Capitolo VI
Ore 9.30 –
Carcere di San Francisco
William afferrò il
borsone che la guardia armata gli stava porgendo, sulla soglia della sua cella,
e sorrise. Sebastian era stato di parola: gli aveva fatto avere quello che aveva
chiesto nel giro di un solo giorno, e almeno in quello non si era fatto
attendere.
La guardia richiuse
velocemente le sbarre, e tornò al suo posto con un
grugnito, molto infastidito dalle novità che riguardavano Challagher. In tutto
il carcere, speravano sempre che le cose gli andassero male…
William appoggiò il
pesante borsone a terra, preparandosi ad aprirlo. Qualcuno si mosse nella cella
davanti alla sua.
<< Da quand’è
che ricevi visite? >> gracchiò Fred, appiccicato alle sbarre per cercare
di vedere dentro la sua borsa, << Eh? Chi ti ha mandato quella roba?
>>.
William lo guardò, un sorriso cattivo sul volto. << A differenza
di voi, io ho qualcuno la fuori >> disse, e tornò a guardare il borsone.
Le cose all’interno
erano state gettate alla rinfusa, perché i poliziotti avevano prima controllato
che non si trattasse di niente di proibito; però sembrava esserci tutto ciò che
aveva chiesto, tranne forse le sigarette: dovevano averle tolte, perché non gli
era permesso fumare all’interno nel carcere.
Trovò il rasoio per
capelli dentro una scatola incartata, e lo appoggiò sul letto. C’era una
rivista di auto spessa due dita, la stessa che aveva sempre usato per scegliere
le sue macchine, e diverso cibo che non aveva chiesto ma che gradiva comunque.
Nel fondo erano adagiati i due pesi da cinque chili, che afferrò e mise da
parte: strano che gli sbirri glieli avessero fatti
avere. Forse avevano pensato che poteva contribuire a mantenerlo tranquillo.
<< Chi ti ha
mandato tutta quella roba, eh? >> gracchiò di nuovo Fred, e anche John si
fece vedere, facendo spuntare la sua faccia da mezzo
indiano dal letto nella penombra del corridoio.
William afferrò una
scatola di biscotti e gliela lanciò tra le sbarre, riuscendo a centrare la
cella in modo assolutamente perfetto. << Tieni, usala per tapparti la
bocca >> disse, poi si voltò di spalle e andò verso il lavandino.
Infilò la testa
sotto il rubinetto, l’acqua gelata che gli scorreva sulla nuca, poi afferrò
l’asciugamano e si frizionò i capelli. Prese il
rasoio, lo aprì e infilò la spina nella presa della corrente mezza traballante.
Rimase a guardarsi
per qualche istante allo specchio, i capelli castani incollati alla fronte, per
decidere come procedere. L’occhio gli cadde sulla cicatrice che gli tagliava il
sopracciglio, che gli dava un aspetto più minaccioso che mai. Tornò a
concentrarsi sul rasoio, regolò la lunghezza del taglio e iniziò il suo lavoro.
Una decina di
minuti dopo, guardò nuovamente il suo riflesso.
Forse ci era andato
un po’ pesante, questa volta, ma era soddisfatto. Quando aveva ancora il
privilegio di poter andare dal parrucchiere ogni qualvolta voleva, era abituato
a tenere i capelli leggermente più lunghi, ma stavolta voleva essere più
“estremo”. Ancora poco, e si sarebbe rasato a zero.
Fece un sorrisetto
e si passò una mano tra i suoi nuovi e corti capelli, poi sciacquò il lavandino
e rimise il rasoio nella sua scatola, le goccioline che gli solleticavano il
collo dandogli i brividi. Sfiorò la W tatuata, che ora si vedeva di nuovo, e
tirò un sospiro di soddisfazione. Ancora un po’, e sarebbe stato fuori di lì.
Raccolse la rivista
di auto lasciata sulla sedia nell’angolo e si arrampicò sul letto a castello,
sentendolo cigolare sinistramente. Si mise comodo, le
foto e gli articoli di giornale sempre appesi davanti a lui, il soffitto a
pochi centimetri dalla sua testa.
Cominciò a
sfogliare il giornale, ricordando di quando lo faceva al suo tavolino in riva
alla spiaggia o nella piscina di casa sua, il sole sulla faccia e un cocktail
in mano, per designare l’auto che sarebbe andata a incrementare la sua preziosa
collezione. Ogni volta aveva scelto la sua prossima macchina così, anche se in
realtà erano quasi tutte rubate e non acquistate. Era il senso della sfida, il
piacere dell’adrenalina che scorreva nelle vene a spingerlo a procurarsi in
quel modo le sue auto, nient’altro.
Ora che non ne
aveva nemmeno più una, doveva ricominciare da zero. Una volta uscito di lì, la
prima cosa che avrebbe fatto era procurarsi una macchina veloce e non troppo vistosa per fuggire rapidamente dalla California. Doveva
solo scegliere quale, e sperare fosse facile da trovare.
Aston Martin,
Dodge, Porsche, Lamborghini, Ferrari… Tutte auto perfette per lui, ma avrebbero
dato troppo nell’occhio, e non poteva sperare di trovarne una parcheggiata
fuori dal carcere… Aveva bisogno di qualcosa di meno appariscente, ma
abbastanza veloce da permettergli una fuga rapida se fosse stato beccato dagli
sbirri.
Ad un certo punto
arrivò all’immagine di una Lamborghini Revènton grigio carbonio: aveva avuto
anche quella. Chissà che fine aveva fatto, visto che non era stata distrutta
come la sua adorata Zonda… Forse era finita all’asta, o semplicemente era stata
riconsegnata al suo vero proprietario, che aveva speso due milioni di dollari
per averla, per poi vedersela rubare in uno spettacolare furto sull’autostrada…
Al pensiero del suo
garage svuotato, la vena sul suo collo iniziò a pulsare. Gli avevano davvero
tolto tutto… La sua Mercedes Slk, l’Aston Martin blu, la Revènton, la Zonda…
Qualcuno aveva insinuato che teneva più alle sue auto che ai membri della Black
List: forse era davvero così. Almeno le sue macchine non gli avevano voltato le
spalle, come quel bastardo di Dimitri…
“Non ci pensare… Quando sarai fuori, ti riprenderai
tutto. E gliela farai pagare”.
Continuò a
sfogliare il suo giornale, finché non arrivò ad una
pagina che mostrava una strana auto, che lui conosceva perché era sempre stato
esperto in quel campo: una Bugatti Veyron, forse l’auto più veloce del mondo.
Non ne aveva mai
vista una, a parte in foto. Ricordava di averla scartata dai suoi possibili
obiettivi di furto perché era difficile da reperire, e
perché la sua linea non l’aveva mai particolarmente attratto. Era strana,
bassa, dai fari squadrati e una grossa presa d’aria arrotondata che lasciava
respirare il motore… Non era una macchina che passava inosservata, ma che non
faceva nemmeno intuire quanto fosse potente. Ora che l’aveva di nuovo davanti,
e molto tempo a disposizione, decise di dedicargli
qualche attenzione.
