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Autore: Freya Crystal    10/04/2010    2 recensioni
Seconda classificata al contest Seven Deadly indetto da Addison89 sul forum di EFP.
In ognuna delle sette shot, il protagonista narra in prima persona determinati e significativi avvenimenti della sua vita. Alcuni sono inventati, altri approfondiscono dei missing moments.
Ho associato un colore diverso ad ogni peccato capitale, e come avrete potuto notare dal titolo della raccolta, i colori sono quelli dell’arcobaleno. In ogni capitolo c’è una frase esplicativa che caratterizza il “peccatore” in questione.
Buona lettura a tutti ;)
Genere: Generale, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carlisle Cullen, Edward Cullen, Jasper Hale, Rosalie Hale
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga, Più libri/film
Capitoli:
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Titolo del capitolo: Necessity or temptation? (Necessita o tentazione?) .
Personaggi principali associati al peccato: Carlisle Cullen.
Personaggi secondari: nessuno.
Pairing: nessuno.
Raiting: giallo.
Genere: introspettivo, sovrannaturale.
Avvertimenti: one shot.



 


                                                                                                                                 Gola è mantenimento della vita
                                                                                                                                                   Leonardo da Vinci.



Necessity or temptation?


Che cosa mi era successo? Da dove proveniva quel dolore assurdo? Mi avevano dato fuoco dopo avermi cosparso di olio e gettato nell’acqua bollente? Mi avevano triturato lentamente le ossa? Mi avevano imbottito le vene di acido scoppiettante?
Avevo l’elettricità e le fiamme in corpo. Carne, sangue, muscoli, ossa e organi erano dilaniati dalla sofferenza.
Ma da qualche parte nel mio cervello era rimasto un briciolo di razionalità. Continuavo a ripetermi che non dovevo urlare. Dovevo ingoiare l’aria e ricacciarla giù per la gola, potevo contorcermi e dimenarmi tra gli spasmi, ma non un solo suono sarebbe dovuto uscire dalla mia bocca.
Avevo la sensazione di aver vissuto in coma per un anno, attimo dopo attimo, minuto dopo minuto, ora dopo ora, in un’agonia di silenzio sempre più dolorosa e devastante.
Poi mi ero risvegliato. Il calore era svanito, ero stato  prosciugato e spogliato di qualcosa dentro di me. Le palpitazioni erano diventate sempre più lente e rare, finché come un orologio guasto le cui lancette arrivano all’ultimo rintocco, il mio cuore si era fermato con un sordo e debole “tum”. Da lì un liquido gelido aveva preso a scorrere in tutto il mio corpo. Avevo la sensazione di essere stato gettato in un mare di fuoco e poi di essere stato ripescato e buttato in un mare ghiacciato.
Ma il dolore era finito. Di colpo, inspiegabilmente.
Solo allora riuscii a formulare una frase nella mia testa: “Sono diventato un vampiro.”
Mi alzai in piedi e riemersi da una montagna di patate marce. L’odore disgustoso colpì fortemente le mie narici fino a stordirmi. Probabilmente i miei sensi erano diventati molto più sensibili dopo la trasformazione.
Cosa potevo fare? Dove dovevo andare? La risposta fu una sola: “Andare lontano.” Prima di imbattermi in qualcuno e di avere il desiderio di attaccarlo, dovevo lasciare la città e raggiungere un luogo isolato. Iniziai a correre senza accorgermi della pazzesca velocità a cui stavo andando, troppo sconvolto per dargli importanza. Mi ritrovai all’aria aperta, ma il terrore di fissare i miei occhi in quelli di una persona innocente, mi spinse a non soffermarmi ad osservare il luogo circostante. Dovevo solo correre e non fermarmi più, quello era il mio compito. Arrivai in riva a un lago, non avevo il fiatone, ne i muscoli pesanti. Mi inginocchiai per osservare l’argentea superficie illuminata dalla luce lunare. Il riflesso dell’acqua restituì l’immagine di un volto dalla bellezza statuaria e spaventosa, l’espressione segnata dall’orrore. I miei occhi erano diventati color cremisi, accesi di una luce maligna. La mia pelle aveva assunto la tonalità dell’avorio, tanto che l’acqua scura pareva  illuminata da una grossa pietra. L’unica cosa famigliare che notai furono i miei capelli dorati. Non mi riconoscevo più.
