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Autore: BigMistake    31/03/2010    4 recensioni
I PARTE: Vi ricordate dove eravamo rimaste in Grey Day in Darkness? Non l'avete letta, ma allora cosa aspettate? (necessario leggere prima quella) Nessie e Jake sono felicemente sposati, con due splendidi bambini. Riuscirà la nostra coppia preferita a superare la crisi del settimo anno? Spoiler dal capitolo XVI: < Perché ti ho data sempre per scontata? Pensavo che la nostra vita insieme sarebbe stata perfetta. Non dovevo. La perfezione non esiste, nemmeno per due anime complementari come noi … > Buona lettura! II PARTE: Passano gli anni e la vita continua. Per stabilizzare gli equilibri bisogna ancora agitare il bicchiere. EJ e Sarah crescono e si scoprono ragazzi, affrontando le problematiche annesse. Dal Capitolo X: - Lui vampiro ed io licantropo, ma con un po’ dell’uno nell’altro. Il freddo e laconico Yin, l’autunno della vita, il nord, il ventre buio dell’animo umano rischiarato da un punto di luce dello Yang che dall’altro lato della collina sorride al sole seppure con una parte oscura di lui nascosta agl’occhi di chi non guarda, alle orecchie di chi non ascolta, agl’animi che non esistono. La perfezione. L’equilibrio. Perfetti e completi solo se insieme. - Buona lettura!
Genere: Romantico, Avventura, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Renesmee Cullen | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'GREY DAY IN DARKNESS'
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CAPITOLO XVI: Errore?

POV Jacob.

Le avevo fatto del male. L’avevo tramortita contro quell’albero. Che stupido ad avvicinarmi mentre stava ancorata alla sua preda. Nessuno mi aveva assicurato che non reagisse al mio sangue, era perfettamente normale che ne fosse attratta. Da bambina ovviamente per me era più facile contenerla ma la sua forza ora era centuplicata e il suo autocontrollo era regredito. La sua schiena era segnata da un bel livido scuro che, fortunatamente, stava scomparendo. Colpa mia, sempre e solo mia. Non contento, come se l’amnesia non bastasse, le avevo fatto battere la testa. Non avrei mai voluto essere violento con lei. Ma avevo rischiato di brutto, mi stava azzannando con lo sguardo omicida che di solito riservava solo per le sue prede.  Tentai di spostarla, di liberarmi dalla presa sul collo, ma lei aveva in mano parecchio sangue umano e questo non poteva fermarla. Ero stato costretto. Ma se non l'avessi scostata, se avessi pazientato non l'avrei mai condotta all'aggredirmi. Non ero stato stupido, ma un vero e proprio c******e!

 “Dove sei andato?” ero così assorto che non mi ero accorto di stare in silenzio da quasi venti minuti.

“Sono sempre qui con te!” l’unica risposta vera e sensata che potevo darle. Ero da sempre e per sempre con lei, anche in quell’avventura sconvolgente in cui temevo tremendamente di perderla. In realtà la mia Nessie non era molto cambiata, era la piccola testarda combina guai che scivolava e cercava in tutti i modi di mascherarsi pur di non far preoccupare le persone che ama. Sempre che mi amasse ancora, che ricordasse il sentimento che provava. Certo che i suoi sguardi eloquenti, il suo atteggiamento la sera precedente quando si era avvicinata così nocivamente a me, il suo modo di accarezzare la mia pelle provocando quella tremenda sensazione eccitante e struggente, lasciavano ben sperare. Non sapeva chi era, non ci conosceva neppure. Eppure i suoi legami erano al di là dei ricordi. Confidavamo nella sua intelligenza sperando che quello che sentiva nel cuore la aiutasse a capire ciò che la univa ad ognuno di noi.

“Jacob, adesso posso camminare da sola …” non ricordava ma già sapeva come ottenere da me quello che voleva. Quando l’avevo redarguita con uno sguardo, aveva subito tirato fuori quell’espressione dolce da cerbiatta sbattendo ripetutamente quelle lunghe ciglia. Nessie, la mia Nessie capace di annichilirmi con nulla e di rendermi un burattino con un sorriso. “Grazie!” appurai che le sue gambe reggessero e a che punto si trovasse la regressione del livido. Al suo posto vi era solo una macchia giallognola. “Come va dottor … non conosco il tuo cognome …”

“Black!” < È anche il tuo di cognome Renesmee Carlie Cullen in Black, mia moglie, la mia ragione di vita, madre dei miei figli! > quel pensiero lo avrei voluto gridare a piena voce.