Cercò le specifiche
tecniche, riassunte in una tabella sotto la foto: motore W16 di 7.993 cc di
cilindrata, 1001 cavalli e coppia massima di 1.250 Nm a 2.200 giri.
Velocità massima:
408 chilometri orari.
Prezzo: 1.100.000
euro.
William sorrise e
guardò la foto dell’auto. Quella macchina era più veloce della Revènton, di
qualsiasi Ferrari e persino della Zonda… E costosa, molto costosa, anche per uno come lui.
Forse non era
l’auto che poteva sperare di cercare appena uscito di
lì, ma poteva essere una valida sostituta a tutto il suo garage… Se in passato
non l’aveva mai presa in considerazione, ora sentiva che era la macchina di cui
aveva bisogno per prendersi la sua vendetta.
Qualcuno bussò alle
sbarre, e William alzò la testa. Era Reed, il nero che si occupava di lui
quando usciva dalla cella.
<< Ora
d’aria, Challagher >> disse la guardia.
<< Arrivo
>>.
William si alzò, ma
decise di portarsi il giornale dietro per avere modo di dare un’altra guardata
alle auto. La maggior parte del tempo la passava seduto a un angolo del
cortile, lo sguardo che diceva chiaramente che non voleva essere disturbato, a
fissare la cancellata che lo separava dalla libertà, o a tentare di seguire i
detenuti nelle loro misere attività all’esterno.
Una volta fuori,
sentì la fredda aria frizzante di novembre pungergli la nuca, il cielo nuvoloso
che annunciava pioggia. Al centro dello spiazzo, i detenuti più giovani e con
più voglia di vivere stavano sfogando le loro energie represse in una violenta
partita di pallacanestro, mentre le guardie li tenevano d’occhio. Le alte
sbarre con il filo spinato in cima completavano quel paesaggio triste e grigio.
William si diresse
verso il suo solito angolo, la panca di legno scurita dalle intemperie lasciata
sgombra, e si sedette, riaprendo il suo giornale. Alzò il colletto della felpa
per proteggersi dall’aria e sfogliò la rivista, lasciandosi cullare per qualche
istante nei ricordi della sua vecchia vita.
All’improvviso però
si accorse che qualcuno lo stava guardando, non molto lontano da lì.
Daniel Gray era in
piedi vicino ai cancelli, le braccia incrociate e lo sguardo rivolto verso di
lui, vicino a Fred, e parlottavano con l’espressione scocciata. William li
guardò, infastidito, attendendo che facessero qualcosa. Lui non si sarebbe
mosso.
“Certo che quel Daniel ha un certo fegato…” pensò.
Alla fine, gli
venne un’idea. Alzò la mano e fece cenno al ragazzo di raggiungerlo.
Daniel gli rivolse
un’occhiataccia, scambiò qualche parola con Frank e poi iniziò a dirigersi
verso di lui, con deliberata lentezza per innervosirlo.
<< Cosa vuoi, Challagher? >> chiese, piazzandosi davanti
a lui con l’espressione minacciosa.
<< Niente… Mi
chiedevo cosa avessi da fissare >> ribatté William, posando sulla
panchina la sua rivista e incrociando le braccia.
<< E io mi stavo chiedendo chi avesse avuto il coraggio di
venirti a trovare >> disse Daniel, il tono strafottente.
William sorrise.
<< Pensi davvero che io abbia intenzione di rimanere qui per il resto dei
miei giorni? >> chiese, << Credi che starò buono
buono dentro la mia cella, a pentirmi di tutti i miei crimini? Ho un
sacco di gente la fuori che è pronta a darmi una mano… >>. Fece un cenno
verso la cancellata.
<< Perché me
lo dici? >> abbaiò Daniel, << Non me ne frega un cazzo della gente
che conosci… E nemmeno che tu riesca a fuggire >>.
William lo guardò,
ma capì che stava mentendo: di sicuro, se fosse riuscito a scappare, avrebbe
voluto essere al suo posto. Diceva così solo perché voleva provocarlo come al solito-
<< Per cosa
sei stato condannato, Daniel? >> chiese lo Scorpione, tranquillo.
Il ragazzo fece una
smorfia. << Omicidio >> rispose compiaciuto. Incrociò le braccia
con aria di sfida, come a chiedergli di fare altrettanto.
William ridacchiò
davanti alla sua baldanza. << Omicidio… >>. Aveva ancora molto da
imparare. << Sai, potrei offrirti la possibilità di fuggire… Ho bisogno
di qualcuno come te >>.
L’espressione
sbalordita di Daniel lo fece sorridere. Non se lo aspettava.
<< Che cazzo
stai dicendo? >> mormorò.
William si appoggiò
allo schienale della panchina. << Tutti i miei piloti sono stati
arrestati >> disse, << Quando uscirò di
qui, avrò bisogno di aiuto per farla pagare a chi mi ha fatto rinchiudere qua
dentro… Ho bisogno di qualcuno che non abbia paura di prendere un’arma in mano
e di usarla, quando sarà necessario. Non mi sembri uno che si lascia intimorire
facilmente, quindi potresti fare al caso mio >>.
<< Non mi
prendere per il culo, Challagher >> sbottò
Daniel, << Non credo che tra i tuoi amichetti non c’è ne sia nessuno che
abbia questi requisiti… >>.
<< Forse ci
sono, ma sono io a volere qualcuno di nuovo >> lo interruppe William,
<< Sono tutti rinchiusi in carceri diversi, e non ho il tempo né la
voglia di farli evadere. E poi ho capito che non posso più fidarmi di loro… Ho
bisogno di gente nuova. Ci stai? >>.
Lo Scorpione guardò
il ragazzo in piedi davanti a lui. Era giunto alla
conclusione che dopo tutto quello che era successo, non poteva più
veramente fidarsi dei suoi vecchi piloti: Dimitri, che aveva sempre considerato
il suo braccio destro, lo aveva fatto arrestare… Era ora di trovare gente
nuova, più motivata, che lo avrebbe seguito perché aveva solo da guadagnarci.
<< Avevo
detto che ti avrei fatto conoscere la mia ragazza >> aggiunse alla fine
con un mezzo sorriso sardonico, << Ricordi? >>.
<< Cosa vuoi che faccia? >> chiese Daniel, sospettoso.
<< Niente,
per il momento >> rispose William, << Una volta fuori di qui,
dovrai darmi una mano a trovare e ammazzare lo sbirro dell’F.B.I.
e il russo che mi hanno fatto arrestare… Ciò che ti chiederò sarà di rubare
auto, uccidere quando te lo dirò, e darmi una mano quando mi servirà. Sai
guidare? >>. Aveva tralasciato il punto Irina perché era una cosa che
andava risolta solo tra loro due.
<<
Abbastanza, ma non ho mai fatto gare >> rispose Daniel, << Cosa ci
guadagno, io? >>.
<< La
libertà, prima di tutto >> rispose William, << E poi, se tutto
andrà come prevedo, soldi, donne e auto… E magari un posto d’onore nella mia
nuova Lista, se deciderò di ricrearla >>.
