Quella sera stessa il signor Barry andò a prendere il
dottore.
Questi, appena arrivò a casa Barry, visitò Diana e
controllò le fasciature che la madre le aveva fatto: “Riposo assoluto per una
settimana. E ti assicuro Diana che tornerai a correre come prima” disse il
dottore.
Detto ciò scese al piano di sotto e se ne andò.
Aveva ragione Fred allora… pensò la ragazza osservando il
cielo che iniziava ad illuminarsi di stelle.
Già, mancava poco più di un mese a Natale. Avrebbe
finalmente rivisto Anna… Quanto le era mancata! Nell’ultima lettera le aveva
scritto che le vacanza natalizie sarebbero iniziate il venti dicembre e
sarebbero terminate il sette gennaio.
Non vedeva l’ora di raccontarle personalmente tutte le cose
accadute in quel periodo, e magari raccontarle di Fred… Fred? Cosa ci faceva
sempre nei suoi pensieri?
Si erano conosciuti da neanche due giorni ed entrambi gli
incontri non erano stati dei migliori… Già soprattutto per colpa sua… Era
proprio una bambina, altro che matura! pensava avvilita la giovane seduta sul
letto guardando fuori dalla finestra il cielo che, pian piano, andava a
tingendosi dei colori notturni.
Però… mi ha detto che possiamo essere amici se io lo
voglio… quindi… forse… pensava Diana, però potrebbe averlo detto per gentilezza
oppure per educazione… Oh Dio mio! Perché sono così dubbiosa! Oggi quando mi ha
fatto salire sul suo cavallo, mi sono sentita come una principessa delle storie
che Anna si divertiva ad inventare quando eravamo piccole… Nonostante sia
autunno… ieri mi è sembrato che i colori si accendessero al nostro avanzare
lungo il sentiero…
Sembrava che addirittura il viale stregato, che abbiamo
attraversato ieri per accompagnare a casa Sarah, si fosse trasformato nel viale
delle delizie…
Diana, Diana! Adesso inizio a parlare come Anna! Eppure… mi
sono trovata bene con lui, anche se non abbiamo parlato…
Un leggero bussare alla porta la distolse dai suoi
pensieri: era sua madre con la cena.
Terminato il leggero pasto si preparò per la notte e, poco
dopo aver spento la candela si addormentò.
Che strano non doversi alzare pensò Diana quella mattina
osservando il cielo azzurro ed il sole che giocava tra i rami degli alberi.
“Non è giusto che in una così bella giornata io debba per
forza stare chiusa in casa!” disse Diana imbronciata.
Sua madre, molto probabilmente la sera prima, le aveva
messo accanto al letto alcuni libri.
Lesse distrattamente qualche titolo: nessuno la convinceva…
“Se solo non fossi costretta a letto!” Diana era al culmine
della disperazione.
“Non è ripetendolo che migliorerai la situazione” disse sua
madre entrando con la colazione “Ho bussato, ma tu chissà dove avevi la testa!”
disse in risposta all’occhiata della figlia.
Appena la madre fu uscita, osservò la sua camera: era
rimasta invariata con gli anni…
Sempre la stessa bambola sulla mensola in noce accanto alla
scrivania, i pupazzi alla base del letto, la trapunta in pizzo…
“Appena mi rimetto, cambio l’arredamento! Ormai ho sedici
anni!” disse frustrata la ragazza.
Erano quasi le nove quando un leggero bussare alla porta la
fece sussultare “Avanti” disse alquanto sorpresa, chi mai può essere? pensò
curiosa Diana, che per far passare il tempo aveva iniziato a disegnare.
“Diana, hai visite” disse la madre comparendo sulla porta.
“ti aiuto a vestirti ed a scendere…” disse sorridendo la donna.
“Chi è?” chiese stupita dal mistero sull’identità dei
visitatori.
“Che vestito ti vuoi mettere?” le chiese la madre
apprensiva, ignorando la domanda della figlia.
“Quello giallo… Allora? Chi è venuto a trovarmi?” chiese
ancora Diana.
“Scendiamo e lo saprai…” disse sorniona la donna una volta
che la figlia si fu vestita.
Il padre, dietro invito della moglie, entrò e, presa in
braccio la figlia, scese la scala che conduceva al piano di sotto.
Entrarono in salotto e… “Oh mio Dio!” disse Diana con le
lacrime agli occhi.
Tutti i bambini dell’asilo erano andati a trovarla ed era
stato Fred ad accompagnarli, dato che era anche lui con loro.
“Sapete… stavo riparando le scale dell’asilo…” iniziò il
giovane “quando li ho visti arrivare, in piccoli gruppetti” continuò indicando,
con un cenno del capo i bambini “mi sono venuti vicino e mi hanno chiesto se
sapevo dove abitavi. Avendoti riaccompagnata a casa ieri ho detto sì: mi hanno
quindi chiesto se potevo spiegargliela. Ed io ho fatto di più, li ho
accompagnati.” disse Fred con orgoglio. Nonostante tutto sembrava in imbarazzo,
notò Diana, decise comunque di non darci peso. Osservò i bambini con affetto…
“Manca uno…” disse Fred con indifferenza.
Diana osservò prima il giovane e poi tornò a guardare i
bambini: Mary Anne, Paul, John, Sarah, … “Robbie…” disse in un sussurro la
ragazza.
