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Autore: Avly    24/01/2010    3 recensioni
Mosca dorme sonni tranquilli, ma qualcuno veglia su di lei...Le Piccole Falene Notturne sono gli occhi dannati della notte...Una Fenice intrappolata in un'esistenza di Falena, una creatura di luce che vive nel buio... Un ipotetico seguito di "In the middle between life and death" sicuramente dai toni più accesi e crudi rispetto a quelli a cui sono abituata...E' un esperimento quindi non so cosa ne uscirà fuori, questo spero siate voi a dirmelo^^ Nuovi personaggi in arrivo^^ In seguito arriveranno anche gli altri^^Ps nn sapevo se darle un rating giallo o arancione^^
Genere: Malinconico, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Una Falena speciale, Ranja

Eccomi, scusate per la lunga assenza, ma come ben saprete gli impegni scolastici sono distruttivi. Torno a posare il seguito di “Ad un passo”, con un nuovo capitolo delle Falene; spero che vi piaccia e possa donarvi emozioni belle e brutte^^ Un ringraziamento speciale a Flamara, Ria e Silvj che hanno messo la storia fra le seguite^^ Kisses

E un grandissimo bacione a Helens e Pich_91 per i loro commenti^^

La storia, ed in particolare il personaggio di Ranja (che adoro tantissimo^^) sono interamente dedicati alla persona che più di ogni altre mi sopporta da tredici anni^^ Amica mia spero di non deluderti^^

Buona lettura!!

 

Una Falena speciale, Ranja

 

Quando riaprì gli occhi, la prima cosa che vide fu il bianco di qualcosa di ruvido che gli era a poca distanza dal viso.

Solo dopo che ebbe messo meglio a fuoco l’immagine si rese conto di trovarsi steso a pancia in giù su delle lenzuola ruvide che gli pungevano il torace e gli addominali privi di vestiti. Cercò di tirarsi su, ma una mano calda lo bloccò dolcemente.

- Fermo, ti devo spalmare l’unguento, altrimenti potrebbero infettarsi – la voce di Ranja era una musica da ascoltare; una lenta melodia triste, accompagnata dal suo piccolo viso da bambina, che però mostrava solo a lui e ai bambini del monastero. Una doppia personalità era quella di Ranja; ragazzina dolce ma tenace di giorno e una prostituta di notte. Ma con lui quella ragazza era solo Ranja.

- Non era necessario –

- Non fare il cretino, se si infettano potresti stare male – disse lei aprendo il vasetto contenete l’unguento, e prendendone un po’ sulle mani.

- Lo sai che li hai nominati ancora nel sonno? – disse spalmando la sostanza gelatinosa sulle grandi spalle del ragazzo percorrendone la forma e facendolo rabbrividire per il freddo contatto.

Lui non rispose, ma si limitò a chiudere gli occhi, mentre Ranja continuava lentamente il suo lavoro.

- Hai chiamato un certo Takao, poi Yuri e Boris, anche se poi hai pronunciato un nome che non ho ben capito -

Ancora silenzio. La ragazza capì di aver toccato un tasto particolarmente doloroso per l’amico, così decise di cambiare argomento per sentirlo più rilassato. Lentamente gli percorse con le mani la schiena solcata da tagli aperti.

- E’ andato tutto bene? – domanda inutile, dato che sapeva già la risposta, ma non sapeva che cosa dirgli per farlo parlare. Cercava in tutti i modi di evitare la fatidica domanda, che presto o tardi sarebbe arrivata.

- Ranja. Come stanno Alexander e Shila? – Eccola.

La domanda rimase sospesa nell’aria grave e pesante per parecchi minuti prima che la ragazza si decidesse a rispondere.

- Shila sta bene… - la sua voce era incrinata, anche se tentava in tutti i modi di non farlo notare al ragazzo.

Kai si tirò su a sedere incurante delle ferite e fissò Ranja con sguardo fisso.

- E Alexander? Ranja rispondi! – le afferrò le spalle con decisione, ma immediatamente avvertì un sussulto, come se lei stesse singhiozzando. Gli splendidi occhi di ambra scura della ragazza erano ricoperti da un velo di lacrime, che non lasciava molto spazio all’immaginazione. Il giovane sbarrò gli occhi incredulo.

- La febbre era molto alta e nella cripta è stato esposto a svariate temperature…Kai! – si abbandonò completamente a quel pianto liberatorio, accasciandosi sulle spalle del ragazzo, che la sostennero. Rimasero abbracciati a lungo, Ranja piangeva versando lacrime amare che andavano ad insinuarsi taglienti lungo la pelle candida di Kai lacerandogli la carne, mentre i singhiozzi della ragazza gli dilaniavano il cuore. Le passò delicatamente una mano sulla schiena per calmarla, mentre la sua testa era solo un turbine di cattivi pensieri. Un’altra vittima di quell’assurda situazione, di quel mondo in cui erano costretti a vivere…Una dimensione estranea al resto del mondo, un’esistenza cancellata a riscritta da capo. Ecco quello che erano le Piccole Falene Notturne dell’antico monastero Vorcof a Mosca.

