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Autore: Happy_Pumpkin    23/02/2010    8 recensioni
“Perché non l'hai fatto?” domandò Naruto.
“Era una cosa stupida.” ammise, irrigidendosi.
Poi, lo vide sorridere e replicare:
“Io sono specializzato nel fare cose stupide, ricordi?”

[SasuNaru, a sfondo sportivo]
Genere: Sportivo, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II
Leaves



La sera della vittoria, l'intera squadra aveva organizzato una cena al ristorante di Jiraiya, il cui proprietario diversi mesi fa aveva cessato l'attività sulla spiaggia in modo da trasferirla verso il centro. Per via dell'occasione speciale, il locale era stato chiuso  così da ospitare comodamente non solo i giocatori ma anche i loro amici e sostenitori. Tsunade, assieme a Sakura e Ino, era arrivata con un certo anticipo per aiutare Jiraiya a preparare le portate. Aveva tra le braccia buste contenenti pregiata carne di Kobe, riso e verdure, mentre sia Ino che Sakura si erano occupate di trasportare saké e bevande analcoliche.
Fu divertente stare tutti insieme nella cucina attrezzata ma senza troppe pretese, con un grembiule in vita, un mestolo in mano e la pentola sul fuoco.
L'estate scorsa Jiraiya aveva il bar sulla spiaggia ma, trasferendosi, aveva rivoluzionato radicalmente il luogo: era passato infatti a gestire un ristorante di ramen, pur conservando un angolino più informale, dedicato alle chiacchierate con gli amici. Era sempre stato un tipo espansivo, pronto ad offrire un sorriso allegro a chiunque fosse particolarmente giù di morale.
A volte, quando Tsunade entrava e aggiornava il proprietario sulle ultime novità, credeva di avvertire ancora l'odore del mare che impregnava le sedie in vimini presso l'ingresso. Si immaginava le impronte di piedi, spuntate sul pavimento non troppo lucido per colpa di un incauto Choji che poco si preoccupava di asciugarsi nel momento in cui bisognava mangiare.
Eppure, tutto era destinato a svanire. Si sentiva solo il profumo del ramen, della salsa di soia sul bancone e il piccante del wasabi. Non c'era più niente di quell'estate.
Affettando in strisce sottili la carne, si rimproverò per quella nostalgia che avvertiva. Davvero stupido pensarci dopo una vittoria simile.
Quando vide che Jiraiya, chiacchierando del più e del meno, anziché controllare l'olio spiluccava beatamente da una ciotola, lo colpì con l'ampio mestolo in legno:
“Giù quelle zampacce!”
Jiraiya ritrasse la mano, scrollandola: “Ahi! Tsunade sei una donna molesta! Che differenza vuoi che faccia, un pezzo in più o uno in meno.” sbuffò.
“E tu sei un uomo insopportabile. Ora cerca di fare qualcosa, altrimenti ti caccio dalle cucine.”
Assottigliò gli occhi e aggrottò le labbra rosse in una smorfia, puntando vagamente minacciosa il mestolo in avanti.
“Va bene, va ben...” ma non finì di parlare che Sakura, finendo di impanare le verdure per il tenpura, esclamò precipitandosi verso i fornelli.
“L'olio! Sta bruciando!”
Tsunade e Jiraiya accorsero a loro volta, lasciando perdere ciotole e liti imminenti.
Ma ormai era troppo tardi: l'olio scurito sembrava contemplarli tristemente dal wok.
“Oh, cavoli.” borbottò Jiraiya.
Rimasero a fissare diversi secondi la larga padella, finché Sakura trattenne malamente una risata, gonfiando le guance, e poi non resistendo scoppiò a ridere senza un motivo preciso. Forse a causa delle buffe facce perplesse di Jiraiya e Tsunade, forse per l'atmosfera allegra che si respirava.
Ad ogni buon conto, alla fine risero anche loro. Quando Ino entrò, rimase spiazzata a guardare i tre ridere, con l'odore di olio bruciato che aleggiava nelle cucine e un mestolo caduto a terra.

