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Autore: Mariaantonietta    21/04/2010    4 recensioni
La storia parla della rincarnazione di Oscar e Andrè nel nostro tempo, riusciranno a coronare il loro sogno d'amore?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Oscar François de Jarjayes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Non so perché, ma mentre lanciavo i missili dalle fiancate del mio aereo, provai come un groppo alla gola, piansi tanto che le lacrime appannarono la visiera del mio casco.
In quel momento percepii una strana sensazione, mi sentii male per la prima volta durante una missione in volo.
Era del tutto inverosimile per una donna forte e coraggiosa come me.
La mia mente vacillò, convogliandosi in un unico pensiero.
Andrè!
Ebbi un sussulto.
Non riuscivo a respirare e prima di svenire come per istinto atterrai in quell’inferno in fiamme in cerca di superstiti.
Ebbi un cattivo presentimento: ricordai che il mio amore durante la rivoluzione francese favoreggiava il popolo dai soprusi del governo assolutistico. Era un plebeo ed Io una nobildonna.
Un tempo ero la schiava del giglio di Francia, ora ero la lecchina della bandiera stelle a strisce! Non era cambiato niente.
Ricordai il tradimento verso la corona.
La nostra fuga.
E come diventammo disertori.
E se la storia si fosse ripetuta in chiave moderna?
I terroristi avevano ideologie ribelli e rappresentavano la rivoluzione nei confronti degli Stati Uniti.
 Che rappresentava la potenza moderna più potente della terra dei nostri giorni.
Atterrai in verticale con il mio aereo supertecnologico, che ricordava la forma di un disco volante. Scesi e passeggiai per ore in quell’inferno in terra. C'erano corpi bruciati, cadaveri sparsi dappertutto, fumo acre nell’aria.
Quanta crudeltà, ricordai il 14 luglio del 1789, da allora l’uomo non era cambiato nulla, si modificava lo scenario, avanzavano le tecnologie, ma la natura umana rimaneva sempre immutata.
Ero in piedi immersa nei miei pensieri, che qualcuno mi colpì alla nuca. Persi i sensi non so per quanto tempo, mi risvegliai distesa su un tappeto persiano situato su una grossa pietra simile a un'ara.
Capii di essere in una di quelle grotte d’argilla ammanettata e imbavagliata.
Qualcuno mi aveva tolto la giacca dell’uniforme lasciandomi indosso soltanto la canotta verde militare e i pantaloni d’aviatore, inoltre i miei capelli erano stati sciolti che ricadendomi sulle spalle davano l’impressione di una cascata di stelle filanti dorate.  
Ormai sapevano chi ero, perché mi avevano sottratto i gradi e i documenti.
Comunque nessuno aveva osato violare la mia virtù, ne ero certa.
Due uomini con il volto coperto dal kefiah stavano di guardia all’entrata dell’antro, con il mitra carico pronto per l’uso.
Parlavano tra loro in arabo, Io non capivo i loro discorsi sicuramente rivolti verso la sottoscritta.
Mi venne in mente il rapimento di Oscar, da parte del cavaliere nero e il riscatto in armi chiesto al generale Jarjayes in cambio della mia liberazione.
Lì nel lontano passato di fine settecento c’era stato il mio Andrè a salvarmi, adesso invece ero sola e in pericolo.
 Un uomo dal volto coperto, basso di statura, schifosamente grasso e sudaticcio che emanava un fetido odore di orifizi non lavati, si avvicinò a me con arroganza, esprimendosi con un pessimo inglese tanto da non capire inizialmente cosa volesse dire. Mi parve di intuire che un certo Abbas Mohamed Mariah, detto “Il misericordioso”, era disposto a patteggiare la mia vita con gli infedeli invasori in cambio di armi.
Il bruto si rivolse a me con un tono aspro e autoritario, come se stesse parlando a un cane e non a un essere umano.
Appresi che quel pomeriggio mentre ero priva di sensi, Mariah mi aveva proclamato d’innanzi a tutti di sua proprietà, come se Io fossi un oggetto, quindi nessuno tranne Lui aveva il diritto di toccarmi, pena la morte per fucilazione.
Non so che dire di più a riguardo, forse quest'ordine per me sarebbe stato un bene, e avrei evitato uno stupro di massa.
A Mariah avrei pensato più tardi.
Qualche istante dopo, si avvicinò anche un altro uomo: era un gigante alto e robusto, disse qualcosa in arabo che il primo terrorista si precipitò fuori la caverna gridando chissà quale diavoleria nella sua lingua.