Un mondo che si ergeva su un sistema severo ed inflessibile, dove gli schiavi erano dei bambini o dei ragazzi, a cui era stata strappata l’innocenza e la vita stessa.

Le Piccole Falene Notturne non vivevano come gli altri ragazzi delle loro età, anzi loro per la legge non esistevano; il mondo intero si era dimenticato di loro…I loro visi erano spariti dalle memorie delle genti, loro erano dei fantasmi fatti di carne e ossa.

Non avevano possibilità di contatti con l’esterno, e dalle loro mansioni giornaliere dipendeva totalmente la loro sussistenza; chi non portava a termine il suo compito non aveva di che sfamarsi e Kai aveva perso il conto di quanti poveri bambini si erano persi in quell’intricato universo nero dal quale non si riusciva mai ad evadere.

Cos’erano loro? Burattini, semplici bracci di un’organizzazione criminale nelle mani di un maniaco e pazzo omicida. Quello che da bambino era stato il suo maestro ed ora da adolescente si era trasformato nel suo peggiore incubo. Lui Vladimir Vorcof, l’uomo che dirigeva all’insaputa di tutti l’antico monastero fuori Mosca; lui che aveva le mani nei più svariati campi della criminalità, dalla ricettazione, al traffico di armi, allo spaccio, alla prostituzione.

E lui Kai Hiwatari ora come anni prima, si era ritrovato sotto il suo diretto controllo, era una Falena, forse la più indomabile e preziosa di tutte; la creatura che Lucifero non era mai riuscito a domare, il ragazzo che lo aveva messo alla deriva, e che era stato inevitabilmente trascinato nell’abisso oscuro insieme a lui.

- Kai, dobbiamo andare… - lentamente Ranja si staccò dal ragazzo, asciugandosi le lacrime ed assumendo il suo solito sguardo freddo e distaccato. Era come se indossasse una maschera, che la celava al resto del mondo, e che la mostrava come una donna glaciale e priva di emozioni. Si osservarono per alcuni istanti prima che anche lui si levasse in piedi indossando una tunica nera che gli arrivava leggermente sotto il ginocchio, troppo leggera per quel clima rigido e severo.

Senza dirsi nulla uscirono dalla cella del ragazzo e si diressero verso la sala est del monastero, dove ci sarebbe stata la Raccolta delle Falene.

 

Non appena i due giunsero nella sala della Raccolta, molti sguardi si posarono su di loro; la maggior parte erano bambini e ragazzi tra i cinque e i sedici anni con i volti scarni e segnati dal gran freddo. Indossavano tutti la stessa tunica di Kai e Ranja, ed i loro occhi erano vuoti, come se la vita e la luce avessero deciso di abbandonarli, per lasciare posto solo ad un abisso di male e dolore.

Ai lati della stanza decine di guardie reggevano il silenzio, brandendo pistole e coltelli, anche se non servivano a molto; infatti nessuna delle Piccole Falene aveva alcuna intenzione di cercare guai, come se già non ne avessero abbastanza.

Ranja si guardò intorno fredda ed impassibile, mentre si sedeva sulla pietra gelata in compagnia di Kai.

Ad un segnale la porta principale si aprì e come un enorme basilisco uscì Vorcof, il demonio sotto sembianze umane. L’uomo indossava la sua solita maschera nera che era solito ad indossare quando si rivelava alle sue piccole creature; solo Kai lo aveva visto realmente in faccia, ma non era una cosa che ricordava con piacere…

Vorcof spostò immediatamente lo sguardo celato dalla maschera sul ragazzo dagli occhi ametista ed un leggero sorriso si incurvò sulle sue sottili labbra bianche.

- Mie piccole falene, l’alba è quasi alle porte ed il monastero per mantenersi in piedi ha bisogno delle vostre forze! Prendete immediatamente le vostre occupazioni…ah dimenticavo – e qui tornò a riosservare Kai.

- …Oggi abbiamo perso una Piccola Falena…Ecco lui era un essere indegno, privo di volontà ed ha tradito la fiducia che io riponevo in lui…Spero che voi non facciate altrettanto. Comunque dal momento che abbiamo una forza motrice in meno, qualcuno dovrà accollarsi anche le sue mansioni…Hiwatari sono certo che non ti dispiacerà – e detto questo si voltò verso la porta da cui era venuto, ma prima di sparire pronunciò un’ultima cosa – Per questa notte, non ci saranno cambiamenti di programma…E vedete di non tardare – così si allontanò, inghiottito in quella voragine nera, che molti speravano lo risucchiasse per sempre.

