Capitolo X
Las Vegas – Nove anni
prima
La luce degli
enormi lampioni del circuito illuminano l’asfalto
facendolo somigliare a una colata di petrolio nero, un leggero venticello estivo
che fa scuotere le chiome degli alberi lungo la carreggiata. L’odore della
benzina e di pneumatici bruciati aleggia in mezzo alle grida, agli schiamazzi e
agli incitamenti dei ragazzi che stanno a bordo pista,
birre in mano e ghigni sul viso.
William stringe il
volante dell’auto, impaziente. Chiuso nella sua BMW M3 blu metallizzato ascolta la radio, il volume sparato al massimo, osservando i
piloti che lentamente raggiungono le loro macchine, disposte di fianco alla
sua, pronte per la partenza. Alcuni hanno espressioni strafottenti dipinte sul
volto, l’atteggiamento di chi è sicuro di vincere; altri stanno appoggiati alle
loro auto, tranquilli, come se quella non fosse altro che una normale serata
tra amici.
Nonostante sia la
sua prima gara “ufficiale”, William non è spaventato né intimorito. Sa di
essere il pilota più giovane lì in mezzo, dal basso dei suoi diciotto anni
appena compiuti, ma sa anche di essere molto bravo con le auto, perché
altrimenti gli amici di suoi padre non gli avrebbero
mai permesso di partecipare a una gara clandestina. In quel momento dovrebbero
essere seduti sugli spalti riservati al pubblico, per vedere come sarebbe
andato.
Picchietta il
volante con le dita della mano sinistra, poi sbuffa. Ha fretta di iniziare, di
potersi misurare con quei piloti che dovrebbero essere più bravi di lui… Lo sa
che si tratta di una gara facile, di quelle “aperte”, come dicono quelli del
giro, ma è pur sempre una gara, e lui vuole mettersi alla prova. Dubita che
qualcuno di loro possa provare la stessa cosa che sente lui quando stringe il
volante…
<< Ehi,
ragazzino, tu chi sei? >> domandò una voce di fianco a lui, che entrava
dal finestrino aperto.
William si volta e
vede un uomo fissarlo dall’alto con aria divertita, quasi lo consideri completamente
fuoriposto. Tiene un mano un blocco e porta un
marsupio sdrucido alla cintura, una penna dietro
l’orecchio e un mezzo ghigno sul volto segnato da qualche ruga.
<< Sono William Challagher… >>
ringhia il ragazzo, stringendo il volante. Odia sentirsi definire “ragazzino”,
anche perché sa di dimostrare qualche anno in più di quelli che ha.
L’uomo sembra colto
da un pensiero, e il ghigno si restringe un po’. << Challagher?
Il figlio di George? >> domanda.
<< Sì, sono
io >> risponde William, con una nota d’orgoglio nella voce, << Mi aspettavate, no? >>.
<< Ah, ma io
non sapevo fossi un pivello! >> esclama l’uomo, ridacchiando e attirando
l’attenzione della gente lì intorno, << Ma ce l’hai
la patente? >>.
William fa una
smorfia. << Certo che ho la patente, idiota >> ribatte, << Quanto devo aspettare ancora prima che inizi la gara?
>>.
L’uomo continua a
ridacchiare. << Poco… Dammi il libretto della tua auto >> risponde,
<< Se perdi, perdi anche la macchina, lo sai
vero? >>.
<< Sì
>>.
William gli lancia
malamente il libretto dell’auto, consapevole di tutte le regole di quelle gare:
quella era ufficialmente la sua prima corsa, ma conosce l’ambiente e anche come
funzionano le cose. Gli amici di suo padre gli hanno dato qualche dritta.
L’uomo batte la
mano sulla portiera.
<< Bene,
ragazzino, sei a posto. Io sono Clark, per la cronaca >> dice, <<
Ci vediamo al traguardo… Sempre che ci arrivi >>. Si allontana in mezzo
alla folla, mentre tutti guardano di lui, incuriositi dalla sua giovane età e
soprattutto dal fatto che fosse il figlio di George Challagher.
Qualcuno grida
qualcosa, e i piloti iniziano a raggiungere le loro auto. Mentre gli passano
vicino, alcuni lo sfottono chiamandolo pivello, ma
William li lascia perdere. La sua auto risponderà meglio di lui a quegli
affronti, una volta accesa.
Ci vuole qualche
attimo, poi tutti i motori prendono vita, inondando l’aria con i loro rombi
potenti e profondi. Qualcuno fischia a bordo pista, incitando il tipo che guida
la Ford Shelby argentata con due strisce blu sul
cofano, proprio di fianco a lui.
