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Autore: Mia    10/04/2010    2 recensioni
Raccolta di flashfiction vincitrice del concorso Seven Deadly indetto da Addison88.
La Push. I Quileute: umani oltre che leggenda. Visti attraverso lo specchio della loro anima.
#01 Greed is a bad color on a person [Avarizia]
#02 Beware the fury of a patient guy [Ira]
#03 The apathy of despair [Accidia]
#04 The belly has no ears [Gola]
#05 The mask of one's own faults [Superbia]
#06 Envy shoots at others and wounds itself [Invidia]
#07 Love forgives the lover even his lust [Lussuria]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quileute
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più libri/film
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The apathy of despair
L'apatia della disperazione

E quella che l'affanno non sofferse [...] sé stessa a vita sanza gloria offerse...

Dante Alighieri


Da bambina tutti dicevano che ero molto tranquilla; Rebecca è sempre stata più vivace: parlava, rideva con tutti ed era sempre lei a rispondere per entrambe. Un'abitudine consolidata, cui nessuno faceva più caso, ormai; tutti l'avevano accettata e anch'io non pensavo ci fosse nulla di più naturale.
Avevo tre anni quando mi resi conto che, pur essendo identiche, eravamo persone completamente diverse: ci avevano invitato ad una festa e Jeremy Brown non aveva fatto altro che prendermi in giro. Tornate a casa la mamma aveva chiesto se ci fossimo divertite e Beck aveva risposto, entusiasta, che era stata una bellissima festa. Questo mi colpì, era forse la prima volta che il nostro pensiero non coincideva; quando mamma chiese se mi fossi divertita, chinai il capo e annuii. Non ho mai contraddetto ciò che Rebecca diceva per conto di entrambe, perché eravamo una sola anima e io ero felice così.
Poi è arrivato Kai: è troppo abbronzato, ha un sorriso troppo cordiale, modi troppo educati, una bellezza troppo marcata e io lo detesto. Lo detesto perché giorno dopo giorno si è introdotto nella nostra vita, portandosi via l'altra metà di me stessa. Avevo sempre fatto buon viso a cattivo gioco, non avevo mai detto nulla. Avevo paura di esprimere un'opinione che fosse solo e unicamente mia. Beck è sempre stata testarda e non ho tentato di farle cambiare idea.... speravo si rendesse conto che sposarsi a diciotto anni, con un ragazzo come Kai, che si diverte a girare il mondo con una tavola da surf sottobraccio, era irresponsabile; ma a nulla è valso il mio muto rimprovero e le valigie di Rebecca hanno sostato pochissimi giorni sotto il nostro letto, piene di vestiti troppo pesanti per il clima delle Hawaii, prima di portarsi via mia sorella.
Mio padre non le ha impedito di commettere questa sciocchezza, ma io non ho detto nulla, perché temevo la sua reazione. Avrebbe cominciato a piangere, ripetendo che la mamma sicuramente avrebbe saputo cosa fare.
Io no.
Ora che Rebecca se n'è andata, mi sento perduta, inutile, muta...
Non ho mai pensato di andare al College senza Beck... credevo che nulla avrebbe potuto abbattermi se lei fosse stata con me. Fisso le mie valigie con la stessa angoscia con la quale avevo fissato quelle di Rebecca, prima che partisse per la sua nuova vita senza di me. Rimango immobile, incapace di riempirle, incapace di scegliere da sola la mia strada. Non ho la forza di alzarmi e di guardarmi allo specchio perché, senza Rebecca accanto, vedrei solo la metà di me stessa.

Note: Storia ambientata prima delle vicende narrate dalla Meyer in Twilight. Difatti sappiamo che le sorelle di Jacob sono di un anno più grandi rispetto a Bella e che, dopo la morte della madre, se ne sono andate entrambe di casa a diciotto anni, una per studiare al College, l'altra perché si era sposata con un surfista samoano ed era andata a vivere alle Hawaii. Tutti questi elementi sono reperibili nella flashfiction.

Jeremy Brown è un personaggio di mia invenzione: il nome biblico, Jeremy, deriva dal fatto che nel 1882, AW Smith, giunto a La Push per insegnare ai bambini indigeni, abbia cominciato a cambiare i nomi delle persone dai nomi tribali a quelle della Bibbia. Infatti, come si può notare, tutti i nomi dei personaggi Quileute della Meyer hanno nomi ebraici.
Brown invece l'ho preso perché era un cognome molto comune, simile a Black, dato che si tratta in entrambi i casi di un colore.

Il nome del marito di Rebecca non viene mai citato nella saga; io ho scelto Kai sia perché è un nome Hawaiiano, sia perché ha un significato che si conciliava perfettamente con il suo mestiere; infatti, secondo alcune fonti, il nome Kai significa mare.

  
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