Sasuke aveva bussato alla porta dell'appartamento di Naruto. Non si aspettava certo che gli venisse ad aprire nel giro di un nanosecondo con un sorriso smagliante, il vestito perfettamente a posto e i capelli ordinati. No, non era mai stato un illuso in fin dei conti. Ma nemmeno avrebbe creduto di dover sentire il rumore di oggetti che cadevano, un imprecare malamente soffocato e qualcosa di vicino a una mandria di bufali che si avvicinava alla porta.
Dopodiché, sorprendentemente, Naruto gli venne ad aprire in canotta, pantaloncini, in testa il fido cappellino a forma di animale non meglio identificato e una mano appoggiata sul gomito.
“Sono inciampato.” si giustificò, prima che Sasuke potesse anticiparlo.
Questi fece una smorfia divertita poi notò: “E già che inciampavi hai pensato bene di trascinare con te anche gli scatoloni accumulati da mesi, vero?”
Era una stanza piccola, quindi Naruto poteva dirsi fortunato a non avere un compagno con cui condividere la  camera del collegio. Probabilmente, disordinato com'era, avrebbe rischiato di venire assassinato di notte.
“Ne ho messi a posto un bel po' da quando sono arrivato.”
D'estate. Ora siamo in primavera. A quest'ora avresti dovuto finire da un bel pezzo.” notò con un velo di amichevole acidità.
Naruto sbottò: “Senti, sei venuto fin qui per darmi un passaggio o per farmi la predica?”
“Per ricordarti che, almeno stasera, devi essere puntuale, razza di stupido. Anche se non nego che esercitare una certa pressione psicologica su di te dia le sue soddisfazioni.”
“Certo, come no – borbottò, scostandosi poi dalla porta – entra un secondo, mi cambio e sono pronto.”
Senza aspettare una risposta, si allontanò raccattando malamente gli oggetti caduti per buttarli alla rinfusa in uno degli scatoloni. Fece una corsa e andò in camera, cercando contemporaneamente di togliersi la canotta.
Sasuke sorrise. Nonostante si sentisse un po' a disagio, si sedette sulla sedia della piccola sala. Lì osservò il cucinino affollato di pentole che ancora odoravano di ramen, il videoregistratore d'antiquariato con accanto svariate partite di pallavolo registrate, i libri di scuola accatastati in un angolo. Ogni singolo centimetro di disordine appartenente a quel luogo, in qualche modo rispecchiava l'animo allegro, entusiasta e pieno di vita di Naruto.
Poi, se lo vide arrivare con una maglia nera che faticava a passare per la testa e un paio di jeans dal fondo un po' sdrucito.
“Se quel testone enorme ti cresce ancora, dovrai cercare di prendere seri provvedimenti.” ironizzò Sasuke, alzandosi in piedi.
“Non ho il testone – protestò, riuscendo finalmente a sistemarsi il vestito – sono le maglie ad essere piccole.”
“Certo.” annuì, falsamente convinto.
Allora, il compagno di squadra lo spintonò, per poi trattenere una risata.
Insieme uscirono di casa, dopo che Naruto si era ricordato all'ultimo di portare delle bevande analcoliche, nella sacrosanta convinzione che quei bevitori incalliti di Jiraiya e Tsunade si fossero dimenticati di avere dei minorenni a tavola.
Ovviamente, Sasuke non aveva una fiammante macchina sportiva ad attenderlo sotto casa. Bensì, era lui, in compagnia di Naruto, a dover aspettare alla fermata che un fantastico bus li conducesse fino in centro.
D'altronde, a entrambi andava bene così: Naruto era perennemente in ritardo agli appuntamenti; Sasuke arrivava anche troppo in anticipo. Con quel compromesso, riuscivano ad equilibrarsi splendidamente. A lungo andare, fare il viaggio insieme era diventata un'abitudine irrinunciabile: l'eventuale mancanza del compagno di viaggio, avrebbe colmato entrambi di un senso di vuoto e forse anche di una solitudine più celata.
Sul bus fu Naruto, come sempre, a parlare del più e del meno. Sasuke ascoltava, fingendo di essere seccato, anche se in realtà in un modo o nell'altro l'amico riusciva sempre a trascinarlo in un dialogo spontaneo, per merito – o per colpa, a seconda dei punti di vista – della sua maniera entusiasta di vedere le cose.
