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Autore: StockholmSyndrome     21/03/2010    1 recensioni
Immaginatevi una piccola cittadina, piccola come ce ne sono moltissime, piccola come quella dove potreste abitare voi. Immaginatevi di essere Emma, che ama la solitudine, scrivere, correre con il suo cane e il suo cavallo. Immaginatevi che un giorno come tanti, al parco, quello stesso cane scappi e che voi lo inseguiate urlando il suo nome trovandolo poco dopo in compagnia di un ragazzo dall'aspetto eterno. Immaginatevi di restarci male. Il vostro cane è sempre stato schivo e allora perchè adesso si mette ad essere tanto affettuoso con uno sconosciuto? Ed ecco che la vita di Emma viene stravolta, lei che sciveva di vampiri, di sangue e di tenebre, si troverà ad essere il Principio di qualcosa più grande di tutti Loro.
Una favola dark non troppo impegnativa, adatta a chi apprezza le storie d'amore e i vampiri, a chi ama sognare e a chi la notte resta affascinato dal bagliore della luna.
Genere: Romantico, Dark, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bloody Empire

 

Parte Prima

(1-3/15)

 

1

La nonna si sedette lentamente sulla sedia, stando ben attenta a non scivolare e rischiare così di farsi del male serio: a quel'età una volta che ti rompi qualcosa poi è difficile rimetterla apposto. Afferrò il telecomando, accese la televisione sul canale delle telenovela e aspettò che la sigla del suo telefilm preferito squarciasse l'aria e i suoi orecchi un pò sordi. Erano le 16.28 e di lì alle 18.15 il suo pomeriggio sarebbe stato costellato da numerose storie d'amore impossibile, tutte al culmine dell'idiozia, ma molto apprezzato dalle pensionate di tutto il mondo.

Emma fece capolino dalla porta stringendo in mano delle carote. Aveva ai piedi degli stivali di gomma verde e indossava indumenti evidentemente consumati e di tre taglie più grandi della sua.

-Nonna vado da Khaled-, annunciò, -porto anche York con me-.

La ragazza vide sua nonna annuire continuando a tenere lo sguardo fisso sullo schermo della televisione. Scosse la testa e aprì il portone di casa facendo prima passare il cane, poi lo richiuse senza aspettare un secondo di più. Voleva bene a sua nonna, ma quando si metteva a guardare le soap opera rinunciava a capirla.

Uscì dal cancellino praticamente correndo, con York che le stava dietro e ogni tanto puntava i suoi occhi castani verso le carote sperando invano di averne qualcuna. Emma pensò che quel cane fosse come lo scarico di un water: qualsiasi cosa buttavi nella sua bocca lui inghiottiva, ma non poteva fare a meno di averlo sempre fra i piedi. Era il suo miglior amico e sospettava che se continuava a starsene sempre sola e per i fatti suoi avrebbe continuato a essere l'unico.

Imboccò la strada a sterro che poteva vedere anche dalla finestra di camera sua e poi svoltò ancora una volta a sinistra. Anche da quella distanza poteva notare l'orto di suo nonno e la stalla di Khaled, un purosangue arabo finito nelle mani del nonno tre anni prima per puro caso, comprato per pochi soldi dai precedenti proprietari che volevano sbarazzarsene il più in fretta possibile perchè dovevano partire e non sapevano a chi darlo; era diventato anche lui un amico prezioso per Emma e un fedele compagno di giochi per un pastore tedesco come York.

-Tanto non te le do le carote, sai che non sono per te-.

York la guardò con aria di sufficienza e si allontanò da lei per annusare un ciuffo d'erba sul quale poi liberò la sua vescica.

Continuarono a camminare per quasi un chilometro, poi finalmente si trovarono davanti al piccolo cancellino rimediato con una rete per materassi ed Emma lo aprì aiutandosi con un gran calcio. York le passò davanti senza aspettare un invito, oltrepassò l'orto senza degnarlo di uno sguardo come gli era stato insegnato e corse davanti alla stalla sedendocisi davanti in attesa della liberazione del suo amico cavallo.

La ragazza nel frattempo si dedicò al chiavistello della stalla che le risultava sempre molto difficile da spostare. Lo afferrò con entrambe le mani, puntò un piedi sulla porta e tirò con tutte le sue forze rischiando di scivolare all'indietro.

