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Autore: bibie    08/03/2010    1 recensioni
Non potevo resistergli, nonostante lo odiassi, lo amavo ancora. Che cosa voleva il mio cuore freddo non lo sapevo neanche io, fatto sta che stavo ricambiando il suo bacio. Un bacio che non ricordavo così passionale e dolce. Una vampira, il suo creatore e l'umano...
Genere: Triste, Sovrannaturale, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Secondo Capitolo. - Sorprese.
Saltai in macchina tranquillamente e mi diressi verso la mia nuova casa. Avevo appreso la strada per il pub di Ethan non appena ci arrivai. Imparavo in fretta.
   Parcheggiai la macchina nel garage e andai alla porta. Frugai nella borsa in cerca della chiave che avevo gettato dentro senza nemmeno infilarla in un portachiavi.
   La infilai nella serratura e la girai. Entrai in casa con una mossa rapida, mi rigirai e richiusi a chiave.
   Improvvisamente un braccio mi fu intorno al collo ed io cercai di liberarmi. Incredibilmente non avevo sentito nessun odore sconosciuto. Mi piegai in avanti per far cadere in mio avversario di fronte a me. Si rialzò in due secondi. Aveva un passamontagna nero e per me era impossibile riconoscerlo se non avesse parlato. Conoscevo ogni dipendente di Kozer e sicuramente quello era uno di loro. Era alto e robusto, ma decisamente inesperto, forse era nuovo. Cercò di attaccarmi nuovamente, ma lo precedetti, gli sondai un pugno nello stomaco e lui volò sul mio armadio, distruggendolo totalmente.
   «Che cosa vuoi?», chiesi minacciosa.
   «Blair», pronunciò il mio nome con un certo fascino. Si alzò e si mise davanti a me. «Kozer ti rivuole».
   «Kozer se ne può andare anche a fanculo!», esclamai incazzata.
   «Non è così che si parla di colui che ti ha offerto un lavoro e ti ha pagata profumatamente. Come avresti comprato la tua decapottabile?», punzecchiò lui.
   «Da quanto lavori per lui?».
   «Da pochi mesi», era nuovo, lo sapevo. «Ho avuto il compito di riportarti da lui». Mentre parlava mi guardavo attorno per ricordarmi dove avessi messo i paletti di legno che portavo sempre con me. Di certo avrei fatto capire a Kozer che non mi avrebbe riavuto così facilmente se il suo scagnozzo non fosse tornato.
   Alzai il piede e gli tirai un calcio all'altezza delle costole. Sentii che si ruppero sotto la mia forza e lui volò fino al corridoio. Aprii il cassetto dell'armadio rotto e presi un paletto. «Mi dispiace, non potrai dirgli come sto», dissi e poi conficcai il paletto nel suo cuore. Lui gemette e poi cadde esanime a terra.
   Mi guardai attorno. Maledetto, guarda come hai ridotto casa mia! Aveva quasi distrutto il mio salotto nuovo di zecca!
   Presi il suo corpo in braccio e corsi fuori, lungo il bosco. Quando capii di essere lontana abbastanza dalla città lo feci a pezzi e bruciai il tutto. Si trasformò in polvere ed il fuoco cessò senza fare troppo fumo. Approfittai e cacciai qualche cervo che si aggirava lì intorno.
   La mattina successiva feci un po' di spesa, solo per non dare nell'occhio se fosse venuto qualcuno, forse Eden, e il sole era altro nel cielo. Contro ogni leggenda potevamo uscire alla luce del sole.
   Come possono i raggi solari distruggerci se a malapena un coltello d'acciaio riesce a scalfirci? Risi tra me e me mentre caricavo le sporte in macchina. La mia pelle era leggermente più bianca alla luce solare, all'ombra era di qualche tono più scuro.
   Tornai a casa con la spesa, sperando di non trovare qualche altro fastidio mandato da Kozer, ma questa volta avrebbe potuto mandarne più di uno visto che il principiante ha fallito.
   Cacciai nello stesso posto dove avevo bruciato il corpo del vampiro che avevo ucciso e poi tornai a casa, mi lavai e mi vestii per andare al mio primo giorno di lavoro.
   Bussai da Eden e lei era già pronta. Ci eravamo messe d'accordo che le avrei dato all'andata sempre un passaggio.
   Eden entrò per prima nel locale mentre io mi sistemavo la camicetta. Entrai e quando alzai lo sguardo vidi Ethan che parlava con un uomo seduto al bar. Era Christopher Davis.
   Cosa ci faceva lì un agente immobiliare? Mi avvicinai ad Ethan e lo salutai. Doveva darmi la divisa del lavoro.
   «Blair», cominciò lui sorridente, «lui è Chris, il mio socio». Socio?
   «Signor Davis», dissi gentilmente.
   Lui sorrise e rimase a fissarmi. «Voi vi conoscete?», chiese sorpreso Ethan.