William accende il
motore, la lancetta del carburante che schizza in alto, i fari della M3 che si
accendono di colpo. Fissa il ragazzo di fianco lui, per invitarlo a mostrargli
di cosa è capace.
<< Mangerai
la mia polvere, pivellino >> ribatte l’altro, con un ghigno.
Clark si avvia
verso il centro della carreggiata, un lungo tubo al neon rosso che gli brilla
in mano. Lo alza in aria, facendo cenno di prepararsi, e i motori delle auto
ruggiscono, come a segnalare di essere pronte a correre.
L’uomo passa in
rassegna tutte le macchine, poi cala il braccio e la gara inizia.
William preme a
fondo l’acceleratore, facendo schizzare avanti al BMW come un proiettile, le
ruote che pattinano sull’asfalto, stridendo. E così le altre macchine, in una
nuvola di polvere bianca sollevata dagli pneumatici, nel frastuono dei ragazzi
che fanno il tifo.
Gli ci vuole un
attimo per ingranare le marce, svoltare alla prima curva così
stretto da tagliare la strada a tutti, portandosi subito dietro la Shelby. E gli ci vuole un attimo per capire che può fare di
meglio, che quello è solo l’inizio.
E come una droga l’adrenalina gli invade le vene, dandogli la
sensazione si essere perfettamente lucido e contemporaneamente preda di una
sorta di overdose…
E lo capisce in
quell’istante che correre in auto è l’unica cosa che vuole fare. Capisce in
quel momento che fare il pilota clandestino è il suo destino…
Il piede schiaccia
il pedale fino a fine corsa, la lancetta del contagiri che brilla impazzita sul
cruscotto, il tachimetro che sale… I fari della M3 brillano sul posteriore
della Shelby, il motore che ringhia…
Si accoda alla
Ford, zigzagando dietro di lei per innervosire il pilota, e aspetta la prima
curva che si presenterà… I fari posteriori della Shelby
si accendono per la frenata, ma lui non rallenta…
Poi, sterza
bruscamente, la M3 che si sposta a destra, e si affianca all’altra auto… Un
momento, e schizza avanti superandola a tutta velocità, lasciando una lunga
striscia nera sull’asfalto…
Quando William
taglia in traguardo, davanti a tutti, le ruote che inchiodano stridendo, la
gente che lo guarda stupita, la BMW che si gira di traverso in una perfetta
derapata… Lì, in quell’esatto istante di pura gloria ed euforia che si rende
conto che ha trovato ciò che sta cercando…
Le altre auto si
fermano di fianco a lui, mentre scende dalla M3 e si dirige verso Clark a cui ha affidato il libretto della sua macchina. Lo guarda
con l’espressione stupefatta, gli occhi che non si staccano da lui, e nessuno
lo apostrofa più.
<< Ci
rivediamo al traguardo… >> commenta William, ghignando. Tende la mano
verso di lui, per riavere indietro ciò che gli spetta.
L’uomo gli
riconsegna il suo libretto, più tutti quelli delle altre auto. La gente
continua a guardarlo, senza sapere cosa dire, improvvisamente zitta davanti al
ragazzino che fino a poco prima non era altri che il figlio di Challagher, senza arte né parte, senza altra reputazione
che non quella di figlio di papà.
<< Come hai
fatto? >> domanda un ragazzo, forse quello della Audi
grigia che è parcheggiata poco più in là, con lo stereo acceso.
<< Ho guidato
>> risponde William, solamente. << Altra gara? >>.
I ragazzi si
guardano l’un l’altro, come per valutare se sia sano di mente. O forse solo se
stia scherzando.
William sorride di
fronte alle loro facce. Lo sa di essere forte, lo sa
di essere giovane, lo sa di essere temuto, per ciò che è ma anche per ciò che
ha appena dimostrato di essere… E si accorge di essere nel suo elemento, nel
suo ambiente naturale… Quella gente non è nessuno, in confronto a lui.
Non
è che
l’inizio della sua storia. Ringrazia il giorno in cui pochi anni prima ha preso
di nascosto la Lamborghini di suo padre, sempre ferma in garage, e ha provato a
guidare, accorgendosi che gli veniva naturale come respirare… Scoprendo che gli
piaceva, che voleva continuare, che gli si addiceva.
