Libri > Twilight
Ricorda la storia  |       
Autore: Freya Crystal    08/04/2010    3 recensioni
Seconda classificata al contest Seven Deadly indetto da Addison89 sul forum di EFP.
In ognuna delle sette shot, il protagonista narra in prima persona determinati e significativi avvenimenti della sua vita. Alcuni sono inventati, altri approfondiscono dei missing moments.
Ho associato un colore diverso ad ogni peccato capitale, e come avrete potuto notare dal titolo della raccolta, i colori sono quelli dell’arcobaleno. In ogni capitolo c’è una frase esplicativa che caratterizza il “peccatore” in questione.
Buona lettura a tutti ;)
Genere: Generale, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carlisle Cullen, Edward Cullen, Jasper Hale, Rosalie Hale
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga, Più libri/film
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo del capitolo: Checkmate for… (Scacco matto per…)
Personaggi principali associati al peccato: Rosalie Hale
Personaggi secondari: Edward, Carlisle, Esme, Royce King, Cedric(nuovo personaggio).
Pairing(per storia): Rosalie/Edward (solo immaginario).
Raiting: giallo
Genere: generale
Avvertimenti: One shot





 


Di superbia educata, di superbia frodata, sono la regina senza corona…
                                                                                                 Herman Hesse.




Checkmate for…


Era alto e possente, dotato di spalle decisamente troppo larghe, ma tale era l’avvenenza del viso da rendere trascurabile quel suo unico difetto fisico; la mascella pronunciata gli donava grande sensualità, e la fossetta sul mento ingentiliva e addolciva il suo sguardo glaciale, blu profondo e avvolgente, ma tagliente e severo allo stesso tempo. Un ciuffo di capelli scuri ricadeva quasi a coprirgli un occhio. Spesso lo vedevo distogliere quella ondulata ciocca ribelle dal viso con una mano arrossata da piccole e numerose cicatrici, affinché potesse avere una visuale completa della splendida e florida ragazza che sedeva di fronte a lui. Non c’era da biasimarlo. Qualsiasi uomo avrebbe trovato particolarmente interessante osservare quella creatura angelica; fascino ed eleganza trasudavano da ogni suo gesto, che fosse un lieve movimento del capo o degli occhi , quei grandi occhi celesti la cui forma di rara bellezza pareva essere stata creata dalle mani di un esperto disegnatore. Lei non era una fatina bionda dalla pelle candida come ci si poteva aspettare; descriverla risulta impossibile e dispersivo: la sua era una bellezza che le parole e l’immaginazione avrebbero banalizzato, e adesso è ancora più abbagliante. Quella ragazza seduta in una postura impeccabile nel salotto di casa sua ero io: Rosalie Hale. 
L’uomo si chiamava Cedric, e aveva all’incirca ventisei anni. Sapevo che donne e giovani adolescenti morivano per lui, tutte sognavano di averlo come sposo o come amante. In quel momento il loro principe si trovava in casa Hale, seduto di fronte a me, con aria incantata. 
Mio padre  stava ostentando una certa freddezza nei suoi confronti, perché era venuto a sapere della sua truffa. Temeva che se lo avessi sposato, sarei andata in rovina anche io per diffamazione da parte di potenti e rivali imprenditori.
Detestavo i formalismi nei discorsi politici ed economici, erano solo dei giri di parole per arrivare al vero scopo della visita: la mia questione matrimoniale. Io facevo solo da presenza, dovevo restare in silenzio e mantenere la mia dignitosa postura, mentre Victor, il padre di Cedric, conversava col mio. 
Cedric teneva gli occhi fissi sul mio viso, come se volesse avvolgermi col calore e il passionale desiderio che trapelavano dal suo sguardo. Io continuavo ad osservare l’elaborato vaso posato sul tavolo che s’intravedeva oltre le sue ampie spalle, per nulla intimidita da lui, anzi, a mio completo agio: mio compito nella vita era lasciarmi contemplare dagli altri. 