Daniel rimase in
silenzio, fissandolo. Probabilmente stava valutando i pro e i contro di quella proposta, oppure cerca di capire dove fosse la
fregatura.
Quel ragazzo era
forse insopportabile e strafottente, ma proprio per quel motivo poteva
rivelarsi adeguato alle sue esigenze. La condanna per omicidio gli confermava
che era uno che non aveva paura, che al momento opportuno sarebbe stato in
grado di afferrare la pistola e sparare, e che era pronto a tutto, esattamente
come lui. Chi aveva la fuori, oltre Sebastian, che sarebbe stato pronto a
seguirlo dappertutto?
<< Quando
progetti di scappare? >> chiese Daniel.
<< Un mese al
massimo >> rispose allo Scorpione, << Un mese, e saremo fuori di
qui, su un auto di lusso, liberi di andare dove ci
pare. Trenta giorni, e faremo mangiare la polvere a
questi sbirri del cazzo >>.
Daniel sorrise.
<< Forse non sei così male come pensavo, Challagher >> disse,
avvicinandosi.
<< E’ un sì,
il tuo? >>.
<< Ci sto
>>.
William gli porse
la mano, e Daniel la strinse.
<< Hai appena
fatto il migliore affare della tua vita >> disse lo Scorpione.
Ore 9.00 –
Autostrada
Xander non capiva.
Non riusciva a capire perché Irina avesse preso quella decisione senza parlare
con lui, senza pensare alle conseguenze che avrebbe comportato… Non era da lei
essere così frettolosa, incosciente…
“Invece lo sai benissimo il perché… Vuole tornare a
essere Fenice”.
Tante volte ci
aveva pensato, e si era sempre dato la stessa risposta: no, Irina non voleva
tornare a correre, non quando aveva fatto di tutto per uscire dal giro… Ora si
rendeva conto che quella era sempre stata la risposta sbagliata.
Schiacciò
sull’acceleratore facendo schizzare avanti la Ferrari, l’autostrada abbastanza
sgombra da permettergli di correre più del solito. Il guard-rail sfrecciava
sfocato alla sua sinistra, sotto il cielo uggioso di quell’orribile giornata.
Oltre alla
preoccupazione per il pasticcio in cui si era ficcata Irina, era anche molto
turbato. Adesso, a qualche ora di distanza, si rendeva conto che la sua
reazione era stata violenta ed eccessiva, ma non si vergognava di aver gridato
addosso a McDonall. Era chiaro che nessuno a parte lui era in grado di capire
di cosa aveva veramente bisogno Irina…
Strinse il volante
ricordando l’espressione della ragazza, mentre tornavano in garage, nel più
completo silenzio dell’ascensore: era arrabbiata, ferita e forse persino
delusa. L’aveva offesa, dicendole che non era in grado di guardarsi da sola, ma
era davvero quello che pensava e non era disposto a tornare su i suoi passi.
Irina, dal canto suo, non sembrava voler cambiare idea.
Una volta davanti
alle auto, non si erano nemmeno salutati e ognuno se n’era andato, diretto a
casa sua. Per la prima volta da quando stavano insieme, nessuno dei due
sembrava non aver voglia di passare la serata con l’altro.
Avevano già
litigato altre volte, ma dopo un paio di ore era tornato tutto come prima,
soprattutto perché lei non era capace di tenere il broncio. Eppure stavolta
sembrava che tra loro due fosse calato un muro che li facesse viaggiare su due
strade differenti. Irina gli aveva spiegato perché aveva fatto quella scelta, ma
lui non capiva. O forse semplicemente non voleva capire.
Se davvero il
desiderio di Irina era quello di tornare a essere una
pilota clandestina, significava che tutto quello che aveva fatto per lei era
stato inutile, che forse addirittura in qualche modo l’avesse infastidita…
Magari lei non voleva che smontasse tutto il mondo di cui aveva fatto parte,
che la sradicasse completamente da ciò che era stata…
“Non essere idiota. Irina non voleva certo continuare a
farsi violentare da Challagher e a fare la pazza per
le strade di Los Angeles… Lo fa solo perché si sente in dovere di farlo, perché
crede che sia la scelta migliore. Non si rende conto che una
volta là ripiomberà di nuovo in mezzo a quello da cui aveva cercato di
scappare”.
Non era arrabbiato
con lei, in fondo. Era solo spaventato a morte per ciò che poteva succederle,
per i pericoli in cui poteva incappare. Stare da solo tutta la notte gli era
servito per accettare quella cosa, per farsene una ragione… E non ci era
riuscito.
Irina era sua, non
poteva vivere senza di lei. Non avrebbe trovato da nessun’altra parte un’altra
ragazza così ingenua, così dolce, così indifesa come lei. Gli bastava niente
per farla contenta, anche solo andare a prenderla a lezione; gli bastava averla
intorno, con i suoi sorrisi, con i duemila problemi che si faceva per ogni
minima cosa, per rendergli la giornata migliore.
E se fosse
cambiata? Se all’improvviso avesse smesso di essere timida, dolce, tenera come
l’aveva sempre vista?
Le avevano sempre
negato tante cose, a partire dalla sua infanzia, e lui
aveva sempre cercato di proteggerla dal mondo, per consentirle di vivere tutto
quello che aveva perso. “Iperprotettivo” era il termine giusto per definirlo,
lo sapeva, ma non poteva farne a meno: non riusciva vedere il dolore negli
occhi di Irina. Ne aveva già visto troppo.
Andare laggiù
poteva cambiarla, poteva farla tornare a essere l’ombra di sé
stessa, e non era sicuro che Irina lo sopportasse un’altra volta. O magari, al
contrario, si sarebbe trovata bene, sarebbe tornata a essere Fenice, la ragazza
dai pantaloni aderentissimi, lo sguardo da gatta e l’atteggiamento da dura che
le aveva visto la prima volta che si erano incontrati
per locali a Los Angeles… La prima volta che gli era stata presentata come Fenice,
la ragazza dello Scorpione.
Uscì
dall’autostrada e raggiunse il quartier generale, lasciando l’auto nel garage
sotterraneo. Prima di salire andò al bar a prendersi un caffè, preparandosi
alla giornata che era sicuro avrebbe messo a dura
prova il suo autocontrollo. McDonall doveva presentargli il capo dei servizi
segreti russi, e insieme a Irina avrebbe dovuto
mettere a punto la loro strategia.
“Qui stanno uscendo tutti pazzi, compreso me che li sto
lasciando fare… Goryalef! Massì, mandiamo anche Challagher così siamo a posto. Al russo ci penso io… Rimarrà chiuso nella sua bella cella ancora
per un pò”.
<< Per quanto
riguarda Goryalef, mi lasci dire che non sono pienamente sicuro che sia una
buona idea >> disse McDonall poco dopo, un volta arrivato nel suo
ufficio, << Per quanto White sia stato convincente, ritengo che sia
troppo avventata, come cosa >>.
Xander fissò il
Vicepresidente, il sopracciglio inarcato. Finalmente sembrava aver ritrovato il
senno della ragione e iniziava a dire qualcosa di sensato, e che gli andava
anche a genio.