Se solo sapesse
cosa sarebbe stato in grado di fare di lì a poco, se solo sapesse cosa avrebbe
creato di lì a qualche anno, il suo sorriso sarebbe stato ancora più grande. Ma
lo sa già che la gente lo conoscerà dappertutto, lo sa già che sarà temuto, lo
sa già che quella BMW sarà solo la prima delle sue
auto… Sa tutto, perché nella sua testa si vede già in alto, si vede già forte,
il più forte. E sa anche come lo chiameranno, quando tutti avranno paura di
lui.
<< Sei
sicuro, Challagher? >> gli domanda Clark, ora
serio.
William ghigna.
<< Lo
Scorpione è sempre sicuro di ciò che fa >>.
Ore 23.00 –
Mosca
<< Sei
un’idiota >> commentò seccato Dimitri, sbattendo violentemente la
portiera della R8, << Ti avevo detto di stare zitta, e di non dire
stronzate… >>.
Irina si accomodò
sul sedile dell’auto, innervosita e intirizzita dal freddo. << Se non te
lo ricordi, sono io quella che è venuta in missione qui, non tu >>
ribatté, acida, << Il tuo compito è solo quello di darmi le dritte giuste
per muovermi da queste parti… >>.
Dimitri mise in
moto l’Audi, stringendo il volante con aria irata. Il cielo buio e oscuro di
Mosca si addiceva molto alla situazione. << Appunto. Ti avevo detto di
stare zitta, no? >> ringhiò, fulminandola con gli occhi grigi, <<
Ero io quello che doveva parlare, non tu >>.
Irina lo fissò, e
anche se lo vedeva veramente furioso non si lasciò
spaventare: se c’era qualcosa di cui era sicura in quel momento, era che si
sentiva nel giusto. Dimitri non era lì per tirare le fila del gioco; spettava a
lei farlo, e oltretutto non poteva fidarsi di lui lasciandogli fare quello che
voleva.
<< Se ti rode
che gli abbia detto che sono stata io ad aiutarti a fuggire, dillo subito
>> sibilò, << Ma sappi che non me ne frega niente, perché come hai visto è andato tutto bene e Boris ha veramente creduto a ciò
che gli ho detto >>.
Dimitri fece una
smorfia, inserendo la retromarcia. Le guardie armate di Boris li seguivano con
lo sguardo da lontano, senza per fortuna riuscire a sentire quello che
dicevano. << Spero per te che ti abbia veramente creduto, perché
altrimenti sono cazzi tuoi >> disse.
Irina incrociò le
braccia, infastidita dal suo comportamento. Il russo si chiuse in un silenzio
carico di risentimento, senza aggiungere altro alla discussione, e lei rimase a
guardare i cancelli della villa che venivano aperti
per lasciarli uscire, l’uomo che l’aveva perquisita che le rivolse un cenno di
saluto divertito.
Nel silenzio dell’abitacolo,
il cielo nero e stellato di Mosca sopra di loro, Irina si cucì la bocca
lanciando al russo qualche occhiata carica di risentimento, senza che lui dicesse
niente. Si limitava a guidare con l’espressione distaccata e la mano sul
cambio.
Boris era stato
particolarmente interessato al loro ritorno, e aveva garantito a Irina che
avrebbe parlato con la Lince della questione Challagher,
per poi riferirgli quello che avrebbe detto. Inoltre, gli aveva anticipato che
presto li avrebbe fatti entrare nel loro giro, nella speranza di ottenere la
fiducia dei pezzi grossi. Non era apparso diffidente nei suoi confronti,
nonostante si fosse ripresentata dopo il casino di Los Angeles con l’idea di
liberare lo Scorpione quando era sospettata di averlo fatto arrestare, ma era
sicura che avrebbe fatto qualche ricerca su di lei. Doveva
riferire anche quello a McDonall, per fare in modo
che le garantisse una copertura adeguata anche da quel punto di vista.
Dimitri era stato
di poche parole tutta la serata, come sempre. Il suo interesse non si era
risvegliato nemmeno quando avevano accennato a qualche gara clandestina, ed era
rimasto seduto con le braccia incrociate sul divano, forse profondamente offeso
dal fatto che Irina avesse detto che era stata lei a farlo fuggire… Doveva
essere stato un colpo basso al suo orgoglio accettare la cosa e rimanere in
silenzio.
All’improvviso il
cellulare di Irina iniziò a squillare forte nel silenzio dell’abitacolo, e lei
lo afferrò subito. Sul display bianco brillava il nome “Xander”,
e sentì la rabbia scemare un po’.