“Mi dispiace…” disse Fred.
“Non importa!” disse la ragazza con un dolcissimo sorriso
che le illuminò il volto, solo un osservatore attento avrebbe scorto il velo di
tristezza dei suoi occhi.
Fred lo notò. Non sapeva spiegarsi il perché, ma voleva
vedere quella ragazza felice.
I bambini la inondarono di domande e di abbracci.
Ovviamente i più espansivi furono Mary Anne e Paul, ma anche gli altri non
furono da meno e, soprattutto, dimostrarono d’aver già dimenticato quanto
accaduto il giorno prima.
Con il permesso dei genitori di Diana, Fred ed i bambini
portarono Diana a fare un picnic nel boschetto dei Barry, situato ad una decina
di metri dalla casa e vicinissimo al lago dalle acque splendenti.
I ragazzi si misero seduti e tennero d’occhio i bambini che
si divertivano a giocare.
Novembre quell’anno era ancora tiepido e permetteva di star
fuori senza paura di ammalarsi.
“Non ti ho ancora ringraziato per avermi portato i
bambini…” disse Diana per rompere il silenzio che si era creato tra loro.
“Non devi ringraziarmi. E’ stata colpa mia se ti sei fatta
male, quindi questo è il minimo che io potessi fare per te” disse Fred.
“Non è vero… Sono stata una sciocca. Adesso non ricordo
nemmeno più perché stavo scappando…” confessò con un sorriso birichino sul bel
viso d’angelo.
“Però ieri non hai risposto alla mia domanda…” disse Fred
guardandola.
“Quale domanda?” chiese Diana
“Ti avevo chiesto se ero davvero così brutto…” rispose il
ragazzo.
“Maestra, maestra!” la chiamò Mary Anne correndole incontro
con un bel mazzo di fiori selvatici “Tieni, li ho colti per te!” disse tra un
affanno e l’altro la piccola
“Grazie piccolina!” disse Diana, grata soprattutto per non dover
rispondere a Fred.
La piccola si sedette accanto ai due e, dopo poco, la
stanchezza della giornata fece sprofondare la piccola in un sonno profondo,
cullata dalle braccia di Diana.
“Sembra un angelo” disse la ragazza guardando Mary Anne,
accarezzandole di tanto in tanto i capelli dolcemente.
“Già” disse semplicemente Fred guardando Diana.
Venne, purtroppo, l’ora del rientro. Fred accompagnò Diana
a casa e, dopo aver salutato lei ed i genitori, se ne andò con i bambini.
Per tutta la settimana Fred andò a trovare Diana.
Molto spesso era accompagnato dai bambini e dalla signora
Allan, che sostituiva Diana alla conduzione dell’asilo, altre volte andava da
solo.
Si sedevano in salotto, una stanza molto grande e
tinteggiata di un tenue color crema. Alle pareti c’erano dei quadri che aveva
dipinto lei stessa, anche se non l’avrebbe confessato a nessuno, lo sapevano
solo i suoi genitori ed Anna.
I mobili erano in mogano chiaro e profumavano di gelsomino.
Attorno ad un tavolino, rotondo e basso, facevano bella mostra un divano e tre
poltroncine disposte a semicerchio. Nell’unica parete libera c’era la libreria,
l’orgoglio del signor Barry.
Il salotto era il loro punto di ritrovo e, tacitamente,
occupavano sempre ai soliti posti: lei il divano, poteva così allungare la
gamba sotto una calda coperta, e lui la poltrona di fronte a lei. Sulle pareti
del salotto facevano bella mostra alcuni quadri ed alcuni disegni: molti
bambini, infatti, quando passavano a trovarla le lasciavano un disegno di
pronta guarigione e lei li appendeva.
“Il salotto è la stanza che più preferisco. Ha dei colori
caldi, ti rilassano. Da piccola, invece, sia io che Anna adoravamo la camera
degli ospiti…” disse ridacchiando Diana. E spiegò ad uno stupito Fred quanto
era accaduto alla povera zia Giuseppina il giorno di San Silvestro di tre anni
prima. Scoppiarono entrambi a ridere.
La loro amicizia era cresciuta in quei giorni e si
ritrovavano spesso a parlare dei più svariati argomenti: stagioni, ricordi
dell’uno o dell’altra, hobbies, sogni ed aspettative per il futuro.
Diana gli parlò di Anna, di Gilbert e di tutti gli altri
suoi amici che sarebbero presto rientrati per le vacanze natalizie.
Fred l’ascoltava attento e si divertiva ad osservare
l’alternarsi delle emozioni sul suo viso.
Gli piaceva ascoltarla, aveva una voce dolce e melodiosa.
“Sei venuto qui tutti i giorni. Non dovevi… sarai rimasto
indietro con il lavoro e con il trasloco…” disse dispiaciuta la ragazza al
termine della settimana.
“Non ti preoccupare, mi fa piacere venire a trovarti, e
poi, siamo amici, non dimenticarlo…” disse Fred dolcemente.
Poco prima di cena passò il dottore, che trovò Diana
decisamente migliorata. “Lunedì potrai ricominciare a lavorare.” le disse
sicuro di darle una lieta notizia.
“Dice davvero dottore?” chiese Diana felice.
“Certamente!” assicurò l’interpellato.
Fred, che aveva assistito alla scena con i genitori di lei,
sorrise felice: finalmente era guarita!