Ero diventato un mostro.Una preda per il mio stesso padre, una di quelle creature che lui mi aveva costretto a perseguitare.
Mi rimisi in piedi e fissai il cerchio perfetto della luna. Era l’unica testimone del mio dolore, l’unica che mi stesse osservando, superba e irraggiungibile. Allora urlai. Urlai per tutto il tempo che avrei voluto farlo ma avevo deciso di trattenermi, urlai per sfogare in minima parte la frustrazione, l’amarezza e la disperazione che avevo dentro di me, dentro il corpo di un essere alieno, crudele e pericoloso.
Il mio olfatto fu catturato da un dolce odore e subito una voce spietata mi ordinò di raggiungere la fonte di quel profumo e di entrare in azione. La gola per protesta alla mia immobilità iniziò a pizzicarmi. La mia bocca era diventata improvvisamente secca e arida.
Il disgusto verso me stesso m’invase quando capii che quell’odore che mi stava tentando era quello di sangue umano. Ne avevo la certezza. Con un ringhio disperato mi gettai nel lago e mi lasciai affondare nelle oscure profondità. Eppure, anche se avevo smesso di respirare, stavo bene. Capii che non avevo bisogno di ossigeno. Fu un inutile tentativo di suicidio.
Riemersi sulla terra al solo scopo di trovare un altro modo per morire. Ancora una volta la voglia irresistibile di dissetarmi m’aggredì. Desideravo il sangue per gustarne il sapore, non per placare la sete. La mia non era una necessità, ma una tentazione.
Il mio corpo era teso, pronto a scattare verso il più vicino centro abitato, ma la mente mi imponeva di andare in un’altra direzione. Ero diviso in due: ma fu il disgusto a prevalere e a darmi la forza di non cedere. Ricominciai la mia corsa senza meta.  Appena avessi trovato un burrone o una sporgenza rocciosa mi sarei buttato giù. Fortunatamente l’agilità e l’equilibrio perfetto dei miei movimenti poterono rendersi utili mentre mi arrampicavo.
Quanto potevo essere lontano dalla città? Se mi fossi trovato vicino, o addirittura dentro di essa… cosa avrei fatto?
Una strage. Fiumi interi tutti per te. Mucchi di corpi  di bambini, giovani e adulti stesi a terra, prosciugati fino alla loro ultima dolce, gustosa goccia di sangue.
- NO! -, gridai furioso. Non avevo la minima intenzione di dare ascolto alla voce del mostro, istintivo, folle e maligno, che aveva preso vita dentro di me.
“ Non sai cosa ti perdi. Così denso, rosso e caldo… Così saporito… Una linfa vitale che aspetta di entrare dentro di te. Ti piacerà, e tu lo sai.”
Smisi di respirare, focalizzai la mia vista sulla roccia nella quale mi stavo arrampicando.
Il vuoto: dovevo avere il vuoto nella mente, se non volevo cedere a quella voce ammaliante, altra non era che la mia.
E quello fu il mio secondo tentativo di suicidio. Ovviamente fallì. Quando mi gettai dalla sommità della roccia la mia pelle si scalfì e si ammaccò, ma solo per poco. Come per magia le mie ferite si rimarginarono. Capii che oltre ad essere diventato straordinariamente agile e a non avere bisogno di respirare, ero diventato molto resistente.
Ma doveva esserci un modo per morire, anche un vampiro poteva essere distrutto, me lo sentivo.
Correvo… Correvo… Correvo… Senza stancarmi. Non potevo rifugiarmi nel sonno per fermarmi. E mentre fuggivo dal mondo intero, la voce del sangue invocava il mio arrivo, cantava il mio nome, cercando di attirarmi nel suo abbraccio di morte come un’incantevole sirena, comparsa sulla superficie del mare per condurre un marinaio alla pazzia con la sua voce ultraterrena.
Stavo lottando contro l’istinto, dentro un incubo senza fine. E mentre aspettavo di morire tra i flutti del mare, sbattuto contro gli scogli taglienti, la voglia di sangue umano mi perseguitava.