Io ero talmente inebriata che associai la corporatura di quell’estremista a quella di Alain, forse anche il timbro di voce? In seguito Egli mi tolse il bavaglio come se avesse pietà di me.
Avevo le labbra secche e mi bruciava la gola.
 Tossii in preda alla disperazione.
 L’omone mi porse dell’acqua fresca incitandomi a bere, con modi gentili rispetto a tutti gli altri. Scrutai intorno a me per escogitare una possibile via di fuga, ma mi resi conto che era alquanto impossibile. Ormai tutto era perduto.
A un tratto non so che mi prese, inspirai profondamente gridando in francese con tutto l’aria all’interno dei miei polmoni: “Andrè Grandier dove sei?”- “Aiutami amore mio ti prego, ho bisogno di te!”.
Ripetei queste frasi più volte in tono lamentoso e monotono.
Era la prima volta dopo le sedute con l’analista che pronunciavo di fronte a qualcuno quel nome.
L’uomo d’innanzi a me, rimase di stucco, fu come impietrito, Egli indietreggiò lasciando il mitra cadere per terra.
Che cosa era accaduto?
Egli mi rispose timoroso con il suo inglese meno che scolastico pieno di errori. “Tu conosci quell’uomo?”.
“Si- gridai come una pazza- dov’è, voglio parlargli”- chiesi impaziente.
Negli anni passati avevo fatto una miriade di ricerche, ma quel cognome non esisteva affatto nel nostro tempo.
Era una misteriosa coincidenza? Oppure il miracolo si stava avverando.
“Dov’è questo fantomatico Andrè Grandier, ti prego per me è di vitale importanza incontrarlo”.
Quel gigante si avvicinò a me per parlarmi all’orecchio a bassa voce.
 L’energumeno ridacchiò divertito, sorvolando la mia domanda, poi sussurrandomi all’orecchio con un corretto francese aggiunse - “Non mi dire che tuo padre in qualche occasione ti ha presentato un uomo con questo nome?”- “E Lui con il suo fascino da marpione ti ha fatto innamorare!”
“No- risposi al mio interlocutore, molto confusa - che centra mio padre?”.
Mio padre conosce un uomo di nome Andrè Grandier e da quando?
“Allora è stato il colonnello Patterson!” – ribatté ancora il soldato, come se fosse più curioso di me di conoscere la verità.
“Ma no-  dichiarai infastidita, poi aggiunsi con maggiore sicurezza - tu  conosci il generale Smith?”- “Parli di Lui come se fosse un Tuo alleato, non hai paura che quelli ti possano uccidere?”.
“Sta tranquilla mio bel comandante, quelli come li chiami Tu, non conoscono il francese come Tu non comprendi l’arabo, per Loro le nostre frasi non hanno nessun significato, sono solo suoni”- “Cerchiamo di essere degli attori e di stabilire un tono di voce che possa ingannarli”- “ Se Io sarò alterato e tu sottomessa, penseranno che ti stia interrogando per capire dov’è la vostra base”.
“Ok”- risposi con voce assoggettata.
“Tornando a tuo padre, Lui è il capo dell’intera missione rosa del deserto, pensavo fossi informata che ci fossero degli infiltrati tra gli estremisti”.
Annuii in silenzio, facendo cenno di sì.
“Devi mantenere la calma colonnello Smith o rischieremo tutti la vita”- “Sappi che Io sono dalla tua parte, ma devi stare al gioco se vuoi vivere”.
“Sei uno degli uomini di Jarah?” – domandai a stento con un filo di voce.
“Sì, ma adesso devo fingere il contrario, non possiamo permetterci di compiere passi falsi”.
Stava accadendo Il miracolo che mi avrebbe portato alla salvezza! Proprio in un momento privo di speranza stavo dialogando pacificamente con un carceriere alleato degli americani.
Ma che cosa centrava Andrè Grandier in tutta questa storia?
Io non so perché, ma come sotto ipnosi rivelai che il suo modo di fare mi rammentava una persona che avevo conosciuto parecchio tempo prima, urlai il nome di quell’uomo tutto a un fiato- “Tu mi ricordi Alain Soissawn!”
 Il mio “amico sorvegliante” in quella situazione rappresentava il braccio destro del “misericordioso”, quest’ultimo era una specie di Iman, Egli ordinò ai miliziani di lasciarci soli.