“Allora come procede la convalescenza dottor Black?” mi stava prendendo in giro. La solita Renesmee.

“Direi bene signorina, è quasi completamente scomparso!”

“Saranno le sue mani calde da guaritore, ma non crede di approfittarne un po’ troppo …” non mi ero accorto di accarezzarle insistentemente la schiena, che avrei voluto baciare. E mi stava nuovamente incastrando con quel suo fare finto ingenuo che la contraddistingueva, maledettamente provocante senza saperlo, i vestiti stracciati, la pelle pallida esposta in più punti facendomi stordire con quel suo corpo dalle forme snelle e forti, sensuale in ogni mossa. Da quanto non la desideravo così? Sempre troppo occupati con i nostri doveri, maledetta quotidianità che non ci permetteva più di vivere il nostro amore come avremmo voluto. Io e lei spesso troppo stanchi, bambini che invadevano il letto, caccia veloce per tornare a casa, sesso saltuario, frettoloso  e silenzioso per non farci scoprire, e tutto scorreva troppo rapidamente non accorgendomi che la mia fortuna stava li in quel corpo perfetto. Lo schiocco delle dita davanti al mio naso. “Buongiorno bell’addormentato, sognavi ad occhi aperti?”

< Si > “No!”

“Camminiamo prima di correre a casa? Almeno parliamo un po’ …” di nuovo quel modo di fare tremendamente ammaliatore. Avevo sperimentato con il tempo che non ero il solo a cadere sotto l’influsso Renesmee. In realtà l’unico a sembrarne un tantino più immune, sempre con  riserve, era il paparino che leggendo i suoi pensieri, riusciva a capire i suoi modi da strega incantatrice. “Allora noi cosa siamo? Amici? Parenti alla lontana? Fidanzati?” dritta al punto. Non le erano mai piaciuti i giri di parole, quindi me l’aspettavo una domanda diretta. E poi cos’era quell’ultima parola marcata? Una speranza?

“Tu cosa hai dedotto?”

“Non credo che siamo parenti, non tanto per le differenze fisiche, ma dal modo in cui ti comporti sembri tutt’altro che uno zio apprensivo …” teneva ben saldo il suo sguardo altrove mentre io continuavo ad osservarla mentre ragionava, soprattutto per quel rossore dovuto alla sua timida sfrontatezza “ Però non puoi essere un semplice amico, anche se la confidenza con cui mi parli fa pensare il contrario, non lo so mi confondi! In realtà vorrei capire un po’ di tutti i legami, sono tentata di mettere un bel foglio fuori dalla porta con scritto : PRIMA DI ENTRARE SPECIFICARE NOME E GRADO DI PARENTELA!” mentre diceva queste ultime parole indicava un cartello immaginario in aria. Trova sempre la voglia di scherzare, pur non sapendo chi è e cosa è, rimanendo sempre la solita Nessie.

“Quindi potrei essere una sorta di amico fratello ragazzo?” riassunto in poche parole: tutto. Anche se essere il suo ragazzo, in realtà non lo ero mai stato. Dopo il primo bacio mi aveva chiesto di sposarla ed era diventata subito la mia fidanzata ufficiale e dopo pochi mesi eravamo già sposati. Non che la cosa mi dispiacesse, in fondo l’avevo aspettata per dieci anni ed avevo agonizzato ad ogni suo minimo interesse per un altro, diciamo che mi ero meritato un fidanzamento lampo, però devo ammettere che un po’ ero dispiaciuto di non avere l’esperienza adolescenziale dello stare insieme.

“Stai per caso girando la frittata, Jacob?”

“Un pochino …” dissi con somma soddisfazione di averla irritata ed aver scatenato in lei quella luce travolgente e passionale che tanto amavo. Si morse il labbro inferiore e prima che potessi fermarla mi stava picchiando selvaggiamente la spalla. Riuscì a raggirarla e a bloccarle i polsi.

“Non vale, tu sei più forte!”

