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Autore: Lhea    12/05/2010    6 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
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Capitolo X

Capitolo X

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Las Vegas – Nove anni prima

 

La luce degli enormi lampioni del circuito illuminano l’asfalto facendolo somigliare a una colata di petrolio nero, un leggero venticello estivo che fa scuotere le chiome degli alberi lungo la carreggiata. L’odore della benzina e di pneumatici bruciati aleggia in mezzo alle grida, agli schiamazzi e agli incitamenti dei ragazzi che stanno a bordo pista, birre in mano e ghigni sul viso.

 

William stringe il volante dell’auto, impaziente. Chiuso nella sua BMW M3 blu metallizzato ascolta la radio, il volume sparato al massimo, osservando i piloti che lentamente raggiungono le loro macchine, disposte di fianco alla sua, pronte per la partenza. Alcuni hanno espressioni strafottenti dipinte sul volto, l’atteggiamento di chi è sicuro di vincere; altri stanno appoggiati alle loro auto, tranquilli, come se quella non fosse altro che una normale serata tra amici.

 

Nonostante sia la sua prima gara “ufficiale”, William non è spaventato né intimorito. Sa di essere il pilota più giovane lì in mezzo, dal basso dei suoi diciotto anni appena compiuti, ma sa anche di essere molto bravo con le auto, perché altrimenti gli amici di suoi padre non gli avrebbero mai permesso di partecipare a una gara clandestina. In quel momento dovrebbero essere seduti sugli spalti riservati al pubblico, per vedere come sarebbe andato.

 

Picchietta il volante con le dita della mano sinistra, poi sbuffa. Ha fretta di iniziare, di potersi misurare con quei piloti che dovrebbero essere più bravi di lui… Lo sa che si tratta di una gara facile, di quelle “aperte”, come dicono quelli del giro, ma è pur sempre una gara, e lui vuole mettersi alla prova. Dubita che qualcuno di loro possa provare la stessa cosa che sente lui quando stringe il volante…

 

<< Ehi, ragazzino, tu chi sei? >> domandò una voce di fianco a lui, che entrava dal finestrino aperto.

 

William si volta e vede un uomo fissarlo dall’alto con aria divertita, quasi lo consideri completamente fuoriposto. Tiene un mano un blocco e porta un marsupio sdrucido alla cintura, una penna dietro l’orecchio e un mezzo ghigno sul volto segnato da qualche ruga.

 

<< Sono William Challagher… >> ringhia il ragazzo, stringendo il volante. Odia sentirsi definire “ragazzino”, anche perché sa di dimostrare qualche anno in più di quelli che ha.

 

L’uomo sembra colto da un pensiero, e il ghigno si restringe un po’. << Challagher? Il figlio di George? >> domanda.

 

<< Sì, sono io >> risponde William, con una nota d’orgoglio nella voce, << Mi aspettavate, no? >>.

 

<< Ah, ma io non sapevo fossi un pivello! >> esclama l’uomo, ridacchiando e attirando l’attenzione della gente lì intorno, << Ma ce l’hai la patente? >>.

 

William fa una smorfia. << Certo che ho la patente, idiota >> ribatte, << Quanto devo aspettare ancora prima che inizi la gara? >>.

 

L’uomo continua a ridacchiare. << Poco… Dammi il libretto della tua auto >> risponde, << Se perdi, perdi anche la macchina, lo sai vero? >>.

 

<< Sì >>.

 

William gli lancia malamente il libretto dell’auto, consapevole di tutte le regole di quelle gare: quella era ufficialmente la sua prima corsa, ma conosce l’ambiente e anche come funzionano le cose. Gli amici di suo padre gli hanno dato qualche dritta.

 

L’uomo batte la mano sulla portiera.

 

<< Bene, ragazzino, sei a posto. Io sono Clark, per la cronaca >> dice, << Ci vediamo al traguardo… Sempre che ci arrivi >>. Si allontana in mezzo alla folla, mentre tutti guardano di lui, incuriositi dalla sua giovane età e soprattutto dal fatto che fosse il figlio di George Challagher.

 

Qualcuno grida qualcosa, e i piloti iniziano a raggiungere le loro auto. Mentre gli passano vicino, alcuni lo sfottono chiamandolo pivello, ma William li lascia perdere. La sua auto risponderà meglio di lui a quegli affronti, una volta accesa.

 

Ci vuole qualche attimo, poi tutti i motori prendono vita, inondando l’aria con i loro rombi potenti e profondi. Qualcuno fischia a bordo pista, incitando il tipo che guida la Ford Shelby argentata con due strisce blu sul cofano, proprio di fianco a lui.

 

William accende il motore, la lancetta del carburante che schizza in alto, i fari della M3 che si accendono di colpo. Fissa il ragazzo di fianco lui, per invitarlo a mostrargli di cosa è capace.

 

<< Mangerai la mia polvere, pivellino >> ribatte l’altro, con un ghigno.

 

Clark si avvia verso il centro della carreggiata, un lungo tubo al neon rosso che gli brilla in mano. Lo alza in aria, facendo cenno di prepararsi, e i motori delle auto ruggiscono, come a segnalare di essere pronte a correre.

 

L’uomo passa in rassegna tutte le macchine, poi cala il braccio e la gara inizia.

 

William preme a fondo l’acceleratore, facendo schizzare avanti al BMW come un proiettile, le ruote che pattinano sull’asfalto, stridendo. E così le altre macchine, in una nuvola di polvere bianca sollevata dagli pneumatici, nel frastuono dei ragazzi che fanno il tifo.

 

Gli ci vuole un attimo per ingranare le marce, svoltare alla prima curva così stretto da tagliare la strada a tutti, portandosi subito dietro la Shelby. E gli ci vuole un attimo per capire che può fare di meglio, che quello è solo l’inizio.

 

E come una droga l’adrenalina gli invade le vene, dandogli la sensazione si essere perfettamente lucido e contemporaneamente preda di una sorta di overdose…

 

E lo capisce in quell’istante che correre in auto è l’unica cosa che vuole fare. Capisce in quel momento che fare il pilota clandestino è il suo destino…

 

Il piede schiaccia il pedale fino a fine corsa, la lancetta del contagiri che brilla impazzita sul cruscotto, il tachimetro che sale… I fari della M3 brillano sul posteriore della Shelby, il motore che ringhia…

 

Si accoda alla Ford, zigzagando dietro di lei per innervosire il pilota, e aspetta la prima curva che si presenterà… I fari posteriori della Shelby si accendono per la frenata, ma lui non rallenta…

 

Poi, sterza bruscamente, la M3 che si sposta a destra, e si affianca all’altra auto… Un momento, e schizza avanti superandola a tutta velocità, lasciando una lunga striscia nera sull’asfalto…

 

Quando William taglia in traguardo, davanti a tutti, le ruote che inchiodano stridendo, la gente che lo guarda stupita, la BMW che si gira di traverso in una perfetta derapata… Lì, in quell’esatto istante di pura gloria ed euforia che si rende conto che ha trovato ciò che sta cercando…

 

Le altre auto si fermano di fianco a lui, mentre scende dalla M3 e si dirige verso Clark a cui ha affidato il libretto della sua macchina. Lo guarda con l’espressione stupefatta, gli occhi che non si staccano da lui, e nessuno lo apostrofa più.

 

<< Ci rivediamo al traguardo… >> commenta William, ghignando. Tende la mano verso di lui, per riavere indietro ciò che gli spetta.