<< Se è per
questo, anche io >> disse freddamente, seduto
piuttosto distante dalla scrivania, << Goryalef mi ha permesso di
trovarli, ma non mi fido di lui. Rimane pur sempre un ex-pilota clandestino che
è stato anche il braccio destro di Challagher >>.
<< Allora la
manderemo da sola >> disse McDonall, gettando stancamente la penna che
aveva in mano sul ripiano. Tutta quella storia sembrava iniziasse a stufarlo.
<< Vado io
con lei >> ribatté Xander, << Non può andare da sola >>.
McDonall respirò
profondamente, come per potersi calmare. Le rughe sul suo volto apparvero più
profonde, sotto la luce che proveniva dalla finestra.
<< Agente
Went, credo di essere stato abbastanza chiaro su questo punto >> disse,
<< Lei non può andare a Mosca, perché comprometterebbe la missione. Lo sa
meglio di me. L’unica cosa che posso lasciargli fare è cercare un possibile
compagno per Irina >>.
<< Non esiste
nessuno che possa tenerla abbastanza d’occhio >> rispose secco Xander,
sempre più nervoso. Era sempre stato abituato al fatto che il Vicepresidente
accettasse quasi tutte le sue richieste, e il cambiamento che c’era stato dal
giorno prima lo rendeva più irascibile di quanto non fosse mai stato.
McDonall sembrava
sull’orlo di una crisi di nervi quanto lui. << Ha provato a chiedere a
Cohen? >> domandò tra i denti.
<< Già fatto
>> rispose Xander, << Ho contattato tutti i possibili candidati, li
ho esaminati e non ne ho trovato nessuno adatto… >>.
<< Allora la
mandiamo da sola >> disse il Viceprediente, evidentemente esasperato.
<< Questa è la mia ultima parola >>.
Xander incrociò le
braccia, per niente intimorito dal tono formale e leggermente teso di McDonall.
<< Perché
glielo ha chiesto senza dirmelo? >> domandò all’improvviso, deciso a
cambiare argomento prima di perdere di nuovo le staffe.
<< Perché ero
tenuto a farlo >> rispose il Vicepresidente, << Era mio dovere contattarla. Ma ritengo di non
doverle dare alcuna spiegazione per il mio comportamento >>.
<< Non ha
idea in che guaio l’ha messa >> disse Xander, << Si farà male…
>>.
<< Agente
Went >> lo interruppe McDonall, << Sono disposto a parlare con lei
di tutta questa storia solo una volta, e sarò chiaro: ho solo proposto a Irina
di partecipare, e lei è abbastanza grande per decidere
da sola. Non è un problema mio se non ha abbastanza fiducia nella sua fidanzata
>>.
Fiducia. Non si
trattativa di fiducia, si trattava della vita di Irina. Avrebbe tanto voluto
continuare a discutere, trovare un modo per costringere McDonall a tirarla
fuori da tutto quel casino, ma lavorava la dentro da
abbastanza tempo per sapere che il Vicepresidente non sarebbe tornato
indietro, esattamente come lui. E fino a prova contraria, non poteva ordinargli
nulla.
<< L’idea di
Goryalef è venuta veramente a White? >> domandò, per cambiare argomento.
<< Su questo
posso lasciarle carta bianca >> disse McDonall, aprendo le mani, <<
Se ritiene troppo rischioso mandarlo in Russia, possiamo farne a meno…
>>.
Almeno su quel
punto erano d’accordo, ed era già qualcosa. White doveva aver avuto l’idea di
Dimitri solo con l’intento di provocare lui: da quando lo aveva accusato di
tradimento, durante la storia di Challagher, non era la prima volta che cercava
un pretesto per farlo sbattere fuori dall’F.B.I.
<< Voglio che
continui a rimanere chiuso nella sua cella >> rispose Xander, <<
Troverò qualcuno per accompagnarla >>.
<< Ha due
settimane di tempo >> disse McDonall, << Per preparare Irina, e per
trovarle un aiuto. E ricordi che lei dovrà partire per San Pietroburgo, quindi dovrà prepararsi anche lei >>.
Xander annuì,
alzandosi in piedi. Sapeva cosa doveva fare, e sapeva
anche quanto tempo aveva. E di un’altra cosa era pienamente sicuro: Dimitri non
si sarebbe mosso dalla sua cella.
Ore 10.00 –
San Franscisco, Sede F.B.I.
<< Rafail
Demidoff, capo dei servizi segreti di Russia >>.
Irina strinse con
un certo timore la mano dell’uomo che aveva davanti, di circa cinquantacinque
anni, alto, dai pochi capelli rossicci ma con folti baffoni. Parlava con uno
spiccatissimo accento russo che non riusciva proprio, o forse non voleva,
mascherare. Tutto, dal suo perfetto vestito scuro al suo orologio argentato e
costosissimo, traspariva una certa freddezza e distacco, in linea con l’unico
russo con cui aveva avuto a che fare durante la sua vita.
<< Questo è
il mio assistente, Georgi Sokolòva >> disse Demidoff, indicando con la
mano un altro uomo, più basso e dai capelli scuri, gli occhietti piccoli piccoli, dall’aria meno fredda ma altrettanto rude.
<< Irina
Dwigth, piacere >>.
Si strinsero la
mano, poi lei gettò un’occhiata verso McDonall, in piedi di fianco a Xander e
White. Trovava i due molto meno amichevoli di quanto pensasse, ma non era il
momento di fare la timida: dovevano solo studiare con lei il piano da adottare
a Mosca, e da loro aveva bisogno solo di informazioni.
<< Se volete
accomodarvi… >> disse McDonall, invitandoli a prendere
posto al lungo tavolo rettangolare alle loro spalle, il proiettore che
illuminava la parete che vibrava nella stanza. Le persiane erano state
leggermente abbassate, e al luogo un’atmosfera ancora più formale.
Presero posto, Xander di
fianco a lei, ancora poco incline a parlare. Non l’aveva presa bene, e anche
dopo averci dormito su sembrava considerarla una
pazza. Era dispiaciuta per quel fatto, ma sapeva che prima o
poi avrebbe accettato la cosa.
McDonall attaccò il
cavo del suo pc portatile al proiettore e appoggiò le mani sul ripiano di vetro
del tavolo, gli occhi puntati su di loro.
<< Bene,
direi che possiamo cominciare >> disse, <<
Agente Demidoff, prego, ci illustri le informazioni di cui siete in possesso
>>.
Il russo si
avvicinò con piglio deciso al computer e infilò una chiavetta nella porta Usb. Digitò qualcosa sulla tastiera, poi sulla parete
comparve una cartina geografica che mostrava Mosca, alcuni punti indicati con
un cerchietto rosso.