 

- Simpatico no? – disse Ranja appena si diressero nelle cucine per la loro prima razione di lavoro insieme ad altri ragazzi.

Kai non rispondeva, come era di sua consuetudine. Non era mai stato un grande parlatore, anche perché anticamente c’era sempre chi lo aveva fatto per lui. Se non era Takao era Daichi, che sapevano rendere la sua vita accesa e piena di suoni e colori. I suoi amici…già una volta erano stati una vera squadra, ognuno di loro con un preciso ruolo e mansione. Takao era lo spirito del gruppo, colui che sapeva infondere determinazione in tutti, una persona tanto infantile quanto estremamente adulta. Lui, il suo eterno rivale, l’unico avversario che desiderasse affrontare con tutto se stesso, l’unico che aveva creduto in lui fino all’ultimo durante il suo match contro Brooklyn…Beh proprio l’unico no…

Poi c’era Max, l’allegria e la felicità fatta a persona; un amico vero e disponibile, corretto e dedito ai suoi amici, lui con la sua spontaneità sapeva far breccia nei cuori degli altri senza difficoltà ed aveva una parola dolce per tutti.

Rei invece era tutta un’altra storia; lui era la mente, la razionalità, ed il coraggio della squadra; il cinese che spesso gli aveva chiesto consigli e che lo vedeva come il suo migliore amico. Era un buon ascoltatore, per quello che Kai ricordava e sapeva sempre guardare negli occhi delle persone, e leggere ciò che gli altri non vedevano.

Infine Daichi, l’irruenza ed il piccolo della squadra; un ragazzino tanto pestifero quanto leale e profondamente legato alla famiglia, all’onore ed al beyblade.

Questa era la sua piccola famiglia, i suoi Angeli, che però facevano capo ad un unico angelo, una creatura magica, che più di ogni altre aveva scaldato il cuore freddo e spinoso di Kai…Hilary il suo Angelo per eccellenza, la ragazza più luminosa di tutte le stelle del firmamento, la persona più importante per lui.

Come la vita può essere ingiusta solo Kai lo poteva sapere; lui che per anni aveva solo pensato a diventare il miglior blaider, vedendo quello come requisito per essere felice, non aveva capito che la vera felicità ce l’aveva a pochi metri di distanza ogni giorno, e lo scrutava con attenzione con i suoi occhi color cioccolato fuso. Quando si era reso conto di cosa volesse veramente, non aveva fatto in tempo a realizzare quanto capito, che di nuovo il destino si era messo contro di lui, imprigionandolo in quella voragine di dolore, angoscia e male.

Erano passati quasi dodici mesi da quando aveva smarrito la strada, ed ora si ritrovava a Mosca, la sua città natale, a condurre un’esistenza che non si augurerebbe a nessuno. Lui, come tutte le altre Falene, non esistevano più, per un motivo o per l’altro, Vorcof si era personalmente assicurato che per il mondo intero i suoi “piccoli” fossero semplicemente morti.

“Ti stai lasciando andare ancora ai ricordi, scemo” si disse mentre usciva fuori a scrostare il ghiaccio dagli infissi sulle porte armato solo delle sue candide mani. Non era un lavoro particolarmente duro, se almeno avesse potuto avere un qualsiasi pezzo di ferro, ma a mani nude era un vero suicidio. Il ghiaccio duro, spesso e tagliente gli tagliava in più punti i polsi, facendo fuoriuscire delle scie vermiglie, che però si arrestavano subito, congelate dal gran freddo.

Strinse i denti…anche ora che un tiepido sole illuminava il monastero lui riusciva a credere e a sperare in qualcosa di positivo…erano forse i ricordi dei bei tempi andati a dargli tutto quel calore? Era incredibile come riuscisse a cercare in ogni istante qualcosa di positivo…in fondo che cosa aveva per poter sperare? Di giorno lavorava ininterrottamente al monastero, intralciato dal freddo e dalla fame che non gli lasciavano tregua, mentre di notte, al calar del sole, diventava la Piccola Falena ed iniziava il suo vero operato cioè andare a battere per strada insieme ad altri trenta ragazzi nella sola speranza di riuscire a ricavare abbastanza denaro da potersi permettere di pagare il monastero e mangiare qualcosa di consistente.

