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Autore: Kirby    13/07/2005    3 recensioni
Com'è nata la storia d'amore tra Diana Barry e Fred Wright? Com'è andata avanti la vita per Diana dopo che Anna è andata all'accademia? Leggete e lo saprete. Grazie a chi legge.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pensieri

Quella sera stessa il signor Barry andò a prendere il dottore.

Questi, appena arrivò a casa Barry, visitò Diana e controllò le fasciature che la madre le aveva fatto: “Riposo assoluto per una settimana. E ti assicuro Diana che tornerai a correre come prima” disse il dottore.

Detto ciò scese al piano di sotto e se ne andò.

Aveva ragione Fred allora… pensò la ragazza osservando il cielo che iniziava ad illuminarsi di stelle.

Già, mancava poco più di un mese a Natale. Avrebbe finalmente rivisto Anna… Quanto le era mancata! Nell’ultima lettera le aveva scritto che le vacanza natalizie sarebbero iniziate il venti dicembre e sarebbero terminate il sette gennaio.

Non vedeva l’ora di raccontarle personalmente tutte le cose accadute in quel periodo, e magari raccontarle di Fred… Fred? Cosa ci faceva sempre nei suoi pensieri?

Si erano conosciuti da neanche due giorni ed entrambi gli incontri non erano stati dei migliori… Già soprattutto per colpa sua… Era proprio una bambina, altro che matura! pensava avvilita la giovane seduta sul letto guardando fuori dalla finestra il cielo che, pian piano, andava a tingendosi dei colori notturni.

Però… mi ha detto che possiamo essere amici se io lo voglio… quindi… forse… pensava Diana, però potrebbe averlo detto per gentilezza oppure per educazione… Oh Dio mio! Perché sono così dubbiosa! Oggi quando mi ha fatto salire sul suo cavallo, mi sono sentita come una principessa delle storie che Anna si divertiva ad inventare quando eravamo piccole… Nonostante sia autunno… ieri mi è sembrato che i colori si accendessero al nostro avanzare lungo il sentiero…

Sembrava che addirittura il viale stregato, che abbiamo attraversato ieri per accompagnare a casa Sarah, si fosse trasformato nel viale delle delizie…

Diana, Diana! Adesso inizio a parlare come Anna! Eppure… mi sono trovata bene con lui, anche se non abbiamo parlato…

Un leggero bussare alla porta la distolse dai suoi pensieri: era sua madre con la cena.

Terminato il leggero pasto si preparò per la notte e, poco dopo aver spento la candela si addormentò.

 

Che strano non doversi alzare pensò Diana quella mattina osservando il cielo azzurro ed il sole che giocava tra i rami degli alberi.

“Non è giusto che in una così bella giornata io debba per forza stare chiusa in casa!” disse Diana imbronciata.

Sua madre, molto probabilmente la sera prima, le aveva messo accanto al letto alcuni libri.

Lesse distrattamente qualche titolo: nessuno la convinceva…

“Se solo non fossi costretta a letto!” Diana era al culmine della disperazione.

“Non è ripetendolo che migliorerai la situazione” disse sua madre entrando con la colazione “Ho bussato, ma tu chissà dove avevi la testa!” disse in risposta all’occhiata della figlia.

Appena la madre fu uscita, osservò la sua camera: era rimasta invariata con gli anni…

Sempre la stessa bambola sulla mensola in noce accanto alla scrivania, i pupazzi alla base del letto, la trapunta in pizzo…

“Appena mi rimetto, cambio l’arredamento! Ormai ho sedici anni!” disse frustrata la ragazza.

Erano quasi le nove quando un leggero bussare alla porta la fece sussultare “Avanti” disse alquanto sorpresa, chi mai può essere? pensò curiosa Diana, che per far passare il tempo aveva iniziato a disegnare.

“Diana, hai visite” disse la madre comparendo sulla porta. “ti aiuto a vestirti ed a scendere…” disse sorridendo la donna.

“Chi è?” chiese stupita dal mistero sull’identità dei visitatori.

“Che vestito ti vuoi mettere?” le chiese la madre apprensiva, ignorando la domanda della figlia.

“Quello giallo… Allora? Chi è venuto a trovarmi?” chiese ancora Diana.

“Scendiamo e lo saprai…” disse sorniona la donna una volta che la figlia si fu vestita.

Il padre, dietro invito della moglie, entrò e, presa in braccio la figlia, scese la scala che conduceva al piano di sotto.

Entrarono in salotto e… “Oh mio Dio!” disse Diana con le lacrime agli occhi.

Tutti i bambini dell’asilo erano andati a trovarla ed era stato Fred ad accompagnarli, dato che era anche lui con loro.

“Sapete… stavo riparando le scale dell’asilo…” iniziò il giovane “quando li ho visti arrivare, in piccoli gruppetti” continuò indicando, con un cenno del capo i bambini “mi sono venuti vicino e mi hanno chiesto se sapevo dove abitavi. Avendoti riaccompagnata a casa ieri ho detto sì: mi hanno quindi chiesto se potevo spiegargliela. Ed io ho fatto di più, li ho accompagnati.” disse Fred con orgoglio. Nonostante tutto sembrava in imbarazzo, notò Diana, decise comunque di non darci peso. Osservò i bambini con affetto…

“Manca uno…” disse Fred con indifferenza.

