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Autore: Hayley Lecter    27/01/2010    2 recensioni
Ma la nostalgia di quel luogo, di quella sala, di quello specchio dove vedevo riflessa la mia immagine mentre ballavo a tempo di musica,fu inizialmente devastante, mano a mano che i giorni passavano ed ero cosciente che per qualche mese avrei abbandonato tutto e tutti lì. Tutto fu poi spazzato via da quella giornata passata a ridere ed a scherzare come non mai, a chiedersi cosa si sarebbe fatto per le vacanze e a raccomandarsi di non perdersi di vista. Ma perchè mai poi, c'era da raccomandarsi di farsi sentire? Avrei sentito e continuato a vedere quelle persone. Facevano parte della mia vita, e avrebbero fatto parte della mia lunga e spensierata vacanza. Perchè più delle altre questa, desideravo che fosse una delle estati più belle mai passate. Invece era solo l'inizio della fine.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Innanzitutto voglio ringraziare chiunque abbia posato gli occhi sopra questa fanfiction, davvero grazie di cuore. Poi un altro ringraziamento và ovviamente a chi ha postato un commento. Sono pronta ad aggiornare nuovamente questa storia, con un lungo e corposo capitolo, quindi ENJOY IT! ;D

Aprii la porta di casa tutta sudata, la facci sconvolta, i capelli al vento.
Ilaria era felice, io completamente sudigiri, la vita riprendeva a sorridermi.
Passai in rassegna al settimino del salotto, strapieno di soprammobili che mia madre tanto venerava e raggiunsi lanciandomi in un salto,
la cucina, per prendere un sorso d'acqua. Mentre bevevo, trovai sul tavolo un biglietto.
"Sono andata a fre la spesa."
Mia madre aveva lasciato la nostra amata dimora per fre scorta dei viveri necessari a riempirci lo stomaco.
Tornai nuovamente in salotto, pigiai il tasto dello stereo e tanto ero euforica, che fa i cd nel mobile a muro, scelsi "Bad".
Lo sparai a tutto volume, infischiandomene altamente dei vicini, che in un modo o nell'altro,
seppur brontolando, avrebbero di certo capito che un mio nuovo inizio era senz'altro da festeggiare.
Peccato che ne erano inconsapevoli.
Ogni nota, ogni pausa o acuto della sua voce entrò in me, fluidamente,
senza farmi male, come se stessi facendo l'amore per la prima volta.
Comincia a menar l'aria, con colpi decisi delle gambe, un punto impreciso,
le braccia persero il controllo e mentre la prima canzone del disco mi facilitava la situazione,
provai una felicità talmente forte che mi gettai all'indietro ed eseguii un Moonwalk perfetto.
Sorpresa di me stessa, fermai ogni mio singolo muscolo.
Un brivido mi attraversò in pieno la schiena, scelsi di rimanere impalata,
al centro del salotto, con il viso grondante di sudore e le guancie rosse.
Un rumore metallico, mi fece ritornare sulla Terra, quell'attimo di assoluto smarrimento.
Strano, perchè ero sola in casa, e mia madre nn era tipo da appostarsi dietro una porta per farmi uno scherzo.
Salii le scale ancora più perplessa, perchè sembrava provenire dal piano superiore.
Il corridoio era completamente al buio, quindi accesi la luce.
Ebbi un fremito.
E se dei ladri si fossero appostati vicino casa nostra per spiarci e cogliere il momento opportuno,
in attesa che mia madre uscisse, per entrare di soppiatto dalla finestra e sgozzarmi, per poi saccheggiare l'intera casa?
Scrollai la testa e smontai quel film che mi si era sviluppato senza alcun avviso,
in una qualche pellicola nascosta nel mio cervello.
Decisamente avevo guardato troppa tv l'altra sera.
Spostai leggermente con un dito la porta della camera matrimoniale,
con uno scatto premetti l'interruttore della luce,
ma rimasi completamente illesa da qualsiasi attacco del mio immaginario ladro.