Inizialmente aveva tentato ad opporsi, rifiutando tutti i lavori che gli venivano dati, ma presto aveva dovuto cedere, anche perché se voleva sopravvivere quelle erano le uniche condizioni. Ben presto aveva fatto ruotare l’asse della sua vita intorno ai ragazzi del monastero, ai bambini più piccoli, e a Ranja, la prima persona che aveva conosciuto quando era arrivato lì.

Spesso si chiedeva come stessero i suoi ex-compagni di squadra, i freddi Neoborg, con cui aveva partecipato agli ultimi campionati mondiali; loro che non si consideravano amici, ma che in realtà tenevano segretamente molto l’uno all’altro. Il loro rapporto era costituito da silenzi, sguardi muti ma allo stesso tempo pieni di emozioni, cenni col capo e poche parole di assenso. Ma si volevano bene.

Kai sorrise mentre si concentrava ad osservare il proprio riflesso su una lastra di ghiaccio che teneva fra le mani; viveva a Mosca da un anno ormai e non aveva mai incontrato né Yuri o Boris…beh ovviamente non frequentavano gli stessi posti, ma non gli era mia capitato di vederli passare davanti al monastero, e probabilmente una motivazione c’era...Molti consideravano il vecchio monastero come un posto maledetto, e quindi tutti evitavano di passarci vicino.

Si riscosse dal suo mondo di ricordi solo quando si accorse che la lastra di ghiaccio fra le sue mani aveva cominciato a sciogliersi, così si alzò rapidamente e finì il suo lavoro in silenzio, evitando di farsi incantare da altri dolci e dolorosi ricordi di quando era ancora semplicemente Kai.

 

Verso il tramonto, Kai aveva sbrigato tutto il lavoro che aveva da compiere, e l’aveva fatto senza aprire bocca. Non era mai stato particolarmente loquace, ma anche se lo fosse stato, lì non avrebbe potuto esserlo, poiché ogni minimo rumore veniva punito con delle frustate.

Nel più assoluto silenzio si diresse verso la stanza di Ranja per andarla a prendere. Il sipario si stava per alzare, ora la scena di Mosca veniva presa dalle Piccole Falene Notturne.

Quando si trovò davanti alla cella della ragazza batté tre colpi più uno a distanza, in modo che lei sapesse che era lui.

- Entra - La voce di lei anche se ricoperta dalla porta, gli era sembrata leggermente preoccupata, così entrò con cautela chiudendosi la porta alle spalle. La stanza non era molto grande, e l’arredamento “carcerario” era composto da un semplice letto sfondato e da una cassettiera in legno dove le ragazza conservava i pochi effetti personali che possedeva, cioè un rossetto, qualche trucco, e l’abito che indossava quando si trasformava nella Falena. Kai mosse gli occhi viola verso la ragazza che gli dava le spalle, mentre finiva di medicare il braccio di un ragazzo che sedeva sul suo letto. Il giovane doveva avere sui quattordici anni, e se non ricordava male, era uno dei ragazzi che si occupava del traffico di armi rubate. Per un momento a Kai parve di vedere davanti a sé Max, e questo non potè non fargli nascere un leggero sorriso sul viso, ormai non più abituato a sorridere. Il ragazzo somigliava molto all’amico americano, aveva i capelli biondi quasi con il suo stesso taglio, e due occhi color oceano che però erano meno lucenti di quelli del dracielblaider.

Non appena ebbe finito, Ranja si voltò verso il ragazzo dagli occhi ametista e gli fece un cenno con la testa. Intanto il ragazzino si era dileguato, dopo aver educatamente ringraziato Ranja per la medicazione, e lanciato a Kai una sguardo di pura contemplazione. Lui restava un mito per quei ragazzi, il loro fratello maggiore, che li aiutava quando non riuscivano a svolgere qualche mansione, l’eroe che aveva sfidato Vorcof milioni di volte, e che anche se non riusciva mai a prevalere, ai loro occhi risaltava sempre come uno mito.

Dopo che i due rimasero soli, Ranja si diresse alla cassapanca e sistemate le bende che preparava lei stessa si truccò il viso, attuando così la sua trasformazione.

A lei non serviva un po’ di fondotinta per essere carina; la sua vera bellezza era proprio quell’essere bambina durante il giorno, era vederla alle prime luci dell’alba con i capelli scompigliati e gli occhi ambrati ancora sotto l’influsso di Morfeo. Il trucco l’appesantiva, le dava quell’aria di donna fatta e finita che in realtà non era, ma questo solo Kai lo sapeva.

