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Autore: thembra    25/01/2010    2 recensioni
Quattro anime che impazziscono per la pallavolo, quattro vite singole, ma unite da questo sport meraviglioso. Quattro anime che entreranno in contatto con persone difficili, e situazioni particolari, anime che impareranno ad amare! ...ho cambiato pure il titolo =)
Genere: Romantico, Triste, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kagome, Rin, Sango, Sesshoumaru
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Le foglie secche scricchiolavano sotto alle suole delle sue scarpe imitando il rumore del fuoco che aveva bruciato casa sua, ma non poteva evitare di pestarle, perché erano ovunque, ovunque!!!

E il senso di rabbia e frustrazione che le cresceva dentro ad ogni passo si faceva pesante come un macigno e le impediva di pensare e respirare e allora incominciava a sentirsi cattiva e a prendersela con la prima cosa che le capitava a tiro, fosse stata una pietra, un albero un animale o peggio una persona.

 

Aveva 11 anni a quel tempo, e la sua vita era appena finita.

La sua vita felice, serena e spensierata di bimba era bruciata in pochi attimi come la sua casa di periferia, e la rimessa degli attrezzi e il recinto del suo cane, persino il giardino era bruciato e anche le mattonelle che rivestivano il cortile e la stradina per il garage erano bruciate e annerite.

Era tutto nero tutto morto, i suoi genitori i suoi fratellini il suo cane…solo lei non lo era.

Si era salvata solamente perché dormiva in mansarda e la sua cameretta era stata raggiunta dalle fiamme per ultima, quando i vicini avevano già dato l’allarme, pochissimi attimi prima che la finestra si spaccasse e che quell’uomo in divisa entrasse e la portasse via.

E quei pochi secondi non erano stati sufficienti al fuoco per prendere anche lei, l’aveva appena scottata, le aveva bruciato la voce e il sorriso.

Aveva chiuso gli occhi fra le braccia del pompiere sentendo il buco allo stomaco quando scendevano dalle scale meccaniche della camionetta, sentiva degli spruzzi gelidi sulle guancie ustionate e sentiva che l’oblio pian piano la stava ghermendo fra tosse paura e odore acre di fumo e plastica bruciata.

 

Quando aveva riaperto gli occhi era diventato tutto bianco e profumato.

Tutto silenzioso e tranquillo e per un attimo aveva quasi creduto d’aver sognato, ma il dolore e il prurito e il fastidio che sentiva dentro al naso l’avevano riportata subito alla realtà.

Erano le bende che le stringevano le braccia a pruderle e il dolore alle gambe a farla quasi piangere e dei tubi nel naso le permettevano di respirare bene.

 

Voltò la testa a destra e vide due letti vuoti, a sinistra ce n’era un altro, il pavimento era verde acqua e lucido e la porta bianca semiaperta verso l’interno mostrava a metà dei numeri.

Un cinque ed un uno che letti alla maniera giusta davano 15 quindi.

Probabilmente era all’ospedale, e non era stato affatto un sogno.

 

Aveva cercato d’alzarsi ma si sentiva il corpo molliccio, non riusciva a comandarlo né a muoversi, poteva pensare ma non agire.

 

“Ben svegliata tesoro…

 

Alzò appena le pupille incontrando lo sguardo dolce e pieno di pietà di una signora con gli occhiali ed un ciuffo biondo che le usciva dal lato della cuffietta.

Un infermiera.

 

“Come stai?”

 

Non le rispose, e non lo fece perché non ci riusciva, ma perché semplicemente non voleva; piano piano aveva messo a posto ogni tassello e aveva capito.

Incendio, ospedale, infermiera, pietà.

 

Era rimasta sola, e la lacrima che le nacque dall’occhio non bendato fece intuire alla donna che aveva capito.

 

“No non piangere ti prego shhh stai calma…tranquilla angelo tran…

“Che succede?”

“Dottore si è ripresa,…sa…

“Le dia del calmante e veda se qualcuno può firmare quelle dannate carte!”