<< Ciò che
sappiamo è poco >> disse, l’accento russo che rendeva la sua parlata
molto aggressiva, << I nostri infiltrati sono
riusciti ad arrivare fino ad un certo punto della loro piramide organizzativa…
>>. Pigiò un tasto del pc e sulla parete comparve una sorta di schema, con in cima il nome “Lince”, << A comandare tutto c’è
naturalmente il capo, di cui non conosciamo né il nome né il volto, e non
sappiamo nemmeno se si tratta di una singola persona. Egli a sua volta assegna
direttamente i compiti ai suoi sottoposti, senza mai entrare direttamente in
contatto con loro. Ha tre soli uomini che lavorano direttamente per lui, che si
occupano di portare i suoi ordini fino agli interessati. Ogni città ha una
sorta di referente, a cui arrivano gli ordini e che
procede ad avvisare tutti gli altri… I loro traffici maggiori riguardano
partite di droga, contrabbando di armi e di auto di lusso, e naturalmente le
gare clandestine >>.
Irina guardò i
buchi vuoti nello schema, che corrispondevano ai nomi dei tre uomini al
servizio diretto della Lince. Xander anticipò la sua domanda.
<< Non
conoscete i nomi dei suoi tre scagnozzi? >> chiese.
<< No
>> rispose secco Demidoff, << I nostri agenti sono riusciti a
entrare in contatto solo con uno solo dei referenti, e
se qualcuno di loro ha avuto l’onore di conoscere uno degli scagnozzi della
Lince non è sopravvissuto per raccontarlo… Tra essi vige un patto di ferro che
li spinge a difendersi tra di loro, anche se a volte i loro interessi sono
contrastanti: chi sa qualcosa non parla, ma nel momento del bisogno potrà
contare sull’aiuto della Lince. Ognuno può svolgere i propri affari in
autonomia, ma quando se ne presenta l’occasione
collaborano per proteggersi a vicenda e per fare più soldi… >>.
Irina ascoltò tutto
attentamente, trovando la situazione molto differente da quella di Los Angeles:
anche lì c’era una sola persona a comandare, ma William aveva dimostrato di
avere la fedeltà dei suoi “amici” solo nel momento migliore. Quando le cose
erano precipitate, si erano dileguati o lo avevano tradito… Il suo sistema era
basato sulla paura, ed era destinato a crollare non appena si fosse dimostrato
debole. In Russia, invece, c’era una rete di interessi
che legava tutti e bene o male li costringeva a collaborare e guardarsi le
spalle a vicenda.
<< Per
arrivare a uno dei referenti bisogna guadagnarsi la sua fiducia >> disse
Demidoff, << E di solito ci vogliono anni di
amicizia e di affari andati a buon fine, per sperare di poter parlare
direttamente con loro. Dopodiché si entra in contatto con i diretti dipendenti
della Lince: appena hanno il sentore o il solo sospetto che li stiano tradendo, li uccidono. E lo fanno con particolare
cattiveria: abbiamo trovato il cadavere di uno dei nostri agenti fatto a pezzi
e chiuso nel bagagliaio di una Bentley… >>.
Irina rabbrividì,
ma notò l’occhiata eloquente di Xander. Era seduto rigido sulla sua sedia,
l’espressione di ghiaccio.
“Non mi spavento solo per questo… Rischiavo la vita
anche quando stavo con William. E in ogni caso, quando sei morto
non penso che sei in grado di sentire che ti stanno facendo a pezzi…”.
<< Irina conosce
Boris Goryalef >> disse White, << Era amico di Challagher, prima
che finisse dietro le sbarre… Dovrebbe essere uno dei referenti, a giudicare da
quella piramide >>.
Demidoff annuì.
<< E’ il referente di Mosca, a quanto ne sappiamo >> disse,
<< Ed è anche uno dei più facili con cui entrare in contatto… In contatto, non in affari. E’ uno che si fa vedere spesso in
giro, ma non si fida mai di nessuno. Soprattutto da quando Challagher è stato
arrestato >>.
<< L’idea di
usare il nipote può essere valida? >> chiese White.
<< Forse
>> rispose Demidoff, << Da quando sappiamo, nessuno sa bene cosa sia successo a Los Angeles… Sanno solo che
Challagher è dietro le sbarre, e con lui tutta la sua Lista. Hanno preferito
non intromettersi perché la situazione era troppo tesa e rischiavano di finirci
in mezzo. Non sentono il bisogno di tutelare i loro amici americani >>.
Il russo gettò un’occhiata a Sokolòva. << Dovremo montare una bella
storia, in modo che credano davvero che Dimitri Goryalef sia fuggito dal
carcere e che abbia ritrovato Irina con tutta l’intenzione di liberare lo
Scorpione… Se il Mastino deciderà di collaborare, suo zio potrebbe lasciargli
più spazio e di sicuro si fiderebbe di più. Oltretutto, se sospetta qualcosa di
Fenice, in questo modo gli daremo l’idea che sta davvero ancora dalla parte di
Challagher >>.
Irina si ritrovò a
pensare una cosa: se il Mastino deciderà di collaborare… Dimitri era disposto a
fare il traditore proprio a casa sua? Certo, alla fine era grazie a lui che
Xander aveva scoperto dove si trovava ed aveva
arrestato Challagher, ma davvero il Mastino avrebbe aiutato l’F.B.I.?
L’idea di averlo di
nuovo di fianco non era proprio allettante, ma averlo
con lei in Russia poteva rappresentare un notevole aiuto. Di sicuro sapeva
meglio di tutti loro come comportarsi e con chi parlare.
<< Scartiamo
pure l’idea di Dimitri Goryalef >> si intromise
Xander, << Per quanto possa risultare utile, non si muoverà dal carcere
>>.
Demidoff gli
rivolse un’occhiata, e Sokolòva sembrò quasi divertito. Irina rimase in
silenzio, intuendo che McDonall e Xander dovessero aver parlato di quel
particolare, prima di quell’incontro.
<< Abbiamo
deciso di non utilizzare Goryalef >> spiegò calmo il Vicepresidente,
<< Non riteniamo il tutto abbastanza sicuro. I benefici potrebbero non
compensare i rischi >>. Guardò con la coda dell’occhio Xander,
l’espressione soddisfatta.
Demidoff si strinse
nelle spalle. << L’idea era valida >> disse, << Ma se
ritenete inopportuna la cosa, sta a voi deciderlo. Vogliamo solo assicurarci
che le possibilità di portare a termine la missione siano
le più alte possibili. La situazione potrebbe diventare insostenibile, se non
facciamo qualcosa… >>.
<< Di questo
me ne occuperò io >> ringhiò Xander.
McDonall fiutò la
situazione. << Procediamo oltre, agente Demidoff >> disse, <<
Dobbiamo decidere come procedere. Presti molta attenzione, agente Dwight, e se
ha qualche domanda non si faccia problemi a porla >>.
Irina annuì. Xander
non la stava nemmeno guardando.
<< Agente
Went >> cominciò McDonall, << Sarà agli ordini di White, da questo
momento in poi. Sarà di stanza a San Pietroburgo, e avrà carta bianca per
quanto riguarda come muoversi. Il suo compito sarà quello di
cercare informazioni sulla Lince e cercare di entrare in contatto con essa, se
ci riuscirà. Agirà sotto falso nome, per evitare che qualcuno si ricordi di
lei, e se lo riterrà opportuno potrà chiedere l’affiancamento di un agente dei
servizi segreti russi. Concorda con me, agente Demidoff? >>.
