Cercavi
giustizia, hai incontrato me
Ho sentito una canzone una
volta, anni fa, di cui il titolo mi si è impresso a fuoco nella memoria:
“Cercavo giustizia e ho incontrato la legge”
Non saprei dire per quale
motivo mi colpì tanto eppure ancora oggi ripensandoci un brivido mi sale lungo
la schiena.
Forse è perché in qualche
modo rispecchia perfettamente tutto ciò in cui credo.
E io nella giustizia non ci
credo.
Sono tanti quelli che si
beano nella convinzione che esista, nell’idea che alla fine trionferà
sempre.
Non è così: la giustizia non
esiste e la legge lo dimostra.
Potrò sembrare cinico e
ripetitivo ma la verità è che sono semplicemente realista.
Bastardo, fuorilegge,
truffatore, apatico, insensibile… me ne hanno dette di tutti i colori e
non me la sento di confutarne nessuna, perché in fondo lo sono sul serio.
Più di tutte però, sono
stronzo.
Semplice, coincisa, sette
lettere, il riassunto della mia vita: stronzo.
Quale avvocato non lo è?
Sono arrivato a chiedermi se
è possibile che tutti gli avvocati sono stronzi perché solo gli stronzi possono
diventare avvocati.
Bisogna ammettere che la
cosa avrebbe senso.
Io però posso essere
orgoglioso di dire che sono il più stronzo in assoluto.
Odio il mio lavoro, con
tutto il cuore. Certo sono bravo: tanto bravo quanto stronzo.
Mi capita spesso di
accomunarmi ad un personaggio creato da Carofiglio: Guido Guerrieri.
E’ anche lui un
avvocato, bravo e dalla carriera non proprio onesta.
Non quanto la mia ci tengo a
precisare. Se Guerrieri di tanto in tanto si salva tuttavia, con uscite degne
di un eroe, a me non era mai capitato: avevo imparato a convivere con quel
senso di disagio e malessere che ormai mi apparteneva. Non ci facevo quasi più
caso.
Mi chiamavano “Faccia
d’angelo”
Se all’inizio era un
nomignolo bonario, puramente attribuitomi per il viso candido e perfetto che
attirava le ragazze come le api al miele, con il passare del tempo il
significato del soprannome era pian piano cambiato, assumendo vari sottintesi.
Si era iniziato a
pronunciarlo con un timore quasi reverenziale o in alternativa con totale
disprezzo, perché il viso d’angelo era ingannevole: nascondeva un animo
bastardo.
Chiunque mi conosceva lo
sapeva.
Mai credere a ciò che il mio
volto diceva.
Mai fidarsi delle mie
espressioni.
Mai farsi distrarre dai miei
occhi dorati.
La cosa più saggia da fare
era stare attenti alle mie parole.
Ben attenti.
Anche così però c’era
poco da fare: contro di me non si vinceva.
Non ero contento della mia
vita, non ne ero soddisfatto.
A trentatré anni ancora
single, sconsiderato e folle. Quelli che si consideravano miei amici mi
invidiavano: per i soldi, per le donne, per tutto.
Ma io non la pensavo così.
Mi facevo schifo.
Ancora oggi non so dire per
quale motivo accettai quel caso: era una pazzia, un modo come un altro per
rovinarmi la carriera… e la vita.
Lo intuii dal primo momento
che mi stavo cacciando in un bel guaio.
Qualcosa dentro di me mi
aveva avvertito, gridandomi di scappare e voltare immediatamente le spalle a
quegli occhi da cerbiatto che mi fissavano spauriti.
Ma non lo feci.
Ricambiai lo sguardo, mentre
il mio abituale ghigno mi scompariva piano dalle labbra.
Mossi un passo verso quella
figura esile e tremante.
E per qualche motivo che mi
è ancora sconosciuto allungai la mano.
“Edward Cullen”
*
Ci tengo a precisare, non so di preciso il
perché, che è la prima volta che scrivo qualcosa ispirandomi alla Meyer.
Di solito sono per lo più un’assidua
frequentatrice della sezione “Originali, romantico” dove ho già
pubblicato diverse cose.
Questa volta però ho ricevuto serie minacce
e mi sono “decisa” a provare.
Non linciatemi.
E’ orrenda, forse. E lo si capisce già
dal prologo, direte voi.
Tentar non nuoce, comunque. ^^
Spero in qualche commento, così per sapere
se a qualcuno potrebbe anche solo un pochino interessare un tanto improbabile
seguito **