 

L’uomo gli riconsegna il suo libretto, più tutti quelli delle altre auto. La gente continua a guardarlo, senza sapere cosa dire, improvvisamente zitta davanti al ragazzino che fino a poco prima non era altri che il figlio di Challagher, senza arte né parte, senza altra reputazione che non quella di figlio di papà.

 

<< Come hai fatto? >> domanda un ragazzo, forse quello della Audi grigia che è parcheggiata poco più in là, con lo stereo acceso.

 

<< Ho guidato >> risponde William, solamente. << Altra gara? >>.

 

I ragazzi si guardano l’un l’altro, come per valutare se sia sano di mente. O forse solo se stia scherzando.

 

William sorride di fronte alle loro facce. Lo sa di essere forte, lo sa di essere giovane, lo sa di essere temuto, per ciò che è ma anche per ciò che ha appena dimostrato di essere… E si accorge di essere nel suo elemento, nel suo ambiente naturale… Quella gente non è nessuno, in confronto a lui.

 

Non è che l’inizio della sua storia. Ringrazia il giorno in cui pochi anni prima ha preso di nascosto la Lamborghini di suo padre, sempre ferma in garage, e ha provato a guidare, accorgendosi che gli veniva naturale come respirare… Scoprendo che gli piaceva, che voleva continuare, che gli si addiceva.

 

Se solo sapesse cosa sarebbe stato in grado di fare di lì a poco, se solo sapesse cosa avrebbe creato di lì a qualche anno, il suo sorriso sarebbe stato ancora più grande. Ma lo sa già che la gente lo conoscerà dappertutto, lo sa già che sarà temuto, lo sa già che quella BMW sarà solo la prima delle sue auto… Sa tutto, perché nella sua testa si vede già in alto, si vede già forte, il più forte. E sa anche come lo chiameranno, quando tutti avranno paura di lui.

 

<< Sei sicuro, Challagher? >> gli domanda Clark, ora serio.

 

William ghigna.

 

<< Lo Scorpione è sempre sicuro di ciò che fa >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 23.00 – Mosca

 

<< Sei un’idiota >> commentò seccato Dimitri, sbattendo violentemente la portiera della R8, << Ti avevo detto di stare zitta, e di non dire stronzate… >>.

 

Irina si accomodò sul sedile dell’auto, innervosita e intirizzita dal freddo. << Se non te lo ricordi, sono io quella che è venuta in missione qui, non tu >> ribatté, acida, << Il tuo compito è solo quello di darmi le dritte giuste per muovermi da queste parti… >>.

 

Dimitri mise in moto l’Audi, stringendo il volante con aria irata. Il cielo buio e oscuro di Mosca si addiceva molto alla situazione. << Appunto. Ti avevo detto di stare zitta, no? >> ringhiò, fulminandola con gli occhi grigi, << Ero io quello che doveva parlare, non tu >>.

 

Irina lo fissò, e anche se lo vedeva veramente furioso non si lasciò spaventare: se c’era qualcosa di cui era sicura in quel momento, era che si sentiva nel giusto. Dimitri non era lì per tirare le fila del gioco; spettava a lei farlo, e oltretutto non poteva fidarsi di lui lasciandogli fare quello che voleva.

 

<< Se ti rode che gli abbia detto che sono stata io ad aiutarti a fuggire, dillo subito >> sibilò, << Ma sappi che non me ne frega niente, perché come hai visto è andato tutto bene e Boris ha veramente creduto a ciò che gli ho detto >>.

 

Dimitri fece una smorfia, inserendo la retromarcia. Le guardie armate di Boris li seguivano con lo sguardo da lontano, senza per fortuna riuscire a sentire quello che dicevano. << Spero per te che ti abbia veramente creduto, perché altrimenti sono cazzi tuoi >> disse.

 

Irina incrociò le braccia, infastidita dal suo comportamento. Il russo si chiuse in un silenzio carico di risentimento, senza aggiungere altro alla discussione, e lei rimase a guardare i cancelli della villa che venivano aperti per lasciarli uscire, l’uomo che l’aveva perquisita che le rivolse un cenno di saluto divertito.

 

Nel silenzio dell’abitacolo, il cielo nero e stellato di Mosca sopra di loro, Irina si cucì la bocca lanciando al russo qualche occhiata carica di risentimento, senza che lui dicesse niente. Si limitava a guidare con l’espressione distaccata e la mano sul cambio.

 

Boris era stato particolarmente interessato al loro ritorno, e aveva garantito a Irina che avrebbe parlato con la Lince della questione Challagher, per poi riferirgli quello che avrebbe detto. Inoltre, gli aveva anticipato che presto li avrebbe fatti entrare nel loro giro, nella speranza di ottenere la fiducia dei pezzi grossi. Non era apparso diffidente nei suoi confronti, nonostante si fosse ripresentata dopo il casino di Los Angeles con l’idea di liberare lo Scorpione quando era sospettata di averlo fatto arrestare, ma era sicura che avrebbe fatto qualche ricerca su di lei. Doveva riferire anche quello a McDonall, per fare in modo che le garantisse una copertura adeguata anche da quel punto di vista.

 

Dimitri era stato di poche parole tutta la serata, come sempre. Il suo interesse non si era risvegliato nemmeno quando avevano accennato a qualche gara clandestina, ed era rimasto seduto con le braccia incrociate sul divano, forse profondamente offeso dal fatto che Irina avesse detto che era stata lei a farlo fuggire… Doveva essere stato un colpo basso al suo orgoglio accettare la cosa e rimanere in silenzio.

 

All’improvviso il cellulare di Irina iniziò a squillare forte nel silenzio dell’abitacolo, e lei lo afferrò subito. Sul display bianco brillava il nome “Xander”, e sentì la rabbia scemare un po’.

 

<< Pronto? >>.

 

<< Ciao piccola >> la salutò Xander, la voce stranamente modulata, << Stai bene? >>.

 

<< Xander! >> gridò Irina, felice di sentire la sua voce. << Certo che sto bene, ci siamo sentiti stamattina… Sapevi che avrei incontrato Boris? >>.

 

<< Me lo ha detto McDonall >> rispose Xander, << Com’è andata? >>.

 

Irina lanciò un’occhiata a Dimitri, che la stava ignorando ma le cui orecchie dovevano essere ben tese. << Tutto ok, Goryalef sembra aver creduto a quello che gli abbiamo raccontato… Crede che la mia sia una sorta di vendetta personale verso l’F.B.I., per via di William. Nei prossimi giorni ci farà conoscere qualcuno, forse… >>.

 

<< Bene. Adesso dove sei? >> chiese Xander. Sembrava non fosse particolarmente interessato a come fosse andato il tutto, ma solo a come stesse lei.

 

<< Sto tornando a casa >> rispose Irina, guardando fuori dal finestrino la lunga strada sopraelevata di Mosca, << Sono in auto con Dimitri… >>.

 

<< Passamelo >> disse subito Xander.

 

Irina guardò il russo, incerta se passargli o meno il telefono. Non era molto sicura che Dimitri volesse parlare con qualcuno, in quel momento, soprattutto se si trattava di un agente dell’F.B.I.

 

<< E’ Xander, vuole parlare con te >>.

 

Dimitri fermò la R8 al semaforo e afferrò il telefono malamente, portandoselo all’orecchio senza nemmeno guardarla.

