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Autore: Assassin Panda    21/02/2010    2 recensioni
“Kiku... Kiku non ci vuole più bene! Ci odia! E tu continui a dire che c'è un motivo, Aniki!” “Io... continuo a credere che Kiku ci voglia ancora bene, aru!” “E allora perchè! Perchè ha fatto questo alla mia terra, perchè ha fatto questo al mio Aniki?!”
Fict a tre capitoli sulla guerra Sino-Giapponese [Cina/Giappone]
Genere: Triste, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Cina/Yao Wang, Giappone/Kiku Honda
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Rating: Arancione
Personaggi: Cina (Yao Wang), Giappone (Kiku Honda), Corea del Sud (Im Yong Soo), Taiwan, Inghilterra (Arthur Kirkland), Francia (Francis Bonnefoy), Russia (Ivan Braginski)
Pairing Cina/Giappone
Genere: Guerra, Drammatico, Angst
Avvertimenti Non per stomaci delicati
Note:
1.Il primo capitolo è a tutti gli effetti un introduzione. Ho deciso di mettere la narrazione in prima persona solo a questo capitolo per dare più enfasi, ma già dal secondo userò la terza. E' così, sono fatta alla rovescia e non ci posso fare niente U_U
2. Il titolo è composto da due parole cinesi che rispettivamente significano 'Fiore di loto' e 'Crisantemo'. Mi é sembrato un paragone perfetto per rappresentare Cina e Giappone. D'altronde Cina chiama Kiku Crisantemo (Kiku significa, appunto, Crisantemo)
3. Aniki in coreano credo significhi fratello maggiore
4. Per le informazioni sulla guerra Sino-Giapponese ho preso spunti dalla pagina dedicata su Wikipedia, che vi consiglio di leggere per una migliore comprensione della storia
buona lettura

Il Fratellone Promette...


Corri, fuggi, non ti fermare.
Non voltarti indietro, non guardare.
Ci sono morti dietro di te, case incendiate, soldati che ti sparano contro, cadaveri ovunque.
Non permettere che loro vedano questo scempio.

“Aniki...” Ti chiama la lieve voce spaventata del tuo fratellino minore.
“Non ti fermare Corea, corri, aru!” Sibili stringendo la sua piccola mano nella tua, piena di ferite, continuando a correre, i muscoli che ti cedono, che chiedono di fermarti e lasciarli riposare, di avere pietà per le tue gambe. Ma tu le ignori. Non puoi permettere che te li portino via. Non ancora, no. Sono ancora troppo piccoli.
Reggi Taiwan sulla tua spalla, reggendola forte a te, mentre con l'altra mano tieni quella di Im Yong Soo e lo tiri con forza per incitarlo a correre, a non fermarsi.
Non è più il tempo dei giochi, dei tentativi del piccolo di palparti il seno, della risata argentina di Meimei che ti rasserena il cuore.

Corri, fuggi, non ti fermare.
Non voltarti indietro, ignora i loro lamenti, ignora i muscoli doloranti. Ma non puoi ignorare le grida della tua gente che soffre e che muore mentre tu stai vigliaccamente fuggendo.

No non stai fuggendo, in realtà vuoi solo metterli al sicuro. Vuoi che, almeno loro, non vedono ciò che li circonda.

Non vedano ciò che vostro fratello sta facendo alla vostra terra.