Il russo annuì.
<< L’agente Sokolòva è pronto a darle una mano >> disse.
<< D’accordo
>> disse Xander, giocando con la penna che aveva in mano, << Ma
preferirei essere da solo… Voglio piena libertà di movimento >>. Scoccò
un’occhiata verso Irina.
<< Come
preferisce >> disse Demidoff, << In ogni caso, saremo pronti a
darle una mano, quando lo riterrà necessario… Tuttavia, mi chiedevo se non ha
problemi con la lingua… >>.
Xander gli gettò
un’occhiataccia. << So il russo abbastanza bene da capire perfettamente
quello che mi stanno dicendo >> sibilò, << Non mi prenda per uno
sprovveduto >>.
Era evidente che
era ancora arrabbiato, e la sua scontrosità lo confermava. Irina si stupì nel
sentirlo rivolgersi in quel modo ai suoi superiori, ma soprattutto nello
scoprire che conosceva il russo… Chissà quante altre cose di lui non sapeva, nonostante ormai stessero insieme da due anni.
<< Non
intendevo questo >> disse Demidoff, stizzito per il tono con cui si era
rivolto a lui.
McDonall si schiarì
la voce. << Irina, lei partirà per Mosca, con il compito di arrivare più
in alto possibile nella gerarchia dei piloti clandestini e incastrare la Lince.
Sarà costantemente controllata: non la lasceremo da sola, anche se a lei potrà
sembrare >>. Sorrise incoraggiante, come se fosse il personale responsabile
della sua incolumità.
Irina annuì.
<< Però io il russo non lo so… >> disse,
imbarazzata.
McDonall e White si
lasciarono andare a una piccola risata, ma Xander
rimase di ghiaccio.
<< Non è di
vitale importanza >> disse il Vicepresidente, << Sono abituati a
trattare con noi americani, e conoscono la nostra lingua. Non si aspettano
diversamente, in effetti >>.
Irina sorrise
impercettibilmente. << D’accordo. Mi servirà un’auto… Posso portare la
mia? >>.
<< Sì
>> rispose secco Xander, guardando White, << Ma alla sua auto ci
penso io, come nei patti >>.
<< Va bene,
agente Went >> disse McDonall, << A lei questo compito, oltre a
quello di prepararla. Avrete entrambi il completo appoggio dei servizi segreti
russi, quindi se le cose dovessero mettersi male
potrete contare sul loro immediato aiuto… Non ci resta ora che dare le ultime
dritte alla nostra agente >>. Guardò Irina con un sorriso. <<
Arrivata lì dovrà raccontar di essere appena fuggita
dagli Stati Uniti. Ci occuperemo di dare l’idea di aver aumentato l’allerta, in
modo da fargli credere che la stiamo cercando. Quando sarà certa che le
credono, dovrà vagliare l’ipotesi di voler far fuggire Challagher, ma non ha né
i mezzi né le capacità per farlo… Non forzi troppo la mano, non deve dare l’impressione
di avere fretta, o potrebbero mangiare la foglia. Ricorderanno sicuramente che
i vostri rapporti erano tesi, e si chiederanno come mai ora lo rivuole fuori.
Cerchi prima di guadagnare la loro fiducia, di mostrare che si è pentita di
tutta quella storia, che in realtà non ha avuto alcun beneficio e che per colpa
dell’F.B.I. ha rischiato il carcere… Li convinca di
essere ancora fedele allo Scorpione, dopodiché cerchi il loro appoggio. Quando
si offriranno di aiutarla, chieda di voler entrare in affari con la Lince,
assicurando che Challagher la ricompenserà per il favore >>.
Irina ascoltò
tutto, trovando il piano per certi versi geniale, per altri folle. Far fuggire
William… In effetti, era l’unica rimasta fuori che avrebbe potuto farlo
scappare, e sarebbe stato molto verosimile… Se lei gli
fosse stata ancora fedele.
<< Bene…
>> Irina guardò il Vicepresidente, << Cosa sarò
autorizzata a fare, e cosa non sarò autorizzata a fare? >>. Sorrise.
<< Essendo
lei pratica del giro, potrà fare qualsiasi cosa ritenga necessaria ad
avvicinarsi il più possibile alla Lince >> rispose McDonall, << E
naturalmente sarà coperta per qualsiasi azione illegale compirà in quel
frangente. In ogni caso, ogni volta che verrà a sapere qualcosa di interessante, o avrà bisogno di informazioni che possiamo
procurarle, ci sentiremo per telefono- Verrà dotata di tutti i mezzi adeguati,
naturalmente >>.
Irina venne folgorata da un pensiero. Xander faceva tante storie
per i rischi, per quello che poteva succedere…
<< Ma… Sarò armata, vero? >> chiese.
<< Ho capito
cosa sta pensando >> rispose McDonall, serio, << Sì, è autorizzata a uccidere, se è quello che intende… Tuttavia,
se possiamo evitare che qualcuno ci rimetta le penne, è meglio. Rischieremmo di
avere ulteriori problemi in questa missione già
abbastanza complessa di per sé >>.
Irina annuì. Non
aveva intenzione di uccidere proprio nessuno, nemmeno se fosse stato
necessario. McDonall poteva stare tranquillo: la sua era stata una domanda solo
a titolo informativo.
<< Per oggi
abbiamo finito >> disse White, alzandosi in piedi e avvicinandosi a
Demidoff, << Ci vediamo tutti domani, alle nove. Agente Dwight, puntuale
perché inizia il suo addestramento >>.
Xander guardò
Irina, ancora seduta al tavolo di vetro, l’espressione stranamente soddisfatta;
doveva essere contenta di aver raggiunto il suo obiettivo, nonostante il suo
parere contrario. Le fece cenno di seguirlo fuori dall’ufficio, e lei si alzò
salutando tutti i presenti.
Appena la porta si
fu richiusa alle loro spalle, le disse bruscamente: << Dammi le chiavi
della Punto >>.
Irina lo guardò
preoccupata, la mano ancora appoggiata alla maniglia della porta. <<
Perché? >>.
<< La
macchina rimane qui, oggi >> rispose secco, << Ti riporto a casa
>>.
<< Perché?
>> domandò di nuovo Irina, senza muoversi.
<< Dammi
quelle chiavi >> ringhiò lui, infastidito.
Irina trattenne il
fiato di fronte al suo tono minaccioso, e appoggiò le chiavi nel palmo aperto
della sua mano. Lui le soppesò e poi le infilò in tasca dei pantaloni.
<< Farò dare
una controllata alla Punto >> spiegò, seguendo il corridoio fino
all’ascensore, << E rimarrà qua fin quando lo deciderò io >>.
<< Ma l’ho già portata da Max, è tutto a posto… >> disse
Irina, costretta ad allungare il passo per stargli dietro.
“Ma brava, aveva già pensato a tutto… La macchina a
posto, McDonall che la sistema con gli esami, White
con l’idea di Dimitri… L’unico che è passato per idiota sono io”.
