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Autore: Lhea    02/04/2010    3 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
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Capitolo VI

Capitolo VI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 9.30 – Carcere di San Francisco

 

William afferrò il borsone che la guardia armata gli stava porgendo, sulla soglia della sua cella, e sorrise. Sebastian era stato di parola: gli aveva fatto avere quello che aveva chiesto nel giro di un solo giorno, e almeno in quello non si era fatto attendere.

 

La guardia richiuse velocemente le sbarre, e tornò al suo posto con un grugnito, molto infastidito dalle novità che riguardavano Challagher. In tutto il carcere, speravano sempre che le cose gli andassero male…

 

William appoggiò il pesante borsone a terra, preparandosi ad aprirlo. Qualcuno si mosse nella cella davanti alla sua.

 

<< Da quand’è che ricevi visite? >> gracchiò Fred, appiccicato alle sbarre per cercare di vedere dentro la sua borsa, << Eh? Chi ti ha mandato quella roba? >>.

 

William lo guardò, un sorriso cattivo sul volto. << A differenza di voi, io ho qualcuno la fuori >> disse, e tornò a guardare il borsone.

 

Le cose all’interno erano state gettate alla rinfusa, perché i poliziotti avevano prima controllato che non si trattasse di niente di proibito; però sembrava esserci tutto ciò che aveva chiesto, tranne forse le sigarette: dovevano averle tolte, perché non gli era permesso fumare all’interno nel carcere.

 

Trovò il rasoio per capelli dentro una scatola incartata, e lo appoggiò sul letto. C’era una rivista di auto spessa due dita, la stessa che aveva sempre usato per scegliere le sue macchine, e diverso cibo che non aveva chiesto ma che gradiva comunque. Nel fondo erano adagiati i due pesi da cinque chili, che afferrò e mise da parte: strano che gli sbirri glieli avessero fatti avere. Forse avevano pensato che poteva contribuire a mantenerlo tranquillo.

 

<< Chi ti ha mandato tutta quella roba, eh? >> gracchiò di nuovo Fred, e anche John si fece vedere, facendo spuntare la sua faccia da mezzo indiano dal letto nella penombra del corridoio.

 

William afferrò una scatola di biscotti e gliela lanciò tra le sbarre, riuscendo a centrare la cella in modo assolutamente perfetto. << Tieni, usala per tapparti la bocca >> disse, poi si voltò di spalle e andò verso il lavandino.

 

Infilò la testa sotto il rubinetto, l’acqua gelata che gli scorreva sulla nuca, poi afferrò l’asciugamano e si frizionò i capelli. Prese il rasoio, lo aprì e infilò la spina nella presa della corrente mezza traballante.

 

Rimase a guardarsi per qualche istante allo specchio, i capelli castani incollati alla fronte, per decidere come procedere. L’occhio gli cadde sulla cicatrice che gli tagliava il sopracciglio, che gli dava un aspetto più minaccioso che mai. Tornò a concentrarsi sul rasoio, regolò la lunghezza del taglio e iniziò il suo lavoro.

 

Una decina di minuti dopo, guardò nuovamente il suo riflesso.

 

Forse ci era andato un po’ pesante, questa volta, ma era soddisfatto. Quando aveva ancora il privilegio di poter andare dal parrucchiere ogni qualvolta voleva, era abituato a tenere i capelli leggermente più lunghi, ma stavolta voleva essere più “estremo”. Ancora poco, e si sarebbe rasato a zero.

 

Fece un sorrisetto e si passò una mano tra i suoi nuovi e corti capelli, poi sciacquò il lavandino e rimise il rasoio nella sua scatola, le goccioline che gli solleticavano il collo dandogli i brividi. Sfiorò la W tatuata, che ora si vedeva di nuovo, e tirò un sospiro di soddisfazione. Ancora un po’, e sarebbe stato fuori di lì.

 

Raccolse la rivista di auto lasciata sulla sedia nell’angolo e si arrampicò sul letto a castello, sentendolo cigolare sinistramente. Si mise comodo, le foto e gli articoli di giornale sempre appesi davanti a lui, il soffitto a pochi centimetri dalla sua testa.

 

Cominciò a sfogliare il giornale, ricordando di quando lo faceva al suo tavolino in riva alla spiaggia o nella piscina di casa sua, il sole sulla faccia e un cocktail in mano, per designare l’auto che sarebbe andata a incrementare la sua preziosa collezione. Ogni volta aveva scelto la sua prossima macchina così, anche se in realtà erano quasi tutte rubate e non acquistate. Era il senso della sfida, il piacere dell’adrenalina che scorreva nelle vene a spingerlo a procurarsi in quel modo le sue auto, nient’altro.

 

Ora che non ne aveva nemmeno più una, doveva ricominciare da zero. Una volta uscito di lì, la prima cosa che avrebbe fatto era procurarsi una macchina veloce e non troppo vistosa per fuggire rapidamente dalla California. Doveva solo scegliere quale, e sperare fosse facile da trovare.

 

Aston Martin, Dodge, Porsche, Lamborghini, Ferrari… Tutte auto perfette per lui, ma avrebbero dato troppo nell’occhio, e non poteva sperare di trovarne una parcheggiata fuori dal carcere… Aveva bisogno di qualcosa di meno appariscente, ma abbastanza veloce da permettergli una fuga rapida se fosse stato beccato dagli sbirri.

 

Ad un certo punto arrivò all’immagine di una Lamborghini Revènton grigio carbonio: aveva avuto anche quella. Chissà che fine aveva fatto, visto che non era stata distrutta come la sua adorata Zonda… Forse era finita all’asta, o semplicemente era stata riconsegnata al suo vero proprietario, che aveva speso due milioni di dollari per averla, per poi vedersela rubare in uno spettacolare furto sull’autostrada…

 

Al pensiero del suo garage svuotato, la vena sul suo collo iniziò a pulsare. Gli avevano davvero tolto tutto… La sua Mercedes Slk, l’Aston Martin blu, la Revènton, la Zonda… Qualcuno aveva insinuato che teneva più alle sue auto che ai membri della Black List: forse era davvero così. Almeno le sue macchine non gli avevano voltato le spalle, come quel bastardo di Dimitri…

 

“Non ci pensare… Quando sarai fuori, ti riprenderai tutto. E gliela farai pagare”.

 

Continuò a sfogliare il suo giornale, finché non arrivò ad una pagina che mostrava una strana auto, che lui conosceva perché era sempre stato esperto in quel campo: una Bugatti Veyron, forse l’auto più veloce del mondo.

 

Non ne aveva mai vista una, a parte in foto. Ricordava di averla scartata dai suoi possibili obiettivi di furto perché era difficile da reperire, e perché la sua linea non l’aveva mai particolarmente attratto. Era strana, bassa, dai fari squadrati e una grossa presa d’aria arrotondata che lasciava respirare il motore… Non era una macchina che passava inosservata, ma che non faceva nemmeno intuire quanto fosse potente. Ora che l’aveva di nuovo davanti, e molto tempo a disposizione, decise di dedicargli qualche attenzione.

