’³
 
Erano poche righe, ma erano più di quanto avesse ottenuto in quei due mesi. Si alzò in piedi di scatto, facendo così voltare un gruppo di Corvonero sedute vicino a lui. Non si accorse neppure della loro espressione confusa e un po’ spaventata.
Alchimia… allora esiste un modo per pilotare la vita umana. Esiste un modo per crearla.
Anche se proibito. 
Non era certo che quella fosse la pista giusta, ma era l’unica che aveva. E più si addentrava, più ogni fibra del suo corpo si tendeva, spasimava, per sapere di più.
Anche se…
Anche se c’era una piccola parte di sé che lo pregava di mettere fine a quelle domande.
Vuoi davvero sapere come sei nato? Vuoi davvero sapere se gli squilibri di un’Alchimista pazzo c’entrano qualcosa con te?
Strinse i denti, e ignorò quella voce.
Si avvicinò al bancone della bibliotecaria. In quel momento la Pince era da qualche parte a terrorizzare matricole. Al bancone c’era una ragazza, dell’ultimo anno di Corvonero, che conosceva di vista.
“Scusami, posso chiedere a te?”
La ragazza alzò lo sguardo dal proprio libro, sorridendogli. Vide immediatamente una scintilla di interesse accenderle lo sguardo.
Non era stupido. Si era accorto di come le ragazze lo guardavano e l’avevano sempre guardato.
Perché non approfittarne, quindi?
“Ciao… sì, certo. Tu devi essere Tom, non è vero?” Chiese, chiudendo il libro.
“Non sapevo di essere famoso…” Piegò le labbra in un mezzo sorriso. “Di solito ho amici più famosi di me.”
“Oh, è difficile non conoscere lo studente più brillante che Hogwarts abbia avuto dopo la Guerra Magica. Thomas Oltre Ogni Previsione…” Chiocciò.  

Tom si chinò leggermente sul bancone, avendo chiara la percezione che le donne non gli sarebbero mai piaciute. “Senti… sto facendo una ricerca per Trasfigurazione, e avrei bisogno di sapere se un libro è in catalogo.”
La ragazza si riscosse dalla contemplazione delle sue labbra o chissà che e annuì, recuperando professionalità. “Certo. Hai il titolo, autore, anno di pubblicazione?”
“Libro delle pietre(4), di Ibn Hayyan.” Snocciolò, lanciandosi un’occhiata intorno. Sembrava che nessun membro del Clan Potter-Weasley fosse presente. Meglio.

La ragazza si alzò. “Te lo cerco subito, Tom.” Sparì tra gli schedari.
“Thomas…” Corresse a bassa voce, rivolto più che altro a sé stesso. Albus a quell’ora doveva essere già tornato.
L’ho piantato a cercare i costumi… Sarà furioso.
La ragazza tornò pochi minuti dopo. Notò che si era ripassata il trucco. “Mi dispiace, ma fa parte della Sezione Proibita.”
“Non è un problema, tornerò con un permesso.” Non sarebbe stato difficile convincere la Prynn a darglielo.

La ragazza prese un’espressione dispiaciuta. “È nella collezione privata della scuola. Non è un testo che può essere preso in prestito da uno studente, mi dispiace.”
Tom contenne la scarica di rabbia che si sentì esplodere nelle vene. “Ah.” Disse. Rifletté, molto velocemente, perché la ragazza sembrava aver tutta l’intenzione di chiedergli se andava al Ballo. “Mi chiedevo… Dov’è esattamente la collezione privata?”
“L’ubicazione?” Chiese la ragazza, un po’ a disagio. “… Perché vuoi saperlo?”
“Pura curiosità. Che tipo di libri ci sono?”  

La ragazza fece un sorriso da bibliofila, che per un attimo gliela rese quasi simpatica. “Libri di Magia avanzata. E, credo, una sezione intera dedicata all’Alchimia. Il reparto si trova dietro la terza fila di scaffali. C’è una porta, che dà su una saletta interna, ma è protetta da una parola d’ordine.”
“Capisco… da quanto lavori qui?” Guardò il cartellino con il nome. “Kathleen?”
Le guance della ragazza si colorarono di un rosa tenue. “Due anni.”
“Difficile lavorare con la Pince, immagino. Non ti lascerà neppure una chiave.”
“Oh, ha cominciato a fidarsi.” Dichiarò, con una smorfietta orgogliosa. “E poi tra poco se ne andrà in pensione, finalmente.”
“Probabilmente ti assumeranno al posto della Pince, non appena ti sarai diplomata.” Ridacchiò. “Grazie a Merlino, il suo regime di terrore sarà sgominato.”
La ragazza rise, deliziata di aver stabilito un contatto. “Oh, è tremenda, vero?”
“Già… Hai la parola d’ordine anche della collezione privata?” La guardò negli occhi, senza darle possibilità di ritrarsi. La ragazza diventò paonazza. Vide che con il linguaggio del corpo cercava di mettere le distanze tra di loro. Non doveva accadere.

