Sto correndo come una matta in corridoio, imprecando come una turca in tutte le lingue da me conosciute e non, solo ed esclusivamente per colpa di Meg. È così difficile per lei evitare di dimenticare roba in giro? Non può stare un attimino attenta a quello che fa anziché viaggiare con la fantasia in mondi fatati? Ma certo, tanto non è il suo il progetto di biologia dimenticato in chissà quale aula, non è lei che rischia un brutto voto se questo non viene presentato in tempo alla professoressa Schneider alias la brutta zitella inviperita frustrata sessualmente.
Le aule in cui, probabilmente, è stato dimenticato la mia unica ragione di salvezza erano tre: l'aula vicino al bagno, quella vicino gli armadietti e l'ultima dall'altra parte del corridoio; elimino a prescindere le ultime, non ho visto Meg entrare in nessuna delle due. Lancio un'occhiata alla desolazione intorno a me e a passo di carica mi avvicino alla porta in legno della prima aula di biologia, poggio la mano sulla maniglia d'ottone e ignoro bellamente il cartello che recita: "Vietato l'accesso". Insomma, io devo trovare quello stramaledetto progetto, ne va della mia vita, non può un insulso cartoncino dirmi di non entrare, non lo avrei ascoltato.
Spalanco la porta, mettendoci forse un po' troppa enfasi, e la richiudo alle mie spalle. Senza indugiare oltre mi precipito verso il banchetto che solitamente occupo in quell'aula, non mi preoccupo nemmeno di guardarmi intorno per controllare che sono da sola.
«Ehm ehm» tossisce una voce sconosciuta.
Sbarro gli
occhi. Oh mamma, ho interrotto una lezione? Sento le guance andare a
fuoco dall'imbarazzo ma, chissà come, riesco ugualmente a trovare il
coraggio per girare il capo. Rimpiango subito di averlo fatto. Venti
paia di occhi mi fissano con degli sguardi che vanno dal divertito
all'incredulo, con mio sommo dispiacere ne trovo anche alcuni
irritati. Che figura del piffero!
«Ho interrotto qualcosa?»
chiedo imbarazzata posando gli occhi sull'uomo che sta vicino alla
cattedra.
L'uomo ruota gli occhi. «Non hai letto il cartello
sulla porta?»
Annuisco velocemente.
«Se lo avessi fatto realmente ti saresti accorta che ci sono le riprese del film.» mormora sarcastico qualcuno dall'angolo; mi volto a guardarlo e vi trovo un tipo che regge una macchina da presa. Oh oh, è un cameramen quello?
«Hai idea di quanto tempo ci porti via?» tuona un altro uomo accanto a lui. Inarco un sopracciglio. «Senta io devo solo prendere il mio progetto!»
«Non potevi
aspettare la fine delle riprese?» sbotta un altro cameramen. Ma sono
tutti nervosetti?
«La faccia lei una lezione con quella strega!»
tuono incrociando le braccia. «Non le lascerà vita facile se saprà
che il progetto che tanto desiderava è stato perso!»
Tutti i
presenti seguono il battibecco come se stessero guardando una partita
di ping pong, voltano la testa da una parte all'altra della stanza.
«Adesso posso cercare il mio progetto o devo farmi firmare
un'autorizzazione dalla preside?» mormoro cominciando a cercare
dappertutto.
«Lo stai già facendo, ragazzina».
Alzo il viso
verso il cameramen e faccio un sorrisino vittorioso. All'improvviso
una donna sui cinquanta o anche meno di cui non mi sono accorta per
niente, esce dalla penombra in fondo alla stanza; è bionda, tinta
ipotizzo, un paio di jeans sgualciti e un sorriso divertito stampato
in viso. «Lasciatela stare, insomma. Non può prendere un brutto
voto, la resa scolastica è importantissima».
Lancio un'occhiata
eloquente ai cameramen. «È così che si parla!»
«Credo sia
meglio prenderci un attimo di pausa. Rob, Kris potete andare a fumare
se volete».
No, un attimo, Rob? Con lo sguardo passo a rassegna i
volti di tutti i presenti, e quando i miei occhi incontrano i suoi,
così terribilmente dorati, - ma non li aveva azzurri?- una deliziosa
ondata di calore mi investe in pieno. Fortunatamente dura poco, mi
ricordo all'improvviso che mi ha imbrogliato senza farsi troppi
problemi.