 

Cercò le specifiche tecniche, riassunte in una tabella sotto la foto: motore W16 di 7.993 cc di cilindrata, 1001 cavalli e coppia massima di 1.250 Nm a 2.200 giri.

 

Velocità massima: 408 chilometri orari.

 

Prezzo: 1.100.000 euro.

 

William sorrise e guardò la foto dell’auto. Quella macchina era più veloce della Revènton, di qualsiasi Ferrari e persino della Zonda… E costosa, molto costosa, anche per uno come lui.

 

Forse non era l’auto che poteva sperare di cercare appena uscito di lì, ma poteva essere una valida sostituta a tutto il suo garage… Se in passato non l’aveva mai presa in considerazione, ora sentiva che era la macchina di cui aveva bisogno per prendersi la sua vendetta.

 

Qualcuno bussò alle sbarre, e William alzò la testa. Era Reed, il nero che si occupava di lui quando usciva dalla cella.

 

<< Ora d’aria, Challagher >> disse la guardia.

 

<< Arrivo >>.

 

William si alzò, ma decise di portarsi il giornale dietro per avere modo di dare un’altra guardata alle auto. La maggior parte del tempo la passava seduto a un angolo del cortile, lo sguardo che diceva chiaramente che non voleva essere disturbato, a fissare la cancellata che lo separava dalla libertà, o a tentare di seguire i detenuti nelle loro misere attività all’esterno.

 

Una volta fuori, sentì la fredda aria frizzante di novembre pungergli la nuca, il cielo nuvoloso che annunciava pioggia. Al centro dello spiazzo, i detenuti più giovani e con più voglia di vivere stavano sfogando le loro energie represse in una violenta partita di pallacanestro, mentre le guardie li tenevano d’occhio. Le alte sbarre con il filo spinato in cima completavano quel paesaggio triste e grigio.

 

William si diresse verso il suo solito angolo, la panca di legno scurita dalle intemperie lasciata sgombra, e si sedette, riaprendo il suo giornale. Alzò il colletto della felpa per proteggersi dall’aria e sfogliò la rivista, lasciandosi cullare per qualche istante nei ricordi della sua vecchia vita.

 

All’improvviso però si accorse che qualcuno lo stava guardando, non molto lontano da lì.

 

Daniel Gray era in piedi vicino ai cancelli, le braccia incrociate e lo sguardo rivolto verso di lui, vicino a Fred, e parlottavano con l’espressione scocciata. William li guardò, infastidito, attendendo che facessero qualcosa. Lui non si sarebbe mosso.

 

Certo che quel Daniel ha un certo fegato…” pensò.

 

Alla fine, gli venne un’idea. Alzò la mano e fece cenno al ragazzo di raggiungerlo.

 

Daniel gli rivolse un’occhiataccia, scambiò qualche parola con Frank e poi iniziò a dirigersi verso di lui, con deliberata lentezza per innervosirlo.

 

<< Cosa vuoi, Challagher? >> chiese, piazzandosi davanti a lui con l’espressione minacciosa.

 

<< Niente… Mi chiedevo cosa avessi da fissare >> ribatté William, posando sulla panchina la sua rivista e incrociando le braccia.

 

<< E io mi stavo chiedendo chi avesse avuto il coraggio di venirti a trovare >> disse Daniel, il tono strafottente.

 

William sorrise. << Pensi davvero che io abbia intenzione di rimanere qui per il resto dei miei giorni? >> chiese, << Credi che starò buono buono dentro la mia cella, a pentirmi di tutti i miei crimini? Ho un sacco di gente la fuori che è pronta a darmi una mano… >>. Fece un cenno verso la cancellata.

 

<< Perché me lo dici? >> abbaiò Daniel, << Non me ne frega un cazzo della gente che conosci… E nemmeno che tu riesca a fuggire >>.

 

William lo guardò, ma capì che stava mentendo: di sicuro, se fosse riuscito a scappare, avrebbe voluto essere al suo posto. Diceva così solo perché voleva provocarlo come al solito-

 

<< Per cosa sei stato condannato, Daniel? >> chiese lo Scorpione, tranquillo.

 

Il ragazzo fece una smorfia. << Omicidio >> rispose compiaciuto. Incrociò le braccia con aria di sfida, come a chiedergli di fare altrettanto.

 

William ridacchiò davanti alla sua baldanza. << Omicidio… >>. Aveva ancora molto da imparare. << Sai, potrei offrirti la possibilità di fuggire… Ho bisogno di qualcuno come te >>.

 

L’espressione sbalordita di Daniel lo fece sorridere. Non se lo aspettava.

 

<< Che cazzo stai dicendo? >> mormorò.

 

William si appoggiò allo schienale della panchina. << Tutti i miei piloti sono stati arrestati >> disse, << Quando uscirò di qui, avrò bisogno di aiuto per farla pagare a chi mi ha fatto rinchiudere qua dentro… Ho bisogno di qualcuno che non abbia paura di prendere un’arma in mano e di usarla, quando sarà necessario. Non mi sembri uno che si lascia intimorire facilmente, quindi potresti fare al caso mio >>.

 

<< Non mi prendere per il culo, Challagher >> sbottò Daniel, << Non credo che tra i tuoi amichetti non c’è ne sia nessuno che abbia questi requisiti… >>.

 

<< Forse ci sono, ma sono io a volere qualcuno di nuovo >> lo interruppe William, << Sono tutti rinchiusi in carceri diversi, e non ho il tempo né la voglia di farli evadere. E poi ho capito che non posso più fidarmi di loro… Ho bisogno di gente nuova. Ci stai? >>.

 

Lo Scorpione guardò il ragazzo in piedi davanti a lui. Era giunto alla conclusione che dopo tutto quello che era successo, non poteva più veramente fidarsi dei suoi vecchi piloti: Dimitri, che aveva sempre considerato il suo braccio destro, lo aveva fatto arrestare… Era ora di trovare gente nuova, più motivata, che lo avrebbe seguito perché aveva solo da guadagnarci.

 

<< Avevo detto che ti avrei fatto conoscere la mia ragazza >> aggiunse alla fine con un mezzo sorriso sardonico, << Ricordi? >>.

 

<< Cosa vuoi che faccia? >> chiese Daniel, sospettoso.

 

<< Niente, per il momento >> rispose William, << Una volta fuori di qui, dovrai darmi una mano a trovare e ammazzare lo sbirro dell’F.B.I. e il russo che mi hanno fatto arrestare… Ciò che ti chiederò sarà di rubare auto, uccidere quando te lo dirò, e darmi una mano quando mi servirà. Sai guidare? >>. Aveva tralasciato il punto Irina perché era una cosa che andava risolta solo tra loro due.

 

<< Abbastanza, ma non ho mai fatto gare >> rispose Daniel, << Cosa ci guadagno, io? >>.

 

<< La libertà, prima di tutto >> rispose William, << E poi, se tutto andrà come prevedo, soldi, donne e auto… E magari un posto d’onore nella mia nuova Lista, se deciderò di ricrearla >>.

