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Autore: Happy_Pumpkin    10/02/2010    7 recensioni
“Perché non l'hai fatto?” domandò Naruto.
“Era una cosa stupida.” ammise, irrigidendosi.
Poi, lo vide sorridere e replicare:
“Io sono specializzato nel fare cose stupide, ricordi?”

[SasuNaru, a sfondo sportivo]
Genere: Sportivo, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Piccola premessa:
Argh. Questa è una sasunaru, una sasunaru come la concepisco io, senza troppe ukettosità pucciose di mezzo. E' nostaglica e a tratti inutile, portate pazienza. Doppio argh: è pure sportiva. Non so, forse mi facevo di canne quando ho scritto.
Dedico questa mini-long fiction a delle persone per me importanti. Faccio questa dedica in maniera totalmente sincera, in ordine alfabetico, perché auguro a ciascuna delle destinatarie tutto il bene possibile.

A Bella, con la quale condivido un amore per il trio di Ame (scrivi su di loro**) e visto che entrambe abbiamo scoperto l'erotismo delle MadaIta (scrivi anche su di loro**) Lasciando perdere i miei messaggi poco subliminali, devo proprio ringraziare Deathnote e prì che ci hanno fatto conoscere. Scoprire che fai i miei stessi studi è stata una grande giuoia; ricorda: dobbiamo scavare insieme, eh!

A hu chan, perché è il mio modo per dirti che, qualsiasi cosa succeda, ti sono vicina. Magari l'intera inutilità della storia ti servirà da distrazione, assieme al picchiare sulla tastiera e scrivere fiumi di righe. Sono fiera del tuo traguardo all'università **

A Ila, visto che mesi fa le sono arrivate calze e scarpe - veramente belle - grazie anche ai miei mistici influssi positivi (sì, certo, come no XD) Devi ammettere però che la mia rima magica era proprio ganza *O* Cerca di riemergere dai libri di scuola, ogni tanto, lo studio fa male ù.ù

A Ile, innanzi tutto per sperare che l'esame incombente ti vada alla grande, poi perché magari un giorno inventeranno davvero il teletrasporto e allora potremo sentirci, vederci, parlarci ogni giorno. Eppure, teletrasporto o meno, condividiamo ogni volta sempre tantissime cose e ne sono tanto, tanto, felice.

A Odu, che quest'anno ha la maturità e, pur odiando la filosofia, deve comunque averci a che fare. Vedrai che andrà bene, ne sono sicura. Spero sempre che tu abbia l'ispirazione per continuare a scrivere su Naruto e, perché no, propormi quell'attesa storia ambientanta nell'antica Grecia**

A prì, alla quale per prima, dopo mesi, ho accennato qualcosa di relativo alle sasunaru. Grazie per l'intraprendente spirito suicida mostrato nell'apprezzare la mia produzione letteraria. Mi manca gufettare fino alle due di notte ç__ç







Capitolo I
Win your match




Gli spalti attorno al campo da gioco erano gremiti di folla. D'altronde, la semifinale dei campionati regionali di pallavolo attirava sempre un buon numero di persone. Le scuole che riuscivano a parteciparvi lo dovevano ai duri allenamenti svolti nei mesi precedenti: arrivare a quel traguardo, dopo tante fatiche, era una soddisfazione. Ciò che contava in seguito era semplicemente vincere.

Shikamaru osservò gli avversari alla battuta, non senza una certa apprensione perché avevano un eccellente servizio. Doveva ammettere, però, che la difesa della propria squadra era comunque su buoni livelli. L'imprevedibilità, era il vero problema: lui che era abituato alla riflessione e agli schemi, detestava che qualcosa andasse contro i suoi progetti.
La sua agilità mentale gli consentiva, tutto sommato, di arginare le problematiche improvvise con una strategia fulminea e, così, evitare il disastro.

Era l'ultimo set: dovevano giocarsi il matchpoint contro l'Ueta. Al momento, soltanto un punto distanziava le due squadre: bastava un errore, un microscopico sbaglio e la sconfitta sarebbe stata dietro l'angolo per entrambe le contendenti.

Shikamaru si terse il sudore dalla fronte, assottigliò gli occhi, osservò attentamente dove si posizionava il battitore e con un gesto della mano avvisò i suoi compagni di tenersi pronti.