   «Sì», rispondemmo entrambi nello stesso momento.
   «Mi ha affittato la casa dove sto», informai Ethan. «Senti, mi dai la divisa o devo cercarmela da sola?».
   Christopher rimase a fissarci quando io e Ethan ci allontanammo verso il suo ufficio. Socio? Ma che razza di socio.
   Ethan mi spiegò un paio di cose sul lavoro, come trattare con i clienti ubriachi e alcune cose che dovevo evitare di fare ed indossare. Mi aveva definito “troppo attraente” dato che ero una vampira.
   «Senti, Ethan. Non hai detto niente di me al tuo socio, vero?», chiesi.
   «No. Vuoi che glielo dica?».
   «No! No. Non mi affitterebbe più la casa», dissi sorridendo.
   «Tu non sei malvagia. Lo conosco da una vita e sa della vostra esistenza, prima poi lo scoprirà da solo», disse lui. Sì, spero che quando lo scopra io sia molto lontana da qui. Uscii dal suo ufficio e cominciai a prendere le ordinazioni dei clienti del pub.
   Stavo per dare le ordinazioni ad Eden, che era dietro al bancone del bar e Christopher mi si avvicinò e mi salutò. Girai la testa per guardarlo e Eden prese dalla mia mano il foglietto con i drink del tavolo 7.
   «Salve», lo salutai educatamente anche io.
   «La ragazza solitaria», disse lui. Gli sorrisi falsamente, ma cercando di non fare troppo la stronza, era pur sempre un mio superiore. Passai dall'altra parte del bancone per aiutare Eden con i drink e lui si sedette su di uno sgabello per fissarmi. «Sei una mia dipendente», disse e ne sembrava quasi felice.
   «Già».
   «Blair, quanti anni hai? Sei già maggiorenne vero?». Sembrava averne qualche dubbio.
   «Si, signor Davis, sono maggiorenne e lei?», chiesi per evitare di dirgli la mia età.
   «Certo. Io ho ventiquattro anni», disse. «Tu?». Io quando sei nato ne avevo già diciannove caro mio.
   «Abbastanza per lavorare qui», dissi mentre shakeravo il drink.
   «E dai, non me lo vuoi dire?».
   «In verità no, infatti». Aprii il shaker, misi il drink in un bicchiere e andai a portarlo al tavolo che lo aveva ordinato. Lui mi aveva seguita con lo sguardo, me lo sentivo addosso.
   Quando tornai al bancone lui mi guardò negli occhi e sorrise divertito. «Ne hai appena diciotto, vero?», disse eccitato.
   Lo guardai ed alzai un sopracciglio. «Senta signor Davis, se lei è qui per distrarmi dal mio lavoro il primo giorno, sappia che non ci riuscirà, ho avuto datori di lavoro più molesti di lei», dissi un po' seccata.
   Lui rise. «Mi scusi tanto signorina Clark», disse lui divertito. Mi stava dando sui nervi e puzzava di alcol.
   «Cosa fai Chris? Ci provi con le mie dipendenti?», arrivò Ethan a salvarmi ed io sgattaiolai via in fretta. Andai a prendere le mie ordinazioni. Ero ancora arrabbiata per il fatto che Kozer mi avesse trovata e che mi rivoleva.
   Vidi Christopher entrare con Ethan nel suo ufficio. Dovevano discutere di affari, probabilmente.
   Ero nervosa e cominciavo ad arrabbiarmi con i clienti, Ethan si sarebbe incazzato molto se avessi sbattuto uno di essi contro uno dei suoi tavoli di legno, distruggendolo. Facevano commenti sul mio sedere e di come si vedevano bene le mie tette sotto quella maglia aderente.
   Appoggiai un bicchiere troppo violentemente sul tavolo quasi spaccandolo. «Blair!», mi chiamò Ethan. Mi voltai e lo raggiunsi, non badando ai ragazzi seduti al tavolo che dicevano che ero una psicopatica.
   «Cosa c'è?», gli chiesi secca appoggiando il vassoio sul bancone.
   «Cosa ti ho detto sui clienti?», mi chiese.
   «Che hanno sempre ragione», lo assecondai con tono scocciato e roteando gli occhi.
   «Giusto», sorrise. «Che cos'hai che non va?».
   «Kozer», sbottai.
   «Cosa ha fatto?», chiese lui preoccupato. La mia faccia deve averlo fatto allarmare. «Eden, copri i tavoli di Blair», le urlò. Mi prese il braccio e mi tirò verso il suo ufficio. Christopher era seduto davanti alla sua scrivania. «Vattene, Chris!», esclamò.
   Christopher si alzò e probabilmente andò al bar a bere.
   «Allora?», m'incitò lui.
   «Kozer ha mandato qualcuno a prendermi», lo informai.
   «Oddio, stai bene?».