 

<< Cosa vuoi, Went? >> ringhiò.

 

Rimase un momento in silenzio, poi rispose: << Sì, sembra che mio zio ci abbia creduto, ma non ti garantisco niente… La tua ragazza ha la brutta abitudine di fare quello che le pare… Vallo a chiedere a lei, cosa ha fatto. No, la responsabilità è solo sua >>.

 

Irina si mise a fissare fuori dal finestrino, per evitare le occhiate cariche d’odio di Dimitri. Chi si credeva di essere, eh? Era lui quello che doveva seguire i suoi ordini, e non viceversa.

 

<< Tranquillo, Went >> continuò Dimitri sarcastico, << Continuerò a farle da baby-sitter finché non si deciderà a capire come si deve comportare >>.

 

Le lanciò il cellulare e Irina fece in tempo a prenderlo al volo.

 

<< Xander? >>.

 

<< Cosa hai combinato? >> chiese lui, paziente.

 

<< Niente, ho solo cambiato un po’ la nostra bugia >> rispose lei, << Ho detto a Boris che sono stata io a far fuggire Dimitri per chiedergli aiuto, e non il contrario. Gli ho raccontato che sono qui soprattutto perché voglio liberare Challagher… Ci ha creduto, pensa di trovarsi davanti una donna disperata e infuriata >>.

 

Xander sembrò sospirare. << Davvero, non credevo potessi avere un’idea del genere >> disse, << Sei stata geniale, lo sai? >>.

 

Irina rimase di sasso.

 

<< Cosa? >> esalò.

 

<< Ho detto che hai avuto un’ottima idea >> disse Xander, divertito, << Hai giocato la parte della donna mafiosa disposta a tutto per riavere indietro il suo uomo… Crederanno che Challagher ti stia aspettando, e non oseranno farti niente se sanno che lo libererai >>.

 

<< Mi stai prendendo in giro? >> chiese Irina, senza riuscire a capire cosa provasse dal suo tono di voce.

 

<< No, non ti sto prendendo in giro >> rispose Xander, << Sto dicendo la verità. Mi sembra una buona idea, davvero >>.

 

<< Ah… >>. Irina si era preparata per una ramanzina colossale con tanto di minaccia di ritorno immediato a Los Angeles, e non si era proprio aspettata una reazione del genere… << Ehm, domani parti? >>.

 

<< Sì, ho già tutto pronto >> rispose Xander, << Dimitri come si sta comportando? >>.

 

Irina fissò il russo. << Continua a provocarmi >> rispose, facendosi sentire per bene, << Credo mi consideri un’idiota, ma non credo che abbia capito ancora con chi ha a che fare… >>. Sorrise provocatoria.

 

<< Ripassamelo >> disse Xander.

 

Irina alzò gli occhi al cielo e porse il cellulare a Dimitri. << Ti vuole parlare di nuovo >> borbottò.

 

Dimitri prese il telefono, e fece una smorfia divertita.

 

<< La tua ragazza non mi sembra solo un’incompetente; lo è a tutti gli effetti >> ringhiò Dimitri, << … Non ti avevo detto che avrei anche fatto il gentiluomo con lei, quindi accontentati di ciò che sto facendo… Tanto avete il vostro bel collare per tenermi d’occhio, no? … Lascia perdere, Went… Hai scelto tu di mandarmi qui, quindi accetta tutte le conseguenze >>. Si voltò verso di lei, porgendole il cellulare. << La tua mammina mi ha fatto la ramanzina, contenta? >>.

 

Irina riprese il telefono, perplessa.

 

<< Sopportalo, piccola >> disse Xander, << E’ il prezzo da pagare per aver deciso di prendere parte a questa missione… >>.

 

“Mi provoca anche lui… Ma bravo”.

 

<< Non ricominciare, eh >> fece Irina, gettando un’occhiata a Dimitri, << Ci sentiamo domani, perché adesso devo andare. Scusami amore, ti amo >>.

 

<< Anche io. Buona notte >>.

 

<<Notte >>.

 

Irina rimise il cellulare in tasca e guardò Dimitri, che aveva appena tirato fuori le chiavi del garage e stava percorrendo la rampa che portava di sotto, lentamente per evitare che la R8 toccasse con i paraurti sul dislivello del pavimento.

 

Era arrabbiata e infastidita. Dimitri la trattava come una stupida, e Xander come una bambina. Il russo la provocava dicendole che era lui quello che conosceva la situazione e che doveva prendere le decisioni; il suo ragazzo accettava i suoi sbagli con accondiscenda come si fa davanti a un bimbo inesperto e maldestro. Lo aveva capito che Xander non era contento di quello che aveva fatto, non era stupida, altrimenti non avrebbe cambiato argomento così in fretta; ci stava insieme da due anni, e lo conosceva molto bene.

 

Tuttavia, il quel momento Dimitri la infastidiva particolarmente: era andato tutto bene, ma lui la faceva tanto lunga. Si era dimenticato che per due anni era stata Fenice, la numero tre della Black List?

 

<< Forse non sarò una spia esperta, ma non sono un’incompetente >> disse seccata, incrociando le braccia.

 

Dimitri parcheggiò l’Audi al suo posto, con precisione millimetrica, e la guardò in faccia.

 

<< Questo lo pensi tu >> ribatté lui, << Credi di sapere come funzionano le cose da queste parti, ma non è come Los Angeles… Non è come da nessun’altra parte. Se uno di noi due fa un passo falso ci ammazzano alla prima occasione; qui non c’è nessuno Scorpione che ti risparmierà solo perché gli piaci, chiaro? Boris può averti creduto, ma gli altri saranno diffidenti. E il fatto che tu sia venuta qui con me non ti agevola le cose >>.

 

<< Allora spiegami dove sta il problema >> sbottò Irina, << Dimmi per filo e per segno come funzionano le cose qui, da chi mi devo guardare. Non posso sapere le cose se tu non me le dici… Cosa significa che anche se sono venuta con te, non sarò agevolata? >>.

 

<< Vuol dire che da queste parti sono un estraneo anche io >> ringhiò Dimitri, << Vuol dire ognuno di noi sta rischiando per gli errori dell’altro >>.

 

Irina rimase in silenzio, colpita da quell’affermazione.

 

<< Cosa significa che sei un estraneo anche tu? >> sussurrò.

 

<< Significa che devi tenere a freno la lingua >> ribatté Dimitri, scendendo dall’auto e sbattendo la porta. Irina si affrettò a seguirlo, ma lui fu più rapido e si avviò verso le scale, richiudendo la porta alle sue spalle. Per un attimo credette che l’avesse chiusa dentro, ma quando mise la mano sulla maniglia scoprì che era solo stata adagiata.

 

Trovò Dimitri già in casa, davanti al frigorifero con una birra ghiacciata in mano. Ne bevve un sorso, poi la guardò mettere piede in cucina, ora più calma.

 

<< Ah, ti avviso che non ho intenzione di darti le chiavi dell’appartamento >> disse lui, << Quindi entri ed esci con me >>.

 

Avrebbe voluto rispondergli, per cercare almeno di fargli abbassare la cresta, ma la frase che aveva detto poco prima l’aveva lasciata con l’amaro in bocca. Annuì in silenzio, e lasciò la cucina. Raggiunse la sua camera e si sedette sul letto, un sospiro che le sfuggiva tra le labbra.

