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Autore: Arts    11/02/2010    5 recensioni

Sono un'esperimento. Lo so. Suona strano. Sono cresciuta in laboratorio sotto terra, senza sapere niente del mondo di fuori. La mia vita è sempre stata quella di una cavia di laboratorio, di un qualcosa che non è considerato come vivo.
Ma sono riuscita a scappare. Ho scoperto che il mondo di fuori non è un'impresa facile come pensavo.
Ho scoperto che anche lì bisogna saper sopravvivere.
Ho scoperto da poco, inoltre, che la mia vita non è altro che un test.
C'è qualcosa da risolvere.
La cosa buffa è che se faccio il puzzle, questa volta, salvo il mondo.
E' una cosa ridicola, ma mi sembra di aver avuto una promozione: da esperimento a eroina dell'universo. Insomma, mica male per una ragazza alata, no?
[Dalla storia] 
«All’Istituto, che tipo di esperimenti fanno?»
Lo sguardo che gli rivolsi era freddo come il ghiaccio, quando risposi: «Cose tipo me, hai presente?»
«Cose orribili, insomma», replicò lui e mi fece un sorrisetto di superiorità che sentii di odiare assolutamente con tutto il mio cuore.
Gli lanciai uno sguardo sprezzante. «Non siamo fatti per essere belli, siamo fatti per saper uccidere».
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avete mai visto una persona arrampicarsi su un muro di vetro come un insetto, sibilare e lanciarsi sopra di voi dall’alto in un frazione di secondo?

Bè, io sì: in quel preciso momento.

Schivai agilmente come se avessi una molla sotto i piedi, aiutandomi con un colpo d’ali che mi sbalzò dal lato opposto al ragazzo-serpente che era atterrato sui talloni e in un attimo era saltato a pochi centimetri da me.

Schivai il suo pugno diretto verso il mio stomaco e cercai di colpirlo con un calcio laterale, ma lui era troppo veloce e riuscì a schivare agilmente tornando ad attaccare con una serie di pugni; riuscii a difendermi da un paio, ma poi lui riuscì a colpirmi violentemente sul naso, tanto che ebbi la sensazione che mi si fosse spiaccicato sulla faccia mentre il dolore mi esplodeva in viso.

Probabilmente mi aveva rotto il sette nasale. Imbecille.

Feci un respiro profondo e ignorai il dolore tornando a concentrarmi sulla battaglia. Stava vincendo lui. Era troppo veloce per essere colpito, era questo il suo vantaggio.

Tornò a caricare pugni a raffica, ma stavolta riuscii a evitarlo spostandomi di lato. Con un colpo d’ali riuscii a balzare sopra di lui sferrandogli un altro calcio al mento in cui incanalai tutta la mia forza, facendogli schizzare aggressivamente la testa di lato.

«Occhi… per…occhio, dente… per… dente», gridai e sottolineai ogni parola con un pugno. Il ragazzo-serpente riuscì a fermare solo l’ultimo attacco, bloccandomi il mio polso e fece per rompermi il braccio, ma io fui più veloce e riuscì a tirargli un calcio alle costole che lo lasciò senza fiato.

Dieci punti per me.

Il combattimento procedeva spedito. Lui aveva dalla sua parte la velocità, ma allo stesso tempo era troppo grande e alto per essere agile almeno quanto me, che riuscivo facilmente sgusciare via  da lui ogni volta che avevo bisogno di schivare i suoi attacchi.

Vedete a cosa serve essere più basse dei ragazzi? La stazza non è tutto.

Mi tornò nuovamente addosso. Colpo, difesa, colpo, difesa. Lui colpiva, io mi schivavo o lo bloccavo e la stessa cosa faceva lui.

All’improvviso il ragazzo riuscì a colpirmi allo stomaco, e dovetti mordermi la labbra a sangue per evitare di gridare dal dolore. Fulmineamente, m’immobilizzò con un altro colpo alla spalla e avvicinò le labbra al mio collo. Mi morse. Esatto, mi morse.

Affondò i denti nel mio collo.