Quella sera in particolare si ritrovarono a conversare sulla finale, sul buffo approccio di Kiba con le ragazze quando usciva ancora sudato dagli spogliatoi, persino su come riuscisse Shikamaru, anche il giorno di un match, a farsi il riposino dopo pranzo.
Improvvisamente, guardando fuori dal finestrino, Naruto domandò: “Chissà in che condizioni sarà il nostro campo di pallavolo sulla spiaggia. Ieri non sono andato a controllarlo; dovremo farci una bella partita uno di questi giorni.”
“Starà bene. Il tempo è sempre stato clemente.” lo rassicurò Sasuke, con fare piuttosto impersonale.
“Già – confermò Naruto, non troppo convinto – è che, sai, lì abbiamo iniziato a fare amicizia, a stringere con gli altri della squadra. Quanta gente si è riunita con noi d'estate, quante partite, scherzi, bagni... se cadesse tutto a pezzi, credo che qualcosa andrebbe perso per sempre.”
“Sono solo assi di legno e reti.” fece presente, fissandolo.
Naruto continuò a guardare fuori. Contemplò il paesaggio primaverile che scivolava accanto a loro, veloce e inesorabile.
“Il prossimo anno sarà l'ultimo che passeremo insieme. Finito quello, la nostra squadra non esisterà più. Almeno, non come noi la conosciamo.”
Il ragazzo dai capelli scuri scrutò a lungo l'amico. Gli sembrò di non riconoscere più il volto solare di sempre, che pareva invece aver lasciato il posto a una sorta di inusuale espressione malinconica. Naruto cercò di far finta di niente; per difendersi come poteva dall'occhiata indagatrice di Sasuke, continuò a fingersi interessato nei confronti del panorama cittadino. Anche se, con gli occhi umidi, le luci della città diventavano nient'altro che una massa di confusi puntini luminosi.
All'improvviso, il compagno incrociò le braccia e propose, ostentando una certa indifferenza:
“Facciamo così: in qualsiasi momento, in qualsiasi giorno, se il nostro campo rischierà di cancellarsi io andrò sulla spiaggia per evitare che succeda.”
Naruto ascoltò la promessa, sinceramente stupito, e inaspettatamente sorrise. Sapeva che la parola di Sasuke valeva come oro.
A quel punto si portò tronfiamente il pollice al petto e dichiarò:
“Mi impegno anch'io a farlo e... – poi, quando l'autobus si arrestò alla loro fermata, propose – se proprio non possiamo tornare indietro, cerchiamo allora di rendere ogni giorno il massimo.”
In fondo, per una volta aveva ragione. Non sarebbe stato facile, ma tanto valeva provare a cogliere tutto quello che una singola giornata era in grado di offrire.
Durante il breve tragitto che li separava dal ristorante, entrambi i ragazzi notarono che aveva cominciato ad alzarsi il vento. Trasportava l'odore del mare e, chissà, forse nascosto tra le folate vi era persino qualche granello di sabbia rubato alla spiaggia.
Nonostante il locale fosse luminoso, un cartello indicava a chiare lettere che, per quella sera, era chiuso al pubblico. Qualche avventore curioso di tanto in tanto sbirciava oltre le vetrate opache, nel tentativo di scorgere il motivo di quell'aria di festa che aleggiava nel quartiere.
Quando Sasuke e Naruto entrarono, gli altri invitati li accolsero con sorrisi, chiacchiere e amichevoli pacche sulle spalle. Pareva quasi che quel piccolo angolo di mondo fosse diventato in una notte la casa di tutti, un centro caldo verso il quale dirigersi. I tavoli centrali erano stati disposti in maniera tale da formare una lunga fila, dove non mancavano i fornelletti per scaldare la carne e i taglieri su cui posare i grandi piatti colmi di portate.
Naruto si passò una mano tra i capelli arruffati dal vento e mostrò orgoglioso il sacchetto contenente le bevande analcoliche, quasi avesse compiuto un'impresa epocale.
Tsunade aveva sbuffato, sbirciando sospettosa tra le buste, e poi ribatté indignata:
“Cosa ti suggeriva quel cervellino vuoto, Naruto? Era ovvio che avrei pensato anche a voi!”
Dicendo questo scoppiò improvvisamente a ridere e sfregò con un pugno la testa di Naruto, il quale si ritrovò avvinghiato nella morsa della donna. Nonostante i vani tentativi di divincolarsi, alla fin fine le sue poco convincenti proteste vennero rese totalmente irrisorie dai propri palesi sorrisi.
Sakura osservò divertita la scena, dopo aver aiutato Ino a disporre le ultime cose sulla tavolata. Le piaceva trovarsi in quell'atmosfera così allegra e spensierata: tutti, in fondo, dopo tanta tensione avevano bisogno di ritrovarsi insieme e dimenticare, per una sera, i problemi, l'ansia della finale e la consapevolezza che rimaneva solo più un anno da giocare per molti dei compagni.
Era contenta che fosse arrivato Naruto tra loro. Sebbene all'inizio non fosse stato facile per nessuno adattarsi ad un nuovo componente, nel corso dei mesi la squadra era riuscita non solo a ingranare le marce giuste ma anche a migliorarsi.
Lo stesso Sasuke, come notò quella sera, aveva fatto notevoli progressi. Non tanto in ambito tecnico, essendo già di per sé veramente capace, quanto nella sfera sociale: egli era riuscito, seppur nel suo modo un po' scostante, ad entrare maggiormente in contatto con le persone che gli erano vicine.
Era difficile, a quel punto, capire quanto potesse aver influito la presenza di Naruto, ma Sakura era intimamente convinta che quel ragazzo avesse la straordinaria capacità di renderli tutti più uniti.
La cena, infine, si svolse nel migliore dei modi: le chiacchiere arrivarono a sovrastare in fretta i fischi del vento che, soffiando, faceva tintinnare le campanelle appese all'entrata del ristorante.
Tsunade e Jiraiya erano particolarmente briosi; la prima, in particolar modo, si dilettò a raccontare retroscena esilaranti sulla sua carriera da studentessa che frequentava squadra femminile di pallavolo. Le ripicche, gli sbagli, le competizioni... tanti elementi che nello sport erano sempre esistiti. A distanza di tempo, ripensarci non lasciava mai troppa amarezza, forse perché mitigata dalla nostalgia.
Quando la conversazione iniziò a smorzarsi, Naruto si alzò in piedi e sollevò un bicchiere di aranciata. Dopo essersi schiarito la gola con un colpo di tosse, annunciò:
“Non so voi, ma io farei un brindisi a Neji.”
Tutti si zittirono. Neji socchiuse appena gli occhi e gli altri accennarono ad un sorriso che non mancava di un certo rimpianto. Lo schiacciatore proseguì, tirando un bel sospiro:
“Perché è il nostro fidato capitano, preciso, pignolo, osservatore, freddo, sprezzante, un po' troppo forse – alcuni risero per la leggera battuta – ma soprattutto capace e determinato. Grazie a lui, siamo arrivati tanto avanti. Sappi sempre che, anche se la finale sarà l'ultima partita che giocherai con questa squadra, anche se non mi sopporti perché sono troppo casinista... non ti libererai tanto facilmente di noi.”
Gli altri annuirono, alzando i propri bicchieri.
“Al capitano!” esclamarono in coro.
Un tintinnio di tanti vetri.
Neji non disse nulla. Si limitò a bere, dopo aver scosso appena la testa, per poi guardare il suo bicchiere vuoto. Fu difficile evitare di pensare al fatto che, il prossimo anno, probabilmente anche lui si sarebbe sentito vuoto, esattamente come quel bicchiere.
Certo, nulla gli avrebbe impedito di riempirlo nuovamente, ma sapeva che non avrebbe più bevuto lo stesso succo d'arancia.
Shikamaru appoggiò una guancia sulla mano. Una volta che Neji si fosse diplomato, sarebbe toccato a lui prendere il posto di capitano. Gli sarebbe piaciuto se lo Hyuuga fosse rimasto: egoisticamente, perché non aveva alcuna intenzione di sobbarcarsi una simile responsabilità; intimamente, perché per quanto fossero entrambi piuttosto misantropi riconosceva il valore e l'importanza di averlo accanto, non solo come compagno di squadra ma anche come amico.