<< Pronto?
>>.
<< Ciao piccola >> la salutò Xander,
la voce stranamente modulata, << Stai bene? >>.
<< Xander! >> gridò Irina, felice di sentire la sua
voce. << Certo che sto bene, ci siamo sentiti stamattina… Sapevi che
avrei incontrato Boris? >>.
<< Me lo ha detto McDonall >>
rispose Xander, << Com’è andata? >>.
Irina lanciò
un’occhiata a Dimitri, che la stava ignorando ma le
cui orecchie dovevano essere ben tese. << Tutto ok, Goryalef
sembra aver creduto a quello che gli abbiamo raccontato… Crede che la mia sia
una sorta di vendetta personale verso l’F.B.I., per
via di William. Nei prossimi giorni ci farà conoscere qualcuno, forse…
>>.
<< Bene.
Adesso dove sei? >> chiese Xander. Sembrava non
fosse particolarmente interessato a come fosse andato il tutto, ma solo a come
stesse lei.
<< Sto
tornando a casa >> rispose Irina, guardando fuori dal finestrino la lunga
strada sopraelevata di Mosca, << Sono in auto con Dimitri… >>.
<< Passamelo
>> disse subito Xander.
Irina guardò il
russo, incerta se passargli o meno il telefono. Non
era molto sicura che Dimitri volesse parlare con qualcuno, in quel momento,
soprattutto se si trattava di un agente dell’F.B.I.
<< E’ Xander, vuole parlare con te >>.
Dimitri fermò la R8
al semaforo e afferrò il telefono malamente, portandoselo all’orecchio senza
nemmeno guardarla.
<< Cosa vuoi, Went? >> ringhiò.
Rimase un momento
in silenzio, poi rispose: << Sì, sembra che mio zio ci abbia creduto, ma
non ti garantisco niente… La tua ragazza ha la brutta abitudine di fare quello
che le pare… Vallo a chiedere a lei, cosa ha fatto. No, la responsabilità è
solo sua >>.
Irina si mise a
fissare fuori dal finestrino, per evitare le occhiate cariche d’odio di
Dimitri. Chi si credeva di essere, eh? Era lui quello che doveva seguire i suoi
ordini, e non viceversa.
<<
Tranquillo, Went >> continuò Dimitri
sarcastico, << Continuerò a farle da baby-sitter finché non si deciderà a
capire come si deve comportare >>.
Le lanciò il
cellulare e Irina fece in tempo a prenderlo al volo.
<< Xander? >>.
<< Cosa hai combinato? >> chiese lui, paziente.
<< Niente, ho
solo cambiato un po’ la nostra bugia >> rispose lei, << Ho detto a
Boris che sono stata io a far fuggire Dimitri per chiedergli aiuto, e non il
contrario. Gli ho raccontato che sono qui soprattutto perché voglio liberare Challagher… Ci ha creduto, pensa di trovarsi davanti una donna disperata e infuriata >>.
Xander sembrò sospirare.
<< Davvero, non credevo potessi avere un’idea del genere >> disse,
<< Sei stata geniale, lo sai? >>.
Irina rimase di
sasso.
<< Cosa?
>> esalò.
<< Ho detto
che hai avuto un’ottima idea >> disse Xander,
divertito, << Hai giocato la parte della donna mafiosa disposta a tutto per
riavere indietro il suo uomo… Crederanno che Challagher
ti stia aspettando, e non oseranno farti niente se sanno che lo libererai
>>.
<< Mi stai
prendendo in giro? >> chiese Irina, senza riuscire a capire cosa provasse
dal suo tono di voce.
<< No, non ti
sto prendendo in giro >> rispose Xander,
<< Sto dicendo la verità. Mi sembra una buona
idea, davvero >>.
<< Ah…
>>. Irina si era preparata per una ramanzina colossale con tanto di
minaccia di ritorno immediato a Los Angeles, e non si era proprio aspettata una
reazione del genere… << Ehm, domani parti? >>.
<< Sì, ho già
tutto pronto >> rispose Xander, <<
Dimitri come si sta comportando? >>.
Irina fissò il
russo. << Continua a provocarmi >> rispose, facendosi sentire per
bene, << Credo mi consideri un’idiota, ma non credo che abbia capito
ancora con chi ha a che fare… >>. Sorrise provocatoria.
<<
Ripassamelo >> disse Xander.
Irina alzò gli
occhi al cielo e porse il cellulare a Dimitri. << Ti vuole parlare di
nuovo >> borbottò.