 

Daniel rimase in silenzio, fissandolo. Probabilmente stava valutando i pro e i contro di quella proposta, oppure cerca di capire dove fosse la fregatura.

 

Quel ragazzo era forse insopportabile e strafottente, ma proprio per quel motivo poteva rivelarsi adeguato alle sue esigenze. La condanna per omicidio gli confermava che era uno che non aveva paura, che al momento opportuno sarebbe stato in grado di afferrare la pistola e sparare, e che era pronto a tutto, esattamente come lui. Chi aveva la fuori, oltre Sebastian, che sarebbe stato pronto a seguirlo dappertutto?

 

<< Quando progetti di scappare? >> chiese Daniel.

 

<< Un mese al massimo >> rispose allo Scorpione, << Un mese, e saremo fuori di qui, su un auto di lusso, liberi di andare dove ci pare. Trenta giorni, e faremo mangiare la polvere a questi sbirri del cazzo >>.

 

Daniel sorrise. << Forse non sei così male come pensavo, Challagher >> disse, avvicinandosi.

 

<< E’ un sì, il tuo? >>.

 

<< Ci sto >>.

 

William gli porse la mano, e Daniel la strinse.

 

<< Hai appena fatto il migliore affare della tua vita >> disse lo Scorpione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 9.00 – Autostrada

 

Xander non capiva. Non riusciva a capire perché Irina avesse preso quella decisione senza parlare con lui, senza pensare alle conseguenze che avrebbe comportato… Non era da lei essere così frettolosa, incosciente…

 

“Invece lo sai benissimo il perché… Vuole tornare a essere Fenice”.

 

Tante volte ci aveva pensato, e si era sempre dato la stessa risposta: no, Irina non voleva tornare a correre, non quando aveva fatto di tutto per uscire dal giro… Ora si rendeva conto che quella era sempre stata la risposta sbagliata.

 

Schiacciò sull’acceleratore facendo schizzare avanti la Ferrari, l’autostrada abbastanza sgombra da permettergli di correre più del solito. Il guard-rail sfrecciava sfocato alla sua sinistra, sotto il cielo uggioso di quell’orribile giornata.

 

Oltre alla preoccupazione per il pasticcio in cui si era ficcata Irina, era anche molto turbato. Adesso, a qualche ora di distanza, si rendeva conto che la sua reazione era stata violenta ed eccessiva, ma non si vergognava di aver gridato addosso a McDonall. Era chiaro che nessuno a parte lui era in grado di capire di cosa aveva veramente bisogno Irina…

 

Strinse il volante ricordando l’espressione della ragazza, mentre tornavano in garage, nel più completo silenzio dell’ascensore: era arrabbiata, ferita e forse persino delusa. L’aveva offesa, dicendole che non era in grado di guardarsi da sola, ma era davvero quello che pensava e non era disposto a tornare su i suoi passi. Irina, dal canto suo, non sembrava voler cambiare idea.

 

Una volta davanti alle auto, non si erano nemmeno salutati e ognuno se n’era andato, diretto a casa sua. Per la prima volta da quando stavano insieme, nessuno dei due sembrava non aver voglia di passare la serata con l’altro.

 

Avevano già litigato altre volte, ma dopo un paio di ore era tornato tutto come prima, soprattutto perché lei non era capace di tenere il broncio. Eppure stavolta sembrava che tra loro due fosse calato un muro che li facesse viaggiare su due strade differenti. Irina gli aveva spiegato perché aveva fatto quella scelta, ma lui non capiva. O forse semplicemente non voleva capire.

 

Se davvero il desiderio di Irina era quello di tornare a essere una pilota clandestina, significava che tutto quello che aveva fatto per lei era stato inutile, che forse addirittura in qualche modo l’avesse infastidita… Magari lei non voleva che smontasse tutto il mondo di cui aveva fatto parte, che la sradicasse completamente da ciò che era stata…

 

“Non essere idiota. Irina non voleva certo continuare a farsi violentare da Challagher e a fare la pazza per le strade di Los Angeles… Lo fa solo perché si sente in dovere di farlo, perché crede che sia la scelta migliore. Non si rende conto che una volta là ripiomberà di nuovo in mezzo a quello da cui aveva cercato di scappare”.

 

Non era arrabbiato con lei, in fondo. Era solo spaventato a morte per ciò che poteva succederle, per i pericoli in cui poteva incappare. Stare da solo tutta la notte gli era servito per accettare quella cosa, per farsene una ragione… E non ci era riuscito.

 

Irina era sua, non poteva vivere senza di lei. Non avrebbe trovato da nessun’altra parte un’altra ragazza così ingenua, così dolce, così indifesa come lei. Gli bastava niente per farla contenta, anche solo andare a prenderla a lezione; gli bastava averla intorno, con i suoi sorrisi, con i duemila problemi che si faceva per ogni minima cosa, per rendergli la giornata migliore.

 

E se fosse cambiata? Se all’improvviso avesse smesso di essere timida, dolce, tenera come l’aveva sempre vista?

 

Le avevano sempre negato tante cose, a partire dalla sua infanzia, e lui aveva sempre cercato di proteggerla dal mondo, per consentirle di vivere tutto quello che aveva perso. “Iperprotettivo” era il termine giusto per definirlo, lo sapeva, ma non poteva farne a meno: non riusciva vedere il dolore negli occhi di Irina. Ne aveva già visto troppo.

 

Andare laggiù poteva cambiarla, poteva farla tornare a essere l’ombra di stessa, e non era sicuro che Irina lo sopportasse un’altra volta. O magari, al contrario, si sarebbe trovata bene, sarebbe tornata a essere Fenice, la ragazza dai pantaloni aderentissimi, lo sguardo da gatta e l’atteggiamento da dura che le aveva visto la prima volta che si erano incontrati per locali a Los Angeles… La prima volta che gli era stata presentata come Fenice, la ragazza dello Scorpione.

 

Uscì dall’autostrada e raggiunse il quartier generale, lasciando l’auto nel garage sotterraneo. Prima di salire andò al bar a prendersi un caffè, preparandosi alla giornata che era sicuro avrebbe messo a dura prova il suo autocontrollo. McDonall doveva presentargli il capo dei servizi segreti russi, e insieme a Irina avrebbe dovuto mettere a punto la loro strategia.

 

“Qui stanno uscendo tutti pazzi, compreso me che li sto lasciando fare… Goryalef! Massì, mandiamo anche Challagher così siamo a posto. Al russo ci penso io… Rimarrà chiuso nella sua bella cella ancora per un pò”.

 

<< Per quanto riguarda Goryalef, mi lasci dire che non sono pienamente sicuro che sia una buona idea >> disse McDonall poco dopo, un volta arrivato nel suo ufficio, << Per quanto White sia stato convincente, ritengo che sia troppo avventata, come cosa >>.

 

Xander fissò il Vicepresidente, il sopracciglio inarcato. Finalmente sembrava aver ritrovato il senno della ragione e iniziava a dire qualcosa di sensato, e che gli andava anche a genio.

