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Autore: Carmilla Lilith    28/03/2010    1 recensioni
Tre giovani dame inglesi recatesi nella dimora di campagna di una loro amica in occasione del suo matrimonio, restano bloccate dal maltempo. Ma qualcosa d'inquietante vive in quella casa... Ambientato nella seconda metà dell'800, spero vi piaccia!
Genere: Dark, Sovrannaturale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 2

La giornata proseguì, grigia e tediosa.

Sia gli ospiti che i padroni di casa erano preoccupati dato che la pioggia non mai aveva cessato di cadere.

Gwen non smise di ricamare un solo istante e dopo cena si dileguò nella sua stanza.

Barbara stava per seguirne l’esempio quando Olympia fece la sua proposta:“Qualcuno ha voglia di raccontare una storia del terrore?” domandò la giovane.

Susan annuì, interessata. Qualche uomo si fermò e annuì.

 

Restarono in otto: Susan, Olympia, Barbara, Matilda, Joshua, Alan, Stephen e Richard (quest’ultimi erano dei cugini di Gwen e Matilda).

“Bene, chi vuole iniziare?” domandò Olympia, quando i partecipanti si riunirono in cucina, accanto al camino, il cui fuoco proiettava inquietanti ombre danzanti sui muri.

Fu Joshua a prendere l’iniziativa: raccontò di due giovani che si erano avventurati in un cimitero dopo il tramonto e della spaventosa nottata che n’era seguita.

Susan si fece coraggio e, terminato il racconto di Joshua, iniziò a narrare la storia di un gigantesco cane nero che nelle notti di luna piena seminava il terrore in un tranquillo villaggio.

Il racconto colpì molto il campanello di giovani che suggerirono alla timida fanciulla di pubblicarlo al più presto. Susan ringraziò nuovamente la penombra quando celò il suo rossore dovuto agli insistenti complimenti di Joshua.

 

Dopo la storia del cane nero, Matilda chiese la parola. “Questa storia riguarda sia la mia famiglia che questa casa. Tutto ebbe inizio cinquant’anni or sono, la notte prima del matrimonio del mio prozio William. In effetti era una notte simile a questa, solo che si era scatenato un vero e proprio uragano.” cominciò la giovane, catalizzando l’attenzione di tutti i presenti.

“William aveva una sorella, di tre anni più giovane, di nome Christine. Era una cara ragazza, a modo e brillante. Quella sera, però, aveva litigato con la madre per motivi che ancora oggi sono sconosciuti. Lo zio William sostiene di aver interrogato sua madre più volte sull’accaduto, ma senza alcun successo.

Fatto sta che quella notte una delle cameriere vide zia Christine uscire nonostante si fosse scatenato l’inferno: la pioggia scrosciava incessantemente da più giorni e il vento soffiava impetuoso, tanto che sembrava dovesse portare via la casa. Zia Christine non tornò mai più, ne più si ebbero notizie della sua sorte. Nulla, assolutamente nulla.

Il giorno seguente, dopo che il temporale si fu placato, vennero chiamati i soccorsi e si provvide a cercare la povera giovane in ogni dove ma fu tutto inutile.

Le nozze, ovviamente, vennero rimandate.”

Matilda fece una pausa, quasi per prendere coraggio. I suoi spettatori, d’altro canto, erano piuttosto inquieti, quasi angosciati, ma altrettanto curiosi. “E poi?” domandò Olympia.

“Da quel giorno circolano delle storie. Strane storie.

Zia Christine era una vera propria artista: dipingeva, componeva poesie, suonava il pianoforte e il violino ed era persino brava a ricamare.

Bene, non è raro che in questa casa si ritrovino degli spartiti, dei componimenti o dei ricami che non appartengono a nessuno. La cosa peggiore è che a volte il pianoforte… beh… comincia a suonare da solo. E spariscono parecchi vestiti da donna, in particolar modo quelli di colore blu, il colore preferito dalla zia. C’è chi giura di aver visto spazzole pettinare quello che apparentemente era il nulla…” proseguì la giovane, esitante.