Subito dopo la porta si aprì.

-Che soddisfazione...-, ironizzò spalancando la porta e salutando contemporaneamente Khaled che puntò un suo enorme occhio nero verso di lei. -Ciao vecchio mio, ti ho portato compagnia-.

York, come se avesse capito di essere stato nominato, entrò nella stalla e si infilò fra le lunghe gambe del cavallo che più per una questione di abitudine che per tolleranza, evitò accuratamente di scalciare.

Emma entrò a sua volta e fece uscire Khaled nello spiazzo di terra laterale sia all'orto che alla stalla, dove il cavallo poteva tranquillamente correre senza rischiare niente. Suo nonno aveva lavorato la terra e ne aveva fatto un ottimo spiazzo per fare correre un pò il cavallo.

-Vai Khaled, su, corri!-, disse dando una pacca sul fondoschiena dell'animale che iniziò ad andare al trotto seguito subito dietro da York che sembrava come impazzito dalla felicità. -Stai attento York, il tuo amico non è leggero e se ti viene addosso...- Sorrise ancora.

Aveva diciassette anni e come unici amici un cavallo e un cane, ma se glielo aveste chiesto vi avrebbe risposto che le andava bene così.

2

Il buio fresco e lieve di Ottobre aveva riempito l'aria non appena il sole aveva lasciato il palcoscenico.

Emma, affacciata alla finestra di camera sua, guardava in lontananza la vecchia stalla conscia del fatto che in quel momento sicuramente Khaled stesse dormendo profondamente. Si voltò leggermente verso il suo letto e vide che il cavallo non era l'unico a dormire: York se ne stava comodamente sdraiato sul suo letto e russava addirittura come una persona. Ormai però non ci faceva più caso e, nonostante sua nonna la rimproverasse di fare dormire quella bestia sul letto, lei non poteva fare il contrario. L'unica precauzione che prendeva era lo stendere una coperta in più per lui, in modo da non fargli sporcare le altre. Quando però, come in quel momento, lo vedeva steso come una persona gli si riempiva il cuore di sentimento e non lo vedeva più come un semplice cane, ma come il suo amico cane.

Tornò a guardare fuori dalla finestra. La luna faceva capolino all'orizzonte, timida sul da fasi, paziente si faceva strada per arrivare ad essere padrona assolita del cielo spalleggiata dalle sorelle stelle. Fuori tutto sembrava piuttosto tranquillo, non vi era vento a muovere l'aria nè voci a interromepere la bellezza di quel silenzio, ma questo faceva parte della comodità di essere in un piccolo paesino e perlopiù all'estremo di quest'ultimo. Erano, come le diceva suo nonno, ai confini del loro piccolo mondo.

Nella sua vita Emma non aveva girato molto, ma conosceva perfettamente il mondo e quello che vi accadeva, per questo non le sembrava così essenziale girare in lungo e in largo. Aveva tutto quello che le serviva nella sua testa e questo le sembrava un tesoro irripetibile ed inestimabile.

Si scostò dalla finestra e si sedette alla scivania aprendo uno dei tanti quaderni ammucchiati li sopra. L'ordine non era prorpio il suo campo, ma vi era arrivata a patti: un disordine ordinato. Afferrò una penna dall'astuccio e, aperto il quaderno, iniziò a scrivere quello che la luna le aveva ispirato. Creature notturne che passavano fra i sogni e gli incubi della gente iniziarono a prendere forma in quel pezzo di carta che costituiva anche un piccolissimo pezzattino del mondo che Emma si era accuratamente creata con il passare degli anni. Quel mondo che per tanti anni era stata la sua casa e al quale doveva i suoi ringraziamenti per averla custodida finchè non era stata abbastanza forte e grande da uscirne.

La sua mano viaggiò spedita sul foglio, costruendo e dando un senso alla voce che le sussurrava armoniosamente immagini che in realtà non aveva mai visto. Scrisse cose, mondi, persone. Scrisse con il cuore che sussultava e suggeriva cooperando con la testa su fatti e pensieri piuttosto intrigati e a volte intriganti. Scrisse scavando negli angoli bui della sua testa, riesumando odori e suoni che credeva ormai morti e sepolti. Scrisse per capire lei stessa cosa pensava e cosa provava, per comprendere se quello che voleva era nascosto fra quelle pagine o semplicemente l'aspettava nel mondo l'à fuori. Scrisse per il semplice gusto di vedere la penna nera portare alla bocca cose che potevano essere solo alla portata della mente. Scrisse per quella parte di se che aveva un disperato tentativo di far accadere cose che in realtà non potevano succedere.

