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Autore: Soul Sister    01/04/2010    3 recensioni
Un Edward tormentato, malinconico e addolorato profondamente, che non crede nell'amore. Una Bella dalla famiglia disastrata, ma nonostande tutto, che ancora sogna e crede nell'amore vero. Riusciranno ad amarsi, tra i fuochi delle due famiglie in lotta tra loro?
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II
Lui
Abitava nella microscopica ed umida Forks, un giovane.
Lui, dai ramati e spettinati capelli e dai particolarissimi occhi dorati, era sicuramente il diciassettenne più affascinante e desiderato della cittadina dello stato di Washington e dintorni.
Si chiamava Edward Anthony, ed era il figlio adottivo del capoclan di vampiri, Carlisle Cullen.
Edward era un ragazzo dal doppio volto: con la sua famiglia era sé stesso, con gli umani indossava una maschera per proteggere sé e le altre persone.
Non che lo volesse, ma era costretto.
Egli, infatti, era un ragazzo dolce, romantico e generoso, ma si dimostrava il contrario.
Tutto questo per non mettere alla luce la loro vera natura; dovevano stare alla larga dagli umani…
Il loro essere un mostro, un vampiro, un essere ripugnante e vile era pericoloso per loro.
Edward odiava sé stesso, odiava non poter essere come quegli insulsi umani che odiava tanto. Anzi, non li detestava, li invidiava solo.
Oh si, era terribilmente geloso della loro vita precaria.
Il desiderio, purtroppo impossibile, di Edward era quello di tornare indietro alla sua trasformazione e far cambiare idea a quello che era diventato poi suo padre.
Così non l’avrebbe mai tramutato in un vampiro.
E sarebbe morto, di dolori atroci certo, ma nulla in confronto ai sentimenti che lo distruggevano in quel momento.
Mentre fuori, Edward diventava il ragazzo superficiale, per gli altri irraggiungibile, che doveva dimostrar di essere. Per tenere alla larga tutto e tutti; anche se, più i Cullen si comportavano male, più le persone li stimavano, li veneravano…
A scuola, per esempio, stavano sempre per i fatti loro, non si mischiavano con gli altri studenti.
I compagni, per questo, molte volte li detestavano: ma non sapevano che in realtà li stavano solo tutelando. Ma oltre a questo sentimento, provavano una certa invidia, e comunque li stimavano.
Anzi, molte persone amavano addirittura questi comportamenti, se non si fossero comportati così, probabilmente non gli sarebbero girati così intorno.
Purtroppo, a minare il loro segreto, scoppiavano le risse con quel branco di cani bastardi* ; li punzecchiavano talmente tanto che era piuttosto difficile trattenersi.
Fortunatamente, nessuno di quei botoli pulciosi si era mai trasformato in un lupo.
Avrebbero destato un certo scalpore…
Dopotutto, erano una specie di cani-lupo alti più di un cavallo!
Ed anche la mente bacata del più stupido degli umani avrebbe intuito che c’era che non andava.
*****

- Edward, tesoro, esco io – gli aveva detto sua madre Esme, prima di andarsene.
- va bene – aveva sospirato Edward, senza troppo entusiasmo. Non che ne avesse tanto, abitualmente.
Quel giorno, Edward non voleva uscire con i suoi fratelli.
Aveva deciso di stare a casa da solo, con i suoi patemi mentali, a piangersi addosso.
Almeno avesse potuto piangere!
Perché non bastava averlo tramutato in un essere senza anima, cuore e sentimenti, no!
Quel Dio gli aveva anche tolto la possibilità di piangere, di sfogarsi.
E non poteva nemmeno estraniarsi dal mondo, nascondendosi sotto le coperte, e lasciarsi cullare tra le braccia di Morfeo, perché i freddi non potevano dormire.
Per cui, se ne stava sdraiato sul suo divano di pelle a meditare, con le braccia sotto la testa.
- Edward, allora non ti sei ancora preparato?! – trillò quella che era la sua pestifera sorella preferita. Il rosso si mise seduto.
