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Autore: LunaMirtilla    26/08/2005    1 recensioni
Tutto può succedere. Anche che un ragazzo pacifico come Tom Riddle diventi l'essere più spietato del mondo dei maghi.
Ma come?
La mia prima storia seria, con la quale voglio dimostrare che ogni cosa ha un perché, anche se crudele, e che nel mondo non sono sempre i buoni a vincere.
Avvertimento: forse questa storia può risultare incompatibile con la serie di Harry Potter. Questo perché l'ho scritta basandomi solo sui primi cinque libri della saga. Per cui, vi prego di non considerare tutti i particolari del sesto e settimo libro che potrebbero smentire la mia versione.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tom Riddle/Voldermort
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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-Tom, vieni giù, è tardi!-
Il ragazzo finse di non sentire, e si acquattò ancora di più nel buio della soffitta.
Ma Anne non si arrese. -Dai, vieni, o ci sgridano tutti e due!-
Tom non poté più ignorarla, anche se non aveva alcuna intenzione di seguire il suo consiglio, e scendere al refettorio. -Allora vai avanti.- cercò di tagliare corto.
Sentì lo sbuffo di Anne, dal piano sottostante. -Io non mi muovo di qui, se non vieni anche tu!- Strillò.
-Bene- concluse il ragazzo -vuol dire che resterai lì parecchio, perché io non ho fame.-
La ragazzina perse la pazienza e raggiunse l'amico, arrampicandosi per la scala a pioli.
Era più piccola di Tom, ma, nonostante avesse quasi tredici anni, ne dimostrava almeno due in meno. Era piuttosto bassa, mingherlina, con le trecce scure che le ricadevano sulle spalle, occhi grandi e nocciola, viso pallido e guance rosse. Sembrava una bambina. E ragionava come una bambina, ogni tanto. Ma restava sempre il fatto che i suoi discorsi tralasciavano una saggezza che pochi ragazzi possedevano, alla sua età.
A volte faceva quasi paura.
Si avvicinò al ragazzo, e sorrise, da dietro il Manuale di Incantesimi, volume quinto, di Tom. -Che fai?- Gli chiese con la sua vocina limpida.
Il ragazzo alzò le spalle. -Studio.-
-Con il libro al contrario?-
Accidenti.
Si finse indifferente. -Problemi?-
Anne sospirò. L'entusiasmo si spense sul suo volto, e la ragazzina divenne improvvisamente seria. -Sei ancora arrabbiato per prima, vero?-
Tom non rispose.
Certo che era arrabbiato. Arrabbiato come non lo era mai stato prima di allora. Ma non valeva la pena di prendersela con Anne. Voleva solo restare lì, in pace, lontano da tutti e da tutto.
Voltò il libro, è tornò a fissare quelle stupide immagini con rinnovata ostinazione.
-Dai, Tom. A me puoi dirlo. Perché cavolo devi sempre tenermi il muso ogni volta che ti succede qualcosa di brutto?-
Dopotutto Anne aveva ragione. Sotto questo punto di vista era decisamente associale. Forse perché esprimere i suoi dubbi a voce alta lo avrebbe fatto sentire ancora più insicuro. Dopotutto neanche lui sapeva esattamente cosa pensare. Non sapeva se sentirsi sperduto, offeso, confuso, tradito. Sapeva solo una cosa. Era arrabbiato. Molto arrabbiato. E non aveva voglia di affrontare i suoi pensieri a voce alta, perché non sapeva esattamente come ne sarebbe uscito. Non valeva la pena di fare un'altra scenata di fronte ad Anne.
-Non sono arrabbiato con te. E solo che non mi va di parlare.-
Anne lo fissò, seria. -Perché?- insistette.
Accidenti.
Tom aveva la spiacevole sensazione che non sarebbe riuscito ad evitare la scenata nemmeno rifiutandosi di parlare.
-Perché ti annoierei.-
Risposta stupida.
Non era questo che voleva dire.
E com'era prevedibile, Anne rispose nel solito modo. -Non mi annoieresti. Sono io che te lo chiedo.-
-Potrei perdere la calma.-
Altra risposta stupida. Stupida e corretta allo stesso tempo.
Non avrebbe assolutamente dovuto dirlo. Gli era scappato. Come al solito, dopotutto.
Anne sedette accanto a lui. -Preferisco sorbirmi una scenata, piuttosto di non capire che cos'hai. A me puoi dirlo. Lo sai che sono tua amica.-
Tom sospirò, e un po' di quella sua frustrante ostinazione se ne andò via.
Anne era l'unica persona che sapeva sempre ascoltarlo, e capirlo soprattutto.
Era l'unica persona a cui aveva parlato della scuola di magia, l'unica che sapeva dove teneva nascosti i suoi libri durante le vacanze estive, l'unica amica sincera con cui poteva veramente parlare. Conosceva ogni sua paura, ogni suo dubbio, ogni sua preoccupazione da tredici anni.
Perché non raccontarle l'ennesimo segreto?
Per la prima volta in tutta la mattinata, Tom si voltò verso di lei, e la guardò negli occhi. -Non so se vuoi ascoltarmi. Si tratta della Casa dei Mostri.- tentò disperatamente scoraggiare l'amica. Ma tanto sapeva che non avrebbe funzionato.
La ragazzina lo fissò incuriosita. -La villa dei Riddle?- chiese.
Tom annuì, e non ebbe altra scelta che proseguire. -Proprio così.-
E cominciò a raccontare. -Ricordi della punizione?-
Anne annuì.