Giurai di aver visto più volte nel corso della conversazione lo stesso padre di Cedric distogliere lo sguardo da mio padre e guardarmi segretamente, senza riuscire a saziarsi della mia vista in quei brevi istanti. Ero abituata a tutto ciò, io potevo concedermi la superbia di ritenermi la più bella di tutte, del resto ero convinta fosse l’incontestabile e palese verità. Persino mio padre, l’uomo che mi aveva cresciuta e protetta ,oramai defunto, aveva iniziato a fissarmi con proibito desiderio nel corso della mia crescita. Di una cosa mi aveva sempre -e inutilmente- rimproverato: secondo lui tenevo la testa e gli occhi sollevati più del dovuto, e quel mio gesto era un atto di maleducazione, da biasimare. Ma io detestavo guardare in basso, io volevo guardare in faccia le persone che avevo di fronte, pensavo di averne il diritto, dato che gli occhi erano i miei. Bella com’ero ,meritavo di permettere agli sguardi meravigliati degli uomini e invidiosi delle donne di godere appieno del mio viso. Non volevo nascondermi. Quello che invece continuava a nascondersi era proprio mio padre, si rifugiava dietro la scusa che dovevo comportarmi bene perché non poteva ammettere a se stesso di essere infastidito quando gli uomini mi guardavano. Ci rimasi male nel momento in cui comunicò a Victor che non aveva intenzione di permettere il mio matrimonio con suo figlio. In fondo a me Cedric non dispiaceva. Ero consapevole di dover sposare un uomo ricco, ma avrei voluto essere libera di decidere personalmente la persona a cui legarmi per il resto della mia vita. Allora ero stupida e superficiale: pensavo di avere il diritto di fare e decidere ciò che volevo grazie alla mia bellezza, pensavo che quella mi sarebbe bastata per non dover sottostare agli obblighi impostimi dagli altri, compresi i miei genitori. Finché non capii che ciò che avevo sempre considerato un’arma potente, al contempo era pericolosa e portatrice di sofferenza. 
L’anno successivo all’incontro avvenuto con Cedric e Victor, conobbi Royce King, il figlio del proprietario bancario per cui lavorava mio padre, colui che era destinato a risollevare la società nel periodo della grande depressione. Fu Royce King a farmi capire il danno infertomi da madre natura, fu lui a smontare i miei sogni e a ricostruirli in un'unica grande illusione: l’illusione della felicità che mi aspettava dietro l’angolo, ma che non sarebbe mai arrivata. La mia vita umana ebbe un triste finale, ciò che avevo sempre desiderato si rivelò essere diventato una favola irrealizzabile. 
Quando Carlisle mi trovò abbandonata sulla strada, mentre i fiocchi di neve si depositavano sul mio corpo stanco, umiliato e disfatto dai ripetuti e atroci abusi che avevo subito, la mia esistenza cambiò. Carlisle mi fece diventare un nuovo essere, mi trasformò in una vampira; fu proprio colui che quasi detestavo per la sua bellezza spropositata a darmi un’altra vita. Non avevo mai visto di buon occhio né lui né il ragazzo che si diceva essere suo figlio, perché entrambi erano più belli di me, e questo mi irritava profondamente. Avevo sempre vissuto con la certezza di essere la migliore in quanto ad aspetto esteriore; sentir parlare o, peggio ancora, vedere i Cullen, mi infastidiva, perché loro sgretolavano la mia convinzione.
Per tre giorni infernali Carlisle rimase al mio fianco e mi parlò con voce dolce, come si fa con i bambini quando hanno bisogno di essere tranquillizzati perché fuori dalla loro cameretta imperversa il temporale. Mi ripeteva le sue scuse ogni volta che gemevo di dolore e mi teneva la mano, cercando di farmi realizzare cose mi fosse accaduto e cos’ero diventata. 
Quando il doloroso processo della mia trasformazione finì, potei parlare faccia a faccia con il dottor Cullen e sua moglie Esme. Mi spiegarono che anche loro erano dei vampiri e mi dissero che il mio aspetto fisico aveva subito dei mutamenti. Terrorizzata, chiesi loro di potermi guardare allo specchio. Le mie paure svanirono in un istante quando vidi la mia figura riflessa nel vetro: ero diventata la cosa più bella che avessi mai visto. 
Arrivò la volta in cui mi dovetti trovare faccia a faccia anche con Edward, il ragazzo vampiro che Carlisle ed Esme avevano adottato. Era appena tornato dalla caccia e quando Carlisle me lo presentò, lessi solo ostilità e diffidenza nei suoi occhi dorati, nessuna meraviglia. A seguito della mia trasformazione la mia bellezza si era ulteriormente intensificata fino a divenire abbagliante, eppure Edward mi aveva guardata come se avesse avuto di fronte una ragazza qualsiasi: era la prima volta che mi accadeva una cosa del genere, e non mi stava bene.