“Povera, bambina imbronciata!” prima avrei baciato quel piccolo muso che metteva quando si offendeva e faceva i capricci. Ma ora mi dovevo assolutamente trattenere. Anche se le sue labbra diventavano sempre più prossime e bastava veramente poco per poterle avere sulle mie.

“Ti va una sfida?” non era per niente cambiata “Solo per testare le mie abilità!”

“Che tipo di sfida?” si allontanò di qualche passo, mordendosi più voracemente il labbro inferiore come se quel suo cervello stesse macchinando qualcosa di veramente diabolico.

“Tu sei un lupo forte, agile e scattante non ti sarà difficile …” e si riavvicinò sempre con quell’espressione furba e maliziosa a cui ho sempre stentato a resistere “ … provare a prendermi!” scattò fulminea tra la vegetazione, le lasciai un po’ di vantaggio, la sua velocità era praticamente pari alla mia da umano. Decisi quindi di non trasformarmi o l’avrei battuta senza problemi. Per una volta almeno alla pari, la vecchia Renesmee non l’avrebbe mai voluto. Nessun favoreggiamento. Seguì la sua scia correndoci dentro finché una risata argentina riempì nuovamente ogni parte di me. Era da tempo che non correvo senza trasformarmi. Non c’era pelo a barriera tra me e l’aria, il fresco della natura sull’epidermide, sensazioni che avevo decisamente dimenticato. Accelerai di gran passo, dovevo raggiungere la mia fata dei boschi che leggiadra e terribilmente veloce, volava tra le fronde. La affiancai in breve, ma lei non si diede per vinta. Piegò le ginocchia e si elevò in un salto particolarmente alto raggiungendo il ramo di un albero. Anch’io contrapponevo i miei salti al tronco ed ai rami man mano che lei sui spingeva più in alto, nel tentativo di raggiungerla. Il suo modo aggraziato di muoversi  contrastava con il mio fortemente virile. Ma lei era pur sempre la figlia di Bella, me lo dovevo immaginare che avrebbe messo un piede in fallo e sarebbe scivolata rischiando di schiantarsi a terra se non le avessi afferrato prontamente la vita. Riuscivo a sorreggermi sia con i piedi che con il braccio libero ad un ramo sopra le nostre teste.

“Presa!” le dissi vittorioso mentre si era avvinghiata al mio collo, visibilmente spaventata. “Non devi preoccuparti, ci sono io che ti tengo!” la feci sistemare in modo potersi sorreggere praticamente da sola, senza mai togliere il braccio dai suoi fianchi più per un piacere personale. No, anche perché la sua sbadataggine riaffiorava spesso e volentieri.

“Mio Dio Jacob! Guarda!” non mi ero accorto che tra la caccia, la corsa, le chiacchiere la giornata era praticamente finita. Da lontano un sole tagliato da cumuli nuvolosi, sottili come lame di ceramica moriva nel mare. Si vedeva  la lingua di sabbia bianca di La Push, mangiata dall’alta marea provocando un sottile strato d’acqua a specchio che rifletteva il crepuscolo appena alla sua nascita. Tra la foschia lontana si riusciva a scorgere la sagoma aranciata  di James Island, mentre le onde s’infrangevano sulla scogliera scenario di molte nostre avventure. Spontaneamente la strinsi a me, ma non sembrava respingermi. Rimaneva affascinata dallo spettacolo che la natura ci stava offrendo, forse era un modo concessoci per innamorarci di nuovo “Non lo trovi bellissimo?” parole semplici, ma piene di significati tremanti dall’emozione.

“Diciamo non è la sola cosa bellissima che vedo …”

“Cos’altro vedi? Io scorgo solo la spiaggia!” allungò il collo come a cercare un qualcosa oltre l’orizzonte che stava soccombendo alla luce del giorno per dar voce alla notte.

“Non  si trova in spiaggia, perché la sto ammirando tra le mie braccia!” spostò lentamente il suo volto verso il mio e c’incatenammo come una volta, con i nostri sguardi e quel silenzio pieno del nostro amore. Un’altra cosa attirò la nostra attenzione. Tornammo ad osservare il mare. Una lieve collina scura si spostò attraverso il pelo dell’acqua, e poi uno sbuffo d’acqua alto un paio di metri.