Nonostante iniziasse a farsi tardi, il gruppetto rimase ancora a parlare nel ristorante, mentre i tavoli erano ormai svuotati del cibo. Nessuno voleva realmente tornare a casa e spegnere la magia di quella notte.
Sasuke si stirò la schiena e senza dire una parola si alzò a prendere una boccata d'aria. Quando lo vide alzarsi, Naruto lo seguì allegro, tamburellando le mani sulla pancia per protestare, neanche tanto convinto, di aver mangiato troppo e rischiare un'indigestione.
Sulla porta, il compagno di squadra notò: “Senti, se sei in procinto di vomitare non è per forza detto che tu debba seguirmi.”
Offeso, l'amico replicò: “Seguirti? Ci siamo alzati nello stesso momento. Se preferisci resta dentro e aspetta che io rientri.”
“Perché dovrei aspettare io?” ribatté.
Naruto alzò le spalle, spalancando le braccia: “Non so, sei tu quello complessato qui.”
A quel punto, Sasuke si limitò a sospirare, faticando a trattenere un sorriso, per poi dire: “Lasciamo perdere. Discutere con te è inutile quanto parlare con una parete.”
Il compagno di squadra ridacchiò, non certo per il sarcastico complimento ricevuto, bensì per la soddisfazione di aver fatto cedere l'inossidabile Sasuke per esasperazione. Effettivamente, riusciva ad esasperarlo molto bene, traguardo non trascurabile visto di chi si stava parlando.
All'aria aperta, notarono entrambi che stava iniziando a cadere qualche goccia d'acqua: era una pioggerellina sottile e irritante, visto che andava un po' in tutte le direzioni a causa del vento.
Naruto assottigliò gli occhi, infastidito dalle numerose goccioline, mentre Sasuke si limitò a mettere le mani in tasca e sedersi su uno dei due bassi scalini che conducevano all'entrata.
Poco dopo l'amico lo imitò, protestando inutilmente contro le penose condizioni atmosferiche.
“Domani dovremmo andare tutti insieme ad allenarci sulla spiaggia.” disse improvvisamente, incrociando le braccia dietro la testa.
“Certo, con la sabbia umida di pioggia sarà sicuramente fattibile.” ironizzò Sasuke, non trattenendo però un sorriso.
“Infatti, sarebbe più difficile. Niente di meglio per prepararsi alla finale.” asserì convinto, ignorando la provocazione.
Dopo aver guardato un attimo il vicino di scalino, Sasuke convenne: “Forse hai ragione.”
Sorpreso, Naruto osservò, lanciando un'occhiata al cielo: “Incredibile, tu che mi dai ragione! Magari è per questo che il tempo fa così schifo.”
Rise e Sasuke gli dette una leggera spinta sulla spalla, sbottando:
“Piantala di dire e fare cose da stupido.”
Lentamente, Naruto smise di ridere. Inspirò l'aria umida, odorosa di pioggia, e si alzò in piedi, calciando distrattamente un sassolino del marciapiede malamente assestato. Si voltò verso Sasuke, domandandogli:
“Mi trovi proprio così stupido?”
La serietà improvvisa di quella domanda, lasciò il giovane Uchiha piuttosto basito; quella volta, faticò a non darlo a vedere. Di primo acchito, avrebbe voluto negare tutto. Negare tutto e dirgli che non solo non lo considerava stupido ma... ma cosa, esattamente?
Un amico? E poi? Sentiva che forse Naruto era qualcosa di diverso: un fratello, una parte fondamentale della sua vita che, nel giro di quei mesi, era inevitabilmente migliorata. Era non solo un compagno di squadra, forse addirittura il supporto di cui aveva bisogno perché, ogni volta che entravano in campo, sapeva di voltarsi e trovarlo accanto.
L'idea di rivestirlo apertamente di tanta importanza, però, allo stesso tempo lo faceva sentire vulnerabile. Mettere a tacere l'orgoglio, anche e soprattutto se si trattava di Naruto, diventava davvero difficile.
“Non serve che tu faccia la vittima.” si limitò a dirgli. Tutto lì. Una risposta davvero patetica e codarda, la sua.