Da quel nostro primo incontro lanciai una sfida personale a me stessa: prima o poi sarei riuscita ad attirare l’attenzione di maschio, qual’era Edward, su di me. Non che lui mi piacesse, ma pretendevo di sentirmi dire “Sei bellissima”, o di essere guardata con desiderio anche da lui come avevano sempre fatto tutti gli altri. Trovavo la sua indifferenza nei miei confronti  inaccettabile ed inspiegabile. 
La prima volta che andai a caccia, Carlisle ed Esme mi insegnarono come catturare le mie prede. Mi comportai da cacciatrice esperta che non aveva bisogno di aiuto. D’indole ribelle, ero sempre stata costretta a sottomettermi al volere dei miei genitori; nella mia nuova, triste ed eterna vita, pretendevo almeno di poter essere autonoma e indipendente. Così il mio primo pasto a base di sangue animale me lo guadagnai da sola. Edward si allontanò da me, Carlisle ed Esme, perché la mia presenza non gli era gradita.
-Si abituerà a te, vedrai. Edward è un tipo difficile, ma dagli tempo e imparerà ad accettarti.-, mi disse Carlisle quando fummo di ritorno dalla caccia. Tuttavia mano a mano che giorni passavano, cominciavo a dubitare delle sue parole. Edward trascorreva le giornate chiuso nella sua stanza, a pensare e a ripensare. Era come se avesse colto la sfida segreta che gli avevo lanciato dallo sguardo provocatorio che gli rivolgevo ogni volta che incrociavo i suoi occhi, era come se lui fosse a conoscenza dell’obbiettivo che mi ero prefissata di raggiungere. Ma benché le parole di Carlisle mi risultassero sempre meno convincenti, io non mi scoraggiavo, anzi, divenivo sempre più agguerrita. Avevo intenzione di vincere la nostra sfida personale, ed ero certa che, fossero passati secoli, avrei ottenuto ciò che volevo.
Carlisle ed Esme proposero a me ed Edward di andare a caccia senza di loro, così da avere un valido pretesto per lasciarci soli. Ero talmente desiderosa di fare colpo su di lui, che non mi preoccupai minimamente di Carlisle ed Esme, i quali speravano nella nascita di un sentimento ben più profondo e reciproco di quanto volessi io tra me ed Edward. Il mio obbiettivo? Sedurre l’algido principe dagli occhi dorati. Il loro? Vedere Edward innamorato di me.




*******


Erano passati circa due mesi ormai da quando ero entrata a far parte della famiglia Cullen. In un’umida mattinata d’autunno, Edward uscì di casa con aria infastidita salutando a stento e dichiarando che aveva bisogno di nutrirsi. Io colsi l’occasione per rimanere sola con lui e lo seguii. Sfrecciai silenziosa e leggiadra tra gli alberi mantenendomi a debita distanza per non farmi scoprire, finché lui si fermò ai piedi di un albero dalla folta chioma che oscurava il cielo sopra di noi. Decisi che era il momento adatto per rivelarmi. Sbucai da dietro una pianta con camminata sinuosa ed elegante, mi fermai di fronte a lui e gli rivolsi un’occhiata penetrante, seria in viso. I miei sorrisi erano troppo preziosi, non potevo regalarne a chi non se li meritava.
 -Rosalie.-, mi salutò con tono distaccato.
-Edward.-, ricambiai eloquentemente.
Qualcosa mi disse che si era accorto che lo stavo seguendo. La mia superbia mi portò a pensare che si fosse fermato in un posto riparato perché aveva deciso di dichiarare la sua attrazione verso di me. Pregustavo già il trionfo, quando lui mi spiazzò con le sue constatazioni. – Senti, dovresti smetterla. Non ti rendi conto dello spreco di tempo che stai facendo.- 
Subito non capii dove volesse andare a parare.
-Non riuscirai mai a sedurmi per il tuo intento personale.-
Quella fu la frase che gli fece fare scacco matto.
-Sei davvero così superbo da credere a ciò che hai detto?-, gli dissi con aria sostenuta.
Edward alzò un sopracciglio e mi lanciò un’occhiata sprezzante lasciandosi andare ad una risata senza gioia. 
-Qui l’unica superba sei tu.-
Lo fissai dura, irritata e sorpresa, senza riuscire a capire come avesse fatto a scoprirmi. Carlisle ed Esme non potevano averglielo detto.