Rovistai l'armadio, controllai sotto il letto, dietro la porta, ma niente.
Scannerizzai per bene anche il bagno, nella cabina della dccia, persino nello sgabuzzino.
Infine rimase solo la mia camera da ribaltare sotto-sopra.
Ma anche questa era vuota.
Forse era stata soltanto una mia impressione,
magari era scivolato un piccione sul tetto e io mi ero allarmata per nulla.
Lo stereo era ancora acceso.
Scesi le scale, tranquillizzata da quel timore che si era dissolto,
e che aveva sollevato solo un grosso polverone nella mia mente già troppo contorta ed esaltata.
Sussultai quando una serratura scattò, ma era soltanto la figura della mia cara mamma,
che si faceva largo con le buste piene della spesa, spingengo con la gamba la porta e chiedendomi di aiutarla.
A cena, mio padre non ci fece l'onore di raccontare la solita giornata tip che aveva trascorso in ufficio,
non proferì parola, il suo innaturale silenzio accompagnò il risucchio che la sua bocca emetteva a ogni sorseggio dal cucchiaio,
del brodo caldo che mia madre aveva cucinato per lui.
Ero ormai ritornata alla "Time For Dancing", certo.
E per me avrebbe significato la deconcentrazione dallo studio, l'abbandono dei doveri a casa,
che dovevo svolgere necessariamente ogni giorno senza eccezioni, secondo lui.
Questo ci aveva portato a prolungate discussioni nel salotto.
La mamma sapeva che quella scuola di ballo, per me era molto importante, lei sapeva quanto io ci tenessi,
sebbene fosse stata nociva e mi avesse allontanata da casa, ed era consapevole che io l'avrei frequentata comunque,
che loro fossero volenti o nolenti, per questo cercò di mantenersi sulla mia difensiva, cosa che raramente accadeva.
Mio padre, ala fine si ritrovò schiacciato e mise il broncio, ostinato a lasciarci cuocere nel nostro brodo,
finchè non avessimo filato verso la sua direzione, e tutto sarebbe tornato normale.
Sfortunatamente, se credeva di essere testardo, io e mia madre lo eravamo dieci volte di più.
Io avrei continuato il mio corso di ballo, ma lui avrebbe tenuto il muso, e in cambio,
non avrei dovuto chiedergli di accompagnarmici quando non ce l'avrei fatta,
non avrei dovuto raccontargli nulla delle mie esperienza extra-scolastiche.
Dopo aver sparecchiato, misi a mollo i piatti nell'acqua saponata, nel lavandino, e cominciai a strofinarli con la spugna.
La mamma, stava spazzando in terra, mentre mio padre, si sistemò in salotto, a guardare la tv.
Tutta quella tensione, quel silenzio era durato fino ad oggi, e avrebbe continato a gravare su di noi.
Quando ogni piatto f riposto nella dispensa, e la cucina tornò immacolata, mi diressi verso il salotto.
Avevo una morsa nllo stomaco, avrei preferito morire piuttosto che pregare qualcuno, ho sempre avuto un certo orgoglio.
Adesso però, la posta in gioco era alta, e non potevo permettere che il rapporto con mio padre andasse a rotoli,
così cercai di approcciare, di attaccare discorso, in modo molto semplice, come se nulla fosse accaduto.
- Vuoi un pò di caffè, papà?-
Questa era la domanda che gli porgevo ogni sera, prima di dargli il bacio della buonanotte.
Ebbene, anche stavolta feci la stessa identica domanda, dopo già un bel pezzo che non gli e la rivolgevo, con un tono speranzoso.
Niente, niente di niente.
Non che mi fossi aspettata un sorriso a trentadue denti, ma ci rimasi comunque male, abbastanza da essere scossa dalla rabbia.
Tutto quello che volevo, era spegnere quel maledetto televisore, sul quale invece, era concentratissimo.
