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Autore: AliDOro    27/02/2010    1 recensioni
Premetto dicendo che questa è una roud robin; dopo di che invito tutti quelli che avendo visto/non visto il film Avatar; ma comunque se ne sono appassionati e desidererebbero provare l'esperienza di "camminare nel sogno", a partecipare a questa fiction!! *Fuggiti da un mondo che ci ritiene imperfetti ci dirigiamo verso quell'ultima flebile speranza di vita: Pandora, sperando che il sogno non finisca qui* ((( Tutti possono partecipare!! XD )))
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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You don’t dream in Cyo

 

Al di la  degli spessi vetri  della  stazione  spaziale si poteva vedere in tuta la  sua  magnificenza il pianeta Polyphemus e tutte le sue  lune tra  tutti quei satelliti, a 4,4 anni luce dalla  Terra, Alpha Centauri A illuminava quella che  presto sarebbe  diventata  casa mia.

 

Presto il mio sguardo si fece più vicino fino a notare il mio riflesso nel vetro, vi ci appoggiai una  mano ,distogliendo lo sguardo per  non vedere, per non ricordare ciò che  era successo, anche  se dimenticare una cosa  del genere  è impossibile. Con la  mano  destra mi sfiorai il volto, anche attraverso la stoffa dei guanti potevo sentire la  fitta  trama  della  cicatrice  che  copriva la metà destra del mio viso e buona  parte del corpo.

Sospirai.

I medici continuavano a dire che dovevo considerare l’essere ancora  vivo e con ustioni solo di secondo grado sul volto un miracolo, io ho sempre  pensato che  sarebbe stato meglio morire  la  con la  Professoressa Sherman, o per  lo meno al posto suo.

Lizzy per me era stata un’ amica, una madre, una sorella, La  mia amante e presto sarebbe  dovuta diventare  mia moglie, nonostante dieci anni di differenza  ci amavamo, ci amavamo alla  follia, o forse amavamo solo la passione  che  entrambi mettevamo nella nostra  ricerca, effettivamente  il nostro rapporto non era mai stato molto fisico.

Ricordo ancora  le  serate in cui al posto di fare l’amore  lei mi obbligava a studiare la  lingua Na’Vi, il territorio , le  piante, ogni singola cosa di Pandora perché sosteneva che  non sarebbe  mai partita   senza di me e che  dovevo prepararmi.

Poi l’esplosione  ha cancellato tutto.

Dubito sia  stato un incidente, Elizabeth  era una delle  persone più ordinate che  io conoscessi, la  sua  era quasi una  mania, per questo sono certo che non sia stata  lei a lasciare sul macchinario le  provette che  una volte rovesciate hanno dato il via  alla combustione, cosa assurda tra  l’altro, eravamo zoologi non avevamo nessun materiale  infiammabile o potenzialmente  tale  in laboratorio, solo un infinità di animali o campioni di tessuti: ossa, pellicce e qualche  esemplare imbalsamato o sotto formalina.

Quel giorno sarei tornato da un viaggio di due  giorni, avevamo in progetto di uscire  a festeggiare, c’era finalmente  stata  data la  possibilità di venire  su Pandora, avevamo vinto il concorso stracciando gli altri team di ricercatori.

Mi ero fatto  tutto un film mentale sul mio ritorno, lei che  mi veniva incontro sorridente con i suoi capelli rossi aggrovigliati in una  crocchia  e tenuti fermi da qualche  biro , con un espressione felice che le rimarcava leggermente  le  rughe che  cominciavano a far notare quanto fosse più grande di me, rendendola, se possibile,  ancora più bella, nel suo camice bianco leggermente  sgualcito.

Ricordo che  già un ora prima di tornare scalpitavo all’idea di riaverla tra le  mie braccia, eppure tutto quello che  vidi davanti alla porta di casa  fu l’inferno.

La  gente si accalcava gridando e guardando curiosa cosa accadeva mentre la squadra antincendio era già all’opera, leggermente ostacolata dalla  folla di curiosi.