-Non puoi giocare con me. Non te l’ho mai permesso, e non te lo permetterò mai.- sibilò. – Cosa m’importa del tuo bel aspetto, se è tutto ciò che hai da dare? -
Quelle parole penetrarono a fondo dentro di me senza che potessi accorgermene, mi ferirono. Un ringhio fuoriuscì dalla mia bocca. Edward continuò il suo discorso  imperterrito. –Carlisle si è dimenticato di rivelarti un piccolo dettaglio: so leggere nel pensiero.-
Fu come se mi avessero gettato raffiche di pietre taglienti e gelide nello stomaco. Doppio scacco matto a Rosalie Hale Cullen.
Non poteva essere vero, mi stava prendendo in giro.
-Si che è vero, non ti sto prendendo in giro. Però su una questione siamo d’accordo: ho fatto doppio scacco matto.-
Mi fissava soddisfatto. Mi aveva in pugno. Visivamente e mentalmente. 
Come potevo contrastare quella sua capacità sovrannaturale? Come potevo sfuggirgli? Cercai disperatamente di annullare ogni mio pensiero e di svuotare la mente.
-Rilassati, non ho più intenzione di entrare nella tua mente da questo momento in poi. Oggi mi hai stancato abbastanza mentre ti torturavi per cercare una soluzione al tuo stupido dilemma, tanto che per avere un po’ di pace ho dovuto lasciare quella stessa casa che sono costretto a dividere anche con te.-
Tacevo, umiliata e piena di vergogna. Ciò che più mi rammaricava era non avere niente di sensato da dire. Ero rigida come uno stoccafisso.
-La tua innata bellezza ti ha rovinata, Rosalie Hale.- Edward scandì ogni parola con decisione, calcando il mio nome. Interpretai quel suo atteggiamento come un modo per sottolineare che non mi avrebbe mai accettata come una sua famigliare, che per lui non sarei mai diventata una Cullen. Ma nonostante quella constatazione, riscoprii che il mio turbamento era incentrato principalmente sulle prime parole. 
Tua bellezza. Rovina. Innata. Innata bellezza uguale rovina. La mia innata bellezza equivaleva alla mia  rovina.
Quelle parole rimbombarono nelle mie orecchie come pugnali pronti a lacerarmi i timpani, riecheggiarono acute. Infinitamente e dolorosamente. 
Edward aveva ragione: la mia straordinaria bellezza era tutto ciò che avevo da dare, ed essa era stata la causa della fine della mia vita e dei miei sogni infranti.
-Hai un’eternità davanti per imparare a capire il valore dell’esistenza. Ti è stata data una seconda possibilità- Edward parve raddolcirsi. -Ritieniti fortunata.-
Che cosa si aspettava? Che gli facessi le mie scuse? Mai, quelle poteva scordarsele.
-Non voglio le tue scuse, non saprei di che farmene.-
-Smettila d’invadere la mia mente!-, gridai frustrata.
-Lo farò. Ti va di cacciare?-
Colsi la sua richiesta dapprima con sospetto, poi lessi nei suoi occhi una luce nuova, l’ombra di un sorriso. Per la seconda volta, quel girono Edward riuscì a spiazzarmi. Volevo rispondergli di no, ma straordinariamente riuscii a mettere da parte l’orgoglio e ad accettare la sua richiesta. Dopotutto, era stato lui a chiedermelo …Avevo pur sempre vinto la mia sfida, e non importava come.
-Vediamo se sei bravo ad azzannare quanto a leggere nel pensiero.-, risposi con voce tagliente e aggressiva.
Lui in tutta risposta rise divertito ...Divertito dal mio comportamento. Ancora una volta fu il primo a dimostrare tale sentimento nei miei confronti. 
Ma in fondo, mentre i nostri sguardi di sfida s’incrociavano e noi sfrecciavamo tra gli alberi, non provai rancore nei confronti di Edward, anzi, grazie a lui sentii che il mio umore si era un po’ sollevato e che ero quasi …quasi felice. Avevo trovato un fratello.
Il tempo passò. Giorni, settimane e mesi volarono in un battito d’ali. E io attuai la mia vendetta verso Royce King e i suoi vigliacchi amici.  Una vendetta spietata. Consolatrice. Dolce. Meritata. 
Così non potei incolpare del triste finale della mia prima vita la bellezza che ero costretta a fronteggiare ogni volta che mi guardavo allo specchio. 
L’unico colpevole fu Royce King.
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Freya Crystal