Inizialmente quando era giunto al monastero si era dimostrato ostile verso tutti, voleva solo morire ed essere lasciato in pace…Morire in mezzo alla neve, o nelle cripte, o nel letto di qualcuno, ormai non faceva più alcuna differenza…Aveva perso tutto, il suo Dranzer, i suoi compagni, i suoi amici, la sua ragazza…Poi come dal nulla era apparsa lei, bella e determinata allo stesso tempo, una ragazza che aveva la stessa età della sua Hilary, con un passato brutto almeno quanto il suo, lui non aveva chiesto la sua compagnia, così le prime volte l’aveva respinta senza troppe cerimonie, ma lei non si era arresa, e poco a poco si era inserita nella vita del blaider dagli occhi ametista, diventando un’amica…Un’amica, quasi non credeva che ora quell’appellativo gli risuonasse così semplice e facile da pronunciare. In passato prima di dire ad Hilary “amica” aveva dovuto combattere battaglie interiori con se stesso e contro il suo orgoglio, spesso non vincendo…Per molto tempo aveva creduto che le parole fossero solo dei patetici modi di esprimere i sentimenti, e dal momento che lui riteneva di non poter provare sentimenti, gli era del tutto inutile usare le parole. Solo ora che aveva perso davvero ciò che gli dava la facoltà di emozionarsi, aveva capito che era stato uno stupido. Quante volte avrebbe voluto dire ad Hilary “ti amo più della mia vita” o quante volte avrebbe voluto dare una pacca sulla spalla a Takao o agli altri e dire “Amico mio!”…già quante…

- Kai io sono pronta – la voce di Ranja lo riportò alla realtà, facendogli poggiare i piedi su quel freddo pavimento in pietra, chiuso da quelle maledette mura che trasudavano solo tristezza.

 

Quando la luna si trovò nel pieno centro del cielo, Kai si alzò lentamente dal letto e si diresse a passi cauti verso la finestra, avvolto solo in un candido lenzuolo dalla vita in giù. Un lenzuolo di seta, totalmente differente da quelli a cui erano abituati le Falene.

Quella notte Vorcof aveva avuto dei programmi diversi per lui, infatti non l’aveva mandato con Ranja e gli altri in strada, ma aveva preferito tenerlo con sé, per poter godere esclusivamente solo lui della compagnia della Fenice.

Succedeva spesso, ma Kai per quanto ci fosse abituato, trovava sempre estremamente sgradevole dover andare a letto proprio con l’uomo che più di ogni altro odiava.

Come se la vista della luna, bella e libera gli facesse male, si allontanò e raccattando la sua tunica nera gettata con noncuranza in un angolo della grande camera da letto, la indossò per poi dirigersi verso la porta in un silenzio quasi religioso. Avvertì alle sue spalle l’uomo dormire profondamente, ancora con il braccio teso verso il vuoto su cui prima era steso Kai. Prima si allontanava da quella camera, meglio era.

L’aria della notte era fredda e gli pungeva la pelle come se avesse costantemente delle lame puntate addosso.

Uscito dalla camera inspirò a pieni polmoni l’aria fredda che proveniva dal piccolo porticato interno, come se questo potesse bastare a purificarlo da ciò che era appena successo.

Si sentiva sporco e non aveva né la forza di camminare né il coraggio di guardarsi ancora allo specchio. Era così ogni volta; odiava se stesso e quello che era diventato, certo non ne aveva colpe, ma ogni volta tornava a tormentarsi chiedendosi se forse ci sarebbe potuta essere una possibilità alternativa.

Lentamente si diresse verso la sua cella, barcollando ed aggrappandosi ai muri in pietra del porticato. L’addome gli doleva, sentiva il suo petto scoppiare, ma in realtà era la sua anima ad essere distrutta. Percepiva ancora sul corpo le mani viscide e cattive di quell’uomo, sentiva il suo respiro caldo ed acido sulla pelle, assaporava l’aridità delle sue labbra, ed il suo cuore pareva voler continuare a battere solo per protrarre ancora a lungo quella dannata sofferenza.

Dopo un tempo che gli parve lunghissimo, finalmente il ragazzo giunse alla sua cella e senza neanche girarsi ad osservare la luna si richiuse la porta alle spalle, desiderando solo nascondersi nell’oscurità ed annegare nel suo dolore.

 

Quando Kai sollevò lentamente le palpebre istintivamente si lasciò andare ad un respiro soffuso; non aveva mai voglia di alzarsi, e quel giorno ancor meno delle altre volte. Cercò di nascondersi ancora un po’ nel freddo tepore della notte tentando di ricreare per un istante sensazioni di tranquillità e pace. Invano.

Per quanto si sforzasse, attorno a lui vedeva solo ombre di disperazione, stracci di malinconia, brandelli di felicità e frammenti di quella vita che non avrebbe mai creduto gli mancasse tanto.