A un certo punto mi scrutò dalla testa ai piedi centimetro per centimetro, tanto che mi mise in imbarazzo.  Cominciò a ridere a crepapelle. Egli confabulava in arabo qualcosa di molto divertente come se fossi Io la causa di tutto quel sogghignare.
Non capii il perché del suo strano comportamento.
Dopo un po’ riprendendosi dagli scossoni cercò di assumere un atteggiamento più dignitoso- “Ora capisco il nesso, soprattutto comprendo il perché del suo modo di fare nei tuoi confronti: sai quando ti ha visto è come impazzito, rischiando di mandare tutta la missione a puttane”- “Per proteggerti si è messo contro tutti quei maledetti minacciando di morte chiunque ti torcesse un capello”.
“Chi è impazzito?”- “Rispondi”- gridai con un tono di comando.
Egli sorvolò ancora le mie petulanze da donnicciola isterica, ma aggiunse in tono serio qualcosa che mi sconvolse.
“Tu conosci un uomo, una donna o un trans, non sono sicuro di che genere sessuale sia, che si chiama Oscar?”.
“Françoise de Jarjayes?”- aggiunsi con ansia senza alcuna remora.
 “Come fai a conoscere Andrè e Oscar e Alain - s’infuriò di brutto il terrorista- sono solo il frutto della fantasia di un pazzo visionario, sono alcuni dei personaggi finti, inventati che usiamo come copertura nelle nostre missioni”.
“A che gioco state giocando?”-risposi irritata- “Per caso mi avete ipnotizzata per estorcermi delle informazioni e avete scoperto il mio segreto?”- “Adesso volete farmi impazzire, rivoltando le mie illusioni contro di me”.
“No, niente di tutto questo”.
“Abbas, qui tutti lo conoscono come un irakeno che si è cresciuto tra la Francia e, l’Inghilterra, è diverso dai rozzi pastori del deserto, sa farsi rispettare poiché ha la stoffa del leader, è diventato il loro capo in breve tempo ”.
“E’ anche il mio migliore amico, ed è Sayd Jarah”.
“Alias Andrè Grandier, uno dei suoi falsi nomi che usa quando lavora sotto copertura e si trasforma in un occidentale” – “Io mi chiamo Rachid ma il mio capo a volte mi consiglia di assumere l’identità di un certo Alain Soissawn, poiché afferma che Io e Lui siamo identici”.
“Alain”- sussurrai tra me.
“Mentre Oscar è una donna dal nome da uomo che tormenta i sogni di Sayd sin da quando aveva sei anni, per di più non lo ama”.
“Non ero sicuro della sua esistenza, fino a quando non sei apparsa tu, così identica alla descrizione di quella donna soldato di altri tempi fornita dal mio amico da quando lo conosco”.
“Sono Io Oscar – risposi felice – anch’Io sogno di Lui da quando avevo cinque anni, e se vuoi saperlo, sono duecento anni che lo amo da morire”.
“Sayd ha rischiato il linciaggio da parte dei suoi parenti per aver rivelato ingenuamente di essere innamorato di qualcuno che si chiamasse Oscar”- “A quindici anni fuggì dall’Iraq come un ladro, riuscendo a farsi adottare da una famiglia inglese, successivamente frequentò l’accademia militare, viaggiando molto e nella speranza di trovare la sua chimera entrò a far parte della CIA diventando un mito nel settore e un nemico del suo popolo”.
L’uomo continuava a raccontare episodi di vita del mio amore, ma la mia mente si trovava altrove, probabilmente al settimo cielo. Lo avevo finalmente ritrovato, ora niente e nessuno ci avrebbero più diviso.
Avevo capito tutto su Sayd Jarah, non era gay era solo innamorato di me!
“Quando posso vederlo?” – chiesi impaziente, mentre le lacrime solcavano le mie guance incessantemente.
“Presto, ma non dovrete farvi scoprire, soprattutto se entrambi desiderate coronare il vostro sogno d’amore” – “Tu non hai idea di quanto mi ha stressato con i suoi patetici racconti in cui tu”.
La nostra conversazione ebbe fine bruscamente poiché fummo interrotti da un arabo che entrando nella grotta con il fucile spianato gridò parole per me incomprensibili.
Il mio amico tradusse in francese immediatamente quel messaggio comunicandomi che “Il misericordioso” voleva vedermi all’istante nel suo bunker. Di nascosto dei guerriglieri mi strizzò l’occhio e con un enorme sorriso mi disse “E’ fatta, colonnello Oscar, il vostro sposo vi aspetta”.