 

Vedendolo così alterato fu spaventata da quell’omone alto dal camice bianco ma solo poi capì il motivo di quelle sue urla.

 

Doveva essere operata all’occhio con urgenza o rischiava di perdere la vista ma nessun parente si era fatto vivo nonostante le telefonate fatte dalla polizia e dall’ospedale stesso.

Più tardi, quando vide i cancelli dell’istituto che l’avrebbe ospitata capì che non era per quel medico che l’aveva operata comunque assumendosi ogni responsabilità che costituiva un peso, ma per i parenti che non avevano alzato  la cornetta a nessuna chiamata.

Aveva visto la zia Michelle e lo zio Bob solamente due giorni prima dell’incidente, eppure non erano andati a trovarla in ospedale, né l’avevano presa con loro a casa…né si erano mai più fatti sentire.

 

Aveva 11 anni quando entrò alla casa degli angeli di St Thomas, che non era una casa-famiglia o un orfanotrofio come gli altri, era una casa speciale per chi aveva perso tutte le proprie emozioni o la voce o la voglia di vivere, o come lei tutte queste cose in una volta sola.

 

 

Rimase li per quattro anni, covando rancore per il mondo intero, distruggendo le lampade della sua camera, tagliandosi con le schegge di vetro dei paralumi, sradicando le piante prendendo a calci i volontari i cani o i gatti che le si avvicinavano, tirando sassi ai cavalli delle scuderie cercando in ogni modo di allontanarsi dalla vita.

 

Fu quasi per caso che il sole rientrò nella sua visuale, quando a dodici anni e mezzo un pallone la colpì al braccio facendole cadere i liberi che voleva leggersi in santa pace sotto allo scivolo arrugginito del parco giochi.

 

“La palla!”

 

Si ritrovò a terra stringendo i denti per il dolore, l’aveva presa secca quella dannata pallonata, e quel bastardo che l’aveva colpita anziché chiederle scusa e aveva urlato di rimandargli la palla.

…col cazzo che l’avrebbe fatto!

 

Si alzò e arretrò di alcuni passi mentre l’altro ancora aspettava, prese la rincorsa e calciò la sfera con tutta la forza che aveva….verso la strada, riprendendo poi la marcia verso il suo angolo di pace.

 

“Ma sei deficiente?”

 

Uno strattone improvviso sul braccio leso le strappò un gemito strozzato.

I libri caddero di nuovo e si ritrovò a fissare una maglietta nera.

 

“Quassù scema!”

 

Alzò gli occhi e incrociò due gemme gelide senza tuttavia rimanerne intimorita.

Fece per superarlo ma ancora le venne impedito.

 

“Sto parlando con te ragazzina, almeno rispondi…

 

Di nuovo lo guardò spostando poi lo sguardo sulle sue mani che salde le stringevano il braccio sopra il gomito, sentiva anche le unghie oltre il tessuto della maglietta e faceva male.

 

“…”

“Allora? Ti avverto che mi sto inc…

“Lasciala perdere quella, è muta e pazza…

 

Scostò la faccia solamente per vedere chi era stato a parlare.

Amon, quello che andava e veniva dall’istituto in continuazione, che non volendo cercarsi un lavoro per mantenersi fingeva d’esser visionario e mangiava, beveva e rompeva i coglioni a scrocco di tutti.

 

“Ma se è una bambina…

Si…ma è muta…e pazza e rompi…

 

Non finì la frase che lo spigolo del suo libro lo colpì diritto alla fronte facendolo imprecare come un turco.

 

coglioni…ma io ti…

 

Non riuscì a divincolarsi dalla presa del primo che venne presa per il colletto da Amon e scossa come un tappeto e poi di colpo fu nuovamente libera.

 

“Ma lasciala perdere che avrà la metà dei tuoi anni scemo…

 

Alzò lo sguardo stupita sulla schiena del ragazzo del pallone, la stava difendendo?

 

“Ma se è lei che…

“Lasciala perdere!”

Vaffanculo anche a te allora stronzo!”