- Alice, non ho voglia di uscire oggi… andate voi.. – disse Edward, scocciato dal fatto che sua sorella non avesse bussato prima di irrompere in camera sua.
Non che non l’avesse sentita, comunque; con il suo super udito sentiva i più impercettibili suoni, anche a chilometri.
- uffa, tu non hai mai voglia di uscire! – si lamentò sua sorella. Lei aveva la sua stessa età, sia umana che vampiresca. Era molto bella, caratteristica comune degli immortali - ma anche da umana era sicuramente stata bellissima - , benché fosse minuta e piuttosto bassina. Aveva dei capelli corvini corti e sbarazzini, e gli occhi grandi e dorati, come tutti nella sua famiglia: il colore erano dovuto alla loro nutrizione basata solo su sangue animale.
Alice era una tipa molto esuberante, aveva un’energia e una voglia di vivere impareggiabile. Un po’ l’opposto del suo fidanzato ,e fratello, Jasper. Infatti lui era un tipo tranquillo, pacato e sensibile. Se non era in complotto con Emmett, poteva essere considerato quasi silenzioso e riservato. E riusciva a sopportare Alice a meraviglia. Erano davvero molto innamorati.
- dai, non tormentarmi nana… non ho voglia di uscire. – rincarò Edward.
- andiamo, forse dopo andremo anche a caccia… - e fece gli occhioni da cucciola bastonata, a cui pochi resistevano.
- ho detto no! – sbottò Edward, con una certa fatica a sopportare quello sguardo.
- asociale! – esclamò l’altra, arrabbiata.
Poi si voltò, e sbattendo i piedi uscì dalla porta, senza riaccostarla.
- chiudila. – disse Edward, rimettendosi le braccia dietro la testa, e abbassando le palpebre. Sua sorella, infuriata, tornò indietro e chiuse la porta sbattendola.
Edward sorrise tra sé: benché molte volte erano di opinioni diverse, si volevano molto bene. Il loro rapporto si equivaleva a quello di due fratelli consanguinei.
- ciao ottantenne! – lo salutarono Rosalie, Emmett, Jasper e Alice.
“quella folletta è incredibile!” commentò col pensiero Emmett.
“ Edward, fratello mio, sei proprio strano…” sbottò Rosalie, la sorella con cui andava meno d’accordo.
“ah, povero…” Jasper forse era quello che capiva meglio ciò che provava Edward, essendo un empatico.
Alice, dal canto suo, oscurava i pensieri al fratello, cantando in più lingue l’inno americano.
Questo, non fece altro che incuriosire ed innervosire il rosso: doveva ammetterlo, leggere nel pensiero era molto fastidioso, ma quando qualcuno glielo bloccava, diventava molto più invadente e molto meno indiscreto.
E la nana lo sapeva.
- peste! – esclamò Edward, e la risata di Alice riempì tutta la casa.
Quando sentì le auto sgommare via ad una velocità pazzesca, si rilassò. Aveva tutta la casa per sé, anche suo padre era andato al lavoro.
Quanto avrebbe desiderato essere umano, essere normale… e non dannato per l’eternità.
Dov’eravamo arrivati? Ah si, a tutte le cose che Edward invidiava agli umani…
Un’altra opzione che agli immortali era negata, era il suicidio.
Quante volte Edward avrebbe voluto darsi una stilettata al cuore, ingerire un po’ di veleno… così, tanto per mettere fine alla sua inutile ed insulsa vita, priva di significato. Sempre se così si poteva definire…
Tra gli umani era così frequente questo modo di morire… molti erano i protagonisti di celeberrime storie, che si ammazzavano… basti pensare a Romeo, dell’opera di Shakespeare. Però, forse le situazioni erano un po’ diverse da quella del vampiro vegetariano che si poneva questi quesiti…
Il giovane rampollo dei Montecchi era innamorato, ed aveva perso l’unica sua ragione di vita, Giulietta…
Edward non era innamorato, non aveva una ragione per cui esistere, e in realtà , non aveva mai vissuto.