Due uomini mi accompagnarono d’innanzi all’uscio d’ingresso, seguiti dal mio amico “Alain” che ancora non mi aveva mostrato il volto. Quando la porta si aprì e mi gettarono dentro con molta volgarità, la richiusero bruscamente ridendo e grugnendo come dei maiali. Sentii la voce di Alain che ordinava qualcosa in arabo, sicuramente nessuno doveva disturbare Abbas. Mi tremavano le gambe, al pensiero che stavo per riabbracciare Andrè dopo un eternità. Lui era lì e mi stava aspettando. Entrai con il volto avvampato per l’emozione. L’uomo era in piedi, immobile rivolto verso di me: possedeva un fisico asciutto e muscoloso, molto alto proprio come lo avevo sempre ammirato nelle mie visioni oniriche. Quel giorno indossava il tipico abbigliamento arabo completo di un foulard bianco sporco quadrettata in nero con fili di lana bianca annodati con maestria da formare ciondoli all’estremità dei bordi. La sciarpa mascherava il suo volto lasciando intravedere soltanto i suoi bellissimi occhi colore dello smeraldo. Mi guardò intensamente da provocarmi forti tremori interni.  La mia testa vacillò, deglutii a vuoto. Mi avvicinai come una sonnambula verso di Lui, che togliendosi il kefiah si mostrò a me  splendido come nei miei sogni. In quell’istante i nostri cuori batterono all’unisono e come se fossimo due calamite attratte l’una dall’altra, ci abbracciammo e ci baciammo a lungo senza dire nemmeno una parola.
Lui mi sussurrò piano - “Oscar ti amo da morire, ho vissuto solo per questo istante” - Io risposi- “Anch’io mio adorato Andrè”.
A quel punto successe l’inevitabile.
Ci amammo in modo completo per tutta la notte, entrambi come nella prima vita eravamo rimasti vergini per assaporarci meglio, come se i nostri corpi fossero destinati a un'unica fusione.
In quegli istanti di passione mi affiorarono in mente gli stessi momenti travolgenti accaduti secoli prima durante la notte del 12 luglio 1789. Nel 2010 c'eravamo aspettati per donarci l’uno con l’altra proprio come allora, perché in qualsiasi epoca noi nasceremo, saremo destinati a essere sempre marito e moglie.
La mattina seguente entrambi ricordammo con entusiasmo le vicende vissute durante la vita precedente, come se fossero successe ieri. Mentre mi stuzzicava dolcemente il lobo dell’orecchio, mi chiese perdono se in questa vita non fosse riuscito a chiamarmi mai Sophia, poiché Lui mi conosceva come Oscar, allo stesso modo ricambiai altrettante scuse con altrettanti baci sul suo collo, per non essere capace di chiamarlo Sayd, in quanto era è sarà sempre il mio Andrè.
 Anche Lui si era fatto ipnotizzare scoprendo tutta la storia, ma a differenza mia Andrè aveva avuto delle reminescenze relative all’aldilà. Mi raccontò che il momento dell’unione delle nostre anime fu sublime. La sua anima non era ancora volata in cielo quando mi aveva visto dall’alto, con le sembianze di una colomba bianca. Ricordai da una delle sedute d’ipnoterapia che in quel momento ero disperata e la mia vita non aveva più un senso.
Mi piazzai al comando dei soldati della guardia durante la presa alla Bastiglia, in prima linea in attesa di morire per raggiungere il mio amore. Ricordo che notai quella colomba proprio nel momento che fui colpita all’addome da sette colpi di fucile. Mi accascia a terra morente, i miei amici, mi soccorsero immediatamente portandomi al riparo in un vicolo. Tutto fu vano, morii dopo qualche minuto con il nome del mio tesoro sulle labbra. La morte per me fu una liberazione.
Egli era immerso in un’immensa luce ad aspettarmi sorridente, mi afferrò per mano e mi tenne stretta a sé per duecento anni. Poi venne l’ora di rinascere in altri corpi: le anime dovevano essere riciclate per legge divina. Ma da lassù nessuno si sarebbe mai aspettato che la nostra unione fosse talmente forte da ricordare la vita passata.
Io l’avevo sempre saputo!
Nel giorno del nostro ritrovamento giurammo ancora una volta eterna fedeltà: ci saremmo amati come uomo e donna, ma anche come spiriti puri nel caso in cui fossimo morti, e così per tutta l’eternità.