«Se
per te va bene, Cath, rimango qui. Forse Kim ha bisogno d'aiuto per
trovare il progetto.» mormora sorridendo in direzione della donna
chiamata Cath che, da parte sua, scrolla le spalle noncurante.
In
poco tempo tutti quanti escono dalla classe fino a svuotarla del
tutto, rimaniamo solo io e Rob e deve esserci anche il mio progetto
da qualche parte.
«Dunque, che tipo di progetto è?» domanda avvicinandosi a me. È evidente, porta le lenti colorate e lo hanno conciato piuttosto male, bianco come un cencio e labbra rosse come il sangue. Per l'amor del cielo, so che deve interpretare un vampiro, ma il suo viso è troppo bello per essere nascosto da chili di stucco, ed i suoi occhi poi troppo stupendi per essere soffocanti da quelle lenti!
«Biologia» taglio corto cominciando a rovistare nell'armadietto in fondo all'aula. Anche lui viene ad aiutarmi, benché del suo aiuto posso benissimo farne a meno.
«Kim, riguardo a prima..»
«Non importa. Non ti conosco, non devi darmi spiegazioni».
Fa un piccolo sorriso. «Sei arrabbiata.» affermò. Beh, caro il mio attoruncolo, sono stata appena imbrogliata, ho perso il mio progetto, la professoressa minaccia di mettermi un brutto voto... posso permettermi di essere un pochino arrabbiata, o no?
«Tutt'altro. Non m'importa niente di quello che hai detto».
Lo sento biascicare qualcosa che però non afferro, dopodiché cala un silenzio pesante tra noi che viene rotto soltanto dal mio urletto di gioia non appena mi rendo conto che stringo tra le mani quei dannati fogli. Richiudo l'anta dell'armadietto con uno scatto e, altezzosa, mi avvio verso l'uscita senza neanche salutarlo.
«Mai visto un bonsai così acido e asociale.» mormora sarcastico Rob ritornando a sedersi sulla sedia che ha occupato prima della mia interruzione.
Ho la vaga impressione che lo abbia detto con l'intento di farsi sentire. Mi volto nuovamente e lo fulmino. «Forse non ho sentito bene. Hai appena chiamato me bonsai?»
Rob mi
guarda con aria angelica. «Mmmh» mugula «i bonsai sono delle
piante ergo le piante non provano sentimenti ergo tu sei un bonsai
che non prova sentimenti. Ragionamento piuttosto logico».
«Io
non sono un bonsai, sottospecie mal riuscita di Golia!» sputo piena
di rabbia.
Inarca un sopracciglio castano. «Golia?» ripete senza capire.
«Si. Mai sentito parlare di Davide e Golia?»
«Ah» esala con aria divertita. «Io sono Golia... tu quindi saresti Davide?»
«Non sono Davide» mormoro acida stritolando i fogli.
Ridacchia divertito. «Hai ragione. Davide era molto più alto».
«Vuoi morire seduta stante?» lo minaccio guardandolo truce. Fa delle pessime battutine, idiote come lui.
«Non ne avresti il coraggio».
Se c'è una cosa che nessuno deve mai permettersi di fare, è senza dubbio sminuire le mie capacità. Io e il coraggio andiamo a braccetto. «Vuoi sfidarmi?»
Si alza rapidamente avvicinandosi poi a me, fa un sorrisino obliquo e i suoi occhi sembrano perforarmi. «Sono qui. Uccidimi».
Lo spintono lievemente ma lui non si muove di una virgola.
«È tutto?» mormora ridendo.
«Smettila!» tuono «se ti picchio mi arresteranno. Sai, non ho più quindici anni, non posso sperare che il giudice mi dichiari incapace di agire».
«Un bonsai
renderebbe una cella più vivibile» ride dondolandosi avanti e
indietro sui talloni.
Senza preavviso gli colpisco la spalla con
il pugno, probabilmente gli faccio anche parecchio male visto la
smorfia di dolore che cerca di trattenere. Con un breve risolino lo
lascio lì al centro della stanza e vado via.
Quando finalmente la
campanella si decide a suonare sospiro sollevata. Infilo con poca
delicatezza tutte le mie cose dentro lo zaino, compreso il
dannatissimo progetto che, fortunatamente, è piaciuto alla
professoressa, e mi avvio verso l'uscita dell'aula. Meg mi si
affianca poco dopo.
«Quindi mi perdoni?» mormora facendo gli
occhi dolci. Decido di farla bollire nel suo brodo ancora per qualche
minuto.