 

Barbara tratteneva il fiato, angosciata. Rimpianse amaramente di essere rimasta in compagnia degli altri giovani: detestava i racconti dell’orrore! E la disponibilità di Stephen e Richard a rassicurarla la metteva solamente a disagio.

Improvvisamente il pianoforte cominciò a suonare.

Barbara svenne, terrorizzata, Susan e Matilda strillarono. Tutti gli uomini balzarono in piedi, mentre Olympia fissò, spaventata, la direzione da dove proveniva la musica.

“Deve essere il pianoforte della biblioteca.” mormorò la giovane bionda. Matilda annuì, mentre Susan si avvicinò a Barbara, tentando di rianimarla.

Una risata femminile si avvicinò alla cucina, facendo sbiancare tutti i presenti per la paura.

“Sta venendo qui…” disse a mezza voce Matilda.

 

Solamente la sorpresa fu in grado di attutire la rabbia dei presenti quando la figura di Gwen si materializzò sulla porta.

“Che scherzo idiota è mai questo?!” domandò, furibondo, Joshua. “Questa è la giusta punizione per aver voluto sparlare di affari di famiglia, Matilda. Che ti serva da lezione! E comunque se cercavate del brivido, mi sembra che questo sia sufficiente.” rispose freddamente la giovane.

“Hai esagerato!Barbara è quasi morta di paura!” la rimproverò Alan. Gwen lo fissò irritata prima di rispondere “Vi consiglierei di ritirarvi, ormai è tardi. Non vorrei che qualcun altro si sentisse male…”. Poi se ne andò.

 

Tutti decisero che l’idea di andare a dormire non era malvagia, anche se criticarono aspramente il comportamento di Gwen.

Barbara non si era ancora ripresa e così Richard la portò in braccio fino alla sua stanza, accompagnato da Susan, Olympia, Joshua e Alan.

La giovane venne adagiata sul letto e Olympia si offrì di restare a sorvegliarla finché non si fosse ripresa. Alan si diresse verso la stanza di Gwen, deciso a discutere con la fidanzata del suo strano comportamento.

Richard si ritirò nella sua stanza e così Susan e Joshua si ritrovarono soli in corridoio.

 

“Io penso che mi ritirerò nella mia stanza.” disse Susan, nervosa. “Vi accompagno, la mia stanza non è lontana dalla vostra.” si offrì Joshua, sorridendo.

Susan imprecò tra sé e sé ma fu costretta ad accettare la compagnia del giovane. “Gwen ci ha fatto prendere un bello spavento.” osservò Joshua.

“Sicuramente più di quanto non abbiate fatto voi con il vostro racconto.” sorrise Susan. “Non era dei più originali, però qualche trovata era apprezzabile.” si difese il giovane.

“Ve lo concedo, se vi fa felice.” concesse la ragazza dai capelli corvini. Poi il silenzio calò tra i due che proseguirono silenziosamente per il corridoio.

 

“Riguardo a ciò che è accaduto questa mattina, Susan” intervenne improvvisamente Joshua “voleva essere una manifestazione dell’interesse che provo nei vostri confronti”.

Susan dovette concentrarsi per rispondere. “Mi spiace deludervi Joshua ma quel genere d’interesse non è esattamente ciò che sto cercando”.

Joshua fermò la giovane e la fissò negli occhi. “Non è detto che da cosa non nasca cosa. Vi trovo una fanciulla attraente ma anche intelligente e brillante. Vi ho ascoltata mentre conversavate, vi ho osservata per tutta la giornata.” disse il giovane.

“Allora continuate così, Joshua. Ma per il momento limitatevi alla conversazione, con me.” rispose Susan, dirigendosi verso la propria stanza.

“So essere piuttosto paziente, Susan. Ne avrete la prova.” le disse Joshua, mentre la giovane apriva la porta. “Dimostratemelo, Joshua.” lo sfidò la ragazza, con un sorriso, prima di entrare nella sua stanza e chiuderne a chiave la porta.

 

   
 
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