Irritato, chiamò
l’ascensore. << Non mi interessa. I miei meccanici
le daranno uno sguardo e faranno qualche modifica >> disse, riferendosi
al personale che gli aveva sempre preparato le auto per le missioni, << E
comunque per il momento non ne hai bisogno: volevi per caso fare qualche gara
in città, prima di partire? >>.
Irina gli lanciò
un’occhiataccia. << No… Ma domani come ci torno qui? >> chiese.
<< Vieni con
me >> rispose lui, mentre la porta dell’ascensore si apriva sul garage
sotterraneo, la Ferrari in bella vista.
<< E in ogni caso hai ancora la TT >>.
<< Ok…
>>. Irina sembrava non volerlo provocare ulteriormente, perché sapeva che
non avrebbe fatto altro che innervosirlo ancora di più.
Le quattro luci
arancioni lampeggiarono, mentre l’antifurto della 458 Italia veniva
disinserito. Irina raggiunse la porta e salì, in silenzio. Xander fece
altrettanto.
Mise in moto, il rumore nel motore che descriveva egregiamente il
suo umore in quel momento. Fece retromarcia, ignorando completamente la ragazza
al suo fianco.
Solo quando furono all’entrata
dell’autostrada, Irina si decise a dire qualcosa.
<< Xander,
senti… >> cominciò, titubante.
<< Non voglio
parlarne >> la zittì lui, << Lasciami stare. E’ meglio che mi ignori, perché non farei altro che incazzarmi… Sembra che
tutti stiate facendo a gara per farmi impazzire >>.
<< Non fare
lo stupido >> disse Irina, << Non posso
fare finta di niente… Parliamone e basta >>.
Xander sospirò.
Aveva ragione lei, in fondo: continuare a lanciare frecciatine, ad arrabbiarsi
e a tenere il broncio non lo avrebbe aiutato; anzi, avrebbe contribuito a
renderlo ancora più scontroso.
<< Non mi va
che tu vada a rischiare la vita laggiù, sono stato
abbastanza chiaro? >> disse chiaramente, dritto
dritto al punto.
Irina abbassò il
volume della radio.
<< Lo so che
sei arrabbiato, ma ormai ho preso questa decisione >> disse, <<
Perché non cerchi di accettarla, invece che tenermi il muso in questo modo?
>>.
<<
Accettarla? >> disse Xander, allibito, << Come pensi che faccia ad accettare il fatto che tu voglia tornare a fare la pilota
clandestina, quando credevo volessi chiudere, eh? Come faccio ad accettare che
tu ti vada a cacciare nei guai? >>.
<< Lo so, hai
ragione, ma non mi caccerò nei guai >> disse Irina, << Non sono
stupida, farò attenzione… McDonall l’ha detto, non sarò da sola, mi staranno
dietro… >>.
<< Certo,
certo >> disse Xander, superando un’utilitaria nera, << Ti staranno
dietro… Nessuno ti starà dietro, quando sarai là.
Quando verrà il momento, non potrai certo prendere il telefono e chiamare McDonall
per chiedergli cosa dovrai fare, non… >>.
<< Allora mi
credi così stupida >> lo interruppe Irina, irritata, << Pensi che
non sia abbastanza intelligente? Se è così, dillo chiaramente, perché non mi
offendo, sai? >>.
Xander scosse il
capo. << Non penserei mai una cosa del genere… >>.
<< Allora
smettila di trattarmi così, perché mi fai male! >> gridò Irina.
<< Sei tu che
non capisci! >> sbottò Xander, portandosi una mano alla fronte,
esasperato. Infilò la rampa che portava a una piazzola di sosta e fermò la
Ferrari sotto un solitario albero spoglio. Se dovevano chiarire, era meglio
farlo in un posto tranquillo e soprattutto non lungo l’autostrada. Spese il
motore e si voltò verso Irina.
Sperava di poter
essere il più chiaro possibile, e che Irina capisse fino in fondo. Lo sapeva
che era stato cattivo, aggressivo ed egoista, ma credeva che la sua reazione
fosse in parte giustificata da i rischi che lei
avrebbe corso.
<< Ho paura
che ti succeda qualcosa, mi capisci? >> disse guardandola negli occhi da
cerbiatta, << E che io sia da tutt’altra parte mentre tu sei in pericolo…
>>.
Irina si addolcì,
le labbra che si piegavano impercettibilmente. << Ma
cosa dovrebbe succedermi? >> sussurrò, << Non è
che le cose devono sempre andare male… Pensa positivo, no? >>.
Xander avvicinò al
viso al suo, desideroso di farle sentire tutta la sua preoccupazione. <<
Senti, io lo so come funzionano le cose… >>.
<< Anche io. Ci ho passato due anni della mia vita >>.
<< Ecco,
appunto >>. Xander era esasperato. << Mi dici
dove la trovo un’altra come te, se ti succede qualcosa? >>.
<< Da
qualsiasi altra parte >> rispose Irina, quasi divertita, << Ci sono
migliaia di ragazze che farebbero al caso tuo, molto meno lagnose e
problematiche di me >>.
<< Non è vero
>> ribatté Xander, << Se ti succedesse qualcosa, impazzirei, lo
sai? Mi chiedi di capirti, ma tu prova a capire me
>>.
Irina lo guardò
intensamente, gli occhi che si muovevano sul suo volto. Era seria, serissima,
quasi addolorata.
<< Lo so cosa
stai provando, Xander >> sussurrò, << Lo so bene. E’ la stessa cosa
che ho sempre sentito io quando te ne andavi… Ma ora so anche cosa provi tu.
L’unica cosa che posso dirti è di fidarti di me. Io mi sono sempre fidata di
te, no? Provaci, e se mi dovesse succedere qualcosa, potrai dire “te lo avevo detto!” >>. Assunse un’espressione divertita.
Xander rimase in
silenzio, ma non riuscì a nascondere il sorriso che gli affiorò sulle lebbra. Era incantato dall’espressione innocente di
Irina, dalle fossette che gli si erano formate sotto il mento, dalle sue labbra
morbide…
<< Vorrei
dirti che invece non ti verrò a prendere, lo sai? >> sussurrò, <<
Ma so benissimo che anche se finissi in Siberia e io
fossi ancora qui, prenderei la macchina e ti verrei a salvare senza pensarci
due volte… >>.
Irina gli solleticò
il mento. << Per favore, smettila di trattarmi male,
ok? Qualche mese e torna tutto come prima >>.
Xander sbuffò.
<< Allora spero che passino in fretta, anche se so che saranno
lentissimi… >>. Rimise in moto la Ferrari e fece retromarcia. << Lo
hai già detto a tuo padre? >>.
<< No
>> rispose Irina, << Gli dirò che parto per un soggiorno studio…
Non si stupirà troppo: sa che mi sarebbe piaciuto farlo >>.
Xander rientrò in
autostrada, dubbioso. Se tutto il piano appariva perfetto, di sicuro una falla
da qualche parte c’era: aveva abbastanza esperienza da sapere che quando le
cose sembravano andare per il verso giusto, da un momento all’altro tutto poteva precipitare. Per il momento, l’unico problema che
vedeva era il possibile compagno per Irina.