Spalancai gli occhi e riuscì a tirargli una ginocchiata, per allontanarlo. Mi tastai il collo con una mano: c’era meno sangue di quanto avessi immaginato, e due piccoli buchi identici a quelli che avrebbe potuto farmi un serpente molto letale.

«Fammi indovinare: sei velenoso?», commentai e nel dirlo mi lanciai nuovamente sopra di lui cercando di colpirlo. No, non avrei perso quella battaglia. Sarebbe morto lui, o saremmo morti insieme. Io non avevo intenzione di morire: non prima di essere scappata da quel posto.

Non sarei morta lì.

E fu questo il pensiero a spingermi ad aumentare la violenza dei colpi, sempre più veloce e forte. Pugni e calci, tanto che a lui risultava sempre più difficile difendersi, bloccarmi, schivare e man mano che le sue difese diventavano impotenti i miei colpi riuscivano ad avere sempre più effetto. Incassò due calci alle costole, e un pugno in faccia, dritto sul naso.

Alla fine il ragazzo-serpente dovette balzare indietro, sulla parete opposta alla mia.

Sorrisi, un sorriso un incazzato, insolente. Lo stesso sorriso del sogno. Spalancai le ali, senza dare segni di muovermi.

«Che c’è, lucertola? Paura?»

«Veramente sto solo aspettando che tu crolli a terra morta avvelenata. E siccome morirai comunque, non vedo perché dovrei farmi prendere a pugni»

«Chi ti ha detto che sarò io a morire? »

Era troppo. Io, morire? Ma quando mai. Sbagliava di grosso, la lucertola. Con un colpo d’ali mi agganciai all’angolo della parenti, premetti i piedi sul muro e mi spinsi nuovamente nel punto in cui era lui. Lui scattò dall’altra parte, ma troppo tardi perché feci in tempo a saltargli addosso bloccandolo a terra. Il primo pugno, in faccia, non mi resi neanche conto di averlo dato io a lui.

Gli altri invece furono del tutto incoscienti. Un pugno dopo l’altro senza neanche capire dove colpivo. Semplicemente per la rabbia mentre il sangue mi filtrava tra le dita, sporcandomi le mani. Rallentai quando iniziai ad avvertire un bruciore indistinto alla spalla e al fianco: il veleno?

Piano, mi tolsi dal corpo del ragazzo-serpente che ormai non era più rigido e teso, ma mollo e incosciente, con gli occhi del tutto aperti e vacui.

Era morto.

Mi guardai le mani sporche di sangue e sembrai riprendermi.

«Mi dispiace», sussurrai, poi mi accostai al corpo e chiusi gli occhi del ragazzo. «Ma io non posso morire, non senza prima essere uscita di qui»

Non sapevo esattamente cosa fosse successo. Sapevo solo che avevo avuto paura ed avevo reagito di conseguenza, come sempre.

Si era trattato di uno scontro alla pari, mi dissi cercando invano di giustificare il mio gesto, lui l’avrebbe fatto pure. Mi ha morso e sarai morta, a meno che non vincessi e gli Addetti decidessero di curarmi. Era la mia unica possibilità, che avrei dovuto fare?

Eppure continuavo a sentirmi sporca, incredibilmente sporca. Quel ragazzo non era una semplice scimmia che correva impazzita per la stanza, e che mi era stato ordinato di uccidere. Era una persona umana, con le mie stesse speranze di libertà.

Una voce continuava a ripetere nella mia testa: L’hai ucciso, l’hai ucciso. Assassina, assassina! Sentii un vuoto nello stomaco e chiusi gli occhi, raggomitolandomi in un angolo della parete di vetro e cercando con successo di trattenere le lacrime.

Mi raggomitolai in silenzio, stringendo le ginocchia al petto, e fissai il ragazzo-serpente, come se fossi in attesa che si alzasse e dichiarasse di aver perso. No. Lui non si sarebbe mai più alzato di lì, e non sarebbe mai più uscito da quella palestra.

Non piansi. Io non piangevo mai.