 

<< Se è per questo, anche io >> disse freddamente, seduto piuttosto distante dalla scrivania, << Goryalef mi ha permesso di trovarli, ma non mi fido di lui. Rimane pur sempre un ex-pilota clandestino che è stato anche il braccio destro di Challagher >>.

 

<< Allora la manderemo da sola >> disse McDonall, gettando stancamente la penna che aveva in mano sul ripiano. Tutta quella storia sembrava iniziasse a stufarlo.

 

<< Vado io con lei >> ribatté Xander, << Non può andare da sola >>.

 

McDonall respirò profondamente, come per potersi calmare. Le rughe sul suo volto apparvero più profonde, sotto la luce che proveniva dalla finestra.

 

<< Agente Went, credo di essere stato abbastanza chiaro su questo punto >> disse, << Lei non può andare a Mosca, perché comprometterebbe la missione. Lo sa meglio di me. L’unica cosa che posso lasciargli fare è cercare un possibile compagno per Irina >>.

 

<< Non esiste nessuno che possa tenerla abbastanza d’occhio >> rispose secco Xander, sempre più nervoso. Era sempre stato abituato al fatto che il Vicepresidente accettasse quasi tutte le sue richieste, e il cambiamento che c’era stato dal giorno prima lo rendeva più irascibile di quanto non fosse mai stato.

 

McDonall sembrava sull’orlo di una crisi di nervi quanto lui. << Ha provato a chiedere a Cohen? >> domandò tra i denti.

 

<< Già fatto >> rispose Xander, << Ho contattato tutti i possibili candidati, li ho esaminati e non ne ho trovato nessuno adatto… >>.

 

<< Allora la mandiamo da sola >> disse il Viceprediente, evidentemente esasperato. << Questa è la mia ultima parola >>.

 

Xander incrociò le braccia, per niente intimorito dal tono formale e leggermente teso di McDonall.

 

<< Perché glielo ha chiesto senza dirmelo? >> domandò all’improvviso, deciso a cambiare argomento prima di perdere di nuovo le staffe.

 

<< Perché ero tenuto a farlo >> rispose il Vicepresidente, << Era mio dovere contattarla. Ma ritengo di non doverle dare alcuna spiegazione per il mio comportamento >>.

 

<< Non ha idea in che guaio l’ha messa >> disse Xander, << Si farà male… >>.

 

<< Agente Went >> lo interruppe McDonall, << Sono disposto a parlare con lei di tutta questa storia solo una volta, e sarò chiaro: ho solo proposto a Irina di partecipare, e lei è abbastanza grande per decidere da sola. Non è un problema mio se non ha abbastanza fiducia nella sua fidanzata >>.

 

Fiducia. Non si trattativa di fiducia, si trattava della vita di Irina. Avrebbe tanto voluto continuare a discutere, trovare un modo per costringere McDonall a tirarla fuori da tutto quel casino, ma lavorava la dentro da abbastanza tempo per sapere che il Vicepresidente non sarebbe tornato indietro, esattamente come lui. E fino a prova contraria, non poteva ordinargli nulla.

 

<< L’idea di Goryalef è venuta veramente a White? >> domandò, per cambiare argomento.

 

<< Su questo posso lasciarle carta bianca >> disse McDonall, aprendo le mani, << Se ritiene troppo rischioso mandarlo in Russia, possiamo farne a meno… >>.

 

Almeno su quel punto erano d’accordo, ed era già qualcosa. White doveva aver avuto l’idea di Dimitri solo con l’intento di provocare lui: da quando lo aveva accusato di tradimento, durante la storia di Challagher, non era la prima volta che cercava un pretesto per farlo sbattere fuori dall’F.B.I.

 

<< Voglio che continui a rimanere chiuso nella sua cella >> rispose Xander, << Troverò qualcuno per accompagnarla >>.

 

<< Ha due settimane di tempo >> disse McDonall, << Per preparare Irina, e per trovarle un aiuto. E ricordi che lei dovrà partire per San Pietroburgo, quindi dovrà prepararsi anche lei >>.

 

Xander annuì, alzandosi in piedi. Sapeva cosa doveva fare, e sapeva anche quanto tempo aveva. E di un’altra cosa era pienamente sicuro: Dimitri non si sarebbe mosso dalla sua cella.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 10.00 – San Franscisco, Sede F.B.I.

 

<< Rafail Demidoff, capo dei servizi segreti di Russia >>.

 

Irina strinse con un certo timore la mano dell’uomo che aveva davanti, di circa cinquantacinque anni, alto, dai pochi capelli rossicci ma con folti baffoni. Parlava con uno spiccatissimo accento russo che non riusciva proprio, o forse non voleva, mascherare. Tutto, dal suo perfetto vestito scuro al suo orologio argentato e costosissimo, traspariva una certa freddezza e distacco, in linea con l’unico russo con cui aveva avuto a che fare durante la sua vita.

 

<< Questo è il mio assistente, Georgi Sokolòva >> disse Demidoff, indicando con la mano un altro uomo, più basso e dai capelli scuri, gli occhietti piccoli piccoli, dall’aria meno fredda ma altrettanto rude.

 

<< Irina Dwigth, piacere >>.

 

Si strinsero la mano, poi lei gettò un’occhiata verso McDonall, in piedi di fianco a Xander e White. Trovava i due molto meno amichevoli di quanto pensasse, ma non era il momento di fare la timida: dovevano solo studiare con lei il piano da adottare a Mosca, e da loro aveva bisogno solo di informazioni.

 

<< Se volete accomodarvi… >> disse McDonall, invitandoli a prendere posto al lungo tavolo rettangolare alle loro spalle, il proiettore che illuminava la parete che vibrava nella stanza. Le persiane erano state leggermente abbassate, e al luogo un’atmosfera ancora più formale.

 

Presero posto, Xander di fianco a lei, ancora poco incline a parlare. Non l’aveva presa bene, e anche dopo averci dormito su sembrava considerarla una pazza. Era dispiaciuta per quel fatto, ma sapeva che prima o poi avrebbe accettato la cosa.

 

McDonall attaccò il cavo del suo pc portatile al proiettore e appoggiò le mani sul ripiano di vetro del tavolo, gli occhi puntati su di loro.

 

<< Bene, direi che possiamo cominciare >> disse, << Agente Demidoff, prego, ci illustri le informazioni di cui siete in possesso >>.

 

Il russo si avvicinò con piglio deciso al computer e infilò una chiavetta nella porta Usb. Digitò qualcosa sulla tastiera, poi sulla parete comparve una cartina geografica che mostrava Mosca, alcuni punti indicati con un cerchietto rosso.