E lo feci.
Afferrai il telecomando dal divano, e lo spensi.
Rimase nella stessa posizione, ma evidentemente colpito, aggrottò la fronte.
- Papà, lo vuoi un pò di caffè, o no? -
Sospirò intensamente, dentro di lui, stava avendo luogo una lotta interiore.
Di sicuro, stava cercando di decidere se restar zitto, oppure scagliarmisi contro.
Optò per la prima.
Impassibile, si reimpossessò del telecomando e riaccese la tv,
la sintonizzò sul suo programma sportivo preferito delle 22.00 e quella fu la fine della nostra conversazione.
- Buonanotte anche a te. -
Salii le scale, in preda alla collera, e trovai mia madre a letto, da sola, con la lampada sul comodino accesa,
e il libro che aveva tanto desiderato, ora fra le mani.
Entrai, le diedi un bacio sulla fronte e proprio quando stavo per andarmene, mi afferrò per il polso.
-Stà tranquilla, prima o poi cederà. Adesso vai a fare la doccia, e poi a letto, sarai stanca. -
Affondò nuovamente la testa sul cuscino, e prese ad immergersi una seconda volta nella lettura.
Sciacquai via tutto il sudore, la stanchezza,a soprattutto l'irritazione, ne box doccia.
Misi il pigiama e mi infilai sotto le coperte.
Un nuovo giorno attendeva me, e sperai, che le ore passassero in fretta per poter uscire di casa,
andare a scuola sarebbe stato di gran sollievo.
 
***
L'ultima ora giungeva al termine, e io mi ero sorbita una straziante lezione di algebra.
La lancetta dei minuti dell'orologio, al mio polso, sembrava essersi congelata, e il tempo scorreva lentamente, troppo lentamente.
Quando riuscii finalmente ad uscire, ripetei il mio solito tran-tran.
Non feci in tempo ad entrare a casa, che ero già fuori el'autobus non si fece attendere molto.
Alla TFD passai inosservata, tutti erano stati messi al corrente del mio ritorno.
Ilaria, era rimasta sbalordita dai miei miglioramente in così pochi giorni,
e quando si accorse che avevo rimontato anche la fatica, ed ero pronta a fare il doppio del lavoro da lei richiesto,
decise di reinserirmi nel gruppo di ragazze con cui avevo sempre ballato.
Attraversai i corridoi, e salii le scale.
L'appuntamento era stato prefissato nella solita sala, così dopo essermi cambiata, feci il mio ingresso.
Mi fu difficile riconoscere qualcuno, visto che la massa di ragazze davanti a me mi avevano offuscato la vista.
L'orda di amiche che avevo lasciato in questa scuola, mi accolsero a braccia aperte, fui sommersa.
Dopo averle salutate tutte, e la folla attorno a me si diradò,
mi resi conto di una presenza estranea fra di noi, che non avevo mai notato fino ad oggi.
Jacqueline era alta, snella, dal corpo perfetto.
I ricci capelli neri li tenva raccolti in una coda,
qualche boccolo ea sfuggito alla morsa dell'elastico e adesso le ricadeva sulle spalle.
Aveva il viso roseo, la pelle morbida.
Al momento si stava occupando di fare stretching alla sbarra.
Teneva gli occhi fissi sulla gamba, che teneva ben stesa, e nel frattempo sussurrava qualcosa per me incomprensibile.
Prima che rivolgessi mezza parola alla nuova ragazza, Ilaria mi bruciò sul tempo.
Mi salutò con affetto, e me la presentò.
-Jacqueline è un nuovo acquisto della TFD, ma sopattutto del nostro corso.
E' qui già da una settimana, e viene da una delle più prestigiose scuole di ballo francesi.
E' nel tuo interesse, come in quello di tutte noi, farla sentire ben accolta e a casa.
Con questo non voglio dire che la vizierò come una pupa in fasce.