L'arbitro fischiò. Il ragazzo alla battuta si elevò in una schiacciata e lanciò la palla oltre la rete: un servizio rapido, veloce e piuttosto infido visto che superava la prima linea.

Non appena udì il fischio dell'arbitro, Shikamaru corse al suo posto di alzatore. Kiba, a centro campo, ebbe una prontezza sufficiente da ricevere il servizio con un bagher ben controllato. Allora, l'alzatore fu pronto a compiere il suo lavoro: alzare la palla allo schiacciatore.

A dire il vero, il suo era un compito non facile. Anche adesso, nel mezzo della partita, con il fiato degli avversari sul collo, la tensione e il cuore che pompava sangue, ossigeno, adrenalina, Shikamaru seppe che, scegliendo uno solo dei due schiacciatori, avrebbe fatto inevitabilmente un torto all'altro.

Ormai, non si trattava più di favoritismi o preferenze; contava solo una cosa: portare la squadra alle finali.

Strinse i denti e fu questione di pochi secondi. Pochi secondi per decidere, facendo la differenza.

In precedenza aveva notato un buco nella difesa degli avversari; forse, ipotizzò prima di piegare le dita per accogliere la palla, quella falla difensiva sarebbe stata sufficiente per creare un po' scompensi. Nel momento in cui fletté i gomiti, così da alzare, comprese chi sarebbe stato il giocatore giusto.

“Sasuke!” gridò.


Il ragazzo era già pronto. Aveva le gambe piegate, lo sguardo serio e adombrato, le labbra assottigliate. I muscoli guizzarono nello scatto in avanti: tre soli passi, per arrivare in un salto a sorpassare la rete, tendere la mano e schiacciare.

Ma non c'era alcuna palla nella sua traiettoria quando si elevò: mimò il gesto e, facendolo, si rese conto di aver recitato una perfetta finta. La palla, infatti, spettava soltanto a Naruto.

Naruto, l'ultimo entrato nella squadra. Naruto che, nonostante fosse stupido e testone, aveva compreso perfettamente le tattiche ideate da Tsunade e percepiva, con sorprendente precisione, il momento in cui toccava realmente a lui.

Il giocatore dai capelli biondi, gli occhi lucidi dall'attenzione e la tensione, era corso immediatamente in avanti e nel vedere la palla alzata da Shikamaru, che gli dava le spalle, inconsapevolmente sorrise. Per un solo istante, ebbe il terrore di perdere quell'opportunità, lasciandosi sfuggire la schiacciata dalle mani. Ma in seguito, non appena il palmo della sua mano toccò la palla, realizzò di essere riuscito a raggiungerla; allora schiacciò, con tutta la forza che aveva in corpo, la rabbia accumulata in quei mesi d'allenamento, la passione che metteva in un gioco amato con tutto se stesso.
Il suo lancio, preciso e potente, sorpassò il muro avversario e non venne intercettato dalla difesa che, come aveva osservato Shikamaru, aveva lasciato uno spazio di troppo: errore imperdonabile in una semifinale di tale portata.

L'arbitro fischiò.


In quel preciso istante tutto il campo si zittì: la folla rimase con le bocche semiaperte, gli striscioni tra le mani e gli incoraggiamenti sospesi. I giocatori si fissarono gli uni con gli altri, in un secondo di stupore. E poi, alla fine del fischio, Shikamaru e i propri compagni di squadra realizzarono di aver vinto la partita. Avevano vinto e un solo suono era stato sufficiente a decretare la fine di cinque set giocati sul filo del rasoio.


Fu Naruto il primo ad esplodere in un grido di gioia e, in qualche modo, di liberazione:

“Abbiamo vinto! Abbiamo vinto!” lo ripeté più e più volte, rosso in gola, con le lacrime agli occhi che si mischiarono al sudore.

Ricevette il caloroso abbraccio dei suoi compagni di squadra: un abbraccio unico, che rese i protagonisti simili a una sorta di sfera caotica e rumorosa. Anche Sasuke, suo malgrado, venne coinvolto dall'esultanza generale. Dopo aver sospinto l'irruento abbraccio di Kiba, dovette sorbirsi la festosa allegria di Naruto che gli batté pacche sulle spalle e, tronfio nonché megalomane come al suo solito, non si risparmiò nemmeno di alzare le dita al cielo in segno di vittoria e farsi una corsa sotto gli spalti.