 

“Vuol dire che ognuno di noi sta rischiando per gli errori dell’altro…”.

 

Ciò che le aveva detto Dimitri la fece riflettere su ciò che aveva appena fatto: aveva preso una decisione da sola, senza però tenere conto di chi stava con lei. Era stata impulsiva come Xander, senza però avere il suo stesso istinto innato.

 

In effetti, in quella missione erano in due, non c’era solo lei, e le conseguenze di ogni sua scelta sarebbero ricadute su entrambi… Se lei rischiava, rischiava anche Dimitri. E per quanto il russo fosse disprezzabile, non voleva certo che venisse ferito o ucciso per colpa sua.

 

“Bambina. Sei una bambina” si disse.

 

Non si era comportata bene, in effetti. Avrebbe dovuto parlarne con lui, prima, o almeno proporgli la cosa… Solo che in quel frangente non aveva potuto davvero farlo. Questa volta era andata bene perché la sua bugia era stata molto piccola e insignificante, ma avrebbe anche potuto combinare un guaio…

 

“D’ora in poi, quando predi una decisione, tieni conto anche di chi ci finirà in mezzo… E non lasciare che Xander ti protegga come mamma chioccia con i suoi pulcini”.

 

Sentì un moto d’orgoglio invaderla. In effetti, non le era piaciuto il comportamento di Xander: aveva sgridato Dimitri per essersi comportato male con lei, come se non fosse in grado di gestire la situazione da sola… Stupida lei che lo aveva lasciato fare, e che prima ancora si era lamentata.

 

Si lasciò cadere sul letto, le braccia dietro la testa.

 

Come giornata non era stata gran che, e non era finita meglio. La convivenza con Dimitri si preannunciava difficile e molto tesa, e il freddo di Mosca non aiutava. Non le rimaneva che darsi da fare prima di ritrovarsi pentita della sua folle scelta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 10.30 – San Francisco, Carcere di Massima sicurezza

 

<< Sono riuscito a scoprire dov’è andata Irina >> disse Sebastian, calandosi leggermente il cappello di feltro sulla fronte, << E’ stato difficile, ma ce l’ho fatta… >>. Gli sbirri ai lati della sala dei ricevimenti spostavano lo sguardo di qua e di là, svogliatamente, le luci al neon che si riflettevano sul pavimento a rendere l’atmosfera fastidiosa e stranamente asettica.

 

William si sedette meglio sulla sedia e alzò il mento, appoggiando i gomiti vicino sul ripiano vicino al vetro.

 

<< Dov’è? >> chiese, impaziente.

 

<< A Parigi >> rispose il meccanico, compiaciuto.

 

<< A Parigi? >> ripeté William, perplesso, << Sei sicuro di ciò che dici? >>.

 

<< Certo >> rispose Sebastian, << E’ partita per un soggiorno studio in Europa, diretta in Francia… Una roba dell’università, credo. Non tornerà per un paio di mesi almeno >>.

 

William si portò una mano al mento, poco convinto. Aveva molto senso, certo: Went era rimasto a Los Angeles da solo, e lei era partita senza nessun’altro: lo sbirro non l’avrebbe lasciata andare da nessuna parte se non fosse stato sicuro che sarebbe stato un posto sicuro. Un soggiorno studio era una cosa da Irina, e Went non le avrebbe precluso quell’opportunità se a lei faceva piacere andare…

 

<< Sei sicuro che si trovi a Parigi? >> domandò.

 

<< E’ quello che dicono i suoi parenti >> rispose Sebastian, << Ho visto suo padre, è sembra tranquillo… Non lo sarebbe, se sua figlia avesse in mente qualcosa di strano >>. Aveva parlato con tranquillità, quasi fosse scontato ciò che aveva detto.

 

William inarcò un sopracciglio. << Suo padre non si è mai accorto di un cazzo, figuriamoci se si renderebbe conto di qualcosa… >> ribatté, ricordando i segreti che Irina era riuscita a nascondergli. << Sicuramente se ha messo in atto qualcosa, non lo avrà detto a nessuno… >>.

 

<< Will, forse non sta davvero facendo niente >> lo interruppe Sebastian, il tono stranamente conciliante, << Forse è solo un caso che la sua auto si sia vista in giro… Magari voleva farsi un giro prima di partire per quel suo soggiorno studio. La macchina non poteva certo portarsela dietro… >>.

 

Lo Scorpione lo fulminò con gli occhi. Forse il meccanico aveva ragione, ma lui aveva il sentore che Irina non stava facendo la brava, che non si era completamente dimenticata chi era… Era sicuro che stava combinando qualcosa, ovunque fosse andata. In due anni la sua auto non si era mai vista in giro, e in tutto quel tempo non le era mai venuta voglia di farsi un giro?

 

Poi, improvvisamente, si diede dello stupido.

 

No, era lui quello che sbagliava. Irina era a Parigi a fare la sua vacanza studio, ed era lui che sperava non fosse veramente così; era lui, che nel profondo di se stesso, sperava che Irina non avesse cancellato tutto il suo passato e fosse ancora Fenice… Lo sperava, perché era l’unica cosa che poteva dare un senso alla sua vita in quel momento, chiuso dietro quelle sbarre metalliche a sognare il mondo di fuori… In fondo era lei che aveva usato per tenersi vivo, per non lasciarsi sopraffare dal torpore e dall’angoscia che aveva minacciato di distruggerlo in carcere. Era lei che senza saperlo gli aveva dato uno dei motivi per uscire da lì, per farlo riflettere in qualche modo.

 

<< D’accordo, forse hai ragione >> disse stancamente, << Ma se scopri qualcos’altro fammelo sapere. Magari era Went ad andare in giro con la sua auto, e non lei… Sai qualcosa di Dimitri? >>.

 

Sebastian scosse il capo. << So che è rinchiuso nel carcere di Sacramento, ma non sono riuscito ad avvicinarmi >> rispose, << Anche lui è ben sorvegliato. Posso provare a chiedere di incontrarlo, ma non credo voglia vedermi, dopo quello che è successo… >>.

 

William si produsse in un ghigno. << No, vallo a trovare >> disse, << Informalo che ci vedremo molto presto, e sarà la prima è l’ultima volta che ci incontreremo dopo la faccenda di Irina >>.

 

<< Ah proposito… >>. Sebastian si gettò un paio di occhiate intorno, frugando nella tasca dei pantaloni, << Marissa mi ha dato una cosa da parte di Blacktree… >>.

 

Mostrò un pacchetto di quelle che erano caramelle alla frutta, perfettamente sigillato nella carta trasparente. Lo agitò facendo rumoreggiare il contenuto, per far capire che era pieno.

 

William inarcò un sopracciglio. << Che cazzo significa? Cosa me ne faccio di caramelle? >>.

 

<< In mezzo ce ne sono due particolari >> sussurrò Sebastian, << Sono le uniche due completamente bianche. Marissa mi ha detto che tu e Grey dovete prenderle per la fuga… >>.

 

Interessato, William si avvicinò al vetro, per permettergli di parlare ancora più piano.

 

<< Allora è tutto pronto? >> domandò a bassa voce.

 

Sebastian annuì. << Pare di sì >> rispose, << Non conosco nei dettagli il piano, ma mi ha detto che vi farà uscire facendo credere che state male… Dovete prendere quella pillola subito dopo pranzo, fra una settimana esatta. Si è raccomandata che lo facciate insieme… >>.