 

<< Ciò che sappiamo è poco >> disse, l’accento russo che rendeva la sua parlata molto aggressiva, << I nostri infiltrati sono riusciti ad arrivare fino ad un certo punto della loro piramide organizzativa… >>. Pigiò un tasto del pc e sulla parete comparve una sorta di schema, con in cima il nome “Lince”, << A comandare tutto c’è naturalmente il capo, di cui non conosciamo né il nome né il volto, e non sappiamo nemmeno se si tratta di una singola persona. Egli a sua volta assegna direttamente i compiti ai suoi sottoposti, senza mai entrare direttamente in contatto con loro. Ha tre soli uomini che lavorano direttamente per lui, che si occupano di portare i suoi ordini fino agli interessati. Ogni città ha una sorta di referente, a cui arrivano gli ordini e che procede ad avvisare tutti gli altri… I loro traffici maggiori riguardano partite di droga, contrabbando di armi e di auto di lusso, e naturalmente le gare clandestine >>.

 

Irina guardò i buchi vuoti nello schema, che corrispondevano ai nomi dei tre uomini al servizio diretto della Lince. Xander anticipò la sua domanda.

 

<< Non conoscete i nomi dei suoi tre scagnozzi? >> chiese.

 

<< No >> rispose secco Demidoff, << I nostri agenti sono riusciti a entrare in contatto solo con uno solo dei referenti, e se qualcuno di loro ha avuto l’onore di conoscere uno degli scagnozzi della Lince non è sopravvissuto per raccontarlo… Tra essi vige un patto di ferro che li spinge a difendersi tra di loro, anche se a volte i loro interessi sono contrastanti: chi sa qualcosa non parla, ma nel momento del bisogno potrà contare sull’aiuto della Lince. Ognuno può svolgere i propri affari in autonomia, ma quando se ne presenta l’occasione collaborano per proteggersi a vicenda e per fare più soldi… >>.

 

Irina ascoltò tutto attentamente, trovando la situazione molto differente da quella di Los Angeles: anche lì c’era una sola persona a comandare, ma William aveva dimostrato di avere la fedeltà dei suoi “amici” solo nel momento migliore. Quando le cose erano precipitate, si erano dileguati o lo avevano tradito… Il suo sistema era basato sulla paura, ed era destinato a crollare non appena si fosse dimostrato debole. In Russia, invece, c’era una rete di interessi che legava tutti e bene o male li costringeva a collaborare e guardarsi le spalle a vicenda.

 

<< Per arrivare a uno dei referenti bisogna guadagnarsi la sua fiducia >> disse Demidoff, << E di solito ci vogliono anni di amicizia e di affari andati a buon fine, per sperare di poter parlare direttamente con loro. Dopodiché si entra in contatto con i diretti dipendenti della Lince: appena hanno il sentore o il solo sospetto che li stiano tradendo, li uccidono. E lo fanno con particolare cattiveria: abbiamo trovato il cadavere di uno dei nostri agenti fatto a pezzi e chiuso nel bagagliaio di una Bentley… >>.

 

Irina rabbrividì, ma notò l’occhiata eloquente di Xander. Era seduto rigido sulla sua sedia, l’espressione di ghiaccio.

 

“Non mi spavento solo per questo… Rischiavo la vita anche quando stavo con William. E in ogni caso, quando sei morto non penso che sei in grado di sentire che ti stanno facendo a pezzi…”.

 

<< Irina conosce Boris Goryalef >> disse White, << Era amico di Challagher, prima che finisse dietro le sbarre… Dovrebbe essere uno dei referenti, a giudicare da quella piramide >>.

 

Demidoff annuì. << E’ il referente di Mosca, a quanto ne sappiamo >> disse, << Ed è anche uno dei più facili con cui entrare in contatto… In contatto, non in affari. E’ uno che si fa vedere spesso in giro, ma non si fida mai di nessuno. Soprattutto da quando Challagher è stato arrestato >>.

 

<< L’idea di usare il nipote può essere valida? >> chiese White.

 

<< Forse >> rispose Demidoff, << Da quando sappiamo, nessuno sa bene cosa sia successo a Los Angeles… Sanno solo che Challagher è dietro le sbarre, e con lui tutta la sua Lista. Hanno preferito non intromettersi perché la situazione era troppo tesa e rischiavano di finirci in mezzo. Non sentono il bisogno di tutelare i loro amici americani >>. Il russo gettò un’occhiata a Sokolòva. << Dovremo montare una bella storia, in modo che credano davvero che Dimitri Goryalef sia fuggito dal carcere e che abbia ritrovato Irina con tutta l’intenzione di liberare lo Scorpione… Se il Mastino deciderà di collaborare, suo zio potrebbe lasciargli più spazio e di sicuro si fiderebbe di più. Oltretutto, se sospetta qualcosa di Fenice, in questo modo gli daremo l’idea che sta davvero ancora dalla parte di Challagher >>.

 

Irina si ritrovò a pensare una cosa: se il Mastino deciderà di collaborare… Dimitri era disposto a fare il traditore proprio a casa sua? Certo, alla fine era grazie a lui che Xander aveva scoperto dove si trovava ed aveva arrestato Challagher, ma davvero il Mastino avrebbe aiutato l’F.B.I.?

 

L’idea di averlo di nuovo di fianco non era proprio allettante, ma averlo con lei in Russia poteva rappresentare un notevole aiuto. Di sicuro sapeva meglio di tutti loro come comportarsi e con chi parlare.

 

<< Scartiamo pure l’idea di Dimitri Goryalef >> si intromise Xander, << Per quanto possa risultare utile, non si muoverà dal carcere >>.

 

Demidoff gli rivolse un’occhiata, e Sokolòva sembrò quasi divertito. Irina rimase in silenzio, intuendo che McDonall e Xander dovessero aver parlato di quel particolare, prima di quell’incontro.

 

<< Abbiamo deciso di non utilizzare Goryalef >> spiegò calmo il Vicepresidente, << Non riteniamo il tutto abbastanza sicuro. I benefici potrebbero non compensare i rischi >>. Guardò con la coda dell’occhio Xander, l’espressione soddisfatta.

 

Demidoff si strinse nelle spalle. << L’idea era valida >> disse, << Ma se ritenete inopportuna la cosa, sta a voi deciderlo. Vogliamo solo assicurarci che le possibilità di portare a termine la missione siano le più alte possibili. La situazione potrebbe diventare insostenibile, se non facciamo qualcosa… >>.

 

<< Di questo me ne occuperò io >> ringhiò Xander.

 

McDonall fiutò la situazione. << Procediamo oltre, agente Demidoff >> disse, << Dobbiamo decidere come procedere. Presti molta attenzione, agente Dwight, e se ha qualche domanda non si faccia problemi a porla >>.

 

Irina annuì. Xander non la stava nemmeno guardando.

 

<< Agente Went >> cominciò McDonall, << Sarà agli ordini di White, da questo momento in poi. Sarà di stanza a San Pietroburgo, e avrà carta bianca per quanto riguarda come muoversi. Il suo compito sarà quello di cercare informazioni sulla Lince e cercare di entrare in contatto con essa, se ci riuscirà. Agirà sotto falso nome, per evitare che qualcuno si ricordi di lei, e se lo riterrà opportuno potrà chiedere l’affiancamento di un agente dei servizi segreti russi. Concorda con me, agente Demidoff? >>.