“Grazie tante, eh.” sbottò Naruto.
Sembrava offeso, più che deluso. Troppe volte Sasuke dimenticava che il ragazzo era orgoglioso almeno quanto lui.
Quando lo vide andarsene a passo di carica e fare per aprire la porta, senza rifletterci due volte si alzò in piedi di scatto e lo afferrò per la maglia, fermandolo.
“Aspetta.” disse secco.
L'amico si voltò eppure, nonostante tutto, Sasuke ancora lo tenne stretto per la manica, senza mostrare la minima intenzione di lasciarlo.
Fu allora che si guardarono negli occhi, anche se le sferzate della pioggia si erano fatte più intense e il vento, subdolo, soffiava forte, scompigliando i capelli di entrambi i ragazzi.
Sarebbe stato facile muovere un passo avanti e andare più vicino. Naruto era lì, davanti a lui: lo fissava, privo di aspettativa ma comunque in attesa di un gesto da parte sua.
Se fosse stato più folle e meno attaccato alle convenzioni, Sasuke probabilmente lo avrebbe persino abbracciato. Quella, era una necessità che non sapeva davvero spiegarsi. Gli piaceva limitarsi a pensare di non essere mai stato particolarmente abituato a dei gesti d'affetto, sebbene dentro di sé sentisse che quella era solo una piccola verità, parte di una realtà ben più grande.
Non si dette ascolto: si limitò, infatti, ad appoggiare una mano sul suo collo. Lo sfiorò con le dita che rimasero lì, a contatto con la pelle umida di pioggia, e vi indugiarono per dei secondi interi.
Naruto trattenne il fiato però non fece nulla. Non voleva rovinare tutto con un suo gesto impulsivo. Nel momento in cui Sasuke abbassò appena gli occhi, perdendo per un istante il magnetismo che aveva reciprocamente attratto gli sguardi di entrambi, Naruto comprese che forse stava sbagliando.
Allora fece per sfiorarlo. Ma appena si mosse Sasuke, come se fosse stato folgorato, ritrasse il braccio di scatto e affondò la mano in una tasca dei pantaloni.
“Torno a casa ora – disse in un sussurro – ci vediamo domani.”
Gli voltò la schiena, allontanandosi a passo rapido.
Ammutolito, Naruto non trovò le parole per replicare e costringere l'amico a restare. Rimase immobile a guardarlo andarsene; comprese che qualsiasi tentativo di fermarlo avrebbe solo peggiorato le cose. Allora, si sentì come su una lastra di ghiaccio: un solo passo lo avrebbe fatto cadere in acqua. E lì non ci sarebbe stato alcun Sasuke ad attenderlo.
Sakura aprì la porta d'ingresso, con in mano due tazze di tè caldo. Fece appena in tempo a scorgere la figura di Sasuke che domandò, preoccupata:
“Dove sta andando?”
Naruto si lasciò cadere sul gradino: “A... casa.”
La ragazza gli si sedette accanto, porgendogli una tazza: “Avevo pensato di bere romanticamente qualcosa assieme a Sasuke, ma a quanto pare sono costretta a restare con te.”
Assunse un tono serio, quando lo disse, ma sorrise nel tenere stretta tra le dita la tazza bollente.
Naruto la prese e gonfiò le guance, borbottando qualcosa di indefinito in protesta, per poi soffiare un po' sulla bevanda calda. Sakura gli dette un pugno sulla spalla:
“Stavo scherzando, razza di scemo! Io ho già bevuto. Avevo pensato a voi due che volevate fare gli uomini duri, fuori, nel mezzo di una tempesta.”
Anche il ragazzo sorrise, replicando: “Nah, l'avevo capito benissimo. Volevo solo stare al gioco.”
Rimasero fianco a fianco per diversi minuti a guardare la strada cittadina, percorsa ormai solo da più poche macchine. Anche se Naruto continuò a sorseggiare il tè, Sakura non lo fece, rimanendo immobile con la tazza ancora calda in mano. Entrambi, però, dentro di loro speravano di veder Sasuke tornare e ammettere, per una volta, che effettivamente faceva troppo freddo per camminare da solo.