Finalmente eccola, la casa dove saranno al sicuro per un po'.
“Forza sbrigatevi! Dentro, aru!” Li inciti, mentre Yong Soo ansima piegandosi in due e reggendosi sulle ginocchia dalla stanchezza, e appoggi Taiwan delicatamente sui tatami, per quanto la rabbia che hai in corpo ti permetta di rimanere lucido.
“Perchè siamo qui?” domanda la ragazza, non più tanto bambina. Com'è cresciuta.
“Dovete rimanere in questa pagoda. Qui i nemici non verranno. Siete al sicuro, e non vi faranno del male”
“E' Kiku?” Chiede Corea, titubante, ma con tanta rabbia in quel suo corpo ancora troppo giovane per conoscere sentimenti come l'odio. “E' Kiku che sta facendo tutto questo! Lui ha distrutto la nostra terra!” Le sue parole non hanno più nulla di interrogativo, sono affermazioni, e per quanto tu cerchi di convincerti che no, non è vero, sono soltanto bugie, più sai che quella è la verità. Cruda e amara, fredda. Il tuo Ju Hua, il tuo Crisantemo, il tuo piccolo Kiku, ha mosso guerra contro di te.
Ha cercato di conquistare il piccolo Yong Soo pochi mesi fa, ma tu lo hai strappato via dalle sue mani che già erano convinte di averlo in pugno e lo hai portato in Mancuria insieme a Taiwan, dove pensi sia ora al sicuro. Ma nessun posto è al sicuro dall'avanzata Giapponese, e lo hai testato sulla tua pelle, con tutte le sconfitte della tua armata, che era ancora provata dalle guerre contro gli Europei.

Hai miseramente perso anche quelle.

“Yong Soo... sono certo che Giappone ha qualche motivo per...”
Ricevi una botta negli stinchi non appena pronunci il nome dell'altra nazione asiatica, proprio dal piccolo Corea, che ti guarda con astio. Senti il sangue ferroso in bocca, quella piccola botta è solamente il colpo di grazia dopo le innumerevoli ferite da battaglia, ma sai che in fondo te lo meriti.
“Kiku... Kiku non ci vuole più bene! Ci odia! E tu continui a dire che c'è un motivo, Aniki!”
Taiwan è in un angolo, inginocchiata, piange disperata con le mani nei capelli.
“Io... continuo a credere che Kiku ci voglia ancora bene, aru!”
“E allora perchè! Perchè ha fatto questo alla mia terra, perchè ha fatto questo al mio Aniki!”

Una bomba, esplosa poco lontano, ti fa ricordare che fuori si sta ancora combattendo una guerra.
Una guerra a cui loro non devono assistere.
Ma tu la devi combattere.

“Corea, Taiwan. Voi rimanete qui, ok? Quando riuscirò ad allontanare i giapponesi dalla Mancuria cercherò di mandarvi da Vietnam o da Thailandia, aru...”
“Ma noi non vogliamo andare da Vietnam! Vogliamo rimanere con te, ge-ge!” Esclama in lacrime la piccola Meimei aggrappandosi ai tuoi pantaloni, laceri e sporchi di fango e sangue, tuo e quello dei tuoi nemici.

Sai che se rimani ancora un po' in quella stanza piangerai anche tu.
Ma non devi versare lacrime, non in questo momento in cui devi sembrare forte davanti al tuo popolo, davanti a Kiku.

Vorresti rimanere lì sempre. Eppure sai che il tuo posto non è al sicuro, al caldo, ma al freddo tra la gente, a cercare di salvare il più alto numero di persone innocenti possibili, tra fiamme, macerie e cadaveri.
Non riusciva ancora a concepire perchè il suo fratellino gli avesse dichiarato guerra.

“Prometto che tornerò, aru! Voi dovete solo rimanere al sicuro...”
Le loro piccole braccia ti cingono vita e schiena. Non vogliono che tu te ne vada, che li lasci soli, ma è inevitabile. Dopo avergli donato un amorevole carezza sulle loro teste, scompigliando ad entrambi i capelli sporchi e già spettinati, li spingi dentro e ti chiudi la porta scorrevole alle tue spalle.
Quella carezza per te era un gesto di amore, ma anche di speranza per loro, una promessa che saresti tornato prima possibile, che li avresti rivisti, coccolati ancora, e poi sareste di nuovo andati a giocare per le risaie e i boschi di gelso.
Una promessa che è quasi impossibile mantenere del tutto.



  
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