 

William arricciò il labbro. Non gli piaceva tutta quella storia… Doveva prendere una pastiglia per sentirsi male? Non potevano cercare un altro modo per farlo uscire?

 

<< Sono sicuri che funzionerà? >> chiese, << Non ci voglio lasciare le penne… >>.

 

<< Non lo so, ha detto che non vi dovete preoccupare >> rispose Sebastian, scrollando le spalle, << Che dovete prendere la pastiglia e al resto ci pensano loro. Probabilmente svenirete, non lo so, o avrete una sorta di attacco… Non è stata particolarmente eloquente su questo punto >>.

 

William strinse il pugno, infastidito dal tono leggero del meccanico: se trovava la cosa divertente, lui pensava diversamente. Voleva uscire di lì, ma non voleva farlo in una cassa da morto.

 

<< Digli che se mi succede qualcosa, non vedranno nemmeno un soldo >> ringhiò.

 

<< Ok… >>.

 

Sebastian si voltò verso il poliziotto alle loro spalle, agitando il pacchetto di caramelle per mostrarglielo.

 

<< Posso darglielo? >> chiese, accennando verso William.

 

Lo sbirro si avvicinò con aria assassina, gli tolse la scatoletta di mano e la aprì; guardò dentro, agitando le caramelle come per rimestarle e controllare che non ci fosse niente nascosto in mezzo. Gettò un’occhiata verso di loro, poi annusò il contenuto continuando a guardarli, forse per cogliere una qualche loro reazione.

 

<< Puoi darglielo >> disse alla fine, lanciando il pacchetto a Sebastian. Si voltò e tornò al suo posto, continuando a tenerli d’occhio.

 

Il meccanico tornò a guardare William, facendogli l’occhiolino. Gli passò il pacchetto sotto la feritoia del vetro, e lui le prese malamente, facendole sparire in un attimo nella sua tasca.

 

<< Ancora una settimana, allora? >> domandò riferendosi alla fuga, innervosito da quella storia.

 

<< Sì >>.

 

<< Allora ci vediamo >>.

 

<< Forse è l’ultima volta che incontriamo qui >> sussurrò Sebastian, avvicinandosi di nuovo al vetro, << Marissa mi ha consigliato di stare lontano da qui per un po’, in modo da non insospettire gli sbirri… >>.

 

<< Allora fatti trovare preparato quando sarò fuori >> sibilò lo Scorpione, << Trovali tutti >>.

 

Si alzò e fece cenno al meccanico per dirgli che poteva andare, e che il loro colloquio era terminato. Si girò e si diresse verso l’uscita della stanza, giocando con il pacchetto di caramelle; Reed, l’agente che di solito lo accompagnava, lo seguì in silenzio, lasciandolo camminare in pace fino alla sua cella, sapendo che non avrebbe tentato la fuga.

 

Ancora una settimana… Sette giorni…

 

Sentiva l’impazienza renderlo nervoso, ma non poteva fare altro che stare tranquillo in quel momento, per non rendere sospettosi i poliziotti… Se doveva aspettare ancora un po’ prima di uscire definitivamente, non poteva che accettare in silenzio: in fondo aveva pazientato due anni, e oltretutto le cose sembravano procedere per il verso giusto. Una settimana lì dentro non passava in fretta, ma poteva occuparla pensando a come uccidere Went e Dimitri, come farla pagare a Irina.

 

Perché in ogni caso, anche se aveva ancora un legame con lei, Fenice non poteva passarla liscia del tutto… Non dopo quello che gli aveva fatto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 12.00 – Mosca

 

Irina guardò il frigorifero strapieno di cibo, e inarcò un sopracciglio. Vilena lo aveva davvero riempito per bene: sembrava che i russi avessero quasi paura di rimanere senza niente da mangiare… O che mangiassero il doppio degli americani, che sembrava più verosimile.

 

Lo stereo in soggiorno trasmetteva la più famosa stazione russa a volume soffuso, lo speaker che parlava veloce senza lei che ci capisse nulla, ma almeno molte delle canzoni che trasmettevano le conosceva. Si era permessa di accendere la radio perché Dimitri era sparito al piano di sopra, e sembrava non voler farsi vedere ancora per un po’.

 

Doveva preparare il pranzo, ma non sapeva bene da dove cominciare. Sapeva cucinare, anche abbastanza bene a detta di Xander, e il suo problema era un altro: il russo sembrava essere piuttosto schizzinoso in fatto di cibo. La sera prima, a casa di Vilena, aveva mangiato solo quello che gli piaceva, quindi non più di due pietanze.

 

“Mi ha proibito di salire di sopra, ma dovrò pur chiedergli cosa vuole da mangiare… Anche se credo che in ogni caso non gli vada bene niente. Come potrà mai apprezzare la mia cucina, quando a mala pena gradisce della di sua sorella?”.

 

Il campanello della porta suonò all’improvviso, e lei sussultò. Dandosi della stupida andò ad aprire la porta, e per vedere di chi si trattava dovette abbassare di molto il suo campo visivo: Yana, gli occhioni che la scrutavano curiosi, sorrise con aria innocente. Niente scuola di sabato anche da loro.

 

<< Ciao piccolina >> la salutò Irina, << Cosa c’è? >>.

 

<< Voglio… Vedere… Zio… Dimitri >> rispose tutta contenta per essere stata in grado di farsi capire.

 

<< Oh, va bene >>.

 

Irina si fece da parte e la lasciò entrare. La bambina si diresse saltellando verso le scale che portavano di sopra, come se sapesse esattamente dove stava Dimitri in quel momento. Iniziò a salire, quando Irina si ricordò che il russo le aveva praticamente proibito di farsi vedere la sopra… Forse Yana aveva una sorta di permesso speciale.

 

Preoccupata, attese qualche minuto guardando la scala vuota, i gradini lucidi e deserti. La bambina non si fece vedere, né scese di sotto piangendo: Dimitri non l’aveva sgridata, almeno a lei.

 

Tirando un sospiro di sollievo, tornò in cucina e si decise a preparare qualcosa di semplice, fregandosene di quello che avrebbe detto Dimitri. Stava apparecchiando, quando il suo telefono squillò.

 

<< Pronto? >>.

 

<< Fenice, ti interessano ancora le gare di auto? >>.

 

Era Boris, il tono divertito con il suo accento russo. La ragazza sorrise.

 

<< Certo… Sono già invitata? >> chiese, guardando l’orologio.

 

<< Se desideri gareggiare, te ne do la possibilità >> rispose Boris, << E ti farò conoscere qualcuno che potrebbe aiutarti. Naturalmente, l’invito è valido anche per Dimitri >>.

 

<< D’accordo >> disse Irina, << Dove ci troviamo? >>.

 

<< Testovskaya, Mosca ovest >> rispose Boris, << Dimitri sa a cosa mi riferisco >>.

 

Perplessa per la risposta, Irina annuì.

 

<< Ok, quando? >>.

 

<< Domani sera, alle undici >>.

Salutò velocemente il russo e poi posò il cellulare sul ripiano della cucina. Bene, doveva essere stata abbastanza convincente la sera prima, perché le veniva già data la possibilità di gareggiare… Di sicuro ci sarebbe stata gente, e altrettanto sicuramente avrebbe avuto modo di trovare qualcuno che l’avrebbe avvicinata alla Lince…

 

<< Era Boris, immagino >>.