Diana osservò prima il giovane e poi tornò a guardare i bambini: Mary Anne, Paul, John, Sarah, … “Robbie…” disse in un sussurro la ragazza.

“Mi dispiace…” disse Fred.

“Non importa!” disse la ragazza con un dolcissimo sorriso che le illuminò il volto, solo un osservatore attento avrebbe scorto il velo di tristezza dei suoi occhi.

Fred lo notò. Non sapeva spiegarsi il perché, ma voleva vedere quella ragazza felice.

I bambini la inondarono di domande e di abbracci. Ovviamente i più espansivi furono Mary Anne e Paul, ma anche gli altri non furono da meno e, soprattutto, dimostrarono d’aver già dimenticato quanto accaduto il giorno prima.

 

Con il permesso dei genitori di Diana, Fred ed i bambini portarono Diana a fare un picnic nel boschetto dei Barry, situato ad una decina di metri dalla casa e vicinissimo al lago dalle acque splendenti.

I ragazzi si misero seduti e tennero d’occhio i bambini che si divertivano a giocare.

Novembre quell’anno era ancora tiepido e permetteva di star fuori senza paura di ammalarsi.

“Non ti ho ancora ringraziato per avermi portato i bambini…” disse Diana per rompere il silenzio che si era creato tra loro.

“Non devi ringraziarmi. E’ stata colpa mia se ti sei fatta male, quindi questo è il minimo che io potessi fare per te” disse Fred.

“Non è vero… Sono stata una sciocca. Adesso non ricordo nemmeno più perché stavo scappando…” confessò con un sorriso birichino sul bel viso d’angelo.

“Però ieri non hai risposto alla mia domanda…” disse Fred guardandola.

“Quale domanda?” chiese Diana

“Ti avevo chiesto se ero davvero così brutto…” rispose il ragazzo.

“Maestra, maestra!” la chiamò Mary Anne correndole incontro con un bel mazzo di fiori selvatici “Tieni, li ho colti per te!” disse tra un affanno e l’altro la piccola

“Grazie piccolina!” disse Diana, grata soprattutto per non dover rispondere a Fred.

La piccola si sedette accanto ai due e, dopo poco, la stanchezza della giornata fece sprofondare la piccola in un sonno profondo, cullata dalle braccia di Diana.

“Sembra un angelo” disse la ragazza guardando Mary Anne, accarezzandole di tanto in tanto i capelli dolcemente.

“Già” disse semplicemente Fred guardando Diana.

Venne, purtroppo, l’ora del rientro. Fred accompagnò Diana a casa e, dopo aver salutato lei ed i genitori, se ne andò con i bambini.

 

Per tutta la settimana Fred andò a trovare Diana.

Molto spesso era accompagnato dai bambini e dalla signora Allan, che sostituiva Diana alla conduzione dell’asilo, altre volte andava da solo.

Si sedevano in salotto, una stanza molto grande e tinteggiata di un tenue color crema. Alle pareti c’erano dei quadri che aveva dipinto lei stessa, anche se non l’avrebbe confessato a nessuno, lo sapevano solo i suoi genitori ed Anna.

I mobili erano in mogano chiaro e profumavano di gelsomino. Attorno ad un tavolino, rotondo e basso, facevano bella mostra un divano e tre poltroncine disposte a semicerchio. Nell’unica parete libera c’era la libreria, l’orgoglio del signor Barry.

Il salotto era il loro punto di ritrovo e, tacitamente, occupavano sempre ai soliti posti: lei il divano, poteva così allungare la gamba sotto una calda coperta, e lui la poltrona di fronte a lei. Sulle pareti del salotto facevano bella mostra alcuni quadri ed alcuni disegni: molti bambini, infatti, quando passavano a trovarla le lasciavano un disegno di pronta guarigione e lei li appendeva.

“Il salotto è la stanza che più preferisco. Ha dei colori caldi, ti rilassano. Da piccola, invece, sia io che Anna adoravamo la camera degli ospiti…” disse ridacchiando Diana. E spiegò ad uno stupito Fred quanto era accaduto alla povera zia Giuseppina il giorno di San Silvestro di tre anni prima. Scoppiarono entrambi a ridere.

La loro amicizia era cresciuta in quei giorni e si ritrovavano spesso a parlare dei più svariati argomenti: stagioni, ricordi dell’uno o dell’altra, hobbies, sogni ed aspettative per il futuro.

Diana gli parlò di Anna, di Gilbert e di tutti gli altri suoi amici che sarebbero presto rientrati per le vacanze natalizie.

Fred l’ascoltava attento e si divertiva ad osservare l’alternarsi delle emozioni sul suo viso.

Gli piaceva ascoltarla, aveva una voce dolce e melodiosa.

“Sei venuto qui tutti i giorni. Non dovevi… sarai rimasto indietro con il lavoro e con il trasloco…” disse dispiaciuta la ragazza al termine della settimana.

“Non ti preoccupare, mi fa piacere venire a trovarti, e poi, siamo amici, non dimenticarlo…” disse Fred dolcemente.

Poco prima di cena passò il dottore, che trovò Diana decisamente migliorata. “Lunedì potrai ricominciare a lavorare.” le disse sicuro di darle una lieta notizia.

“Dice davvero dottore?” chiese Diana felice.

“Certamente!” assicurò l’interpellato.

Fred, che aveva assistito alla scena con i genitori di lei, sorrise felice: finalmente era guarita!

  
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