*

In quel momento, in realtà Sasuke Uchiha era su un bus, diretto a casa. Seduto su uno dei posti in plastica, teneva una testa appoggiata sulla mano, evitando accuratamente di pensare a qualcosa.
A metà del tragitto, si rese conto che la tempesta stava peggiorando: le folate di vento piegavano gli alberi del viale e i fogli di giornali buttati in giornata volteggiavano irrequieti, illuminati dai lampioni. Si morse un labbro, dopo aver contemplato distrattamente le gocce d'acqua che scivolavano rapide sul finestrino.
Istintivamente si alzò in piedi e prenotò la fermata successiva. Fortunatamente, il suo senso dell'orientamento e la conoscenza della città gli permisero di imboccare la strada più vicina alla spiaggia. Non distava granché dal punto in cui era, anche se percorrere il tragitto di corsa e sotto la pioggia, per giunta di notte, gli avrebbe creato non pochi problemi.
Nonostante tutto, si riparò con un avambraccio e continuò a correre.
A dire il vero, non seppe esattamente perché lo stesse facendo. Metro dopo metro, capì solo che in qualche modo si sentiva meglio: fu come se ogni senso di colpa, ogni paura provata, gli scivolasse via. Si stava svuotando, alla stregua del bicchiere d'aranciata bevuto in compagnia.
Eppure, parallelamente si ritenne anche codardo. Non voleva fuggire davanti ai problemi, né evitarli. Ma quella sera aveva realizzato di essere meno forte e molto più scoperto di quanto non avesse creduto.
Quando raggiunse il lungomare, credette di volersi assicurare che la rete e il chiosco costruito stessero bene semplicemente per onorare la promessa fatta a Naruto. Ma nel momento in cui li avvistò in lontananza e il suo cuore perse un colpo, comprese che lo faceva perché teneva a quel luogo: i suoi ricordi migliori erano racchiusi lì. Costruendo in compagnia la rete, i pali, assemblando con chiodi e martello le assi per il chiosco, giocando a pallavolo sulla sabbia aveva imparato a conoscere e apprezzare Naruto sotto ogni aspetto, anche quelli più improbabili.
Non voleva che tutto questo venisse cancellato.
Aumentò la velocità, nonostante il fiatone.
E poi, lo vide: la rete era caduta a terra, sepolta in parte dalla sabbia carica d'acqua, mentre i paletti erano stati portati lontano dal vento.  Però il chiosco, dove si radunavano tanti ragazzi d'estate, nella sua bruttezza e fragilità era ancora in piedi. Un po' storto forse, ma reggeva alle folate.
Sarebbe bastato cercare qualche sostegno e sicuramente avrebbe potuto resistere l'intera notte, fino a che l'indomani seguente non l'avessero aggiustato tutti insieme. A quel punto non rimaneva che attraversare la strada, percorrere quei pochi metri nella sabbia e sfruttare i pali per appoggiarli al chiosco.
Un'ultima corsa per mantenere la sua promessa.
Ma una volta raggiunto il marciapiede dalla parte opposta, Sasuke non riuscì più a ricordare la catena di eventi successivi: sentì solo lo stridere delle gomme che perdevano attrito sulla strada bagnata. Si voltò appena, dandosi dello stupido perché le sue gambe non volevano saperne di muoversi. Eppure, con quelle gambe aveva corso tanto; a ben pensarci, era una vita intera che correva.
Non seppe nulla, alla fine. Non avvertì il dolore quando venne investito, così come non avvertì lo sbalzo che lo aveva scaraventato via. In un ultimo attimo di lucidità, pensò che sarebbe stato bello venire trasportato nel vento, alla stregua di una foglia. Purtroppo, però, lui era soltanto un essere umano: non abbastanza leggero per volare, non troppo robusto per resistere al dolore.