Eravamo incredibilmente felici, ma dovevamo stare attenti a non rischiare un'altra volta il grande e prezioso amore che avevamo appena ritrovato.
Quella mattina facemmo ancora una volta l’amore sublimando la nostra completezza.
Nessuno osò disturbarci.
Andrè era un uomo splendido, tenero e sensuale, ero così presa da Lui che sarei impazzita se lo avrei perduto nuovamente.
A un tratto scoppiai a ridere, Egli curioso mi chiese il perché di tanto divertimento, Io dissi semplicemente che mio padre lo credeva omosessuale.
“Ti sembro gay?” – mi rispose ironico – “No, ma alcuni ufficiali del mio reggimento  pensano che il tuo Oscar sia un uomo!”.
“Beh non potevo dire a tutti che Oscar è la donna più bella che possa essere vissuta su questa terra in duecento anni”- “Sei troppo di parte, mio amato soldato” – risposi punzecchiandolo.
“Vedrai che sorpresa farò a mio padre!”- “Egli è favorevole alla nostra unione”.
“Se è per questo, lo era anche nel passato, ricordi cosa mi disse nelle scuderie la sera prima di fuggire?”- “Come potrei dimenticarlo”.
Passarono due giorni dalla mia scomparsa e alla postazione americana tutti fremevano per la mia vita, ignari della mia salvezza e della mia felicità.
Andrè stava organizzando un piano per tirarci fuori dai guai: mi legò le mani dietro la schiena imbavagliandomi, finse di tenermi prigioniere portandomi fuori dalle grotte, mi scaraventò su una jeep. Doveva apparire rude e spregevole con me che ero ilo nemico, poiché Abbas “Il misericordioso” aveva comunicato ai suoi uomini che Smith aveva accettato lo scambio: gli ordini erano che Lui e Rachid alias Mohamed alias Alain sarebbero dovuti andare da soli all’incontro.
Nessuno si sarebbe dovuto intromettere per nessuna ragione al mondo.
I terroristi temevano Abbas come loro capo, quindi ubbidirono senza fare storie come delle marionette.
 Anche se molti di loro lo avevano invidiavano per essere stato due notti consecutive assieme ad un fiore del deserto di quella ineguagliabile bellezza, era pur sempre ammirato e riverito.
Partimmo senza problemi e dopo dieci ore di deserto arrivammo stremati all’accampamento USA.
Andrè nel frattempo aveva telefonato a mio padre avvertendolo dell’esito positivo della missione con un messaggio in codice molto strano: “ Andrè ha salvato Oscar, stiamo venendo a Parigi”.
Il generale Smith appena vide la figlia in forma smagliante corse immediatamente da lei per abbracciarla.
Andrè scese dalla jeep e con disinvoltura gli tese la mano in segno di saluto, ignorando le formalità verso i gradi di un suo superiore, quindi in francese disse- “Signore, vi ho riportato vostra figlia sana e salva!”.
“Tu devi essere l’eccentrico Sayd Jarah?” – “ Sono felice di conoscerti di persona, grazie per quello che hai fatto, come posso sdebitarmi?”.
“Generale, chiedo ufficialmente la mano di vostra figlia, non desidero altro nella vita”.
“Pensavo che tu amassi alla follia un uomo di nome Oscar”.
“Il punto è che Oscar è stata sempre una donna ed è vostra figlia Sophia”.
“Sì, gridai Io con tutte le mie forze siamo innamorati da secoli, e anche se la lontananza ci ha separato il nostro amore, è sopravvissuto nel tempo”.
“Signore- s'intromise Andrè – vi ripeto che sarei l’uomo più felice dl mondo se voi ci deste la santa benedizione alle nozze”.
“Smettila di parlare come un cicisbeo della corte di Luigi XV, e chiamami William se vuoi entrare in famiglia”.
“Mi spiegate cosa è successo?”- reagì infine confuso e stremato il generale.
“E’ una storia troppo lunga, papà risposi in coro assieme al mio amore”- suscitando tra il pubblico stupore e un clamoroso battimani.
Poi il generale borbotto tra sé – “Erano innamorati da tanto tempo, sono stato uno stupido a non capire che Oscar era la mia bambina”.
Dopo qualche mese ci sposammo e giuro che in questa vita abbiamo vinto ottenendo un'altra possibilità!
Fine

 

  
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