La prese delicatamente per un polso. La ragazza trasalì, sorpresa. Ma non si liberò.  
“Non preoccuparti, non voglio metterti nei guai.” Le assicurò. “Ce l’hai?”
“Sì, ma… cambia ogni fine del mese, comunque non posso…”
“Siamo al trenta. Significa che domani a mezzanotte verrà cambiata.” Non si era mai accorto di quanto fosse facile convincere le persone a fare ciò che voleva. Era esaltante. “Mi sbaglio?”
“No…” Deglutì, fissando le dita magre del ragazzo attorno al suo polso. Merlino, metà delle sue amiche avrebbero pagato per essere nella sua situazione. “Perché vuoi saperla?”

Tom sorrise meccanicamente.
Corvonero. Purtroppo non sono mai dei completi cretini…
“È per una scommessa, in realtà. Ma non voglio metterti nei guai, Kathleen. È solo una scommessa tra amici…”
“Vuoi entrare nella stanza della collezione privata?”
“Già. E se tu potessi darmi la parola d’ordine potrei entrare, uscire e a mezzanotte sarebbe tutto finito. Io non avrei la nuova parola, quindi…”

La ragazza sembrava combattuta. Tom capì che sarebbe bastata una lieve spinta. “Hai già un accompagnatore per il Ballo? Da cosa ti vesti?”
“Fata Morgana… cioè, è la parola d’ordine, Fata Morgana. Io… ancora non so. E no… non ce l’ho un accompagnatore.” Sorrise nervosa. “Tu ci vai con qualcuno?”
Tom prese la borsa che aveva posato sulla scrivania, mettendosela a tracolla. “Sai tenero un segreto?”

“Oh… beh, certo.”
Tom le sorrise. “Anch’io, per tua fortuna. Grazie per l’aiuto e buona serata.” Si abbeverò dello sguardo sconvolto della ragazza, prima di voltarsi ed uscire dalla sala.
 
 
****
 
Hogsmeade, Tre Manici di Scopa. Ora di cena.

John Doe, come era conosciuto attualmente in Inghilterra, stava finendo la propria pinta di sidro. Sorrise alla Madama dei Tre Manici di Scopa. “Cena eccellete, cara Hannah!”
La signora Paciock gli sorrise con calore. “Le posso portare qualcos’altro, John?”
“No, grazie, sto bene così.” Si passò una mano sulla tasca interna della giacca. A quanto sembrava ad Hogsmeade i cellulari prendevano.

Bella scoperta… se l’avessi saputo prima non sarei certo andato ad imboscarmi in quella foresta fetida, a gelarmi le ossa tra centauri e tribù di acromantule.
Uscì dalla locanda.
“Buonasera… Sì, mi trovo ad Hogsmeade al momento. La cucina del posto è deliziosa, se mai le capiterà di venire in Scozia dovrebbe proprio provarla…” Sorrise. “Naturalmente, tutto sta procedendo secondo i piani. L’influenza del medaglione si fa già sentire sul ragazzo… oh, sì. Incubi.” Si accese una sigaretta. “Per il Grimorio? Nessun problema, Signore. Domani ci sarà una festa, sì, di Halloween…” Si guardò riflesso ad una vetrina, passandosi una mano trai capelli color grano, che diventarono color carbone.

“… Ed io ho già il mio costume.”
 
****
 
Ufficio del Professore di Trasfigurazione. Dopocena.
 
Ainsel Prynn si ravviò la chioma, con uno sbuffo stizzito, mentre si sedeva davanti al fuoco. Gettò una manciata di polvere volante tra le fiamme, attendendo il collegamento.
“Ainsel, hai tardato…”
“Ho dovuto fare la professoressa, Signore.” Sorrise. Ma era contrariata. Thomas gli stava dimostrando che si erano già mossi, e lei? Non era riuscita ad entrare nell’ufficio di Lupin neanche quel giorno.

Sarà stato via al massimo un paio d’ore… Perché diavolo ha messo un incantesimo di protezione sulla porta del suo ufficio? Dannati inglesi paranoici.
“Ci sono novità?”
“Conto di trovare il Grimorio di Ziel al più presto, Signore.” Disse con aria sicura. Non si sentiva più tale, però. Hogwarts si era dimostrata una miniera di informazioni più labirintica del previsto.

“Quel Grimorio non deve finire nelle loro mani, Ainsel. Se così fosse, sarebbe la fine.”
“Non possiamo chiedere la collaborazione del DALM inglese?” Tentò, sfacciata. Sapeva la risposta, ma tanto valeva tentare. Di certo, con gli inglesi a conoscenza della cosa le indagini sarebbero state meno farraginose.

“Il Ministero Inglese non deve venire a conoscenza della nostra indagine. È una questione sovra-nazionale. Trova quel Grimorio. È il motivo per cui sei lì, non dimenticarlo.”


****
 
 
Note:
1.Little Respect, Erased. È una canzone dance anni ’80 trash, ma una specie di tormentone conosciutissimo in Gran Bretagna. Lol
2. DALM: Acronimo per Dipartimento Applicazione della Legge sulla Magia.
3.Homunculus: ho pasticciato un po’ con la definizione data da wikipedia. No FFA non c’entra niente stavolta. Le frasi sono estrapolate e rielaborate da qui
4.Libro delle Pietre: esiste veramente, come esiste il suo autore anche se ovviamente non ho idea di che cosa parli esattamente. Qui maggiori informazioni. (anche se solo in inglese)   
  
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