Sasuke, sospirando, scosse la testa per poi prenderlo per il collo della maglia e ribadirgli:

“Stupido, non è una partita di calcio.”

Naruto, stranamente, non si offese della provocazione: “Dai, Sasuke, abbiamo vinto. Divertiti!”


Divertiti.

Suonava davvero semplice quell'incoraggiamento. Sasuke prese uno degli asciugamani dalla panchina e, portandoselo al collo, guardò la gente esultare, applaudendo con un certo vigore. Rispetto al silenzio di pochi minuti fa, sembrava essere scoppiata l'Apocalisse. Non mancò di notare la delusione cocente degli avversari: avevano il volto rigato dalle lacrime. Piangevano per una sconfitta che aveva segnato il futuro, almeno per quell'anno.

Forse anche lui, se avesse perso, avrebbe rischiato di piangere. La pallavolo era la sua vita. Dedicava ore agli allenamenti, a studiare schemi assieme all'allenatrice e ai compagni di squadra, giornate intere spese a correre, a fare esercizi. E le notti... quante notti passate a studiare, per recuperare il tempo speso durante il giorno. Spesso, crollava sulla propria scrivania, risvegliandosi al mattino con la sensazione di non aver concluso nulla.

Avrebbe voluto essere in grado di fare tutto, risultando pur sempre il migliore. In quel periodo della sua esistenza, Sasuke sentiva di riuscire ad essere realmente se stesso esclusivamente giocando a pallavolo: in campo, tra i suoi compagni, arginava la sua voglia di rimanere da solo e si sentiva parte di qualcosa. Poi, l'ebbrezza della vittoria, la tensione della competizione... ogni sensazione, gli ricordava di star compiendo un gioco anche per sé. Si sentiva invincibile e niente, come la pallavolo, poteva trasmettergli quella sublime illusione.

Ad un certo punto, si sentì chiamare. Voltandosi si rese conto che era uno dei giocatori avversari, venuto a complimentarsi nonostante il viso fosse ancora umido dalle lacrime.


“Avete giocato davvero una bella partita.” disse, con voce un po' soffocata.


Si strinsero la mano.


“Anche voi.” ammise sinceramente Sasuke.


Osservò il ragazzo andarsene. Probabilmente, lui non sarebbe riuscito a fare lo stesso: andare dal proprio avversario e complimentarsi dopo aver subito una sconfitta. Naruto, invece, ci sarebbe riuscito eccome; con un sorriso, nonostante l'amarezza, avrebbe stretto la mano che li aveva fatti perdere. Perché era entusiasta al limite del masochismo nel trovare squadre superiori, capaci di metterlo alla prova.


“Te la sei presa perché Shikamaru ha scelto te, anziché Naruto?”


Sasuke guardò diversi secondi Tsunade. Non gli ricambiò lo sguardo direttamente ma, con le braccia incrociate, un cappellino sulla testa dagli scompigliati capelli biondi, contemplava soddisfatta la propria squadra.


“No – negò Sasuke, impassibile – Shikamaru ha fatto quello che riteneva giusto.”


Certo, gli dava fastidio non essere stato lui a segnare il punto della vittoria, ma non era così infantile per prendersela. Ovviamente, se avessero perso a causa di Naruto glielo avrebbe fatto rimpiangere per tutta la vita.


L'allenatrice si girò e sorrise, per poi alzare le spalle: “Meno male, la pensavo diversamente. Allora direi che stasera puoi venire a festeggiare assieme a noi.”


“Se ne avrò voglia.” ribadì il ragazzo stando sul vago.


“Io scommetto di sì.” disse lei, con fare un po' complice.

Poi si allontanò e prese Naruto per le orecchie, visto che stava per arrampicarsi sugli spalti così da raggiungere la piccola tifoseria della propria scuola.

Al vedere quella scena, ripensando alle ultime parole di Tsunade Sasuke sorrise.
Quella, fu l'ultima partita di pallavolo che giocò con il Takeguji.

*

L'estate precedente Naruto, in occasione delle vacanze estive, era entrato a far parte del Takeguji, dopo essersi trasferito da poco nella scuola. Venne accolto bene dagli altri componenti, anche se ogni tanto questi si divertivano a prenderlo in giro perché veniva da un paesino campagnolo nel cuore dell'Hokkaido e non aveva mai visto il mare.