 

Irina sussultò di nuovo, ritrovandosi alle spalle Dimitri, comparso come un fantasma dall’espressione burbera. Aveva l’assurda capacità di apparire senza fare il minimo rumore, e la cosa la innervosiva parecchio.

 

<< Si, era lui >> rispose arricciando il labbro, << Domani sera gara, in un certo Testovoskyay o una roba del genere… >>.

 

Dimitri inarcò un sopracciglio, e Irina lo trovò per la prima volta abbastanza “umano”. A pensarci bene, non l’aveva mai visto lasciarsi andare a un’espressione diversa dalle sue smorfie fosche.

 

<< Testovskaya… >> la corresse, << Di già? A che ora? >>.

 

<< Alle undici >> rispose Irina, incrociando le braccia.

 

Dimitri fece un’altra smorfia, tornando alla sua solita espressione. << Bene, non mi resta che dirti che sei entrata nel giro… E in più stasera vengono i miei cugini >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.00 - Mosca, Casa di Dimitri

 

Irina aspettava impaziente seduta nel soggiorno, gli occhi incollati a Dimitri, perfettamente seduto sul divano di pelle nera, gli occhi grigi inespressivi. C’era solo  la televisione accesa a fare da sottofondo.

 

<< Non parlare più del necessario >> disse il russo, << Anche se sono miei parenti, non sono tolleranti come me… >>.

 

<< Se tu ti definisci tollerante… >> commentò sarcastica Irina.

 

Dimitri le lanciò un’occhiataccia. << Ti sto dicendo che stavolta non devi inventarti altre cose strane, chiaro? >>.

 

<< D’accordo, starò zitta >> ribatté Irina, infastidita, << Non li conosco, non so chi sono, quindi non saprei come comportarmi… Starò buona, contento così? >>.

 

Dimitri non si degnò di rispondere e si alzò di scatto. Raggiunse il mobile del soggiorno e tirò fuori una bottiglia di vodka insieme a un paio di bicchierini. Li riempì, poi tornò a sedersi con aria funerea.

 

<< Forse ti conviene rimanere con mia sorella… >> borbottò, agitando il contenuto del bicchiere e guardandoci dentro, improvvisamente pensieroso.

 

Irina spalancò gli occhi. << Addirittura? >> sbottò, << Siete così terribili, o siete solo maschilisti? >>.

 

L’occhiata di Dimitri avrebbe potuto ucciderla all’istante.

 

<< Maschilisti… No, non siamo maschilisti, ma odiamo le persone invadenti e che parlano troppo >> ribatté, poi buttò tutto giù d’un sorso la vodka.

 

Irina sbuffò e fece per prendere il bicchierino lasciato sul tavolino, ma Dimitri fu più veloce e lo afferrò prima che lo facesse lei, senza nemmeno sfiorarla.

 

<< L’alcool scioglie la lingua >> disse.

 

Irina lo fissò allibita, poi tornò ad appoggiarsi con la schiena al divano, irritata. Incrociò le braccia e iniziò a guardarlo con insistenza, sperando di riuscire a farlo innervosire abbastanza da fargli spostare lo sguardo da un’altra parte. Dimitri non si scompose, buttò giù il secondo bicchierino di vodka e aggiunse: << Andiamo di sotto >>.

 

<< Perché? >> sibilò Irina.

 

<< Ci incontriamo dell’appartamento di sotto >> rispose Dimitri, << E’ più adatto a questo genere di visite… >>.

 

<< Vilena? Viene anche lei? >> chiese Irina.

 

<< No. Passeranno a salutarla come fanno sempre, ma non si unirà ai nostri affari >> disse Dimitri.

 

Irina non disse niente e si limitò a fissare le lancette dell’orologio, pensando che di lì a qualche ora Xander avrebbe preso il suo aereo e sarebbe stato un po’ meno lontano di quanto era in quel momento… Come sempre, cominciava a sentire la sua mancanza dopo solo un paio di giorni, ma in quel caso c’era anche il “fattore” tensione tra lei e Dimitri: aveva bisogno di sentirsi un po’ coccolata, forse.

 

Sussultò quando il campanello della porta suonò, e sul pianerottolo si sentirono dei rumori. Un gruppo di persone stava parlando ad alta voce.

 

Dimitri si alzò e Irina lo seguì fino alla porta.

 

Il drappello di persone che si erano ammassate sul pianerottolo era formato da sei uomini di tutte le età, vestiti di scuro, di cui due ammantati in pellicce pesantissime e con un colbacco calato sulla testa a coprire pure le orecchie. Stavano salutando Vilena e Yana, e quando videro Dimitri iniziarono a gridare allegramente, parlando in russo stretto stretto e senza degnare Irina di uno sguardo, nemmeno avesse fatto parte della parete.

 

Nel trambusto generale, si ritrovò al piano inferiore, nel soggiorno dell’appartamento sotto quello in cui stavano loro, a osservare incuriosita il lungo tavolo da biliardo con il triangolo di palline pronto al centro del tappetino verde; il tavolo rotondo e ampio che doveva servire a giocare a carte; il divano angolare di pelle marrone trapuntata con il tavolino di vetro e ferro battuto, e l’angolo bar con tanto di credenza piena di bottiglie di alcolici. Il gruppo l’aveva preceduta parlando ad alta voce, continuando a ignorarla.

 

“Ora ho capito perché aveva detto che questo posto era più adatto…” pensò Irina, immaginando già a cosa dovesse servire quell’appartamento… Molto in stile William, notò.

 

<< Irina >> la chiamò Dimitri, secco.

 

La ragazza si voltò. I sei uomini ora la stavano guardando interessati, come se fosse comparsa solo in quel momento, ma dalle loro espressioni riuscì a leggere molta diffidenza nei suoi confronti. Solo quello più giovane, con ancora una vistosa acne a ornargli la faccia, sembrava il meno distaccato.

 

Dimitri le fece cenno di avvicinarsi, i suoi occhi grigi che brillavano di una strana luce, ma imperscrutabile come al solito.

 

<< Parlano tutti inglese, quindi vi potete capire >> disse.

 

Irina annuì, poi puntò lo sguardo sull’uomo che sembrava essere in qualche modo il più vecchio, con la barba striata di bianco.

 

<< Piacere di conoscervi, sono Irina Dwight, Fenice, ex numero tre della Black List americana >>.

 

Lungo la schiena le passò un brivido quando pronunciò quelle parole, la voce ferma e quasi fredda, ma non fu per l’espressione lievemente colpita di quei russi di fronte al suo nome: fu per la sensazione stranissima che la prese allo stomaco, come se una morsa le si fosse serrata nelle viscere… Adesso era veramente Fenice, era veramente di nuovo la numero tre della Black List

 

<< Sei la donna di Challagher? >> domandò il ragazzo più giovane, facendosi avanti, gli occhi che la scrutavano come a soppesarla.

 

Irina esitò. << Sì >> rispose solo, ma la sua voce questa volta tremò impercettibilmente di fronte al peso dei ricordi che riaffiorarono per un secondo nella sua mente.

 

<< Yulian >> si presentò il più anziano, porgendole la mano, << Abbiamo sentito parlare di te anche da queste parti, Fenice… Sei famosa per essere la pilota donna più forte in tutti gli Stati Uniti >>.