La sua libertà se ne era andata, era diventato un oggetto nelle mani di pochi, un anima dannata, e più il tempo si allungava, più si rendeva conto che la cosa migliore da fare era dimenticarsi della sua vita passata…Altrimenti non avrebbe mai smesso di soffrire.

- Forza Hiwatari! Cos’è, troppo spossato da ieri sera! Muoviti! – la voce dura e cattiva di una delle guardie lo svegliò del tutto, così uscì dalla sua cella senza neanche degnare di uno sguardo i due uomini vestiti di nero che lo osservavano lanciandogli occhiate vogliose.

Camminava a passo assolutamente neutro attraverso i portici interni, pronto a scendere nei sotterranei del Monastero, dove insieme a Ranja e a tre ragazzini doveva occuparsi della sala delle caldaie.

 

Non appena fu entrato nella tetra e chiusa stanza, sentì l’aria mancargli; quel bunker era assolutamente privo di un impianto di areazione, non circolava aria pulita e le pareti annerite dal fumo contribuivano a rendere l’aria davvero irrespirabile. “E poi ci si domanda perché qui moriamo intossicati”.

Immediatamente i suoi occhi ametista cercarono Ranja e i bambini, e li trovarono accovacciati davanti alla caldaia principale, intenti ad inserire a mani nude pezzi di carbone all’interno di pesanti e scure bocche di ferro.

Quando gli occhi ambrati della ragazza si posarono sul giovane appena entrato, i bambini smisero di lavorare, voltatisi ad osservare il loro mito avvicinarsi a loro. Quei piccoli credevano di vedere un eroe, eppure Kai cominciava a vergognarsi di questi loro sguardi; sapeva bene che le loro aspettative erano mal riposte, lui non era un eroe, solo una Falena più testarda delle altre, ma anche lui aveva ceduto…Non era un eroe. Come se potesse leggerlo nel pensiero, la ragazza dai capelli biondo cenere rivolse la sua attenzione nuovamente alle caldaie, intimando i bambini di fare lo stesso; così Kai prese posto accanto a loro, cercando di evitare gli sguardi carichi di ammirazione delle piccole Falene, e quegli indagatori di Ranja che non lo lasciavano un attimo.

 

- Non ti sto facendo male, vero? – chiese dolcemente Ranja a Shila mentre le spalmava un unguento rosato sulle mani facendo attenzione a non farla sussultare per il dolore.

- No, non preoccuparti…E’ già tanto se sei riuscita a procurarti questa pomata – le rispose gentilmente la tredicenne dagli occhi verdini mentre sedeva sul letto della bionda con le mani tese in avanti.

Il lavoro nella sala delle caldaie si era rivelato essere più difficile del previsto; avevano dovuto alzare la temperatura delle stufe a causa dell’improvviso abbassamento della temperatura e così avevano dovuto incrementare il numero di carbone. I fumi nocivi che uscivano dalle bocche metalliche, investivano in pieno i volti dei ragazzi, che si ritrovavano a respirare quei fumi tossici, e come se non bastasse le loro mani a contatto con quei roventi materiali si erano in parte ustionate.

- Ma si può sapere come ti procuri tutti questi unguenti? – chiese ad un tratto Misha seduto sulla cassettiera del letto della ragazza con già le mani medicate.

Un leggero sorriso apparve sulle labbra della bionda – E’ un segreto – disse spiritosa strizzando l’occhio ai ragazzi. Ormai Ranja era diventata per tutti un po’ come una specie di mamma nonostante i suoi sedici anni. Le Piccole Falene si fidavano di lei, era sempre carina, gentile e si prendeva cura di loro come se fossero tutti suoi fratelli minori.

Ed in un certo senso era davvero così.

Quando Ranja finì di medicare anche Shila, i due ragazzini uscirono educatamente, pronti a prendere parte al loro prossimo incarico, lasciando Ranja sola nella sua cella, intenta a nascondere l’unguento rosato preparato da lei stessa.

Non ricordava molto del suo passato, quando si era risvegliata nella cella del Monastero, aveva solo undici anni, ignorava totalmente cosa le fosse accaduto e come se non bastasse si era ritrovata inghiottita in un mondo circondato dal male e denso di malvagità.

Lentamente poi la sua memoria era venuta a galla, rivelando parti del suo passato che forse non avrebbe mai voluto rivedere; i suoi genitori erano dei farmacisti, e durante un tragitto in macchina nel bel mezzo di una tormenta di neve la loro auto era uscita strada, finendo in un dirupo. I suoi genitori erano morti, mentre lei per un miracolo si era salvata, anche se vista come si era evoluta la situazione forse “salvata” non era il termine più adatto…I suoi genitori erano morti per portare in un paesino a ridosso delle montagne medicinali contro l’influenza e la malaria; erano morti per salvare altre vite, e lei avrebbe fatto lo stesso.

