- Capitolo II
- Lui
- Abitava nella
microscopica ed umida Forks, un giovane.
- Lui, dai ramati
e spettinati capelli e dai particolarissimi occhi dorati, era
sicuramente il diciassettenne più affascinante e desiderato della
cittadina dello stato di Washington e dintorni.
- Si chiamava
Edward Anthony, ed era il figlio adottivo del capoclan di vampiri,
Carlisle Cullen.
- Edward era un
ragazzo dal doppio volto: con la sua famiglia era sé stesso, con gli
umani indossava una maschera per proteggere sé e le altre persone.
- Non che lo
volesse, ma era costretto.
- Egli, infatti,
era un ragazzo dolce, romantico e generoso, ma si dimostrava il
contrario.
- Tutto questo
per non mettere alla luce la loro vera natura; dovevano stare alla
larga dagli umani…
- Il loro essere
un mostro, un vampiro, un essere ripugnante
e vile era pericoloso per loro.
- Edward odiava
sé stesso, odiava non poter essere come quegli insulsi umani che odiava
tanto. Anzi, non li detestava, li invidiava solo.
- Oh si, era
terribilmente geloso della loro vita precaria.
- Il desiderio,
purtroppo impossibile, di Edward era quello di tornare indietro alla
sua trasformazione e far cambiare idea a quello che era diventato poi
suo padre.
- Così non
l’avrebbe mai tramutato in un vampiro.
- E sarebbe
morto, di dolori atroci certo, ma nulla in confronto ai sentimenti che
lo distruggevano in quel momento.
- Mentre fuori,
Edward diventava il ragazzo superficiale, per gli altri
irraggiungibile, che doveva dimostrar di essere. Per tenere alla larga
tutto e tutti; anche se, più i Cullen si comportavano
male, più le persone li stimavano, li veneravano…
- A scuola, per
esempio, stavano sempre per i fatti loro, non si mischiavano con gli
altri studenti.
- I compagni, per
questo, molte volte li detestavano: ma non sapevano che in realtà li
stavano solo tutelando. Ma oltre a questo sentimento, provavano una
certa invidia, e comunque li stimavano.
- Anzi, molte
persone amavano addirittura questi comportamenti, se non si fossero
comportati così, probabilmente non gli sarebbero girati così intorno.
- Purtroppo, a
minare il loro segreto, scoppiavano le risse con quel branco di
cani bastardi* ; li punzecchiavano talmente tanto che era
piuttosto difficile trattenersi.
- Fortunatamente,
nessuno di quei botoli pulciosi si era mai trasformato in un lupo.
- Avrebbero
destato un certo scalpore…
- Dopotutto,
erano una specie di cani-lupo alti più di un cavallo!
- Ed anche la
mente bacata del più stupido degli umani avrebbe intuito che c’era che
non andava.
- *****
- Edward, tesoro, esco io – gli aveva detto sua madre Esme, prima di andarsene.
- va bene – aveva sospirato Edward, senza troppo entusiasmo. Non che ne avesse tanto, abitualmente.- Quel giorno,
Edward non voleva uscire con i suoi fratelli.
- Aveva deciso di
stare a casa da solo, con i suoi patemi mentali, a piangersi
addosso.
- Almeno avesse
potuto piangere!
- Perché non
bastava averlo tramutato in un essere senza anima, cuore e sentimenti,
no!
- Quel Dio gli
aveva anche tolto la possibilità di piangere, di sfogarsi.
- E non poteva
nemmeno estraniarsi dal mondo, nascondendosi sotto le coperte, e
lasciarsi cullare tra le braccia di Morfeo, perché i freddi non
potevano dormire.
- Per cui, se ne
stava sdraiato sul suo divano di pelle a meditare, con le braccia sotto
la testa.
- -
Edward, allora non ti sei ancora preparato?! – trillò quella che era la
sua pestifera sorella preferita. Il rosso si mise seduto.
- -
Alice, non ho voglia di uscire oggi… andate voi.. – disse Edward,
scocciato dal fatto che sua sorella non avesse bussato prima di
irrompere in camera sua.