 

Il russo annuì. << L’agente Sokolòva è pronto a darle una mano >> disse.

 

<< D’accordo >> disse Xander, giocando con la penna che aveva in mano, << Ma preferirei essere da solo… Voglio piena libertà di movimento >>. Scoccò un’occhiata verso Irina.

 

<< Come preferisce >> disse Demidoff, << In ogni caso, saremo pronti a darle una mano, quando lo riterrà necessario… Tuttavia, mi chiedevo se non ha problemi con la lingua… >>.

 

Xander gli gettò un’occhiataccia. << So il russo abbastanza bene da capire perfettamente quello che mi stanno dicendo >> sibilò, << Non mi prenda per uno sprovveduto >>.

 

Era evidente che era ancora arrabbiato, e la sua scontrosità lo confermava. Irina si stupì nel sentirlo rivolgersi in quel modo ai suoi superiori, ma soprattutto nello scoprire che conosceva il russo… Chissà quante altre cose di lui non sapeva, nonostante ormai stessero insieme da due anni.

 

<< Non intendevo questo >> disse Demidoff, stizzito per il tono con cui si era rivolto a lui.

 

McDonall si schiarì la voce. << Irina, lei partirà per Mosca, con il compito di arrivare più in alto possibile nella gerarchia dei piloti clandestini e incastrare la Lince. Sarà costantemente controllata: non la lasceremo da sola, anche se a lei potrà sembrare >>. Sorrise incoraggiante, come se fosse il personale responsabile della sua incolumità.

 

Irina annuì. << Però io il russo non lo so… >> disse, imbarazzata.

 

McDonall e White si lasciarono andare a una piccola risata, ma Xander rimase di ghiaccio.

 

<< Non è di vitale importanza >> disse il Vicepresidente, << Sono abituati a trattare con noi americani, e conoscono la nostra lingua. Non si aspettano diversamente, in effetti >>.

 

Irina sorrise impercettibilmente. << D’accordo. Mi servirà un’auto… Posso portare la mia? >>.

 

<< Sì >> rispose secco Xander, guardando White, << Ma alla sua auto ci penso io, come nei patti >>.

 

<< Va bene, agente Went >> disse McDonall, << A lei questo compito, oltre a quello di prepararla. Avrete entrambi il completo appoggio dei servizi segreti russi, quindi se le cose dovessero mettersi male potrete contare sul loro immediato aiuto… Non ci resta ora che dare le ultime dritte alla nostra agente >>. Guardò Irina con un sorriso. << Arrivata dovrà raccontar di essere appena fuggita dagli Stati Uniti. Ci occuperemo di dare l’idea di aver aumentato l’allerta, in modo da fargli credere che la stiamo cercando. Quando sarà certa che le credono, dovrà vagliare l’ipotesi di voler far fuggire Challagher, ma non ha né i mezzi né le capacità per farlo… Non forzi troppo la mano, non deve dare l’impressione di avere fretta, o potrebbero mangiare la foglia. Ricorderanno sicuramente che i vostri rapporti erano tesi, e si chiederanno come mai ora lo rivuole fuori. Cerchi prima di guadagnare la loro fiducia, di mostrare che si è pentita di tutta quella storia, che in realtà non ha avuto alcun beneficio e che per colpa dell’F.B.I. ha rischiato il carcere… Li convinca di essere ancora fedele allo Scorpione, dopodiché cerchi il loro appoggio. Quando si offriranno di aiutarla, chieda di voler entrare in affari con la Lince, assicurando che Challagher la ricompenserà per il favore >>.

 

Irina ascoltò tutto, trovando il piano per certi versi geniale, per altri folle. Far fuggire William… In effetti, era l’unica rimasta fuori che avrebbe potuto farlo scappare, e sarebbe stato molto verosimile… Se lei gli fosse stata ancora fedele.

 

<< Bene… >> Irina guardò il Vicepresidente, << Cosa sarò autorizzata a fare, e cosa non sarò autorizzata a fare? >>. Sorrise.

 

<< Essendo lei pratica del giro, potrà fare qualsiasi cosa ritenga necessaria ad avvicinarsi il più possibile alla Lince >> rispose McDonall, << E naturalmente sarà coperta per qualsiasi azione illegale compirà in quel frangente. In ogni caso, ogni volta che verrà a sapere qualcosa di interessante, o avrà bisogno di informazioni che possiamo procurarle, ci sentiremo per telefono- Verrà dotata di tutti i mezzi adeguati, naturalmente >>.

 

Irina venne folgorata da un pensiero. Xander faceva tante storie per i rischi, per quello che poteva succedere…

 

<< Ma… Sarò armata, vero? >> chiese.

 

<< Ho capito cosa sta pensando >> rispose McDonall, serio, << Sì, è autorizzata a uccidere, se è quello che intende… Tuttavia, se possiamo evitare che qualcuno ci rimetta le penne, è meglio. Rischieremmo di avere ulteriori problemi in questa missione già abbastanza complessa di per sé >>.

 

Irina annuì. Non aveva intenzione di uccidere proprio nessuno, nemmeno se fosse stato necessario. McDonall poteva stare tranquillo: la sua era stata una domanda solo a titolo informativo.

 

<< Per oggi abbiamo finito >> disse White, alzandosi in piedi e avvicinandosi a Demidoff, << Ci vediamo tutti domani, alle nove. Agente Dwight, puntuale perché inizia il suo addestramento >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Xander guardò Irina, ancora seduta al tavolo di vetro, l’espressione stranamente soddisfatta; doveva essere contenta di aver raggiunto il suo obiettivo, nonostante il suo parere contrario. Le fece cenno di seguirlo fuori dall’ufficio, e lei si alzò salutando tutti i presenti.

 

Appena la porta si fu richiusa alle loro spalle, le disse bruscamente: << Dammi le chiavi della Punto >>.

 

Irina lo guardò preoccupata, la mano ancora appoggiata alla maniglia della porta. << Perché? >>.

 

<< La macchina rimane qui, oggi >> rispose secco, << Ti riporto a casa >>.

 

<< Perché? >> domandò di nuovo Irina, senza muoversi.

 

<< Dammi quelle chiavi >> ringhiò lui, infastidito.

 

Irina trattenne il fiato di fronte al suo tono minaccioso, e appoggiò le chiavi nel palmo aperto della sua mano. Lui le soppesò e poi le infilò in tasca dei pantaloni.

 

<< Farò dare una controllata alla Punto >> spiegò, seguendo il corridoio fino all’ascensore, << E rimarrà qua fin quando lo deciderò io >>.

 

<< Ma l’ho già portata da Max, è tutto a posto… >> disse Irina, costretta ad allungare il passo per stargli dietro.

 

“Ma brava, aveva già pensato a tutto… La macchina a posto, McDonall che la sistema con gli esami, White con l’idea di Dimitri… L’unico che è passato per idiota sono io”.