“Quella è una …”

“Si è una balena, di tanto in tanto si possono avvistare! Siamo stati fortunati!” il suo sguardo eccitato e immensamente felice mi fece sentire come in passato aspettavamo per giornate intere di avvistarne una: appagato, in pace con l’universo. La mia dolce e curiosa bambina.

< Perché ti ho data sempre per scontata? Pensavo che la nostra vita insieme sarebbe stata perfetta. Non dovevo. La perfezione non esiste, nemmeno per due anime complementari come noi … >

“Che peccato, non si vede più … ” si voltò nuovamente con quel suo sguardo affranto e supplichevole come se io potessi riportarla indietro.

“Kwop Kilawtley! | Rimani con me per sempre | ” l’avevo detto ad alta voce, non ero riuscito a trattenerlo e speravo che nei meandri dei suoi ricordi non ricordasse il significato delle parole che le avevo appena sussurrato. O forse si. Odiavo enormemente stare in disparte. Ad un tratto la sua bocca, quella che desideravo ardentemente da sempre era sulla mia, in quel bacio che più mi era mancato. Dolce, lento, delicato. Fantasia e realtà si confondevano in quel sogno che rappresentava la mia piccola Nessie.

“Sapevo che non eri un semplice amico!” sorrisi in quelle parole pronunciate tra le nostre labbra strette nella nostra comune voglia. Lei mi amava, lo sentivo e lei lo sentiva. Non avrei dovuto, stavo giocando con il fuoco, gettandomi dalla scogliera ad occhi chiusi. Stavo correndo in un campo minato e  dove lei mi stava aspettando. Cristo, se ne valeva la pena! Mi sarei scottato, schiantato e sarei esploso pur di poter avere anche solo un assaggio di mia moglie. Sbagliavo o no a volerla? E a prenderla? La stavo costringendo a scegliermi di nuovo?

 

 

L’avevo riportata a casa, rispettando un religioso silenzio per tutto il tragitto, aiutato dalla mia trasformazione. L’avevo baciata. Se fosse successo una settimana prima sarebbe stata una cosa naturale non un vero e proprio delitto. Era come approfittarmi di lei della sua confusione, ma il suo corpo tremante, richiamava il mio lo sentivo dalle risposte che ricevevo ad ogni suo gemito, ad ogni suo sospiro.

“Non c’è nessuno …” casa Cullen vuota? Probabilmente sapendo che l’avrei portata a caccia, avevano approfittato anche gli altri che non si nutrivano da parecchio. Non contando chi si occupava dei nostri figli. Mi accovacciai lasciandola scendere. Accarezzò delicatamente il mio muso e vi pose un bacio tra gli occhi, era una cosa che faceva sempre da bambina. Le piaceva da morire toccare il pelo in quel punto, a sua detta era il più morbido, e, devo ammetterlo, era un piacere godere delle sue attenzioni in forma animale. “Vorrei farmi una doccia e darmi una sistemata. Ti trasformi e mi raggiungi?” raggiungerla in una casa vuota dopo quel bacio? Non sarebbe stata una grande idea. Ma come poterla lasciare sola?

< Dannazione Jacob, sei un uomo, non un ragazzino di sedici anni,  saprai pure contenere i tuoi istinti no? Si ma lei … e noi non da … ho perso il conto, è veramente troppo che non … ed io … > non mi ero accorto di cominciare a guaire. Riportai i miei occhi in sua direzione, ed ecco la mia piccola vampirastra subdola che faceva gli occhioni da cerbiatto spaventato. Bella non li sapeva usare così bene.

< Tre, due, uno. Fregato > la invitai ad entrare sospingendola con il muso. Con un sorriso smagliante scomparve dietro la porta lasciando i mie jeans poco lontano da me. “Ti aspetto dentro!” lo conoscevo troppo bene quello sguardo. Lo aveva sempre quando otteneva qualcosa. E al povero Jacob che succedeva? Mi piantavo un’espressione da imbecille sul viso, totalmente perso in quella sua piccola gioia. Mentre rientravo sistemando i pantaloni notai che aveva già iniziato a farsi la doccia.