 

<< Mi fa piacere che mi conosciate anche qui >> ribatté Irina, << Però non sono venuta per vantarmi delle mie capacità al volante… >>. Dimitri le gettò un’occhiata. << Ma avremo modo di parlarne dopo… >>.

 

<< Infatti >> disse Yulian, << Lasciaci presentare, prima di passare agli affari >>. Indicò uno a uno gli uomini di cui pronunciava il nome. << Radim… >>. Quello con i capelli biondicci e i tratti affilati che ricordavano quelli di Dimitri, << Ivan… >>. Il ragazzo più giovane, quello con l’acne, << Gavriil… >>, Un ragazzo poco più grande di lei, dagli occhi verdi, << Kazimir… >>, l’altro uomo con la pelliccia, << Emilian… >>.

 

Arrivata all’ultimo, Irina non poté che fissare la sua faccia per qualche istante, cercando di non mostrarsi troppo inorridita. Emilian, che doveva avere pressappoco la stessa età di Dimitri, aveva la parte sinistra del volto completamente sfigurata, come se fosse stata consumata dall’acido. L’unica cosa rimasta sana da quella parte della sua faccia era l’occhio, di un azzurro brillante e più chiaro di quello di Xander. Come aveva fatto a non notarlo prima, quando erano arrivati?

 

<< Sediamoci >> disse Dimitri, forse per darle modo di riprendersi.

 

I sei uomini si andarono ad accomodare sul divano angolare che li accoglieva comodamente tutti, e Dimitri iniziò a tirare fuori una grossa bottiglia di vodka, tutta elaborata e filigranata d’argento. Posò otto bicchierini sul tavolino di vetro, e li riempì uno a uno sotto lo sguardo dei suoi cugini, fermandosi però al settimo. Le lanciò un’occhiata di ammonimento, poi riempì anche l’ottavo e richiuse la bottiglia.

 

“Ok, quello è il mio, immagino”.

 

Irina prese il bicchiere, seguita da tutti gli altri, e notò che in effetti non era stato riempito fino all’orlo come gli altri… Dimitri aveva paura che iniziasse a delirare, forse.

 

Yulian alzò il bicchierino, poi disse qualcosa in russo e tutti, insieme come se fossero stati sincronizzati, buttarono giù la vodka tutta d’un fiato, come Irina aveva imparato fosse usanza da quelle parti.

 

Questa volta non riuscì a non farsi scappare una smorfia di dolore, dopo aver ingurgitato la bevanda: se quella che aveva assaggiato da Boris era forte, quella lo era il doppio. Le scivolò lungo l’esofago bruciandole la gola e lo stomaco, stordendola in un attimo. Scosse il capo per riprendersi, guardando sbalordita il bicchiere vuoto, e udì qualcuno ridacchiare.

 

<< Forte, la ragazza… >> commentò Ivan, il giovane.

 

Irina lo ignorò, ma Yulian sorrise. Era chiaro che quei russi la stavano prendendo in giro, ma dubitava che le loro donne fossero in grado di reggere quella roba molto più di lei…

 

<< Allora, Dimitri, finalmente sei tornato >> disse Gavriil, allargando le braccia sullo schienale del divano, << Non dire che non ti avevamo avvertito, quando ti dicevamo di non avere niente a che fare con quell’americano… >>.

 

Irina drizzò le orecchie, pronta a cogliere qualsiasi informazione sul passato di Dimitri, ma il russo arricciò il labbro.

 

<< Non sono venuto qui per farmi fare la ramanzina… >> ringhiò.

 

Gavriil ridacchiò. << Ok, cugino, non ti arrabbiare >> disse, << Come te la sei passata, fin’ora? >>.

 

<< Meglio di come sarei stato qui >> rispose Dimitri, << Come vanno le cose da queste parti? >>.

 

<< Bene, se parliamo di affari >> rispose Yulian, appoggiando la pelliccia sul bracciolo del divano, << Abbiamo il monopolio in alcuni settori della città e di alcuni territori a est… Ma se ti riferisci alle cose con Vladimir, , allora non vanno molto bene >>.

 

<< Ci sono stati ancora scontri? >> chiese Dimitri, evidentemente sapendo benissimo a cosa si riferivano.

 

<< Roman e Seren sono morti >> rispose secco Kazimir, << Li hanno uccisi in un’imboscata qualche mese fa… Noi abbiamo ammazzato un paio dei loro, ma non è ancora finita. Appena potranno si faranno vedere da queste parti, soprattutto quando sapranno che sei di nuovo a Mosca >>.

 

Dimitri non si lasciò intimorire. << Che vengano… >> ringhiò, << Non avranno il coraggio, visti i precedenti… >>.

 

Irina osservò attentamente l’espressione del russo, accorgendosi che era furioso, in quel momento. Chiunque fossero quelli di cui stavano parlando, doveva odiarli a morte.

 

<< Figli di puttana, Seren centrava poco e niente >> sussurrò Yulian, << Era troppo giovane per dare fastidio… >>.

 

<< Lo sai come sono fatti >> commentò funereo Ivan.

 

<< Tanto non finisce qui >> disse Radim.

 

L’unico a rimanere in completo silenzio era Emilian, che fissava Irina con gli occhi di ghiaccio, minaccioso. La sua faccia non contribuiva a renderlo amichevole, e il suo atteggiamento confermava che tra tutti doveva essere il più pericoloso.

 

<< Cosa sei venuta a fare qui, Fenice? >> domandò all’improvviso, rivelando una voce roca e bassissima.

 

L’attenzione di tutti si spostò su di loro, come se il fatto che Emilian avesse parlato fosse qualcosa di cui temere. Irina cercò di non fissare la parte della sua faccia sfregiata, mentre rispondeva.

 

<< Sono scappata dalla polizia di Los Angeles, perché sono ricercata per aver fatto fuggire Dimitri dal carcere >>.

 

<< Sappi che non abbiamo intenzione di dare asilo a una fuggiasca >> ribatté Emilian, << Abbiamo già abbastanza problemi senza un’americana in mezzo ai piedi >>.

 

<< Non sono qui per chiedere asilo >> disse Irina, incrociando le braccia e avvicinandosi, << Ho bisogno di una mano per far scappare William Challagher dal carcere >>.

 

Tutti la fissarono in silenzio, compreso Dimitri che non sembrava voler aggiungere niente al suo discorso.

 

All’improvviso, Radim si rivolse in russo a Yulian, il tono che sembrava infastidito e irato; entrambi si voltarono verso Dimitri, chiedendogli qualcosa, e Irina si accorse dell’occhiataccia che Emilian le lanciò, segno che l’argomento non era particolarmente gradito.

 

Dimitri si limitò a parlare a bassa voce, come se volesse quasi dissociarsi da tutto quello che era stato appena detto, ma non sembrava temesse la reazione dei suoi cugini, perché li guardava con aria per niente intimorita.

 

<< Challagher non c’entra niente con noi >> disse secco Kazimir, << Non ci interessa se sta dietro le sbarre o se è libero. Lui ha i suoi affari negli Stati Uniti, e se la deve sbrigare da solo… Sappiamo che è amico anche di Dimitri, ma non ci possiamo occupare di lui >>.

 

<< Non vi sto chiedendo di occuparvi di lui, infatti >> ribatté Irina, << Ho solo bisogno di soldi e dei contatti giusti… Voglio incontrare la Lince, e Boris mi ha detto che è possibile che voglia aiutarmi >>.