Questa era stata la promessa che si era fatta quando la sua memoria le aveva concesso di rivedere gli ultimi istanti di vita della sua famiglia. Avrebbe fatto girare la sua esistenza attorno ai bambini e ai ragazzi del Monastero, le Piccole Falene sarebbero diventate la sua famiglia, li avrebbe protetti, impedendo loro di lasciarsi andare a pensieri suicidi quando desideravano farla finita. Solo chi come lei aveva sperimentato direttamente la morte, solo chi come lei l’aveva affrontata e sconfitta poteva capire che valore avesse la vita e quanto fosse importante continuare a sperare. Questa era la sua forza; lei credeva che prima o poi tutto si sarebbe sistemato, certo con gli anni questa speranza aveva cominciato ad evaporare, ma lei non si arrendeva mai. “Questa è la mia vita…Prima o poi la luce irradierà anche noi Falene della Notte”

Un tocco leggero alla porta la fece sussultare leggermente, mentre cercava di ricomporsi.

- Entra – Sapeva benissimo che fosse, anzi lo stava giusto aspettando.

Quando poi i suoi occhi color del miele scuro incrociarono lo sguardo freddo di due ametiste opache, Ranja rimase impassibile come il suo visitatore. Con Kai era sempre così; quel ragazzo così freddo e schivo come un animale selvatico, odiava essere osservato come una bestia per cui si prova pena, e per la ragazza era la stessa cosa. Due anime selvagge, due vite soffocate, due gridi tenuti a tacere con la forza. Il loro era sempre stato un rapporto fatto da sguardi e cenni, impossibili da decifrare per chiunque tranne che per loro. Comunicavano attraverso gli occhi, i respiri e lievi sussurri come spettri alla perenne ricerca di se stessi.

Una sola cosa era si erano ripromessi a voce: nessuno dei due avrebbe mai dovuto provare pena per l’altro. Nonostante la drammatica situazione nella quale si trovavano loro erano due anime orgogliose e fiere e mai avrebbero voluto essere compatiti. Mai.

E così ora si trovavano l’uno di fronte all’altra, con occhi freddi ed impassibili, benché entrambi fossero a conoscenza di quale fosse il problema che affliggeva l’altro. Se per Ranja era la continua preoccupazione per i bambini, che con l’avvicinarsi del grande freddo soffrivano sempre più, oltre che ad un disagio di diversa natura, per Kai il problema erano i suoi ricordi uniti alla continua sensazione di malessere che provava dopo le notti con Vorcof. Si teneva tutto dentro, non si sfogava con nessuno, e come un animale in gabbia continuava a sbattere la testa contro le sbarre nel tentativo o di distruggerle, o di uccidere se stesso.

Fu lei la prima a parlare. – Tieni – disse semplicemente lanciandogli un pezzo di pane nero che aveva conservato dalla sua cena precedente. Il ragazzo la osservò senza capire.

- Ieri notte non hai “lavorato” e quindi ne deduco che sei a stomaco vuoto da due giorni – disse semplicemente lei leggendo attraverso i suoi occhi violacei la sua domanda.

- Non ne ho bisogno, potevi darlo ai ragazzi se non lo volevi – Non voleva l’aiuto di nessuno, ma oltre a questo non sopportava che Ranja dovesse privarsi di quel poco che ricevevano a lavoro ultimato per lui.

- Già, ma visto che sei un mezzo cadavere non ho voglia di doverti soccorrere quando stasera non ti reggerai in piedi –

Con queste parole Ranja si voltò dando le spalle al ragazzo, così che lui non potette sentirsi in imbarazzo a mangiare con lei davanti. Orgoglio. Un anno di schiavitù non aveva piegato Kai Hiwatari, la fiera Fenice di fuoco nonostante le catene continuava ad incutere timore ed esigere rispetto, scottando con le sue fiamme chiunque osasse avvicinarsi a lei ma Ranja, la Regina delle Falene riusciva ad avvicinarsi senza bruciarsi, e questo perché in fondo erano entrambi due fuochi.

- Ieri Dimitri mi ha chiesto di te – disse Ranja sempre dando le spalle al ragazzo, che al solo sentire quel nome si fece più attento.

- E tu cosa gli hai detto? –

- Che non ti sentivi tanto bene…Ah ha detto che spera di vederti questa sera – aggiunse lei voltandosi sollevata verso di lui.

- Quel tipo sembra volerti bene – disse con naturalezza, anche se la sua voce la tradì; in realtà le era costato molto fare quell’osservazione, ma doveva riaccendere le fiamme della Fenice, e la sola cosa che poteva fare era tenerlo lontano dal pensare a Vorcof. Lei conosceva il problema che affliggeva l’amico, e lo reputava oltremodo ripugnante.