< Bravo Jake pensala nuda sotto l’acqua calda, così li calmi i bollenti spiriti! > dovevo chiedere il divorzio dalla mia coscienza, anche se aveva tremendamente ragione. Avrei dovuto trovare un modo per distrarmi come per esempio togliermi il fango da dosso in un altro dei numerosi bagni della bella villa bianca. Con un bel getto gelato, in modo da ricordarmi che non avrei dovuto sfruttare quella comoda e suntuosa casa stranamente deserta, perché per la pecorella smarrita era troppo presto ed io prima di essere un lupo ero un uomo. Mi guardai allo specchio mentre mi asciugavo.

“Ce la puoi fare Jake! Hai resistito per mesi senza toccarla, puoi farlo per qualche ora!” lo ripetevo a me stesso ma non sembravo convincermene. Era già difficile resisterle quando non sapevo cosa si provava, adesso mi sembrava praticamente impossibile. Mi abbandonai nell’osservazione del pavimento intonso e pulito. “Maledizione!” e poi la udii e ne rimasi soggiogato. Stava cantando. La sua voce cristallina, mi guidò fino alla porta del bagno della camera da letto di Bella. Scivolai sulla parete accanto alla porta, rimanendo ad ascoltare la sua soave voce intonare una canzoncina infantile.

“You are my sunshine
My only sunshine
You make me happy
When skies are gray
You'll never know dear
Just how much I love you
Oh, please don't take
My sunshine away ...... ” [Neil Diamond]

La nostra canzone. Quando da bambina l’ aveva scoperta mi aveva detto che la trovava perfetta, come se l’avessero scritta per me. Ancora ricordo la sua esaltazione, saltellava contenta come un grillo continuando a cantare come un fringuello e fu una delle prime volte che notai l’influenza di Alice nel suo comportamento. Ogni momento in cui ero triste o arrabbiato, arrivava  la sua voce da angelo, ricordandomi di essere il suo raggio di sole portandomi ad un passo dal cielo. Cominciai a canticchiare con lei, niente a che vedere con la melodia argentina che proveniva limpida da quella stanza. Perso nei miei pensieri non mi ero reso conto nemmeno che l’acqua aveva smesso di scorrere e lo scampanellio delle sue corde vocali si era fatto flebile come una riflessione. La storia si ripeteva. Quel corpo, quello sguardo, quel profumo. Solo un asciugamano, un misero lenzuolo di panno latte e me la trovai di spalle a recuperare i vestiti che aveva lasciato sul letto per cambiarsi. Come quel giorno, in casa di mio padre, ad un centimetro da lei, ad un passo dalla follia e dal paradiso infernale a cui mi avrebbe condotto il suo corpo. Tutti i buoni propositi andarono a farsi benedire nel momento in cui i miei occhi si erano posati sulle sue curve.  Arrancai cercando di sollevarmi, cosa che riuscì solo grazie alla parete. Urtai un quadro che piombò a terra e si frantumò. Lei si voltò di scatto spaventata per il rumore e quello che vidi non fu di nessun aiuto. I suoi occhi erano sbalorditi ma non accennavano a distaccarsi dai miei. Aveva lasciato cadere i vestiti rimanendo immobile per alcuni secondi. Il nodo al petto iniziò a muoversi impaziente assecondando il suo respiro affannato calamitando il mio sguardo in un punto propriamente erogeno come il suo petto.

< Calma, sangue freddo. Non devi, non puoi. > peccato che il mio corpo aveva deciso di muovermi contro un insubordinazione coi fiocchi. Non potevo nulla contro il magnetismo che si accaniva su di noi. Era come chiedere ai pianeti di non compiere il loro moto di rivoluzione attorno al sole. La mente viaggiava già in lidi che non avrebbe dovuto toccare, mentre il tempo si era fermato nell’esatto istante in cui avevo letto in lei la mia stessa voglia. Non riuscivo in alcun modo a togliermi di testa i miei errori. I problemi, le difficoltà non dovevano essere occasione di discussione ma di crescita, e noi ci eravamo lasciati sopraffare da tutte quelle sfide che si presentavano di giorno in giorno diventando nemici e non complici, nella dimostrazione di chi era il più forte. Lei mosse un passo e a quel tacito consenso riempì la distanza afferrando il suo fianco con foga. Pregai che Nessie mi discostasse, mi rifiutasse. Non c’erano bambini a poterci interrompere, non c’erano urgenze di cui parlare, patti da rispettare o licantropi impazienti. Solo lei poteva allontanarmi e rimettermi al mio posto.