 

<< Avete già parlato con lui? >> chiese Yulian.

 

<< Sì, >> rispose Dimitri, << La Lince e Challagher si conoscevano, potrebbe essere disposto ad aiutarlo… Per il momento, comunque, abbiamo le mani legate e l’unica cosa che vogliamo è nasconderci dalla polizia e racimolare qualche soldo >>.

 

Kazimir disse qualcosa a Yulian, poi gettarono un’occhiata verso di lei.

 

<< Dobbiamo parlarne >> disse il più anziano.

 

<< Ok… >> fece Irina.

 

<< Non con te >> aggiunse Emilian.

 

Irina li fissò uno a uno, notando le loro espressioni serie e distaccate. Chiaramente non la volevano tra loro, mentre parlavano dei loro affari, ma era anche necessario che rimanesse: era lei la diretta interessata della cosa, e aveva molte cose da dire in proposito.

 

Il suo sguardo si soffermò su Dimitri, e si accorse che nei suoi occhi grigi non c’era la stessa aria scocciata dei suoi cugini: forse aveva previsto che non la volessero, ma non sembrava ritenere necessario che se andasse.

 

“Adesso mi sentono, questi russi da strapazzo… Sono talmente maschilisti che non mi vogliono nemmeno che ascolti ciò che dicono. Pensavano mi limitassi a servigli da bere come una brava cameriera?”.

 

<< Sali da Vilena >> ordinò Dimitri.

 

Per un attimo, Irina fu sul punto di rispondergli per le rime e rifiutarsi categoricamente di andarsene, ma nell’occhiata del russo lesse qualcosa di strano. Da quello che aveva capito, i cugini nutrivano una sorta di particolare rispetto per Dimitri, e non poteva fargli fare una figuraccia tentando di mettergli i piedi in testa…

 

“Vediamo se le cose migliorano, facendo ciò che dice… Tanto qui non parleranno sicuramente di fronte a me…”.

 

<< Ok… >> disse alla fine, avviandosi verso la porta, ma sentendosi come una bambina che viene mandata a letto troppo presto senza riuscire a finire di vedere il suo film preferito…

 

Si accorse che Dimitri la seguì fin sul pianerottolo, la strana espressione che non riusciva a decifrare ancora sul volto.

 

<< Rimani un po’ da mia sorella, poi vai a dormire >> disse a voce bassa, per non farsi sentire da nessuno, << Non so quanto ci metteremo, quindi non mi aspettare per sommergermi di domande, anche perché non sarò dell’umore giusto per risponderti >>.

 

Irina lo guardò, notando per la prima volta il suo tono stanco e scocciato, e almeno non minaccioso.

 

<< Va bene >> disse, << Buona notte, allora >>.

 

Risalì le scale e bussò alla porta dell’appartamento di Vilena, molto simile a quello di Dimitri ma dall’aria decisamente più vissuta e più disordinata. La donna stava guardando la televisione, la coperta sulle gambe e sul pancione, i capelli legati con una pinza. Fece per mettere tutto a posto, forse per dare alla stanza un aria meno informale, ma Irina la fermò.

 

<< Lascia pure stare tutto così >> disse sorridendo, << Anzi, sdraiati pure sul divano e mettiti comoda. Non credo che quel pancione sia particolarmente confortevole >>.

 

Vilena sorrise a sua volta. << Grazie >> disse, << Non vedo l’ora che nasca, così mi sentirò meno pesante >>.

 

<< A che mese sei? >> chiese Irina, sedendosi su una sedia lì di fianco.

 

<< Al sesto >> rispose Vilena, << Ci vorrà ancora un po’, ma né varrà la pena… E’ un maschietto >>.

 

Irina sorrise. << Hai già scelto il nome? >> domandò Irina, trovando molto dolce l’espressione di Vilena, intenta a carezzarsi il ventre con fare materno.

 

<< Io e Iosif vorremmo chiamarlo Sergey >> rispose, << Anche se ci sarebbe piaciuto di più Dimitri, come suo zio. Ma lui naturalmente non vuole >>.

 

Incuriosita dalla storia, Irina la guardò interessata. << Come mai? >>.

 

Vilena si strinse nelle spalle. << Non vuole che nessuno possa essere ricollegato a lui >> rispose, noncurante.

 

“Tipico… Figuriamoci se Dimitri sopporterebbe mai che qualcuno si chiamasse come lui…”.

 

<< Sì, forse è meglio chiamarlo Sergey >> commentò, << Altrimenti rischia di diventare come suo zio… >>.

 

<< Se dici così, significa che ancora non conosci mio fratello >> disse Vilena. Le lanciò un’occhiata, come per dire che Dimitri nascondeva molti segreti che a lei non spettava di rivelare.

 

<< Diciamo che non aiuta certo a farsi conoscere… >> sussurrò Irina, con una strana sensazione addosso.

 

<< Mio fratello è fatto così >> commentò Vilena, con tranquillità, << Si fa conoscere solo da chi lo vuole veramente >>.

 

E con quella frase enigmatica, chiusero l’argomento Dimitri, passando la serata a parlare del più e del meno, senza toccare questioni riguardanti i russi o i loro affari, ma Irina rimase con la strana sensazione che ci fossero un sacco di cose non dette, soprattutto sull’ex Mastino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Ed ecco il cap… Anche stavolta scriverlo è stata un’impresa, ma comunque adesso è fatta.

 

Che dire.

 

Il Gioco dello Scorpione partecipa ufficialmente al concorso per il miglior personaggio originale, e tutto questo grazie a voi che avete votato. Non mi aspettavo di arrivare in “finale,”, se così la posso definire, quindi per me è già un buon traguardo. Ora non mi resta che sperare che qualcuno voti anche questa volta per me, e sperare di arrivare almeno tra le prime dieci… Previsione molto ottimistica, sapendo che la mia dovrebbe essere la fic con il pubblico più ristretto, ma la speranza è l’ultima a morire. Se qualcuno di voi ha voglia e piacere di farlo, potrebbe consigliare qualche cap della storia, almeno da avvicinare qualche altro lettore.

 

Come avrete notato, ho inserito uno stralcio del passato di William, che non sarà né il primo né l’ultimo. Voglio dare il modo a tutti di capire come ha fatto a diventare ciò che è stato, e ciò che è ora. Non solo dal punto di vista delle gare e della sua fama, ma anche di ciò che è caratterialmente. Sarà interessante.

 

Supermimmina: lo so, lo so, Dimitri è intrigante… Io lo adoro, personalmente. Spero per il concorso vada bene… Baci!

 

Smemo92: grazieeee!!! Mi sto dando da fare, ora, per rendere le cose un po’ più movimentate… Entreremo in una fase un po’ meno tranquilla. Dimitri è fatto così, è un pezzo di ghiaccio, e ci sono pochissimi modi per scioglierlo… Yana è uno di quelli, sembra, e Irina deve scoprire gli altri. Il suo passato verrà fuori, e scopriremo chi è in realtà: sarà una sorpresa, vedrai. Un bacio grande!

 

CriCri88: potresti ipotizzare giusto su Dimitri, ma credo che ti stupirà la sua storia… Vedrai. Quanto a William, hai visto l’inizio del cap? William definito “pivellino”… Fa impressione. Dimmi tu cosa ne pensi, che lo adori. Sarà un William inedito, sotto alcuni punti di vista. Baci!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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