Mi rendo conto però, che il distacco da una scuola di ballo come la sua,
deve essere stato difficile per lei, quindi miraccomando.
Lei conosce già il nostro programma, e dato che sei arrivata esattamente dove siamo arrivate noi,
oggi comincieremo una nuova lezione. A Jacqueline, basterà starci dietro. Se la cava molto bene da sola. -
Strinsi la mano alla nuova arrivata, sorpresa ed euforica di aver accolto un'altra persona nel gruppo.
- E' un vero piacere, Jacqueline, io sono Jessica.-
Ricambiò la stretta, e mi rispose con un dolce accento francese, sfoggiando un grande sorriso.
- Il mio piacere è mio, Jessique.-
Ilaria attaccò la musica e seguimmo le sue mosse per ben due ore,
fino a che, parte della nuova lezione era già entrata a far parte di noi.
Mi resi conto, osservandola allo specchio, che Jacqueline non sapeva solo muoversi,
ma riusciva a starci dietro senza sforzo.
Il suo corpo era sinuoso ed ogni movimento, veniva svolto con vigore e leggerezza allo stesso tempo.
Ila, asciugandosi le gocce di sudore dalla fronte, spense lo stereo e ci deliziò com'era d'abitudine,
con l'ultimo annuncio di fine giornata.
- Bene, com'è chiaro a tutte, almeno a chi ha avuto modo di notarlo, Jacqueline è un passo avanti rispetto a noi,
sia per stile, che per equilibrio e tecnica.
Adesso, non mi resta che annunciarle del saggio, almeno in poche parole, a cui abbiamo deciso di partecipare.
Quest'esibizione prevede la partecipazione di più scuole di ballo, che si sfideranno tra loro, una soltanto vincerà.
Non c'è bisogno che vi dica che dovrete sudare, se volete arrivare al primo posto.
Ma prima dello stile, della coreografia, bisogna credere in sè stessi, è quella la chiave del successo.
Poi verrà tutto il resto.. a me non servono dei burattini sul palco, ma al contrario, delle pantere,
delle leonesse combattive e fiere, voglio che non vi perdiate mai d'animo.. e se dovesse finir male, pazienza,
ma intanto potremmo ben dire di averci provato! Ora tutte a casa, svelte!-
La campanella suonò puntuale, e tutte si affrettarono ad uscire dalla sala.
Jacqueline si spostò leggiadra verso la porta, e ci salutò con la mano.
- Au-revoir! -
Io invece, approfittai per passare un pò di tempo in intimità con Ilaria.
- Non vai a casa? -
Mi chiese, sorridendomi.
- Non ancora. Ma alla fine, Smooth Criminal sarà la base musicale della nostra coreografia? -
Ilaria annuì, sorseggiando dalla bottiglia il suo Gatorade.
- Sono rimasta colpita. Sei riuscita a recuperare tutto in pochi giorni, è soprendente.
Non dimostravi una grinta del genere, neanche l'anno scorso.
E' questo lo spirito che voglio, per il saggio. Non tanto per sventolare la coppa, ed essere arrivate prime..
ma soprattutto per dimostrare di cosa siamo fatte.. perchè noi non ci muoviamo come forsenate dentro una sala.
Il ballo è libertà, Jè. Anche per Mike, il ballo oltre ad essere una passione, era una valvola di sfogo, era uno specchio.
Sulla danza, lui ci s specchiava e ci riversava dentro tutto, tutto quello che provava.
E' proprio quella, la libertà che io intendo. Ciò che hai dentro, tiralo fuori ballando. -
Le sue parole, infondarono in me i principi, che avevano fatto di lei, una delle insegnanti più rinomate anche all'infuori della TFD.
Capii che avrei dovuto lottare, che non avrei dovuto arrendermi.
Che qualunque cosa fosse accaduta, l'avremmo condivisa, specialmente con Michael.
Ed io ero pronta a starle dietro, avevamo un obiettivo, che non era gloria, ma libertà.
 
 
 
  
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