< Jacob, riprenditi non puoi approfittarne così! Anche se è tua moglie non ricorda nulla, comportati da uomo … >altre mille frasi simili, pesavano nella mia testa cercando di convincere un me stesso a fermare le azioni dettate soltanto dall’impulso animale di possederla. Le presi le labbra, divorandole nel vortice di un nuovo amore, più sentito e maturo di quanto non lo fosse mai stato. La stringevo combattendo tra l’istinto e la ragione che sembrava soccombere al mio polo, il centro assoluto del mio universo. La mia colonna portante. Cosa stavo facendo? Mi staccai lentamente imponendomi che sarebbe stato meglio fermarsi.  Tremai con un’espressione sofferente, quello a cui mi stavo obbligando era una vera e propria brutalità. E la tortura fu peggiore di quello che non potessi pensare: la guardavo dall’alto della mia statura mentre con le sue esili e pallide dita iniziava a percorrere il sentiero della perdizione. Iniziò con il pomo d’Adamo scendendo al centro del petto, lentamente fino agl’addominali, sfiorando con una carezza leggera il basso ventre. Ne uscì un lamento gutturale, lacerato da quello che sembravo strapparmi dal petto.

“Jake, non ti fermare … ti prego! Non farlo … ” avrei dovuto farlo molto prima. Ora che le mie preghiere, quelle che io dovevo fare a lei per concedermi un minimo delle sue attenzioni, erano le sue non sarei più riuscito a raggiungere il controllo. Sapevo che voleva dire degustare il suo corpo e godere a pieno della nostra intimità. Ma era come se fosse inesplorato, mai vissuto: mi sentivo impacciato, impaziente, anelante, esattamente come la prima volta. E forse era la nostra seconda prima volta. Io assolutamente vergine per la sensazione di estraneità dal mio essere, lei totalmente svuotata da ogni ricordo ma con la coscienza inconscia di amarmi. Le sue dita risalirono di nuovo fino a giungere ai miei capelli dove con forza prese la mia nuca traendomi a lei, con impeto aumentando la mia eccitazione già ormai arrivata alle stelle. Se mi fossi contenuto ancora sarei esploso. Mi spinse su quel nostro improvvisato talamo d’amore, che aveva già visto i peccati di altri ma non i nostri. Il bacio da passionale divenne di fuoco. Con un braccio le avvolgevo la schiena e con la mano contraria cercavo il nodo dell’asciugamano aspettando il suo consenso. Con gesti rapidi mi aiutò a sfilarlo e lo lanciai andando ad accasciarsi in un angolo non identificato, rivelando il perlaceo colore della sua carnagione. Le afferrai i fianchi e la gettai sul materasso di schiena. Tracciai il suo candido collo con le labbra, il sapore della sua pelle agro dolce, il suo tiepido fresco, mi facevano letteralmente impazzire. Seguivo con baci tormentanti il lato ubriacandomi con il suo profumo delizioso, reso ancora più acuto. Di tanto in tanto ero costretto a fermarmi e respirare, placando l’affanno che avevo nel petto per poi riprendere il mio dissetante pasto, continuando il sentiero pericoloso che avevo  iniziato: sfiorai la clavicola sporgente, i seni morbidi e sodi che si modellavano perfettamente alle mie mani, giungendo fino al ventre liscio, baciandola ovunque degustando quel sapore d’ambrosia della sua pelle di velluto. Rimasi un interminabile minuto ad osservarla, finalmente il suo corpo acclamava il mio, mi voleva, mi desiderava. Come non avrei potuto risponderle. Era bellissima. Cristo, se era bella! Ed era troppo tardi. Vederla supplichevole, sussultante, sensuale guardarmi ardente di quel desiderio che sentivo prepotente crescere ogni istante, non permetteva al sangue di affluire al cervello dove era giusto che si trovasse. La sentii armeggiare con la patta dei jeans appena risalii verso la sua bocca, non potevo negarle il mio aiuto, quasi me li strappai di dosso. Distendendomi su di lei fui trascinato dai piaceri della carne, resa ancor più debole dalla situazione. Era mia, lo era sempre stata. Finalmente mi sentivo completamente libero, abbastanza lontano da orecchie innocenti e menti esaminatrici. Potevo amarla e potevamo godere insieme la nostra intimità. Il suo piccolo piede nudo, carezzava dolcemente la mia gamba risalendo lungo il polpaccio più e più volte in un tacito invito, finché ogni esitazione divenne vana. Un mugugno profondo accompagnò il suo sospiro di piacere quando, ormai giunto al limite dell’eccitazione, affondai in quel calore superiore persino alla mia temperatura. Mi sentii avvolgere dalla più sublime delle sensazioni, ed in quel momento abbandonai ogni incertezza, ogni timore perché in lei mi sentivo completo. Era giusto fonderci, unirci, essere una cosa sola anche fisicamente. Il semplice sesso, tornò ad essere amore. Non che fosse cambiato ma ad un tratto della nostra vita tutto era diventato un bisogno, un accontentarsi del tempo a disposizione, senza ritagliarlo appositamente per noi. Le braccia si contrapponeva al materasso, attento a non sopprimerla con il mio peso, ma non c’era una parte di me che non oscillava in quel pazzesco ed intenso momento, intensificato dai suoi gemiti estasiati. Sfogai la mia forza sotto i miei palmi contro il cuscino. Sapevo che quando il limite stava per giungere, potevo rischiare di farle male. La gola cominciò a seccarsi, il respiro affannato non permetteva di far riprendere una salivazione normale. Il ritmo aumentava e con esso ogni sensazione si mescolava alle altre confondendosi: udito, olfatto, gusto, tatto. I suoi sospiri con i miei gemiti, il suo profumo con il mio odore, i nostri sapori, le nostre epidermidi a contatto. Se avessi urlato quanto avrei voluto probabilmente tutto il branco sarebbe accorso spaventato, cercai di trattenermi ma dovevo chiamarla dovevo farle sapere che era solo lei a farmi uscire di testa. Il mio grido rimase sullo sterno, uscendo in un’invocazione roca del suo nome. Le sue gambe si contorsero  stringendo il mio bacino, e i suoi polpastrelli intenti in un solletico stimolante della mia schiena si piegarono facendomi percepire le unghie. Non avrei mai voluto che finisse ma ero giunto ormai al punto di non ritorno. Quell’ istante di nero assoluto, in cui smetti di esistere, dove la tua coscienza si perde nell’amplesso che stai vivendo,  in cui tutto di te muore per tornare a nuova vita in quello che era stato il più forte piacere mai provato. Insieme.