Quando, un paio di ore d'opo, chiuse il quaderno soddisfatta e esultante, si alzò per stiracchiarsi e concedersi un attimo alla realtà. Lo specchio che aveva davanti riflettè l'immagine pallida e stanca di una ragazza che forse per varie ragioni aveva dovuto superare troppo infretta l'essere bambina. Si portò una mano sui mori capelli e si incantò a guardare i suoi occhi strani, ma che considerava l'unica parte esteriore di se che in realtà parlava realmente di lei. Chiunque avesse detto che gli occhi sono lo specchio dell'anima aveva ragione e i suoi erano una conferma.

Decise che doveva farsi una doccia o quella notte non sarebbe riuscita a dormire. Si spogliò lentamente, stando ben attenta a quello che rifletteva lo specchio e a quello che in realtà era frutto della sua immaginazione. Una volta nuda pensò che in realtà la sua femminilità era più accentauata di quanto volesse con un abbondante seno a testimonianza delle morbide curve del resto del corpo. Non aveva mai chiesto di essere bella perchè non le importava niente, era sempre stata troppo occupata a pensare ad altro e infatti si era ritrovata con un bel corpo, ma niente di più. Non era certo una di quelle per la quale si perdeva la testa o che in mezzo ad una folla si ricordava: era una fra tante.Aveva purtroppo capito presto che non basta essere belli per capire qualcosa, ma è necessario possedere un gran bel cervello.

E a lei quello non mancava di certo.

Portò le mani sui fianchi e chiuse gli occhi, profondamente immersa nel suo mondo per un attimo sognò di essere sfiorata dall'alito di uno dei suoi personaggi. Quano li riaprì entrò direttamente nel suo bagno e aprì l'acqua, godendo dello scrocio caldo che le massaggiava la testa fu nuovamente rapita dai suoi pensieri.

 

3

Erano ormai dodici anni che lavorava in quella pasticceria, ma molti di più erano quelli nella quale aveva sviluppato un'intolleranza contro la gente. Era nata e resciuta a Blamery Fall e conosceva abbastanza bene la sua storia da poter affermare con certezza che quel posto era dannato. Non avevano leggende particolari, nè spettri o streghe a disturbare le notti dei loro bambini, ma l'aria che si aggirava dentro la città e sovratsava le vecchie case di campagna al confine pesava quanto l'alito dei defunti: qualcosa si aggirava da sempre li fuori, ed era qualcosa che se avesse passato il confine avrebbe fatto rimpiangere a tutti il mondo attuale.

Miriam Bensay gestiva l'unica pasticcieria della città, viveva da sola e aveva due sorelle che vivevano a Londra, città nella quale non aveva mai messo piede. Fanny per più di una volta le aveva chiesto di andarla a trovare ma lei, nonostante odiasse Blamery, aveva sempre rifiutato. Se c'èra qualcosa che odiava più della città era l'uscirne fuori: fino a quando se ne stava tranquilla dentro la sua pasticceria aveva una speranza, ma se fosse uscita sarebbe andata a sbattere proprio dentro a quella forza che tanto temeva.

No, meglio restare cauti e quieti li seduti a servire pensionati e bambini con il mocciolo al naso. Rischiava molto meno.

 


Angolo Autrice:

miusic_dreamer grazie mille..come vedi ho aggiornato infretta! Bè, aggiornare non sarà difficile, visto che questo romanzo, il primo di una trilogia, lo ho già concluso. Aspetto il tuo parere, come quello di chiunque voglia commentare, poichè i vostri pareri sono preziosi per sapere cosa non va nella trama e nei personaggi così che sia possibile modificare questa prima stesura del romanzo ^^

Anticipazioni: nel prossimo capitolo, spero per vostra somma gioia, comparirà il bel vampiro che spero nel corso della storia risulterà di vostro gusto.


Un bacio, a presto, St.Sy.


 

  
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