- Stai scherzando? Cosa vuoi dire con questo? – disse Kai alzandosi e mettendosi istintivamente all’attacco.

“Perfetto” – Dicevo soltanto quello che ho percepito – reagì lei mettendosi le mani sui fianchi senza smettere di osservarlo.

- Cerca di percepire di meno allora. Non sono fatti tuoi – si era di nuovo messo sulla difensiva. Ranja strinse gli occhi. – Stavo solo cercando di farti capire che forse non sarebbe una cattiva idea accettare la sua proposta – Si stava spingendo troppo oltre le fiamme, rischiava seriamente di scottarsi.

Kai sulle prime rimase incerto, ma poi si avvicinò verso la ragazza afferrandola per le spalle e sbattendola contro il muro quasi con violenza. “Sì, sfogati Kai…Solo così ti sentirai meglio

- Non dire sciocchezze! Come puoi anche solo pensare una cosa del genere! Io…Io… -

- Tu hai una vita fuori di qui, maledizione! – sbottò lei

- Tu puoi essere felice…Se andassi con Dimitri potresti trovare rifugio in qualche Paese straniero e ricominciare d’accapo! – i polsi di lei, ancora bloccati dalla forte presa del ragazzo iniziarono a dolerle, ma non ci fece caso.

- Non è quello che voglio. Uno, Vorcof non mi lascerebbe mai andare. Due, non ho intenzione di seguire Dimitri proprio da nessuna parte e tre… - prese il mento della ragazza e lo avvicinò al suo costringendola a fissarlo negli occhi. Ametista ed ambra si fusero insieme, urlandosi tutta la rabbia che provavano in quel momento, sfogandosi reciprocamente. - …Non vi lascerò mai qui. Se io me ne andrò, voi verrete con me. Un tempo non lo avrei fatto, da codardo me ne sarei andato, pensando unicamente a me stesso, ma ora no. Molte volte non ho fatto ciò che invece avrei dovuto fare, per colpa del mio orgoglio o del mio pessimo carattere, ma non questa volta. Non lascerò mai il Monastero senza di voi, anche se dovessi andare a letto con Vorcof ogni santissima notte! –

Ranja per un istante focalizzò meglio l’immagine che aveva davanti, rendendosi conto che quello non era solo il suo amico Kai. Lui, era la luce che li avrebbe condotti fuori dal tunnel del male e del buio. Sorrise, abbracciandolo stretto per la prima volta dopo quell’anno. Il ragazzo non reagì male a quel contatto, ma invece l’avvolse con le braccia come per cullarla. Lei abbracciò le mani dietro del ragazzo, appoggiando freneticamente la testa nell’incavo del collo di lui e stringendogli i capelli tra le dita sottili.

I loro respiri andavano insieme, i loro cuori battevano allo stesso ritmo calmo e rilassante, mentre le loro due anime si rassicuravano reciprocamente. Insieme ne sarebbero usciti.

Un tocco lieve alla porta li fece staccare quasi all’improvviso, senza però che sui loro due visi fossero comparsi due sorrisi belli e radiosi come il sole.

- Sì? – chiese Ranja riprendendo il mano la sua maschera.

- Ranja, mi sono tagliata – disse timida la voce dietro la porta.

 

L’angolo dei Grazie^^

 

Helens: tesoro mio, non manchi mai di farmi avere una tua opinione, e per questo ti ringrazio molto^^ Grazie per tutti i consigli e i supporti che mi dai e spero che questa storia possa continuare a picerti^^ Felicissima che l’atmosfera dark ti piaccia^^ Mega Baciuzzi Avly

 

Pich_91: grazie mia maestra per le tue correzioni ortografiche^^ spero di aver corretto le maiuscole (almeno la maggior parte) grazie per la tua immancabile sincerità, e ti assicuro che ricevere un tuo complimento è stato bellissimo, perciò mi auguro di non averti delusa con questo capitolo. Spero vivamente che questa storia ti piaccia^^ Baciuzzi Avly

 

Nota dell’autrice: per chi segue “I Cavalieri dei Sette Regni” tranquilli, i nostri cavalieri non si sono persi con il navigatore attraverso i Regni^^ Presto torneranno, spero per la gioia dei lettori che la seguono (perché ce ne sono? Nd Kai) (ma hai sempre da dire qualcosa! Guarda che mi posso vendicare con le Falene! Hai presente il caro Vorcof tesoro? Muah! Nd Avly) (…Sorry nd Kai). L’assenza come potrete immaginare è dovuta allo studio e alle verifiche da preparare^^

 

Only for you, my friends                                                                   Avly

  
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