 

Irritato, chiamò l’ascensore. << Non mi interessa. I miei meccanici le daranno uno sguardo e faranno qualche modifica >> disse, riferendosi al personale che gli aveva sempre preparato le auto per le missioni, << E comunque per il momento non ne hai bisogno: volevi per caso fare qualche gara in città, prima di partire? >>.

 

Irina gli lanciò un’occhiataccia. << No… Ma domani come ci torno qui? >> chiese.

 

<< Vieni con me >> rispose lui, mentre la porta dell’ascensore si apriva sul garage sotterraneo, la Ferrari in bella vista.  << E in ogni caso hai ancora la TT >>.

 

<< Ok… >>. Irina sembrava non volerlo provocare ulteriormente, perché sapeva che non avrebbe fatto altro che innervosirlo ancora di più.

 

Le quattro luci arancioni lampeggiarono, mentre l’antifurto della 458 Italia veniva disinserito. Irina raggiunse la porta e salì, in silenzio. Xander fece altrettanto.

 

Mise in moto, il rumore nel motore che descriveva egregiamente il suo umore in quel momento. Fece retromarcia, ignorando completamente la ragazza al suo fianco.

 

Solo quando furono all’entrata dell’autostrada, Irina si decise a dire qualcosa.

 

<< Xander, senti… >> cominciò, titubante.

 

<< Non voglio parlarne >> la zittì lui, << Lasciami stare. E’ meglio che mi ignori, perché non farei altro che incazzarmi… Sembra che tutti stiate facendo a gara per farmi impazzire >>.

 

<< Non fare lo stupido >> disse Irina, << Non posso fare finta di niente… Parliamone e basta >>.

 

Xander sospirò. Aveva ragione lei, in fondo: continuare a lanciare frecciatine, ad arrabbiarsi e a tenere il broncio non lo avrebbe aiutato; anzi, avrebbe contribuito a renderlo ancora più scontroso.

 

<< Non mi va che tu vada a rischiare la vita laggiù, sono stato abbastanza chiaro? >> disse chiaramente, dritto dritto al punto.

 

Irina abbassò il volume della radio.

 

<< Lo so che sei arrabbiato, ma ormai ho preso questa decisione >> disse, << Perché non cerchi di accettarla, invece che tenermi il muso in questo modo? >>.

 

<< Accettarla? >> disse Xander, allibito, << Come pensi che faccia ad accettare il fatto che tu voglia tornare a fare la pilota clandestina, quando credevo volessi chiudere, eh? Come faccio ad accettare che tu ti vada a cacciare nei guai? >>.

 

<< Lo so, hai ragione, ma non mi caccerò nei guai >> disse Irina, << Non sono stupida, farò attenzione… McDonall l’ha detto, non sarò da sola, mi staranno dietro… >>.

 

<< Certo, certo >> disse Xander, superando un’utilitaria nera, << Ti staranno dietro… Nessuno ti starà dietro, quando sarai là. Quando verrà il momento, non potrai certo prendere il telefono e chiamare McDonall per chiedergli cosa dovrai fare, non… >>.

 

<< Allora mi credi così stupida >> lo interruppe Irina, irritata, << Pensi che non sia abbastanza intelligente? Se è così, dillo chiaramente, perché non mi offendo, sai? >>.

 

Xander scosse il capo. << Non penserei mai una cosa del genere… >>.

 

<< Allora smettila di trattarmi così, perché mi fai male! >> gridò Irina.

 

<< Sei tu che non capisci! >> sbottò Xander, portandosi una mano alla fronte, esasperato. Infilò la rampa che portava a una piazzola di sosta e fermò la Ferrari sotto un solitario albero spoglio. Se dovevano chiarire, era meglio farlo in un posto tranquillo e soprattutto non lungo l’autostrada. Spese il motore e si voltò verso Irina.

 

Sperava di poter essere il più chiaro possibile, e che Irina capisse fino in fondo. Lo sapeva che era stato cattivo, aggressivo ed egoista, ma credeva che la sua reazione fosse in parte giustificata da i rischi che lei avrebbe corso.

 

<< Ho paura che ti succeda qualcosa, mi capisci? >> disse guardandola negli occhi da cerbiatta, << E che io sia da tutt’altra parte mentre tu sei in pericolo… >>.

 

Irina si addolcì, le labbra che si piegavano impercettibilmente. << Ma cosa dovrebbe succedermi? >> sussurrò, << Non è che le cose devono sempre andare male… Pensa positivo, no? >>.

 

Xander avvicinò al viso al suo, desideroso di farle sentire tutta la sua preoccupazione. << Senti, io lo so come funzionano le cose… >>.

 

<< Anche io. Ci ho passato due anni della mia vita >>.

 

<< Ecco, appunto >>. Xander era esasperato. << Mi dici dove la trovo un’altra come te, se ti succede qualcosa? >>.

 

<< Da qualsiasi altra parte >> rispose Irina, quasi divertita, << Ci sono migliaia di ragazze che farebbero al caso tuo, molto meno lagnose e problematiche di me >>.

 

<< Non è vero >> ribatté Xander, << Se ti succedesse qualcosa, impazzirei, lo sai? Mi chiedi di capirti, ma tu prova a capire me >>.

 

Irina lo guardò intensamente, gli occhi che si muovevano sul suo volto. Era seria, serissima, quasi addolorata.

 

<< Lo so cosa stai provando, Xander >> sussurrò, << Lo so bene. E’ la stessa cosa che ho sempre sentito io quando te ne andavi… Ma ora so anche cosa provi tu. L’unica cosa che posso dirti è di fidarti di me. Io mi sono sempre fidata di te, no? Provaci, e se mi dovesse succedere qualcosa, potrai dire “te lo avevo detto!” >>. Assunse un’espressione divertita.

 

Xander rimase in silenzio, ma non riuscì a nascondere il sorriso che gli affiorò sulle lebbra. Era incantato dall’espressione innocente di Irina, dalle fossette che gli si erano formate sotto il mento, dalle sue labbra morbide…

 

<< Vorrei dirti che invece non ti verrò a prendere, lo sai? >> sussurrò, << Ma so benissimo che anche se finissi in Siberia e io fossi ancora qui, prenderei la macchina e ti verrei a salvare senza pensarci due volte… >>.

 

Irina gli solleticò il mento. << Per favore, smettila di trattarmi male, ok? Qualche mese e torna tutto come prima >>.

 

Xander sbuffò. << Allora spero che passino in fretta, anche se so che saranno lentissimi… >>. Rimise in moto la Ferrari e fece retromarcia. << Lo hai già detto a tuo padre? >>.

 

<< No >> rispose Irina, << Gli dirò che parto per un soggiorno studio… Non si stupirà troppo: sa che mi sarebbe piaciuto farlo >>.

 

Xander rientrò in autostrada, dubbioso. Se tutto il piano appariva perfetto, di sicuro una falla da qualche parte c’era: aveva abbastanza esperienza da sapere che quando le cose sembravano andare per il verso giusto, da un momento all’altro tutto poteva precipitare. Per il momento, l’unico problema che vedeva era il possibile compagno per Irina.