Semplicemente, c’era.
Romeo, lui quello stolto ed incapace, si era suicidato inutilmente, la sua Giulietta era viva.
Edward aveva un motivo valido per cui morire. Anche se non aveva una fantomatica Giulietta per cui continuare a essere tra i ‘viventi’.
I vampiri avevano solo un modo per mettere fine alla loro esistenza; ovvero, non rispettare la legge dettata dai Volturi, il clan più grande e potente di tutti, coloro che si erano autoproclamati famiglia reale.
In sintesi, bastava rivelare la propria identità agli umani.
Oppure, un altro metodo era far innervosire all’inverosimile un vampiro qualsiasi, che allo stremo della pazienza, l’avrebbe fatto a pezzettini e gli avrebbe dato fuoco.
Purtroppo per Edward, non era così semplice…
Sospirò. Evidentemente era il suo destino..
Si rialzò dal divanetto di pelle nera, e si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli di più.
- ed ora che faccio…? – si disse, annoiato.
Scese in salotto, diretto al suo piano forte.
Si mise a suonare una delle sue canzoni preferite, Claire de lune di Debussy. La musica classica riusciva, stranamente, a placare i suoi tormenti interiori.
Le dita scorrevano agili sui tasti d’avorio, e le note si diffondevano per tutta la casa.
E suonò per quasi due ore, di continuo, passando da una canzone all’altra, sfogandosi così.
Suonò anche le sue canzoni, ispirate da ogni componente della sua famiglia, e rispecchianti il carattere di ognuno di loro.
Dalla melodia dolce e mielosa di Esme, rispecchiante il suo essere una madre eccezionale e il suo amore incondizionato donato agli altri, a quella grandiosa ma allo stesso tempo semplice, come Carlisle e per lui.
Da quella magnifica, elegante e raffinata dedicata a Rosalie, a quella giocosa, allegra e , in certi punti, irosa di Emmett.
Da quella tranquilla, pacata e, in parte tormentata, di Jasper, a quella allegra, movimentata, e sprizzante di gioia della folletta, o anche chiamata Alice.
Era il modo di Edward per esprimere la gratitudine e l’affetto per i propri famigliari. Perché non sempre riusciva ad esternare ciò che pensava e provava, ma come biasimarlo?
A lui la gente non poteva mentire, sapeva in primis se qualcuno pensasse male o bene di lui, come lo giudicasse. Ed aveva paura, lui non poteva avere il beneficio del dubbio, riguardo ai pensieri della gente.
Era così preso dalla musica, che non s’accorse che Esme era tornata a casa, e lo osservava, commossa e felice come non mai di risentire il figlio al pianoforte.
Lei lo elogiava sempre, ovviamente a ragione.
Non era di certo di parte!
La tua musica è un sollievo per l’anima, gli aveva detto molte volte. E sempre gliel’avrebbe ricordato, perché il talento di Edward era davvero fantastico.
-bentornata - mormorò Edward, senza aprire gli occhi, e senza smettere di suonare. La canzone di Carlisle, fluì in quella di Esme, e rese così felice sua madre.
- grazie tesoro… - disse sorridente. Dopo aver ascoltato più di metà canzone, incantata, lì imbambolata, si riscosse, e canticchiando a ritmo della melodia di Edward, cominciò a fare i suoi mestieri.
Edward, da parte sua, era felice di rallegrare l’esistenza degli altri, facendo ciò che più amava e lo gratificava.
- stupidi cani randagi! Pezzi di… - Emmett entrò in casa sbraitando.
- Emmett! – lo rimproverò Esme, scioccata. Non tollerava certi termini, nemmeno rivolti al loro nemico naturale. La vampira dai capelli morbidi del color del caramello e dal sorriso dolcissimo, infatti, amava tutti incondizionatamente. Era rispettosa con tutti e tutto.