«Devo pensarci» mormoro
svoltando l'angolo, diretta verso gli armadietti in fondo al
corridoio.
«Sei cinica! Ti diverti a vedermi soffrire!»
piagnucola.
Le lancio un'occhiata. «Ovvio. Non vedi come mi sto divertendo?»
«Ti odio!» biascica incrociando le braccia.
«I complimenti fanno sempre piacere» borbotto. Arrivate in prossimità degli armadietti mi guardo attorno confusa: una grossa marmaglia di persone in assoluto silenzio di stringe in cerchio intorno a qualcosa. Aiutata da Meg, mi faccio spazio tra la folla e, dopo parecchia fatica, riesco a capire perchè sono tutti qui riuniti.
Davvero, ne ho abbastanza di questa situazione!
Non basta avere una troupe di attori con registi a seguito che gironzolano per la scuola, non contenti devono perfino girare le scene in pieno corridoio disturbando chiunque?! Sbuffo e poggio le mani sui fianchi impaziente; devo necessariamente posare i libri dentro l'armadietto per prendere quelli delle lezioni successive, ma se non si spicciano arriverò in ritardo.
Sinceramente non capisco quello che stanno girando, sembra una chiacchierata vicino ad un armadietto ma, se stata così semplice, i registi non insisterebbero tanto nel ripetere la scena all'infinito. Fortunatamente, dopo qualche minuto, la signora bionda di poco prima - forse la regista - annuncia una breve pausa.
«Voglio un autografo!» urla con occhi vispi Meg, facendomi sobbalzare. Arriccio le labbra. «Ma se non sai nemmeno chi sono!» obietto.
«Diventeranno famosi» dichiara sicura. Mi afferra il braccio e mi trascina vicino agli armadietti, dove i due attori stanno chiacchierando un po' a disagio.
«Fai quello che vuoi ma
lascia fuori me dai tuoi piani!» sbotto irritata svincolandomi dalla
sua presa. Mi diriggo verso il mio armadietto, terza fila a destra, a
passo di marcia, ma comincio a sbuffare pesantemente non appena mi
rendo conto della persona che vi è comodamente appoggiato.
Mi
piazzo davanti a lui con aria seccata, Meg - accanto a me - è
entrata in iperventilazione. Robert stacca gli occhi dalla collega e
li posa su di me, subito un lieve sorrisino s'impadronisce delle sue
labbra.
«Togliti dal mio armadietto» gli ordino con tono fermo.
Ammicca con lo sguardo. «Ehi, bonsai! Mi devi ancora un pugno, ricordi?»
Meg non respira quasi più, le do una gomitata alle costole nel tentativo di risvegliarla ma, contro ogni previsione, non sente nemmeno dolore. L'ho persa per sempre, forse.
«Se non ti togli ne avrai presto un secondo» tuona.
Robert non si scompone più di tanto, al contrario sembra vagamente divertito dalla situazione. «Hai finito le lezioni?»
«Non t'importa» sibilo lanciando occhiatine nervose alla folla che si è avvicinata nel frattempo; inoltre, ciliegina sulla torta, la sua collega ha cominciato a ridere di gusto, mi sento leggermente presa per i fondelli.
«Le lezioni sono terminate?» chiede Robert rivolto verso Meg; lei sbarra gli occhi e comincia a torturarsi i capelli perfettamente lisci.
«Beh, n-no ancora no» farfuglia ancora in stato di trance. Le do un'altra gomitata, questa volta mettendoci più forza, il suo lamento dolorante è musica per le mie orecchie: non deve familiarizzare con il nemico! Con una spinta lo faccio scivolare di lato e apro l'anta grigia dell'armadietto in ferro, frugo all'interno dello zaino e poso alcuni libri che non mi servono più, almeno per oggi.
«Quando hai una pausa perchè non ci vediamo al banco?» sussurra lui sorridente.
Lo fisso gelida. «Non ci penso nemmeno!»
«Seriamente, devo spiegarti..»
Non gli do
il tempo di terminare la frase. «Senti Pattinson, hai voluto
prendere in giro la nanetta e ti sei divertito ma, adesso, fine dei
giochi, sei stato sgamato. Non c'è nulla da spiegare e non ho
nemmeno voglia di sentirle questa spiegazioni. Perciò, mio caro
Golia, io vado a lezione».
Con un colpo secco chiudo
l'armadietto, afferro prepotentemente Megan e ci volatilizziamo tra
la folla.