-Beh, la signora Brown mi ha costretto a portare una borsa ai Riddle.-
Anne lo interruppe. -Cosa conteneva?-
Tom scosse la testa. -Non ne ho idea. Fatto sta che dovevo recarmi a casa Riddle. Non l'avevo mai fatto, prima.-
-E hai avuto paura?-
-No.- rispose Tom, prima di decidersi ad aggiungere -Solo un po'. Lo sai cosa si dice in giro. I Riddle sono malvagi! Nascondono in casa lo spettro del loro figlio morto!-
Anne alzò gli occhi al cielo. -Quante volte te lo devo ripetere? Non è uno spettro! È vivo. È solo un po' matto, per questo lo nascondono.-
-Beh, io pensavo che fosse uno sprettro, prima. Ho raggiunto la casa, e ho bussato alla porta. Mi ha risposto quel vecchio che fa il giardiniere. Com'è che si chiamava?-
-Frank.- rispose prontamente la ragazzina.
-Già, Frank. Ha detto di appoggiare la borsa sul tavolo del secondo piano, perchè lui non voleva fare le scale, per via di quella sua gamba zoppa. Così io mi sono fatto coraggio, ho stretto in mano la bacchetta e sono salito. La casa era immensa, le scale infinite, e stavo quasi per perdermi. Poi ho notato uno studio con le mensole colme di fotografie. Mi sono incuriosito, e ci sono entrato.-
Anne ascoltava il suo racconto come una bambina durante la favola della buonanotte. E questo, sinceramente, lo irritava un po'.
-So che forse non mi crederai. Ma c'era mia madre in quelle foto.-
La ragazzina aggrottò la fronte.
-Non riuscivo a crederci. Senza accorgemene mi sono avvicinato sempre di più. Vedevo le foto di mia madre, sempre sorridente, così, proprio come nelle fotografie che mi ha mostrato la signora Brown. Era vicino ad un uomo. Sempre lo stesso. Non l'ho riconosciuto subito, però.-
Anne cominciò a fissarlo comprensiva, come se stesse raccontando una bugia innocente, proprio come fanno i bambini.
Ma Tom non mentiva. Era serio, più serio che mai.
-Poi ho sentito dei rumori dietro di me. Ho puntato la bacchetta davanti e mi sono girato. Difronte a me, a pochi metri, c'era il figlio pazzo dei Riddle. Tom. Sai, prima non avevo dato peso al fatto che avevamo lo stesso nome e cognome. Riddle è un cognome molto comune, a Little Hangleton. Allora, però, ho capito tutto. Ho lasciato cadere la borsa, terrorizzato e furente allo stesso momento, con la bacchetta puntata sempre in avanti. Poi l'uomo ha parlato. Non ricordo esattamente cos'ha detto, qualcosa tipo: "Vattene. Vattene e non tornare più. Dimentica tutto e esci per sempre da questa casa. O ti giuro che ti uccido, stupido maghetto." Ovviamente non me lo sono fatto ripetere. Sono scappato via con la bacchetta ancora in mano, senza fermarmi, fino ad arrivare qui.- concluse.
Anne lo squadrò ancora. -Beh?- chiese.
-'Beh' cosa?- Rispose l'amico.
-Cosè che hai capito, di tanto importante?-
Tom la guardò allibito.
Possibile che fosse così ingenua, ogni tanto?
-Cosa ho capito?- disse -Quel pazzo è mio padre, lo stesso uomo delle foto! Proprio lui, il mostro di casa Riddle!- le urlò, adirato.
Parlare così gli dava un senso di nausea, come se la cosa, potesse rendere quelle parole tragicamente ancora più reali.
Ma Anne sembrava non farci caso. -Stai saltando a conclusioni affrettate. Tu non hai mai conosciuto tua madre, quella delle foto poteva essere benissimo qualcuna che le assomigliava!-
-POSSIBILE CHE TU NON CAPISCA?- urlò – Fai due più due. La ragazza delle foto sembra mia madre, ed è ritratta sempre con un uomo di nome Tom Riddle, che guardacaso si chiama come me. Cosa può voler dire?-
-Non agitarti! Non puoi esserne sicuro. E poi cosa ti cambierebbe, se quell'uomo fosse tuo padre? Credi forse che ti rivorrà con sé?-
Tom sentì che la calma lo stava abbandonando. Strinse i pugni, fin quasi a ferirsi le mani. -QUELL'UOMO È UN MOSTRO, ANNE!-poi abbassò la voce ed aggiunse -E forse lo sono anche io.-
Annie gli mise una mano sulla spalla, riprendendo la sua solita espressione comprensiva. -Non dire sciocchezze, Tom. Quello che hai visto stamattina non cambierà le cose. Tu sei sempre tu, chiunque sia tuo padre.- abbozzò un debole sorriso - Ma ora calmati.-
Calmarsi? Come faceva a calmarsi?
Sospirò profondamente.
Quel mostro era sua padre. Sua madre era morta, e lui lo aveva abbandonato lì, da quando era in fasce. Sì, quadrava.
Cercò di scaccoiare quei pensieri amari dalla mente.
Forse, dopotutto, Anne aveva ragione, come sempre.
Risprese a fissare il libro, come se non fosse mai accaduto niente.
-È vero, Anne.- disse, stavolta senza urlare -Questo non cambierà le cose. Tra poco tornerò ad Hogwarts. E dimenticherò quel mostro.-
  
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