   «Certo. L'ho ucciso e bruciato su per i boschi, ma credo che ne manderà altri. Quando si mette qualcosa in testa non desiste così facilmente».
   «Lo so. Cosa posso fare?», chiese.
   «Niente. Ma dimmi, come sai tutte queste cose?», gli chiesi curiosa.
   «Sono stato a Dimlight dieci anni fa. Ero un ragazzino. Cominciai a frequentare persone sbagliate. Mi facevo di VP e ne sono rimasto dipendente. Kozer era il mio spacciatore. Andavo da lui e lui aveva il migliore», confessò.
   «Lo so. I suoi scagnozzi prendono sangue dai vampiri più vecchi», lo interruppi ricordandomi che lo facevo anche io. «Scusa», gli feci segno di continuare.
   «Mi ritrovai poco dopo senza neanche un soldo bucato e cominciai a vagare per la città come un barbone. Dovevo ancora molti soldi a Kozer. Cercavo cibo nei cassonetti e quando mi trovavo un vampiro davanti provavo ad ucciderlo senza mai riuscirci, a volte ci provavano loro», il suo sguardo era lontano. «Un vecchio vampiro mi trovò per strada, mezzo morto e mi portò a casa sua. Quando mi svegliai pensai che volesse nutrirsi di me, ma io ero troppo debole e non sarei comunque riuscito a scappare. Mi aiutò a rimettermi in forze e mi trovò un lavoro presso un bar. Passai quattro anni della mia vita con quel vecchio e quando Kozer scoprì che ero con quel vampiro lo uccise, prendendo il suo sangue e portandosi via tutti i soldi che mi ero messo da parte per andare via da lì», sospirò. «Ma vecchio vampiro aveva lasciato una somma di soldi che non avrei mai immaginato possedesse. Li aveva nascosti ed io per caso li scoprì. Non ci pensai due volte. Presi tutti i soldi con me e partii. Sono arrivato qui sei anni fa. Ho aperto questo pub dopo aver incontrato di nuovo Chris e avergli raccontato la mia storia. L'ha presa bene e non mi ha mai giudicato. Era il migliore amico di mio fratello minore. Lavora con suo padre nella loro agenzia immobiliare. È un bravo ragazzo».
   Ci fu una lunga pausa. «Mi dispiace, Ethan», riuscii a dire.
   «Già. Non voglio che Kozer faccia lo stesso con te».
   «Grazie, sei un amico».
   «Lo so», disse sorridente. «Ora torna al lavoro vampira!», mi ordinò scherzoso tirandomi addosso una pallina di carta. Gli sorrisi e tornai al lavoro.
   Christopher era seduto al bar che beveva qualche strano drink.
   «Cosa voleva con te quel maiale?», mi alitò addosso. Era impregnato di alcol dalla testa ai piedi. «Ti vuole tutta per sé, eh?», blaterava cose a caso. Era ubriaco marcio.
   Lo lasciai lì a parlare da solo mentre lavoravo aspettando la fine del mio turno, sapevo che non si sarebbe mosso.
   Quando finì andai nell'ufficio di Ethan. Stava contando i soldi della serata e Eden stava mettendo apposto delle carte.
   «Ethan, scusa. Christopher è qua fuori molto, molto ubriaco. Lo riporto a casa se mi dici dove abita», dissi. Mi faceva pena.
   Prese una penna ed un foglio e cominciò a disegnare una mappa. «Spesso lo faccio io, ma... Ecco», disse consegnandomi il foglio. «Credo abbia le chiavi in tasca. Ah, lascia le chiavi della sua macchina sul bancone, domani gliela porto io», mi congedò ed io tornai da Chris.
   «Andiamo a casa?», gli chiesi.
   «Vieni a casa con me?», disse alzandosi, ma le sue gambe non lo reggevano, lo sostenni io. «Lo sai che sei proprio sexy».
   Frugai nelle tasche dei suoi pantaloni e trovai le chiavi di casa. Lasciai quella dell'auto sul bancone come mi aveva detto Ethan e lo portai nella mia macchina.
   Riuscii a trovare casa sua in fretta e lo portai fino alla porta. Abitava da solo in una grande casa in un bel quartiere. Gli aprii solo la porta e lo guardai barcollare verso il divano.
   «Che fai?», mi chiese appoggiandosi al muro. «Non entri?». Era un invito? Rimasi ferma immobile sulla soglia della porta. «Vieni», disse.
   Entrai nella casa, era molto ordinata, probabilmente aveva qualcuno che faceva le faccende al posto suo.
   Lo accompagnai nella sua camera da letto. Mi faceva pena lasciarlo lì così... Gli tolsi la camicia e i pantaloni. Lui era quasi addormentato.
   Però Chris... Il tuo fisico non è niente male.
   Speravo non fosse sempre così, perché quella era la prima ed ultima volta che lo riportavo a casa ubriaco.
  
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