- Non che non
l’avesse sentita, comunque; con il suo super udito sentiva i più
impercettibili suoni, anche a chilometri.
- -
uffa, tu non hai mai voglia di uscire! – si lamentò sua
sorella. Lei aveva la sua stessa età, sia umana che vampiresca. Era
molto bella, caratteristica comune degli immortali - ma anche da umana
era sicuramente stata bellissima - , benché fosse minuta e piuttosto
bassina. Aveva dei capelli corvini corti e sbarazzini, e gli occhi
grandi e dorati, come tutti nella sua famiglia: il colore erano dovuto
alla loro nutrizione basata solo su sangue animale.
- Alice era una
tipa molto esuberante, aveva un’energia e una voglia di vivere
impareggiabile. Un po’ l’opposto del suo fidanzato ,e fratello, Jasper.
Infatti lui era un tipo tranquillo, pacato e sensibile. Se non era in
complotto con Emmett, poteva essere considerato quasi
silenzioso e riservato. E riusciva a sopportare Alice a meraviglia.
Erano davvero molto innamorati.
- -
dai, non tormentarmi nana… non ho voglia di uscire. – rincarò Edward.
- -
andiamo, forse dopo andremo anche a caccia… - e fece gli occhioni da
cucciola bastonata, a cui pochi resistevano.
- -
ho detto no! – sbottò Edward, con una certa fatica a sopportare quello
sguardo.
- -
asociale! – esclamò l’altra, arrabbiata.
- Poi si voltò, e
sbattendo i piedi uscì dalla porta, senza riaccostarla.
- -
chiudila. – disse Edward, rimettendosi le braccia dietro la testa, e
abbassando le palpebre. Sua sorella, infuriata, tornò indietro e chiuse
la porta sbattendola.
- Edward sorrise
tra sé: benché molte volte erano di opinioni diverse, si volevano molto
bene. Il loro rapporto si equivaleva a quello di due fratelli
consanguinei.
- -
ciao ottantenne! – lo salutarono Rosalie, Emmett, Jasper e Alice.
- “quella
folletta è incredibile!” commentò col pensiero Emmett.
- “ Edward,
fratello mio, sei proprio strano…” sbottò Rosalie, la sorella con
cui andava meno d’accordo.
- “ah, povero…”
Jasper forse era quello che capiva meglio ciò che provava Edward,
essendo un empatico.
- Alice, dal
canto suo, oscurava i pensieri al fratello, cantando in più lingue
l’inno americano.
- Questo, non
fece altro che incuriosire ed innervosire il rosso: doveva ammetterlo,
leggere nel pensiero era molto fastidioso, ma quando qualcuno glielo
bloccava, diventava molto più invadente e molto meno indiscreto.
- E la nana lo
sapeva.
- -
peste! – esclamò Edward, e la risata di Alice riempì tutta la casa.
- Quando sentì le
auto sgommare via ad una velocità pazzesca, si rilassò. Aveva tutta la
casa per sé, anche suo padre era andato al lavoro.
- Quanto avrebbe
desiderato essere umano, essere normale… e non dannato per
l’eternità.
- Dov’eravamo
arrivati? Ah si, a tutte le cose che Edward invidiava agli umani…
- Un’altra
opzione che agli immortali era negata, era il suicidio.
- Quante volte
Edward avrebbe voluto darsi una stilettata al cuore, ingerire un po’ di
veleno… così, tanto per mettere fine alla sua inutile ed insulsa vita,
priva di significato. Sempre se così si poteva definire…
- Tra gli umani
era così frequente questo modo di morire… molti erano i protagonisti di
celeberrime storie, che si ammazzavano… basti pensare a Romeo,
dell’opera di Shakespeare. Però, forse le situazioni erano un po’
diverse da quella del vampiro vegetariano che si poneva questi quesiti…
- Il giovane
rampollo dei Montecchi era innamorato, ed aveva perso l’unica sua
ragione di vita, Giulietta…
- Edward non era
innamorato, non aveva una ragione per cui esistere, e in realtà , non
aveva mai vissuto.
- Semplicemente,
c’era.