 

La guardò con la coda dell’occhio, mentre il guard-rail dell’autostrada sfrecciava di fianco a loro. Doveva assolutamente trovare qualcuno da mandare con lei, che fosse abbastanza affidabile. Simon non era disposto ad andare, e non gli rimaneva che riprovare con tutti quelli che aveva già scartato una volta. Prima o poi uno di loro gli sarebbe andato a genio…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 17.00 – Casa

 

<< E così mi stai dicendo che parti qualche mese per andare in Europa per un soggiorno studio? >> disse Jenny, seduta nel soggiorno di casa di Irina, un sopracciglio inarcato e il bicchiere di aranciata in una mano. Sembrava voler scoppiare a ridere, ma evitasse di farlo solo per una sorta di inibizione nei confronti di Todd, in piedi poco più in là.

 

<< Sì >> rispose Irina, sapendo benissimo che l’amica aveva colto già tutto ancora prima che lei provasse a negare.

 

<< Di preciso, dove andrai? >> chiese Todd, che stava ascoltando con interesse e un pizzico di preoccupazione la loro discussione. Gli aveva già anticipato la cosa poco prima, ma aveva tralasciato alcuni dettagli per darsi il tempo di montare una scusa abbastanza convincente.

 

<< In un’università di Parigi >> rispose Irina, ricordando che McDonall le aveva detto di dire così, << Seguirò alcuni corsi, e mi daranno una stanza nell’istituto… Niente di particolarmente preoccupante >>.

 

Jenny posò il bicchiere sul tavolino, lanciandole un’occhiata eloquente. Era brava a riconoscere le sue bugie quasi quanto Xander. Todd, invece, apparve sollevato.

 

<< D’accordo, se ti fa piacere andare è giusto che tu ci vada >> disse, << Quanto starai via? >>.

 

<< Un paio di mesi >> rispose Irina, stringendosi nelle spalle, << Dipende da quando dureranno i corsi e dagli esami che dovrò dare… >>. Jenny sembrava trattenersi dal ridere.

 

<< Va bene >>. Todd sorrise. << Ne riparliamo dopo, ma so che sei abbastanza intelligente da guardarti da sola >>. Le rivolse un cenno e lasciò la stanza, sotto lo sguardo delle due ragazze che non aspettavano altro.

 

<< Davvero credi di potermi fregare con una scusa così scema? >> sussurrò Jenny, appena suo padre fu sparito oltre la porta, << Soggiorno studio… Quando ne hai mai fatto richiesta? >>. Si sporse verso di lei, pronta a condividere tutte le informazioni che era disposta a darle.

 

Irina le rivolse un’occhiata. << Jenny, non rendermi le cose ancora più difficili… >> disse a bassa voce, << Non posso parlarne. Fai almeno finta di credere a quello che ti ho detto >>.

 

L’amica assunse un’espressione complice. << Uhm, segreti… Era da un po’ che non nascondevi qualcosa a qualcuno… Cosa vuoi combinare? >>.

 

<< Non te lo posso dire, Jenny, ma ha a che fare con ciò che ero due anni fa… >> rispose Irina, guardando verso la porta della cucina, sperando che suo padre non decidesse di tornare proprio in quel momento.

 

L’espressione di Jenny mutò in un attimo: dall’estatica che era, divenne spaventata. I suoi occhi scuri la scrutarono, forse incerti di ciò che era appena stato detto.

 

<< Stai scherzando, vero? >> soffiò, un mezzo sorriso sul volto dalla carnagione scura.

 

<< No, non sto scherzando >> disse Irina, seria, << Mi hanno chiesto di fare una cosa, non posso dirti altro. Se saprai qualcosa, sarà Jess a dirtelo, perché io non sono autorizzata a farlo >>.

 

Fece una smorfia. Bene, cominciava a parlare come un’agente dell’F.B.I.: iniziava a calarsi nella parte… Se qualche mese prima avesse saputo di trovarsi in una situazione del genere, non ci avrebbe creduto. Lasciò vagare lo sguardo sui mobili del soggiorno, rendendosi conto che quella era una delle cose che non aveva valutato prima di accettare…

 

<< Ma sei pazza?! >> sibilò Jenny, riscuotendola, << Non puoi rimetterti in quel giro dopo tutto quello che è successo… >>.

 

Stessa identica frase che le aveva detto Xander decine di volte, neanche avesse due anni… Possibile che tutti credevano che non fosse in grado di pensare con la sua testa? La innervosiva molto il fatto che la considerassero quasi un’incosciente… Aveva pensato prima di accettare, aveva ragionato, mica si era lanciata a capofitto in quella cosa…

 

<< Non ti ci mettere anche tu >> la interruppe Irina, << Ci ha già pensato Xander, a farmi la ramanzina. Promettimi solo che farai credere in giro che io sia veramente partita per la Francia… >>.

 

<< E tu non sarai in Francia, immagino >> concluse Jenny, amareggiata.

 

<< No >>.

 

<< Spero che tu sappia veramente quello che stai facendo >> sussurrò l’amica, << Perché io non lo so… Non cacciarti nei guai, solo questo >>.

 

Irina guardò l’amica, ricordando di quando lei era ancora Fenice e di quanti segreti le avesse nascosto. Si ritrovava di nuovo a farlo, a far calare un muro tra loro per salvaguardare Jenny e tutti quelli a cui voleva bene. Ma lo aveva voluto lei, questa volta.

 

<< Non mi caccerò nei guai >> disse, fissando senza vederlo in televisore spento. << Stavolta sarò io a seminare problemi… Le parti si sono invertite, e io so esattamente quello che sto per fare… Anche se tutti pensano il contrario >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Allora… Bé, come vedete i nostri due “piccioncini si trovano in posizioni completamente diverse: Irina è sicura di quello che sta facendo, Xander invece non ci pensa proprio a mandarla in Russia… A parte questo, però, abbiamo avuto modo di vedere cosa ci sarà da fare a Mosca, e abbiamo conosciuto due nuovi personaggi, che non so nemmeno io che ruolo avranno in tutta questa storia ( e meno male che sono l’autrice…).

Quanto a Dimitri, è ancora tutto da vedere, e William… Bé, William sa meglio di tutti quello che vuole in questo momento. La domanda è: cosa farà a scappare? Lo vedrete, e mi direte. Anche perché lo Scorpione non è incline alle cose facili.

Che altro dire? Non saprei, lascio a voi i commenti. E mi scuso perché oggi non rispondo alle recensioni: sono svogliata al massimo, sarò sincera, perché la mia frenetica vita da universitaria mi ammazza… Lasciatemi comunque qualcosa, mi farà molto piacere.

 

Ringrazio tutti coloro che seguono e hanno messo la fic in preferiti, seguite o ricordate.

 

Un bacio a tutti voi!

 

 

P.S.: sto per scendere a correre… Se vedete una che sfreccia come una pazza in mezzo alla strada vestita da rapinatrice sono io, non vi spaventate!

 

  
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