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Autore: Haze    10/08/2005    0 recensioni
E' già passato un anno…e ancora non sono riuscito a dimenticare… Forse perché intorno a me ci sono solo oggetti che mi ricordano quell'esperienza, forse perché certe cose capitano e segnano dentro, come un tatuaggio marchiato a fuoco, che brucia e rimane per sempre… Iniziò tutto una mattina d'estate, l'inizio di un sogno…o di un incubo, a seconda dei punti di vista. Una storia narrata a due voci, due punti di vista...due cuori.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Brandon

E’ già passato un anno…e ancora non sono riuscito a dimenticare…

Forse perché intorno a me ci sono solo oggetti che mi ricordano quell’esperienza, forse perché certe cose capitano e segnano dentro, come un tatuaggio marchiato a fuoco, che brucia e rimane per sempre…

Iniziò tutto una mattina d’estate, l’inizio di un sogno…o di un incubo, a seconda dei punti di vista.

Quando mi svegliai il sole non era ancora sorto: mi capita spesso di svegliarmi quando è ancora notte e tutta la camera è avvolta nell’oscurità totale, ma dopo pochi minuti mi riaddormento senza problemi.

Quella volta invece mi colpì un senso d’inquietudine e ansia, mi distesi sul letto, mi girai e mi rigirai, ma il sonno sembrava rifiutarsi di accogliermi nel suo mondo.

Dovevo aver mangiato pesante la sera prima, per questo mi sentivo così ansioso e agitato.

Mi recai in salotto per vedere un po’ di TV, forse così mi sarei calmato…

Feci il tragitto al buio, per non svegliare nessuno. Avevo i piedi scalzi e, sul tappeto della sala pestai il coltellino scozzese di mio fratello Derec. Non so come, ma mi tagliai sotto il piede. Fece male. Quello stupido di un fratello minore! Certi oggetti non andrebbero lasciati per terra! Pensai.

Accesi una piccola lampada sul tavolino al centro della stanza: prima di riuscirci, dovetti tastare con le mani tutto il tavolo. Non mi ero mai reso conto quanto fosse difficile muoversi al buio.

Guardandola alla luce la ferita non era profonda, poteva anche essere trascurata.

Finalmente mi sedetti sul divano e, preso il telecomando, accesi la TV.

Doveva esserci un guasto, perché dei venti canali che possiede la televisione della mia famiglia , solo uno funzionava. Parlava di spiriti del passato, una noia mortale, ma proprio per questa caratteristica forse poteva essermi d’aiuto per addormentarmi, no?

L’uomo che dirigeva il programma era un tizio totalmente assurdo: aveva capelli biondi lunghi fino alle spalle e sembrava vestito per una festa di Halloween: maglia e pantaloni neri con cinghie e lacci ovunque, polsini di pelle nera e un medaglione d’oro appeso al collo. Il viso era pallidissimo e aveva lunghe occhiaie viola; ottenute ovviamente grazie all’opera di un buon truccatore, pensai.

Poi qualcosa di stranissimo mi costrinse ad ascoltare, fu come se una forza sconosciuta mi attraesse verso il televisore e mi impedisse di distogliere lo sguardo.

L’uomo iniziò a parlare: aveva una voce fredda e penetrante, che mi fece accapponare la pelle. Intanto non riuscivo neppure a sbattere le ciglia e, contro la mia volontà, mi alzai in piedi. Fu come se le gambe si muovessero da sole. Tentai di fermarle, mi aggrappai a tutti gli oggetti che mi capitarono a tiro, ma inutilmente. Dopo pochi minuti mi ritrovai seduto con il naso a un millimetro dal televisore.

Sudavo, non riuscivo a capire cosa stava succedendo, avevo paura.

Poi l’uomo della TV si schiarì la voce e ricominciò a parlare. La prima volta, mentre cercavo di impedire alle mie gambe di avvicinarsi, non ascoltai le parole, ora invece le sentivo chiaramente, come se mi rimbombassero nella testa.

-Non cercare di allontanarti dalla televisione, è inutile- Disse. Tutto stava diventando decisamente troppo strano, prima la misteriosa attrazione, poi l’uomo che mi parla come se fosse con me nel salotto. - Bene, ora che puoi ascoltarmi chiaramente, voglio parlarti di me, o meglio, di te.- Disse ancora. Non ci capivo niente, che cosa diavolo voleva dire? Ma nonostante volessi chiedergli spiegazioni, non riuscii a parlare: la bocca non si aprì neppure; ero totalmente, assurdamente immobilizzato.