- Romeo, lui
quello stolto ed incapace, si era suicidato inutilmente, la sua
Giulietta era viva.
- Edward aveva un
motivo valido per cui morire. Anche se non aveva una fantomatica
Giulietta per cui continuare a essere tra i ‘viventi’.
- I vampiri
avevano solo un modo per mettere fine alla loro esistenza; ovvero, non
rispettare la legge dettata dai Volturi, il clan più grande e potente
di tutti, coloro che si erano autoproclamati famiglia reale.
- In sintesi,
bastava rivelare la propria identità agli umani.
- Oppure, un
altro metodo era far innervosire all’inverosimile un vampiro qualsiasi,
che allo stremo della pazienza, l’avrebbe fatto a pezzettini e gli
avrebbe dato fuoco.
- Purtroppo per
Edward, non era così semplice…
- Sospirò.
Evidentemente era il suo destino..
- Si rialzò dal
divanetto di pelle nera, e si passò una mano tra i capelli,
scompigliandoli di più.
- -
ed ora che faccio…? – si disse, annoiato.
- Scese in
salotto, diretto al suo piano forte.
- Si mise a
suonare una delle sue canzoni preferite, Claire de lune di Debussy. La
musica classica riusciva, stranamente, a placare i suoi tormenti
interiori.
- Le dita
scorrevano agili sui tasti d’avorio, e le note si diffondevano per
tutta la casa.
- E suonò per
quasi due ore, di continuo, passando da una canzone all’altra,
sfogandosi così.
- Suonò anche le
sue canzoni, ispirate da ogni componente della sua famiglia, e
rispecchianti il carattere di ognuno di loro.
- Dalla melodia
dolce e mielosa di Esme, rispecchiante il suo essere una madre
eccezionale e il suo amore incondizionato donato agli altri, a quella
grandiosa ma allo stesso tempo semplice, come Carlisle e per lui.
- Da quella
magnifica, elegante e raffinata dedicata a Rosalie, a quella giocosa,
allegra e , in certi punti, irosa di Emmett.
- Da quella
tranquilla, pacata e, in parte tormentata, di Jasper, a quella allegra,
movimentata, e sprizzante di gioia della folletta, o anche chiamata
Alice.
- Era il modo di
Edward per esprimere la gratitudine e l’affetto per i propri
famigliari. Perché non sempre riusciva ad esternare ciò che pensava e
provava, ma come biasimarlo?
- A lui la gente
non poteva mentire, sapeva in primis se qualcuno pensasse male o bene
di lui, come lo giudicasse. Ed aveva paura, lui non poteva avere il
beneficio del dubbio, riguardo ai pensieri della gente.
- Era così preso
dalla musica, che non s’accorse che Esme era tornata a casa, e lo
osservava, commossa e felice come non mai di risentire il figlio al
pianoforte.
- Lei lo elogiava
sempre, ovviamente a ragione.
- Non era di
certo di parte!
- La tua
musica è un sollievo per l’anima, gli aveva detto molte volte. E
sempre gliel’avrebbe ricordato, perché il talento di Edward era davvero
fantastico.
- -bentornata
- mormorò Edward, senza aprire gli occhi, e senza
smettere di suonare. La canzone di Carlisle, fluì in quella di Esme, e
rese così felice sua madre.
- -
grazie tesoro… - disse sorridente. Dopo aver ascoltato più di metà
canzone, incantata, lì imbambolata, si riscosse, e canticchiando a
ritmo della melodia di Edward, cominciò a fare i suoi mestieri.
- Edward, da
parte sua, era felice di rallegrare l’esistenza degli altri, facendo
ciò che più amava e lo gratificava.
- -
stupidi cani randagi! Pezzi di… - Emmett entrò in casa sbraitando.
- -
Emmett! – lo rimproverò Esme, scioccata. Non tollerava certi termini,
nemmeno rivolti al loro nemico naturale. La vampira dai capelli morbidi
del color del caramello e dal sorriso dolcissimo, infatti, amava tutti
incondizionatamente. Era rispettosa con tutti e tutto.
- -
l’avevo detto io che era meglio stare in casa… - fece Edward,
fastidiosamente saccente.