Note dell'autrice: Se siete andate a fare una bella doccia fredda mettere una firma! Allora allora ai nostri due piccioncini capita una scena simile a quella di Grey Day, ma stavolta mangiano la mela del peccato e chi ce lo racconta è il nostro Jake che non ce la fa proprio più! Ma neanche Nessie! SE RITENETE CHE IL RATING DEBBA CAMBIARE DA ARANCIONE A ROSSO DITELO.

La frase Quileute che dice Jake a Nessie è quella che nel film di New Moon Jake/Tay (che Dio l'abbia in gloria) dice a Bella prima del suo quasi bacio. L'ha usata anche la mia cara collega FraZanna nella sua di FF sperando che non si offenda, ma se fosse così basta che lo dici ed io la tolgo subito(ho provato a contattarti per mail ma non hai fatto in tempo a rispondermi scusa).

noe_princi89: sono proprio contenta che ti appassioni la mia storia, temevo di annoiarvi ed invece vedervi pronte a leggere e recensire mi fa tanto tanto piasere. Quindi regalino e doccia fredda!

never leave me: AMORA! Allora com'è? T'è piaciuto ha stuzzicato il tuo palato e la tua fantasia? questo è tutto per te tesora che so che apprezzi le scene d'amour!!!Spero di essere stata tenera e provocante come la nostra Nessie! Oddio aspetto il tuo giudizio con ansia perchè non lo so è stato difficilissimo mettermi nei panni di un uomo quindi aspetto di sapere se dalla mia critica di queste scene sono riuscita a rendere giustizia alle sue emozioni. Me paura. (Mi sono dimenticata nel cap precedente di dirti che io sono molto appassionata di Dante soprattutto della Divina Commedia; pensa che ho visto anche l'opera a teatro superlativa!!!) 

   
 
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