La guardò con la
coda dell’occhio, mentre il guard-rail dell’autostrada sfrecciava di fianco a
loro. Doveva assolutamente trovare qualcuno da mandare con lei, che fosse
abbastanza affidabile. Simon non era disposto ad andare, e non gli rimaneva che
riprovare con tutti quelli che aveva già scartato una volta. Prima
o poi uno di loro gli sarebbe andato a genio…
Ore 17.00 – Casa
<< E così mi
stai dicendo che parti qualche mese per andare in Europa per un soggiorno
studio? >> disse Jenny, seduta nel soggiorno di casa di Irina, un
sopracciglio inarcato e il bicchiere di aranciata in una mano. Sembrava voler
scoppiare a ridere, ma evitasse di farlo solo per una sorta di
inibizione nei confronti di Todd, in piedi poco più in là.
<< Sì
>> rispose Irina, sapendo benissimo che l’amica aveva colto già tutto ancora prima che lei provasse a negare.
<< Di
preciso, dove andrai? >> chiese Todd, che stava ascoltando con interesse
e un pizzico di preoccupazione la loro discussione. Gli aveva già anticipato la
cosa poco prima, ma aveva tralasciato alcuni dettagli per darsi il tempo di
montare una scusa abbastanza convincente.
<< In
un’università di Parigi >> rispose Irina, ricordando che McDonall le
aveva detto di dire così, << Seguirò alcuni
corsi, e mi daranno una stanza nell’istituto… Niente di particolarmente
preoccupante >>.
Jenny posò il
bicchiere sul tavolino, lanciandole un’occhiata eloquente. Era brava a
riconoscere le sue bugie quasi quanto Xander. Todd, invece, apparve sollevato.
<< D’accordo,
se ti fa piacere andare è giusto che tu ci vada
>> disse, << Quanto starai via? >>.
<< Un paio di
mesi >> rispose Irina, stringendosi nelle spalle, << Dipende da
quando dureranno i corsi e dagli esami che dovrò dare… >>. Jenny sembrava
trattenersi dal ridere.
<< Va bene
>>. Todd sorrise. << Ne riparliamo dopo, ma so che sei abbastanza
intelligente da guardarti da sola >>. Le rivolse un cenno e lasciò la
stanza, sotto lo sguardo delle due ragazze che non aspettavano altro.
<< Davvero
credi di potermi fregare con una scusa così scema? >> sussurrò Jenny,
appena suo padre fu sparito oltre la porta, << Soggiorno studio… Quando
ne hai mai fatto richiesta? >>. Si sporse verso
di lei, pronta a condividere tutte le informazioni che era
disposta a darle.
Irina le rivolse
un’occhiata. << Jenny, non rendermi le cose ancora più difficili…
>> disse a bassa voce, << Non posso
parlarne. Fai almeno finta di credere a quello che ti ho detto >>.
L’amica assunse
un’espressione complice. << Uhm, segreti… Era da un po’ che non
nascondevi qualcosa a qualcuno… Cosa vuoi combinare?
>>.
<< Non te lo
posso dire, Jenny, ma ha a che fare con ciò che ero due anni fa… >>
rispose Irina, guardando verso la porta della cucina, sperando che suo padre
non decidesse di tornare proprio in quel momento.
L’espressione di
Jenny mutò in un attimo: dall’estatica che era, divenne spaventata. I suoi
occhi scuri la scrutarono, forse incerti di ciò che era appena stato detto.
<< Stai
scherzando, vero? >> soffiò, un mezzo sorriso
sul volto dalla carnagione scura.
<< No, non
sto scherzando >> disse Irina, seria, << Mi hanno
chiesto di fare una cosa, non posso dirti altro. Se saprai qualcosa, sarà Jess
a dirtelo, perché io non sono autorizzata a farlo >>.
Fece una smorfia.
Bene, cominciava a parlare come un’agente dell’F.B.I.:
iniziava a calarsi nella parte… Se qualche mese prima avesse saputo di trovarsi
in una situazione del genere, non ci avrebbe creduto. Lasciò vagare lo sguardo
sui mobili del soggiorno, rendendosi conto che quella era una delle cose che
non aveva valutato prima di accettare…
<< Ma sei
pazza?! >> sibilò Jenny, riscuotendola, <<
Non puoi rimetterti in quel giro dopo tutto quello che
è successo… >>.
Stessa identica
frase che le aveva detto Xander decine di volte, neanche avesse due anni…
Possibile che tutti credevano che non fosse in grado di pensare con la sua
testa? La innervosiva molto il fatto che la considerassero
quasi un’incosciente… Aveva pensato prima di accettare, aveva ragionato, mica
si era lanciata a capofitto in quella cosa…
<< Non ti ci
mettere anche tu >> la interruppe Irina, << Ci ha già pensato
Xander, a farmi la ramanzina. Promettimi solo che farai credere in giro che io
sia veramente partita per la Francia… >>.
<< E tu non
sarai in Francia, immagino >> concluse Jenny,
amareggiata.
<< No
>>.
<< Spero che
tu sappia veramente quello che stai facendo >> sussurrò l’amica, <<
Perché io non lo so… Non cacciarti nei guai, solo questo >>.
Irina guardò
l’amica, ricordando di quando lei era ancora Fenice e di quanti segreti le
avesse nascosto. Si ritrovava di nuovo a farlo, a far calare un muro tra loro
per salvaguardare Jenny e tutti quelli a cui voleva
bene. Ma lo aveva voluto lei, questa volta.
<< Non mi
caccerò nei guai >> disse, fissando senza vederlo in televisore spento.
<< Stavolta sarò io a seminare problemi… Le parti si sono invertite, e io so esattamente quello che sto per fare… Anche se tutti
pensano il contrario >>.
Spazio Autrice
Allora… Bé, come vedete
i nostri due “piccioncini” si trovano in posizioni
completamente diverse: Irina è sicura di quello che sta facendo, Xander invece
non ci pensa proprio a mandarla in Russia… A parte questo, però, abbiamo avuto
modo di vedere cosa ci sarà da fare a Mosca, e abbiamo conosciuto due nuovi
personaggi, che non so nemmeno io che ruolo avranno in tutta questa storia ( e
meno male che sono l’autrice…).
Quanto a Dimitri, è
ancora tutto da vedere, e William… Bé, William sa meglio di tutti quello che
vuole in questo momento. La domanda è: cosa farà a scappare? Lo vedrete, e mi
direte. Anche perché lo Scorpione non è incline alle cose facili.
Che altro dire? Non
saprei, lascio a voi i commenti. E mi scuso perché oggi
non rispondo alle recensioni: sono svogliata al massimo, sarò sincera, perché la
mia frenetica vita da universitaria mi ammazza… Lasciatemi comunque qualcosa,
mi farà molto piacere.
Ringrazio tutti coloro che seguono e hanno messo la fic in preferiti,
seguite o ricordate.
Un bacio a tutti voi!
P.S.: sto per
scendere a correre… Se vedete una che sfreccia come una pazza in mezzo alla
strada vestita da rapinatrice sono io, non vi spaventate!