Sproloqui di una zucca

Incredibile, riesco ad aggiornare a tempi di lumaca anche quando ho già tutto pronto ò.ò
Evidentemente devo essere un caso clinico!
In ogni caso, finalmente ho avuto un po' di tempo solo per me così da postare e ricontrollare il capitolo che, come sempre, spero sia di vostro gradimento.
Nel complesso ho voluto dar vita a una storia piuttosto lineare, semplice come trama. Un omaggio sincero ai classici manga e anime sportivi, con qualche cliché del genere che però ho voluto personalizzare così da non scadere - per quanto possibile - nel banale.
Ah, è la seconda volta che faccio investire Sasuke: la prima fu tempo addietro, per colpa di un calesse LOL


_Sumiko_: Pardon, non preoccuparti, la colpa è mia che ho frammentato la narrazione temporale dando le cose erroneamente per scontate XD Grazie mille dei complimenti, specie per quanto riguarda lo stile dato che, come ovvio, ci tengo particolarmente ** Povero Naruto fanatico, in fin dei conti era innocente; un po' rompiballe forse, ma innocente XD  Ti ringrazio del tuo commento, sperando di ritrovarti anche alla prossima *O*

ryanforever: Innanzi tutto, ti ringrazio per i complimenti; in secondo luogo, sono felice di aver trovato un'amante della pallavolo. Giocare alle superiori è stato in qualche modo incisivo e me l'ha fatta adorare, sebbene come te abbia dovuto abbandonarla e me ne rammarichi davvero tanto. Vorrei proprio riuscire a trasmettere, tra le righe, l'amore che provo per questo sport. Spero di non deluderti coi capitoli futuri! Alla prossima **

meg89: Ah, il caro vecchio angst! Sì, in effetti sono stata un po' crudele, specialmente con Sasuke, per quanto io non lo detesti, anzi. Bene, spero allora, hu chan, che la scoperta dell'universo sportivo pallavolesco (?!) sia piacevole e sono lusingata di contribuire in qualche modo. Sob, purtroppo niente Shino ç___ç Se mai volessi scrivere una fiction con Mr. Aburame dedito alla pallavolo io sarei la prima a leggere! So anche che tu non nutri un grandissimo interesse nei confronti delle SasuNaru, almeno, non al livello di altri pairings da te prediletti, dunque sono contenta di vederti leggere questa storia ** Grazie per i complimenti sullo stile e sull'IC: credimi, ne gioisco eccome *O*
Un bacione enorme, mia hu chan adorata! HugHugHug

Kagchan: Non è vero che non la meriti, e poi l'ho fatta davvero d'istinto. Homework kills: sante parole! Spettacoloso, anche tu un'amante-giocatrice di pallavolo! E' bello sapere di far rivivere ricordi così belli ** Oddio, una delle migliori fic non penso ma grazie per aver provato ad illudermi XD Grazie di tutto, Ila, specie perché non avendo avvisato nessuno della comparsa di questa nuova storia, la tua recensione è stata graditissima! Un bacione!

_BellaBlack_:  Non sono tanto avvezza a fare dediche, forse per la mia natura un po' orsettosa, dunque mi fa piacere vedere che è stata apprezzata** Io non posso far altro che squagliarmi per la considerazione che hai sulla maniera in cui tratto personaggi, ne sono profondamente lusingata. Oltretutto, leggere che l'ambientazione, per me importante, è apprezzata anche nel dettaglio, mi commuove parecchio.
Shikamaru! Guarda, io lo adoro a mia volta, anche se purtroppo ho meno occasioni di parlare di lui. Mi rispecchio in alcuni lati del suo carattere e oltretutto non potevo evitare di menzionarlo come giocatore di pallavolo. Secondo me sarebbe davvero perfetto come alzatore!
E' sempre meraviglioso vedere che la vita quotidiana dei personaggi nei loro gesti, comportamenti, azioni abituali è così apprezzata: ti ringrazio di ogni tua singola parola, perché per me sono realmente preziose.
Spero, come sempre, di non deludere coi capitoli a venire! Un bacione enorme e un abbraccio!**

Grazie a quanti hanno letto, inserito la storia tra i preferiti, seguiti. Alla prossima!


   
 
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