Da loro, invece, il mare era il protagonista di ogni estate e gli allenamenti continuavano anche in quell'occasione. Qando la palestra non era disponibile, al mattino c'era sempre la spiaggia: chilometri e chilometri di sabbia, da percorrere insieme correndo. Appoggiando i piedi sul lungomare, l'acqua marina esplodeva in tante gocce d'acqua e per un solo istante tantissime impronte vivevano sul terreno sabbioso, per poi venire cancellate dalla mano del mare.


Sasuke si sarebbe sempre ricordato quella mattina d'estate.


La squadra, accompagnata da Tsunade, aveva appena finito di correre. Mentre l'allenatrice si era seduta senza troppe cerimonie sulla sabbia, posando a terra la sua borsa con un fida bottiglia di saké e alcune carte con schemi da studiare assieme agli allievi, gli altri avevano deciso di buttarsi in mare, lanciando in aria le proprie magliette.


Kiba era stato il primo a tuffarsi: dopo una corsa e un salto, scomparve tra le onde, per poi riemergere rumoroso come al suo solito. Shikamaru, sbuffando, era rimasto sdraiato sulla riva sdraiato, con le braccia incrociate dietro la testa e le gambe accavallate.

Neji aveva tentato di rimanere in disparte, nella sua ottica di capitano, ma Kiba lo aveva preso per un braccio fino a gettargli la testa sotto l'acqua; certo, l'irruenza di Choji nel gettarsi tra le onde aveva sicuramente contribuito a infradiciare il compagno di squadra. Lo stesso Choji che, pur sfiancandosi negli allenamenti, non dimagriva neanche di mezzo chilo; allora, dando per impossibile una dieta, accompagnava la fine di ogni allenamento con un pacchetto di patatine o, meglio ancora, una capatina al ristorante take-away più vicino.

Sasuke si era seduto sulla spiaggia. Ogni tanto guardava gli altri tuffarsi in mare, per poi chiudere gli occhi e pensare a niente in particolare. Grazie alla risacca, non gli dava nemmeno più di tanto fastidio il vociare dei suoi compagni e, tutto sommato, ciò rendeva quel momento di pausa piuttosto piacevole.

Almeno, finché un Naruto fradicio, coi capelli grondanti d'acqua, i pantaloncini zuppo e il sorriso entusiasta, non gli si piazzò davanti coi pugni sui fianchi e uno sguardo trionfante:

“Allora, quand'è che ti decidi a entrare in acqua?”


Sasuke alzò la testa e lo studiò con tutta l'aria irritata di cui era capace:

“Mai.” tagliò corto.

Di solito, gli altri rinunciavano e tornavano a farsi gli affari propri. Ma, come scoprì quel giorno, Naruto non era propriamente “gli altri”. Ed era oltretutto più fastidioso e insistente della media umana; dunque, per logica, superava anche le soglie di sopportazione di Sasuke, per quanto basse.


“Avanti – ribadì il ragazzo – non ti costa nulla. Ti alzi, fai un tuffo e quando vuoi esci.”


“Facciamo così – propose Sasuke, fingendo una calma che non aveva – tu giri la schiena, ti tuffi e quando vuoi esci. Io sto qui seduto, mi faccio gli affari miei e quando voglio mi alzo.”


Naruto strinse i denti e dilatò le narici. Lo faceva sempre quando litigava con Sasuke.


“Sai di essere insopportabile, vero? - siccome non voleva risposta aggiunse, alzando le spalle – Perfetto, stai lì come un vecchio. Quando ti vedrò mummificato nella sabbia, non verrò a salvarti.”


“Ecco, splendido, se non lo fai mi faresti un favore.” ribatté.


Naruto strinse i pugni e senza dire una parola se ne andò. A quel punto, Sasuke credette veramente di aver vinto la sua personale sfida contro di lui.

Ma nel momento in cui ricevette una maglietta grondante d'acqua in piena faccia, capì di essersi clamorosamente sbagliato. Con una lentezza impressionate, si tolse il vestito di dosso, si alzò in piedi stringendolo ancora tra le mani e fissò i suoi compagni.