Come potevo accettare di vivere in eterno con una sola possibilità di scelta? In eterno… Esseri viventi si sarebbero estinti, stelle sarebbero esplose, nuovi pianeti sarebbero nati… E io ci sarei sempre stato. Io non sarei mai sparito. No, non potevo accettarlo. Avrei visto cose che non avrei voluto vedere, avrei saputo cose che non volevo sapere.
L’acqua da nera si era fatta improvvisamente rossa. Rosso rubino, rosso cremisi, rosso porpora, rosso elettrico… Rosso sangue.
Vedevo il sangue ovunque. Lo sentivo ovunque. Il sangue e la morte erano i miei unici pensieri.
Nuotai… Nuotai… Nuotai… Il mare era pieno di creature pericolose, dovevo continuare a cercare.
Andai giù, sempre più giù, il più lontano possibile dalla superficie e dagli esseri umani. Ma quella profondità oscura fu in grado di spaventarmi persino dopo ciò che ero diventato. Con la mia vista acuta avevo intravisto tentacoli di dimensioni gigantesche muoversi intorno a me, piccolo essere indesiderato disperso in un mondo che non mi apparteneva. Decisi di risalire, consapevole che il profumo del sangue mi avrebbe aggredito non appena avessi toccato la terraferma. E mentre agitavo braccia e gambe, una piccola speranza si riaccese in me. Se avessi negato al mio corpo il nutrimento che esso richiedeva, allora sarei morto. Avrei dovuto resistere alla tentazione ancora un po’, ignorare il bruciore alla gola e dimenticare di avere una voragine nel petto. Avrei dovuto semplicemente aspettare.
I giorni passarono lenti e faticosi, il sole calava e riappariva, mentre la mia sofferenza rimaneva, aumentando istante dopo istante.
Ero talmente disperato che quando vidi passare un branco di cervi, ne attaccai uno.
… Fu come rinascere. Fu come guarire da una lunga malattia. Sentii di essere arrivato in paradiso quando i miei denti affondarono famelici nel collo caldo e delicato della mia povera preda. Dopo tanto tempo finalmente avevo ceduto, avevo placato la mia sete. E non per tentazione, ma per necessità.
Non avevo mai bevuto qualcosa di più succulento e dissetante prima d’allora. Succhiai il sangue dell’animale fino a prosciugarlo della sua ultima goccia, perché più ne bevevo più ne volevo.
Per quanto possa sembrare crudele e orrendo ciò che feci, io in quel momento provai sollievo, mi liberai di gran parte dell’angoscia che avevo tenuto dentro di me durante interminabili giorni. Fu un piacere indescrivibile sentire il sangue scorrere nel mio corpo e riempirlo.
Da quella volta capii che il destino mi aveva concesso una possibilità di scelta: non avrei ucciso umani, ma animali. In passato avevo già mangiato carne, da vampiro avrei cacciato per sopravvivere come tutti avevano sempre dovuto fare.
Capii che la legge della natura richiedeva a tutti di uccidere per mangiare, perfino i vegetariani, inconsapevolmente, mangiavano cose vive, perché anche i frutti e i vegetali facevano i figli e crescevano. Con quella consapevolezza non provai più disgusto verso me stesso, e fui in grado di soddisfare la mia gola ogni volta che avevo sete.


*******


Spazio dell'autrice:  ringrazio Ninfea Blu e Dragana per la loro bellissima recensione.
Ninfea Blu: grazie per i complimenti. Per mia fortuna non sono ancora vecchia XD Una cosa è certa: non ho intenzione di smettere di migliorare ;)
E' vero ciò che dici su Edward, il lato del suo carattere che ho espresso nella shot precedente, è un'esclusiva che lui riserva solo a Rosalie. Mi è piaciuto tentare di approfondire questo suo aspetto, appunto perché poco trattato in altre fanfiction. Volevo vedere cosa ne sarebbe saltato fuori.
Dragana: grazie infinite. Sono felice che la lettura sia stata di tuo gradimento. Miravo proprio a far riflettere Rosalie sul significato della sua bellezza. Spero di non essere stata banale. Devo ammettere che ciò che ha pensato Rosalie, io lo direi a me stessa se fossi meravigliosa come viene descritta lei.
P.s il colore del titolo è una specie di prugna/ violetto. Sostituisce il colore indaco dell'arcobaleno ;)
  
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