 

Lo guardò allontanarsi correndo verso il cortile per tornare dagli altri.

 

“E prenditelo da solo quel cazzo di pallone!”

…idiota…piuttosto stai bene ragaz-

 

Si voltò per vedere se stava bene ma era già lontana, verso la statale…sull’orlo del marciapiede…fra la prima e la seconda corsia.

 

“Ma sei scema? È pericolo…

 

Passò un camion che cancellò la vista di lei e per un attimo pensò al peggio così prese a correre verso il punto in cui l’aveva vista sparire.

 

“Hey!!!”

 

Schiuse gli occhi cercando di vedere dove cavolo fosse andata a finire, porca puttana, se la facevano secca i tre mesi di volontariato forzato a cui era stato costretto per punizione diventavano l’eterno…

 

“Cazzo!”

 

Si passò la mano sulla fronte pensando a cosa si poteva inventare quando uno strattone alla maglia lo fece voltare a destra.

Ed eccola li, seria come sempre, con quegli occhi imbronciati e la bocca serrata in una posa che non esprimeva nulla, la sua mano era stretta al bordo della Tshirt e l’altra reggeva il pallone.

 

“Se ti mettevano sotto finivo nei casini bamboccia…è proprio vero che sei pazza…

 

Si voltò rientrando nel cortile.

 

“Scusami!...per prima…

Si voltò appena guardandolo attentamente e solo in quel momento notò bene quello che indossava.

Una maglietta normale con le maniche corte arricciate sopra le spalle, sul petto un numero.

Il numero 10.

 

 

 

 

 

…………………

 

 

 

Un tonfo e le mancò il respiro.

 

“Cazzo!”

 

Aprì gli occhi tirandosi su di colpo, sbattendo la fronte contro una testaccia dura come il marmo.

 

Ahio!”

 

I loro lamenti furono all’unisono, si portò la mano alla parte lesa mentre con l’altra mano spingeva via quella fessa di Ayame che per svegliarla le si era buttata addosso a peso morto.

 

“Ma dico io, chiamare no eh’”

“Diventavo vecchia a forza di chiamarti Rin-co! Avevo pensato anche ad una bella secchiata d’acqua, ma rischiavo di rovinarti il divano e sarebbe un peccato, è comodissimo!”

….ah certo…ma non hai pensato che potevi sfondarlo? ”

Ehm…no!”

 

Rise  mentre addentava una fetta biscottata e mescolava il suo caffè.

 

Ayame era fuori di testa!

 

“Sbrigati che poi abbiamo scuola!”

“Ma è sabato Sango!”

“E ci sono gli allenamenti Rin-co!”

Cazzo….è vero…

 

……………………………

 

 

 

L’odore che c’era in palestra aveva il potere di calmarla sempre, era un aroma difficile da spiegare, dato dall’insieme di troppi elementi per poter essere catalogato bene; c’era il profumo del parquet tenuto sempre lucido e pulito, l’odore delle palle, della moquette che rivestiva le pareti, la gomma delle suole delle loro scarpe i loro deodoranti.

Sorrise ricevendo malamente una schiacciata di Sango, sia per la bastardaggine del capitano che si impuntava a volerle insegnare a ricevere bene di bagher sia per il bel ricordo che le era appena venuto in mente.

 

Ovvero la prima volta che mise piede in una palestra tre anni prima.

Scattò a muro fregando il tentativo di Kagome di schiacciare.

Non era quello il momento di pensare ai ricordi.

Era il momento di impegnarsi per il futuro!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TH

 

A rieccomi! ^w^

Un abbraccio a Celina che ha commentato! Stella bella, io invece ADORO la pallavolo, l’ho praticata parecchi anni ed è uno sport che mi piace un sacco, mi ha dato tantissimi bei ricordi, una marea di amicizie e…..calorie bruciate a manetta!!!!

….bei tempi andati! Ç____ç

Grazie del fischio! A presto!!!

Ps: chissà chi sarà l’avversaria temibile di Rin….hih hih hiiih io non dico nulla ;)

  
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