Tutti, persino Kiba, smisero di muoversi. Guardarono a loro volta Sasuke, con la voglia di scoppiare a ridere per l'impagabile scena di vedere lui, orgoglioso e sempre distaccato, stare immobile coi capelli fradici, lo sguardo irritato e una maglia non sua tra le mani.


Poi, la goccia che fece traboccare il vaso: Naruto, tenendosi le braccia attorno alla vita, scoppiò a ridere. L'Uchiha si diresse contro a passo di carica e, dopo aver gettato la maglia in acqua, gli si lanciò addosso. Fu divertente vedere i due compagni di squadra accanirsi l'uno nei confronti l'altro per poi finire platealmente in acqua, tra schizzi di schiuma marina, bolle e un dimenarsi di piedi.


Quando realizzò pienamente la stupidità di una lotta senza né capo, né coda, Sasuke si arrestò, allontanando con uno spintone Naruto. Rimase in piedi, immerso fino all'ombelico.


“Sei infantile, oltre che irritante.”


Naruto rise: “Non sono stato io a entrare fino in acqua per giocare.”


“Non stavo giocando. Specialmente con te.” sbottò il ragazzo.


Fece per andarsene e uscire; fu allora che Naruto ne approfittò per tirare fuori la lingua e fare una smorfia. In quel preciso istante, Sasuke si voltò un'ultima volta; vedendolo, faticò a trattenere un sorriso, ma per amor proprio non esitò a muovere un passo verso di lui e spingerli la testa sott'acqua.

In fondo, era divertente per una volta non pensare realmente a nulla. Naruto si dibatteva e trascinava anche lui, mentre gli altri li incoraggiavano; già Kiba aveva scommesso 500 yen che avrebbe vinto Naruto.

Tsunade, chiudendo la bottiglia di saké, sorrise nel guardare i suoi alunni divertirsi e stare insieme spensierati. Naruto, con il suo entusiasmo contagioso, aveva portato allegria e voglia di fare in quella piccola squadra non troppo importante. Sentiva che tutti, insieme, sarebbero riusciti a creare qualcosa di grandioso.


Vedere Sasuke partecipare, stare al gioco e arrabbiarsi, la sorprese e parallelamente la fece sentire più sicura; sicura che, in un modo o nell'altro, anche lui voleva essere parte di quel gruppo, per quanto amasse stare sempre sulle sue. Aveva bisogno di un rivale e di una spinta che facesse emergere quella competitività e quella voglia di vivere che possedeva: quel rivale, quella spinta, altri non era che Naruto.


Dopo che che tutti uscirono dall'acqua, si sedettero sulla sabbia. Kiba era sdraiato con le braccia e le gambe spalancate a prendere il sole; ogni tanto si grattava una guancia con la mano, ricordando un cane infastidito dai granelli di sabbia infilati tra la pelliccia.

Poi di tanto in tanto spendeva qualche parola per discutere con Naruto su chi fosse stato il miglior giocatore di pallavolo del Giappone. Entrambi difendevano ostinatamente le proprie posizioni e non volevano saperne di dar ragione all'altro.

Shikamaru si limitò a sospirare e a chiudere gli occhi; ma se come lui anche Neji e Choji tutto sommato riuscirono a ignorare i due rumorosi litiganti, Sasuke minacciò con tono di voce straordinariamente controllato:


“O tacete, o andate a litigare lontano da qui.”


Kiba borbottò qualcosa in protesta, poi svogliatamente si girò con la pancia sulla sabbia, lasciando la schiena scoperta al sole.

Naruto, seduto con le gambe incrociate, mise il broncio. Dopo aver atteso diversi istanti, annoiato dal silenzio della spiaggia si alzò in piedi, scrollandosi la sabbia di dosso, e propose:

“Ho un'idea: perché non costruiamo una rete da pallavolo qui sulla costa? Allenarsi sulla sabbia farà bene e poi magari riusciamo a coinvolgere anche gli altri ragazzi della zona. Sarà divertente!”


Tutti e sei i componenti, allenatrice compresa, lo guardarono perplessi diversi istanti. Poi Shikamaru ammise, alzando le spalle:


“Perché no? Non è male, in fondo. Anche se non ho per nulla voglia di mettermi lì a montare reti finito di correre.”


Kiba si alzò a sedere e, dopo essersi infilato un dito nell'orecchio per togliersi dei grumi di sabbia, commentò:
“In effetti l'esagitato qui non ha tutti i torti. Tutti insieme dovremmo fare abbastanza in fretta.”