- l’avevo detto io che era meglio stare in casa… - fece Edward, fastidiosamente saccente.
- Edward. – riprese bonariamente Esme, che non voleva litigassero – ragazzi, cos’è successo? – chiese poi, preoccupata.
- quegli esseri schifosi mi hanno sporcato i pantaloni! – esclamò una furente Rosalie, come a dimostrare quanto fosse superficiale e morbosamente superba.
Era bellissima, certo, e ne faceva sfoggio senza ritegno. E godeva nel far sentire inferiori le persone.
Ed Edward si chiedeva come Emmett potesse esserne così innamorato.
L’unica cosa buona che aveva trovato nella sorella, Edward, era il fatto che almeno l’amore per l’orso fosse sincero. Ed anche l’affetto per loro, ovviamente.
Ma era comunque molto, troppo altezzosa.
Ma le volevano bene comunque.
- qualcosa per cui valga la pena? – chiese la madre dei ragazzi.
- ci hanno augurato la morte, come se fosse semplice… - sbottò Jasper, cupamente. Alice lo guardò molto, ma molto male.
Ad Edward faceva paura il modo in cui, molte volte, i loro pensieri fossero vicini. Forse era troppo influenzato dalle sue emozioni.
Ma comunque, il tormento di Edward e quello di Jasper erano fondamentalmente molto diversi. Le storie erano differenti, il loro modo di vivere l’immortalità pure.
Jasper aveva l’amore della sua vita accanto a sé. Edward molte volte si sentiva solo, in mezzo a tutto quell’affetto fra le tre coppie.
- mi hanno detto che puzzo… e ci hanno punzecchiato ben bene… - disse poi la bionda, mettendo da parte il fatto che i suoi indumenti fossero da buttare. Tanto non usavano più di due volte gli stessi capi…
- e dagli insulti siamo passati alle mani – finì Emmett, tirandosi un po’. Movimenti automatici, finti, per dar l’impressione d’essere umani. Erano diventati quasi normali per loro, come se ne ricavassero qualche beneficio, che concretamente non c’era.
- ragazzi, non è sicuro! Quante volte ve lo devo ripetere?! Basta che un ragazzo si trasformi in un licantropo, e le nostre e le loro vite sono finite! – rimproverò Esme, con tutte le ragioni del mondo.
- a me i Volturi non fanno paura. – disse Emmett, solenne, gonfiando i muscoli.
Tutti scossero la testa.
- Emmett, non possiamo metterci contro di loro, lo sai bene. Nemmeno il tempo di formulare un pensiero concreto, e saremmo già morti… - disse Jasper.
- si, vabbè, sei sempre molto ottimista tu! – sbottò Rose.
però ha ragione… sarebbe troppo rischioso per tutti. Ma se dovesse succedere, darei la vita… Magari per i cani, non mi sprecherei tanto a battermi, ma per la mia famiglia, questo ed altro. E tutto per proteggere Emmett… e poi mi scompiglierei i capelli. ” concluse il pensiero. Un esempio di ciò che Rose pensava: lei era molto buona, sotto sotto, ma poi rovinava tutta la bella figura che faceva, aggiungendo una cosa del genere!
Ma forse lo faceva solo perché c’era il leggipensieri lì nella stanza.
- okay, quello che è fatto è fatto, tanto vale farla finita con questa storia … anche stavolta c’è andata bene… - sospirò Esme – ma vorrei tanto sapere cosa vi passa per la testa in quei momenti!-
- a proposito di pensieri… - fece Edward, lanciando un’occhiata alla folletta che non aveva ancora parlato. Lei gli sorrise innocentemente, ed incominciò a pensare a più vestiti con accessori coordinati. Il massimo per far venire un ipotetico mal di testa a Edward, con tanto di fantomatica nausea da shopping.
Il rosso scosse la testa, e ricominciò a suonare, per distrarsi da quel maledetto segreto, che sapeva, l’avrebbe tormentato ora che non lo sapeva, ma anche dopo averlo scoperto.
  
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