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Autore: SummerRestlessness    21/03/2010    0 recensioni
Lena è...semplicemente non è tanto normale.
E' sclerotica e strana e spesso si perde nei propri pensieri mentre la vita le scorre davanti...ha qualche vizio, come riuscire ad innamorarsi di una persona che ha conosciuto 2 minuti prima...e ora ha un nuovo lavoro, in cui tutto è noioso e scontato come prevedeva, tranne un piccolo particolare...
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cinque giovani di bell’aspetto

“Bene, ragazzi. Siete tutti qui? Sì, tre ragazze e due ragazzi, bene. Sapete qual è il lavoro, sapete che non è facile, sapete che appena sgarrate siete licenziati. Non si tollerano ritardi, parolacce, pause troppo lunghe o inappropriate etc…Se c’è qualcosa che non potete fare che mi è sfuggito di dirvi…beh, lo imparerete a vostre spese. Siate perspicaci. Buon lavoro!”

La manager del locale ci fece un finto sorriso e girò i tacchi, frettolosa di andarsene in qualunque altro posto, piuttosto che stare con noi ad insegnarci a fare il nostro lavoro. Per fortuna, non dovrebbe essere niente di complicato. Sei vestita di nero, hai un cartellino con il tuo nome e un auricolare e giri per il negozio di abbigliamento (uno dei più ricercati della città, a dire il vero) cercando clienti a cui vendere qualsiasi cosa o scaffali da risistemare. Ovvio, di questo si occupano altri, il personale di magazzino: tu li chiami e basta. Poi ci sono i “camerieri”, che servono vino bianco fresco e frizzante ai clienti in delicati flute di cristallo. Strano, vero? E’ quello che penso anche io, ma forse gli esperti di marketing hanno scoperto una connessione tra l’ubriachezza di un cliente alle 2 del pomeriggio e il suo essere più propenso a comperare. Insomma, qui dentro, a parte i grandi capi, noi 5 siamo le cariche più alte, quelli che fanno il lavoro meno “sporco”.

E’ comunque un lavoro di merda, non c’è che dire. Sull’annuncio dicevano “diplomati/e, massimo 25 anni, bell’aspetto e buona presenza” e quasi avevo pensato che cercassero dei modelli. Non so che ragione ci sia di mettere in un negozio di abbigliamento commessi di bell’aspetto. A me verrebbe più voglia di comprare qualcosa se mi sentissi la più bella in un negozio. D’altra parte, questo non mi è mai successo. Non che sia brutta, no, sono carina, ok. Il fatto è che c’è sempre qualcuno più affascinante di me, almeno nella mia testa. Ma sto divagando. E intanto mi sto perdendo il momento delle presentazioni con gli altri membri del mio piccolo gruppetto di privilegiati.

Le altre due ragazze stanno già parlando tra loro, il ragazzo moro (credo che si tinga i capelli, sono troppo neri per essere naturali) le guarda e dà di gomito all’altro ragazzo, un po’ più alto di lui, che ha un’aria annoiata. Mi avvicino alle ragazze, apparentemente la preda più facile. Di solito le ragazze non mi sopportano, mentre i ragazzi…beh, a loro piaccio, per un motivo o per l’altro. E intendo piaccio in modo asessuato, nel senso che mi danno semplicemente più confidenza dall’inizio, invece di squadrarmi dall’alto in basso come sta facendo una di queste due ragazze. Che poi, cosa dovrà guardare, siamo vestite tutte nello stesso modo. Forse sta cercando di misurare la mia taglia.

“42.” dico, senza rivolgermi a nessuno in particolare. I miei quattro nuovi amici smettono di parlare e la ragazza che mi squadrava mi fissa con una strana espressione. Poi scoppia a ridere.

Rido anch’io, perché sembra che lei abbia davvero afferrato i miei pensieri. Inizio già ad amarla quando dice: “Scusami, non stavo cercando di indovinare la tua taglia!” e completo la mia opera di innamoramento di lei quando aggiunge: “E’ solo che cercavo di capire se hai i miei stessi pantaloni. Se è così, devo subito andare a cambiarli!”. Scoppiamo a ridere entrambe e l’altra ragazza fa un risolino di accompagnamento che suona come il campanellino di un gatto.