“Che ne pensa, Tsunade? - domandò Choji, gonfiando pensieroso le guance – Ah, magari possiamo mettere su un chiosco. Finiti gli allenamenti viene fame e non è facile trovare negozi aperti anche di domenica.”


L'allenatrice si massaggiò il mento, infine inaspettatamente sorrise:

“Ma sì, non avete tutti i torti. Avremo uno spazio tutto nostro e, come dice Naruto, possiamo coinvolgere anche altri giovani. Più iscritti per la nostra scuola, non male davvero. Oltretutto il preside mi darebbe un incentivo sullo stipendio, ultimamente sono sempre al verde e... - prima di infangare ulteriormente la sua reputazione, vista la natura di cattiva investitrice, si riscosse e scattando in piedi esclamò – avanti, pelandroni! Muovete il sedere e andate fino alla palestra per prendere tutto l'occorrente!”

“Muovete? - domandò Shimakaru, inarcando un sopracciglio – E lei non viene con noi?”


“Nah, io sono l'allenatrice: non ho bisogno di sfiancarmi, a differenza di voi. Andrò a fare un saluto nel bar di Jiraiya, almeno lì farà fresco mentre vi aspetto.”


Cercò di far finta di nulla, ma tutti sapevano che andare a fare un saluto, in realtà voleva dire bersi un bicchiere di saké. Quanto al fresco del locale, indubbiamente aveva ragione: meglio che stare sulla spiaggia sotto il sole, anche se ne avrebbe giovato l'abbronzatura.


Accettando quel compromesso poco equo, la squadra si incamminò, Shikamaru con le chiavi della palestra i mano e gli altri spintonandosi scherzosamente.

Solo Sasuke era rimasto immobile, con le braccia incrociate. Naruto, voltandosi, lo vide e consigliò agli altri di proseguire. Allora, gli andò incontro e domandò, nonostante sapesse già la risposta:

“E tu non vieni?”


“No. Non ho tempo da perdere in sciocchezze. Quest'anno abbiamo il campionato.”


Naruto sospirò: “Senti, so di venire da fuori. Ma tu dammi tempo e vedrai che imparerò come stare in questa squadra. Fino ad allora, ritienimi pure uno stupido esaltato noioso, liberissimo di farlo, ma... - si fece serio, quando ribadì – ricorda sempre che io amo la pallavolo esattamente quanto la ami tu. Ogni cosa che faccio, la faccio per migliorare, crescere, e giocare da campione.”


Fu con quelle parole, che Sasuke realizzò di non aver mai compreso realmente Naruto. Ingiustamente, in quel poco tempo lo aveva considerato alla stregua di un qualsiasi un ragazzo superficiale, capace solo di divertirsi e sorridere. Invece, possedeva la sua stessa passione, la sua stessa competitività che lo portava sempre e solo a cercare di dare il meglio di sé.


Si fissarono negli occhi.

Poi, dopo un istante, Sasuke fece presente:
“Non stare imbambolato a guardarmi. Ti ricordo che abbiamo una rete da costruire.”

Dicendo questo lo toccò appena sulla spalla e scattò in avanti, voltandosi solo per accennare ad un sorriso. Naruto, colto di sorpresa, scoppiò a ridere e poi, aggrottando le sopracciglia, lo rincorse: i suoi passi sollevarono nuvole di sabbia e la risacca, il vento, il sole, asciugarono la propria pelle odorosa di salsedine. La maglietta in una mano svolazzava come uno stendardo, mentre Sasuke correva con la propria, fradicia, indosso.


*

Sdraiato sul letto intento a fissare distrattamente la tappezzeria rovinata della stanza, Naruto ripensò a quel giorno. Si chiese come stesse Sasuke, anche se già sapeva cosa provasse. Tuffando il volto nel cuscino, avvertì il senso di colpa farsi strada.
Rimpianse di aver proposto la creazione di quello stupido campo da gioco: se non l'avesse fatto, a quest'ora tutto sarebbe stato diverso.

Eppure, quell'estate nessuno avrebbe pensato che gli eventi avrebbero potuto prendere una piega simile. Forse proprio perché era estate e credevano di avere il futuro davanti, insieme.

   
 
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