- -
Edward. – riprese bonariamente Esme, che non voleva litigassero –
ragazzi, cos’è successo? – chiese poi, preoccupata.
- -
quegli esseri schifosi mi hanno sporcato i pantaloni! –
esclamò una furente Rosalie, come a dimostrare quanto fosse
superficiale e morbosamente superba.
- Era bellissima,
certo, e ne faceva sfoggio senza ritegno. E godeva nel far sentire
inferiori le persone.
- Ed Edward si
chiedeva come Emmett potesse esserne così innamorato.
- L’unica cosa
buona che aveva trovato nella sorella, Edward, era il fatto che almeno
l’amore per l’orso fosse sincero. Ed anche l’affetto per loro,
ovviamente.
- Ma era comunque
molto, troppo altezzosa.
- Ma
le volevano bene comunque.
- -
qualcosa per cui valga la pena? – chiese la madre dei ragazzi.
- -
ci hanno augurato la morte, come se fosse semplice… - sbottò Jasper,
cupamente. Alice lo guardò molto, ma molto male.
- Ad Edward
faceva paura il modo in cui, molte volte, i loro pensieri fossero
vicini. Forse era troppo influenzato dalle sue emozioni.
- Ma
comunque, il tormento di Edward e quello di Jasper erano
fondamentalmente molto diversi. Le storie erano differenti, il loro
modo di vivere l’immortalità pure.
- Jasper aveva
l’amore della sua vita accanto a sé. Edward molte volte si sentiva
solo, in mezzo a tutto quell’affetto fra le tre coppie.
- -
mi hanno detto che puzzo… e ci hanno punzecchiato ben bene… - disse poi
la bionda, mettendo da parte il fatto che i suoi indumenti fossero da
buttare. Tanto non usavano più di due volte gli stessi capi…
- -
e dagli insulti siamo passati alle mani – finì Emmett, tirandosi un
po’. Movimenti automatici, finti, per dar l’impressione d’essere umani.
Erano diventati quasi normali per loro, come se ne ricavassero qualche
beneficio, che concretamente non c’era.
- -
ragazzi, non è sicuro! Quante volte ve lo devo ripetere?! Basta che un
ragazzo si trasformi in un licantropo, e le nostre e le loro vite sono
finite! – rimproverò Esme, con tutte le ragioni del mondo.
- -
a me i Volturi non fanno paura. – disse Emmett, solenne, gonfiando i
muscoli.
- Tutti scossero
la testa.
- -
Emmett, non possiamo metterci contro di loro, lo sai bene. Nemmeno il
tempo di formulare un pensiero concreto, e saremmo già morti… - disse
Jasper.
- -
si, vabbè, sei sempre molto ottimista tu! – sbottò Rose.
- “ però ha
ragione… sarebbe troppo rischioso per tutti. Ma se dovesse succedere,
darei la vita… Magari per i cani, non mi sprecherei tanto a battermi,
ma per la mia famiglia, questo ed altro. E tutto per proteggere Emmett…
e poi mi scompiglierei i capelli. ” concluse il pensiero. Un
esempio di ciò che Rose pensava: lei era molto buona, sotto sotto, ma
poi rovinava tutta la bella figura che faceva, aggiungendo una cosa del
genere!
- Ma forse lo
faceva solo perché c’era il leggipensieri lì nella stanza.
- -
okay, quello che è fatto è fatto, tanto vale farla finita con questa
storia … anche stavolta c’è andata bene… - sospirò Esme – ma vorrei
tanto sapere cosa vi passa per la testa in quei momenti!-
- -
a proposito di pensieri… - fece Edward, lanciando un’occhiata alla
folletta che non aveva ancora parlato. Lei gli sorrise innocentemente,
ed incominciò a pensare a più vestiti con accessori coordinati. Il
massimo per far venire un ipotetico mal di testa a Edward, con tanto di
fantomatica nausea da shopping.
- Il rosso scosse la testa,
e ricominciò a suonare, per distrarsi da quel maledetto segreto, che
sapeva, l’avrebbe tormentato ora che non lo sapeva, ma anche dopo
averlo scoperto.