Con un singulto, mi accorsi che la campanella suonava e mi sforzai di alzarmi, reggendomi mal fermamente sulle gambe. Un Addetto accompagnato da un Cacciatore, uno degli aguzzini della scuola, mi si avvicinò e io gli esposi con voce metallica ciò che era successo: «Mi ha morso. Ho vinto. Mi dovete curare»

L’Addetto annuì.

«Accompagnala in infermeria»

Il Cacciatore mi prese per un braccio, abituato a trascinare la gente più che scortarla, ma io mi scostai violentemente e lanciai uno sguardo alla palestra. In otto aree diverse, giacevano otto corpi diversi e in un angolo vidi il cadavere del ragazzo-pantera e mi accorsi che il ragazzo-lucertola si era accostato a me camminando meccanicamente, lanciò uno sguardo verso il cadavere del numero ottanta, il mio avversario, per poi dedicarmi uno sguardo più gelido della morte stessa.

«Hai ucciso mio fratello», affermò.

Mi venne in mente come un flashback, e sussultai:

«Dovrei combattere contro di te? Inssshomma che cossa sshei? Un pulcino?»,

«Può essere. E tu che sei? Il gemello del ragazzo lucertola?»

Lui aveva sorriso insolentemente, sicuro della sua vittoria:  «Può essshere».

Io non feci niente, mi limitai a ripetere: «Mi dispiace»

Mi lanciò uno sguardo vuoto, stanco almeno quanto il mio: «Anche a me, ma non la passerai liscia», commentò e se ne andò.

In quella palestra erano entrate sedici persone, e ora ne uscivano otto. Mi sentii male, ma mi feci forza. E il resto del tragitto dalla palestra all’infermeria sembrò passare troppo lentamente, mentre, confusa, mi perdevo nei miei pensieri, affogando nel senso di colpa che cercavo, nonostante tutto, di reprimere con tutto il mio orgoglio, senza ottenere grandi risultati.

Se ne andrà mai?, mi chiesi, se ne andrà questa incudine che ho sul petto e che m’impedisce di respirare?

Mi risposi di no. Non ne sarebbe mai andata. E mentre pensavo queste cose mi ritrovai d’improvviso stesa su un letto dell’infermeria, immersa nell’ odore di disinfettante che mi faceva sclerare in modo pazzesco mentre mi iniettavano qualcosa, e l’infermiera mi medicava.

Chiusi gli occhi.

E respirai profondamente.

L’infermiera continuò il suo lavoro tamponando il naso, e fasciando le ferite. Mi sentivo inesistente, così inesistente che neanche il dolore aveva importanza. Perfino il io odio per ospedali, e odore di disinfettante, e addirittura siringhe era annebbiato.

«Bene, è tutto okay. Vai alla mensa, ora», disse l’infermiera

Aprì gli occhi, e guardai la donna.

«No»

Lei s’accigliò.

«No cosa?»

«Non sarà mai più okay. Ora vado alla mensa» 

 

 

 

 

Angoletto dell'Autrice

E allora.

Il ragazzo-serpente è andato, ve lo dico. Il vero ragazzo-lingua-biforcuta che darà un casino di problemi a Fire nel corso della storia? 100000 milioni di euro al vincitore... eeeeee sì proprio lui: il ragazzo-lucertola!

Credevate che fossero esseri carini, eh?

Bé, vi sbagliate di grosso.

A me personalmente fanno schifo. Ma non stiamo qui a parlare di lucertole, suvvia.

Bene, per il prossimo capitolo ve lo dico subito, vi aspetta un colpo di cuore perché .... non ve lo dico u.u 

Restano in sospeso le domande: Chi è James? Il ragazzo-lucertola morde? Fire da sempre pugni alle cose quando è seccata o a paura? (Bé, sì, ma si migliorerà con il tempo U.U)

 

 

Risposte ai Commenti

Per Lewaras: Sono felice che Fire ti stia simpatica ^-^ Eh sì, Arijane ha un bellissimo potere, anche se non il mio preferito. James, mi dispiace ma James è riservato al prossimo capitolo. Ti avverto che James non porta mai buone notizie e che, anzi, ogni volta che dice di aver da dire "qualcosa di urgente da dire" si preoccupano tutti xD Comunque, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto.

 

Byeee

Angel

 

  
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