“Piacere, Amanda.” dice la ragazza dei pantaloni, sorridendo. “Lena” rispondo facendo altrettanto e approfittandone per guardarla meglio. Non è questione di vanità (vediamo se è meglio di me) o di giudicare il suo aspetto. Quando conosco una persona devo avere una certa immagine nella mia mente, per poterla catalogare nel mio cervello. Come quando qualcuno mi parla di una persona che non conosco: devo sapere come si chiama, per farmi almeno un’idea di come possa essere. Insomma, Amanda ha i capelli castani un po’ più scuri dei miei che le arrivano alle spalle e tenuti di lato con una mollettina rossa. Gli occhi sono scuri e vivaci, il suo sguardo è curioso e non smette un momento di brillare di aspettativa e chissà cos’altro anche mentre stringo la mano all’altra ragazza. “Katia” è un po’ più bassa di me e più formosa, è ovviamente bionda (per la par condicio dei gusti dei clienti maschi, temo) e ha gli occhi luminosi, un po’ troppo forse. E ha la voce acuta. Ma io non giudico le persone dalla loro voce. I ragazzi forse sì. Le ragazze le giudico da come si vestono. E Katia ha una maglietta nera a maniche lunghe che le arriva appena sotto l’ombelico. Gli anni ’90 sono passati, bella.

Sono così snob. Magari Katia è la ragazza più dolce e simpatica del pianeta e diventerà la mia migliore amica. Forse se brucia quella maglietta. Che ha anche una macchia di sugo mi sembra di vedere…ah no, era la luce.

Sono talmente impegnata a fissare la macchia-non macchia che non mi accorgo che si sono avvicinati i due ragazzi. Dopo averci ovviamente commentate da lontano, fanno il loro ingresso trionfale. L’amico tinto non ha solo i capelli brillanti, ma anche i modi: si presenta con un sorrisone a mille denti prima alla sottoscritta e poi alle altre dicendo il suo nome con voce suadente. Per poco, al terzo “Matt” ripetuto con la stessa intonazione non scoppio a ridere. Amanda invece, scoppia per davvero. Questa ragazza mi preoccupa. Forse legge nel pensiero. Matt la guarda un po’ ridere e poi perde la sua compostezza e quasi ridendo anche lui le chiede: “Oh, cosa ridi?”. Mentre Amanda tenta di imitarlo tra una risata e l’altra, io mi ritrovo davanti l’ultimo del gruppo.

Ed è bello. Ma d’altra parte siamo tutti “di bell’aspetto” qui, no?

No, no. Bello in un modo…intimo. Da morire. Ok, non è la parola adatta. Bello di una bellezza che sai che non tutti la possono cogliere e che molti non lo faranno, ma che se la vedi…ti fa quasi male fisicamente. Mi fa male, con quei suoi occhi azzurri fissi nei miei, ancora troppo seri. E mi fa ancora più male quando prende la mia mano che avevo lasciato inerte lì nelle vicinanze e la stringe. E sorride, finalmente. E sta per dirmi il suo nome ma ritorna serio, quasi preoccupato, e mi chiede “Stai bene?” perché evidentemente devo avere sulla faccia qualcosa di simile alla goccina sulla fronte dei manga e tra poco inizierò anche a perdere sangue dal naso. Riesco a sorridergli e a sbiascicare qualcosa che sembra il mio nome, al che lui, un po’ rassicurato, fa un mezzo sorriso e passa alla prossima mano da stringere.

Ok, faccio in fretta ad innamorarmi. Negli ultimi cinque minuti ho conosciuto quattro persone (di bell’aspetto e) divise equamente per sesso e mi sono innamorata di due di queste quattro. Il 50%. Mi sembra una buona media, per iniziare. E uso la parola “innamorare” con leggerezza. Prendo tutto con leggerezza, ora. Anche questo lavoro. Ed è esattamente il modo sbagliato di prendere questo lavoro, se ho capito bene quello che ha detto la tizia importante. Beh, pazienza.

Non è che mi sia proprio innamorata, è un modo di dire. Per quanto riguarda Amanda, beh, sono etero. E per quanto riguarda…

Questo è un altro mio problema. Sono leggerissimamente svampita. O forse “lui” tra tutta la storia goccina-et-sangue-dal-naso si è dimenticato di dirmi il suo nome. Sta di fatto che non lo so. Ma non è così importante, non sono mica così innamorata da volere sapere come si chiama. Prima o poi lo scoprirò.

Nel frattempo Amanda sta chissà perchè dando manate poco femminili sulla spalla del ragazzo senza nome ed io mi sono di nuovo persa un momento di possibile socializzazione con i miei nuovi compagni di viaggio perché stavo vagando con la mente.

Momento finito, è ora di lavorare. Tutti si salutano e si augurano buon lavoro e io mi unisco al coretto. L’innominato mi guarda come se fossi verde e avessi le antenne. Ok, ho dato una prima impressione da babba, ma questo non vuol dire che non sia capace di comportarmi da persona civile. Oh.

Ci disperdiamo tutti in direzioni opposte, ma Amanda finge solamente di disperdersi: in realtà mi prende a braccetto e inizia a camminare con me. “Bei pantaloni, dicevamo.” e ride come se avesse detto la cosa più divertente del mondo. Ma lo fa in un modo che ti fa venire voglia di ridere con lei e quindi le faccio un sorriso divertito.

   
 
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