Mi guardai attorno freneticamente  cercando  Lizzy , doveva per forza essere fuori, il mio cervello non contemplava nemmeno l’idea che  lei potesse essere  ancora dentro quell’inferno, certezze distrutte dal suo grido di dolore.

Senza pensarci mi fiondai nelle fiamme riuscendo a  sorpassare i pompieri. Non ebbi nemmeno il tempo di arrivare alla porta, l’esplosione  distrusse  la  casa, il laboratorio, e due case vicine.

La  fiammata che  produsse  uccise 3 vigili del fuoco e sfigurò me, con mio sommo dispiacere. Se solo mi fosse stato possibile sarei morto la, con lei e i nostri campioni rari.

Non fu così. Appena  dimesso dall’ospedale, non ebbi nemmeno il tempo di suicidarmi, fui spedito sullo shuttle per partire alla volta di Pandora, non certo per le  ricerche, i malati o i deformi non sono molto accettati dalla  società attuale… non che lo siano mai stati, come  si  sa il potere  è ai più forti storpi e malati ero messi ai margini come capro espiatorio in caso qualche  predatore avesse fame.

Ho dormito per  cinque  dannati anni, e mi sento da scifo quasi non avessi dormito affatto.

 

Torno a guardare la stanza  dove eravamo stati ammassati neanche  fossimo bestiame. Decise di sedersi, dopo cinque anni in cella criogenica aveva ancora le  gambe  molli, non avrebbero retto ancora molto il suo peso… non che  fosse molto al momento, tra  disperazione  ospedale  e crio-sonno devo aver perso almeno una decina di chili.

Cinque anni a dormire e non l’ho mai sognata. Anche se lo so che nel Crio-sonno non si può sognare, la  cosa mi fa male.

 

Attorno a me gli altri passeggeri della stazione  spaziale si scrutavano l’un l’altro curiosi, cercando di indovinare i rispettivi passati e giudicandosi a vicenda.

Una  figura attirò la mia attenzione, seduta  su una sedia, in disparte. Se ne stava li, ignorando tutti, infagottata  in una tuta leggermente  grande per lei e per  un istante  mi ricorda Lizzy. La vidi tirare fuori da una  tasca un flacone di medicine, lo fissò per  qualche  secondo, e pensai che  , forse, lei era la persona  migliore  accanto a cui sedersi, probabilmente mi avrebbe  ignorato come faceva con tutti  senza fare domande o senza cercare di ricordarsi il perché gli sembrava  di aver visto la  mia  foto sul giornale.

 

Camminai un po’ incerto verso di lei, la pelle  della gamba  destra tirava fastidiosamente.

“ Posso sedermi?” chiesi tranquillo notando a malapena gli occhi azzurri della ragazza  sotto il cappuccio della  felpa.

Dall’alto dei miei ventisei anni  ipotizzai che  avesse si e no otto anni meno di me, ma  potevo sbagliarmi,  d’altronde le  apparenze ingannano, Elizabeth  ne  era la  prova vivente.

Mi ridestai dai miei pensieri quando vidi la  ragazza annuire e tornare a guardare davanti a  se, come  avevo immaginato non mi aveva  preso nemmeno in considerazione. Mi sentii un po’ deluso, forse speravo in una chiacchierata, tanto per avere un minimo di familiarità in un posto sconosciuto a miliardi di kilometri di distanza da quella  che  un tempo chiamavo casa.

In ogni caso valeva la  pena  di fare un tentativo, nonostante l’incidente ero rimasto un tipo socievole, soprattutto se la  persona  davanti a me  (o in quel caso di fianco ) mi ignorava categoricamente.

Ero un caso patologico odiavo stare  al centro dell’attenzione eppure cercavo il contatto con le  persone  in maniera quasi morbosa.

Mi sedetti  e tesi una  man verso di lei “Joshua Mayer” mi presentai sperando almeno in una risposta.

+-+-+-+-+-+-+-+

Spero che il mio capitolo sia stato all'altezza delle tue aspettative e che non ci siano troppi errori, è tardi e la mia  beta rider è una settimana hce non si fa sentireT_T  si accettano volentieri commenti.
Oel ngati kameie tsmuke si tsmukan (io vi vedo sorelle e fratelli)
   
 
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