L’uomo, con espressione indifferente continuò il suo discorso: -Vedi Brandon...- Mi chiamò per nome, sapeva come mi chiamavo. - Io sono Yanus, spirito antichissimo, spirito di distruzione.

Quando una persona muore, come forse avrai già sentito, lo spirito abbandona il suo corpo…alcuni decidono o sono costretti a recarsi nel regno che li aspetta, che sia paradiso, inferno o purgatorio, altri invece, hanno la possibilità di reincarnarsi, in un futuro lontano, in un uomo. Io sono uno di questi. La persona in cui reincarnarsi viene scelta quando questa è nell’età adolescenziale, per non rischiare di scegliere un umano che non potrà soddisfare le tue pretese e…io ho scelto te. Purtroppo in futuro potrò controllarti solo durante la notte e in un primo periodo non completamente, ma…so che diventeremo ottimi amici Brandon… non ti preoccupare…- E il televisore si spense.

Era assurdo. Doveva essere uno scherzo di qualche mio compagno di scuola, di sicuro. Ma allora come si spiegava il fatto che non riuscivo a controllare il mio corpo? Avevo la mente completamente svuotata, non riuscivo a capire che cosa fosse successo e perché mi sentissi così strano. Quello che però era certo era che io non ero ASSOLUTAMENTE la reincarnazione di chissà quale spirito.

Quando tentai di alzarmi scoprii di riuscire finalmente a controllare i miei movimenti e mi costrinsi a pensare che probabilmente era stato tutto frutto della mia immaginazione, un’immaginazione molto fantasiosa, ma pura e semplice immaginazione.

Intanto il senso di inquietudine mi aveva pervaso la mente: come poteva essere stato un’illusione un discorso tanto diretto e assurdo? La mia testa era realmente così turbata e bisognosa di prendere sonno da immaginare un avvenimento tanto irrazionale? Probabilmente sì..

La lampada era ancora accesa e illuminava l’angolo in cui ero seduto prima di accendere la TV. Allontanai dalla mia mente i pensieri di quella sera e mi diressi verso il corridoio che portava a camera mia, ma dopo solo pochi passi sentii un dolore allucinante alla schiena.

Caddi in ginocchio e vidi una luce intensissima emanarsi dal MIO corpo. Intanto il dolore diventava sempre più forte e gli occhi mi si riempirono di lacrime. Allungai un braccio dietro la schiena e sentii qualcosa di strano , orribilmente assurdo crescermi in mezzo alle scapole: ali. Due enormi ali bianche dalle piume arruffate. E allora successe di nuovo: volevo urlare, correre, fermare quello che stava crescendo sulla mia schiena, ma il mio corpo non mi rispose: mani e gambe non si mossero e la bocca non si aprì.

L’unica parte del corpo che non era immobilizzata erano gli occhi, dai quali sgorgavano grosse lacrime, che, illuminate dalla luce che io stesso emanavo, sembravano tanti diamanti.

Poi vidi qualcuno a qualche metro da me: una ragazza. Aveva lunghi capelli castani e quando mi vide, o meglio, quando vide la luce abbagliante, si alzò in piedi, una mano sopra gli occhi. Cosa ci faceva una ragazza in casa mia? Avrei voluto chiederglielo, ma non riuscivo a fare altro che restare in piedi a guardarla.

Poi, di nuovo contro la mia volontà, presi a camminare verso la sconosciuta, lei rimase immobile e, mano a mano che mi avvicinavo la luce diveniva più debole, le braccia mi si tesero in avanti e quando le fui di fronte iniziai a scuoterla, ancora controllato da chissà quale forza. Volevo smettere, le lacrime scendevano sul mio volto come un fiume in piena poi….mi si annebbiò la vista e quando aprii gli occhi mi ritrovai in camera mia, a letto. Era stato tutto un sogno.

Che sollievo! Guardai la sveglia sul mio comodino: erano le 8.30 di mattina, la luce filtrava attraverso la serranda, del resto non era possibile che fosse ancora buio a quell’ora.

Mi alzai, ma quando appoggiai il piede sentii una fitta di dolore: era tagliato, il taglio del coltellino scozzese del sogno.

  
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