Dimitri prese il
telefono, e fece una smorfia divertita.
<< La tua
ragazza non mi sembra solo un’incompetente; lo è a tutti gli effetti >>
ringhiò Dimitri, << … Non ti avevo detto che avrei anche fatto il
gentiluomo con lei, quindi accontentati di ciò che sto facendo… Tanto avete il
vostro bel collare per tenermi d’occhio, no? … Lascia perdere,
Went… Hai scelto tu di mandarmi qui, quindi accetta
tutte le conseguenze >>. Si voltò verso di lei, porgendole il cellulare.
<< La tua mammina mi ha fatto la ramanzina, contenta? >>.
Irina riprese il
telefono, perplessa.
<<
Sopportalo, piccola >> disse Xander, <<
E’ il prezzo da pagare per aver deciso di prendere parte a questa missione…
>>.
“Mi provoca anche lui… Ma bravo”.
<< Non
ricominciare, eh >> fece Irina, gettando un’occhiata a Dimitri, <<
Ci sentiamo domani, perché adesso devo andare. Scusami
amore, ti amo >>.
<< Anche io. Buona notte >>.
<< ‘Notte >>.
Irina rimise il
cellulare in tasca e guardò Dimitri, che aveva appena tirato fuori le chiavi
del garage e stava percorrendo la rampa che portava di sotto, lentamente per
evitare che la R8 toccasse con i paraurti sul dislivello del pavimento.
Era arrabbiata e infastidita.
Dimitri la trattava come una stupida, e Xander come
una bambina. Il russo la provocava dicendole che era lui quello che conosceva
la situazione e che doveva prendere le decisioni; il suo ragazzo accettava i
suoi sbagli con accondiscenda come si fa davanti a un
bimbo inesperto e maldestro. Lo aveva capito che Xander
non era contento di quello che aveva fatto, non era stupida, altrimenti non
avrebbe cambiato argomento così in fretta; ci stava insieme da due anni, e lo
conosceva molto bene.
Tuttavia, il quel
momento Dimitri la infastidiva particolarmente: era andato tutto bene, ma lui
la faceva tanto lunga. Si era dimenticato che per due anni era stata Fenice, la numero tre della Black List?
<< Forse non
sarò una spia esperta, ma non sono un’incompetente >> disse seccata,
incrociando le braccia.
Dimitri parcheggiò
l’Audi al suo posto, con precisione millimetrica, e la guardò in faccia.
<< Questo lo
pensi tu >> ribatté lui, << Credi di sapere come funzionano le cose
da queste parti, ma non è come Los Angeles… Non è come da nessun’altra parte.
Se uno di noi due fa un passo falso ci ammazzano alla
prima occasione; qui non c’è nessuno Scorpione che ti risparmierà solo perché
gli piaci, chiaro? Boris può averti creduto, ma gli altri saranno diffidenti. E
il fatto che tu sia venuta qui con me non ti agevola
le cose >>.
<< Allora spiegami dove sta il problema >> sbottò Irina,
<< Dimmi per filo e per segno come funzionano le cose qui, da chi mi devo
guardare. Non posso sapere le cose se tu non me le dici… Cosa
significa che anche se sono venuta con te, non sarò agevolata? >>.
<< Vuol dire
che da queste parti sono un estraneo anche io >>
ringhiò Dimitri, << Vuol dire ognuno di noi sta rischiando per gli errori
dell’altro >>.
Irina rimase in
silenzio, colpita da quell’affermazione.
<< Cosa significa che sei un estraneo anche tu? >>
sussurrò.
<< Significa
che devi tenere a freno la lingua >> ribatté Dimitri, scendendo dall’auto
e sbattendo la porta. Irina si affrettò a seguirlo, ma lui fu più rapido e si
avviò verso le scale, richiudendo la porta alle sue spalle. Per un attimo credette che l’avesse chiusa dentro, ma quando mise la mano
sulla maniglia scoprì che era solo stata adagiata.
Trovò Dimitri già
in casa, davanti al frigorifero con una birra ghiacciata in mano. Ne bevve un
sorso, poi la guardò mettere piede in cucina, ora più calma.
<< Ah, ti
avviso che non ho intenzione di darti le chiavi dell’appartamento >>
disse lui, << Quindi entri ed esci con me >>.
Avrebbe voluto
rispondergli, per cercare almeno di fargli abbassare la cresta, ma la frase che
aveva detto poco prima l’aveva lasciata con l’amaro in bocca. Annuì in
silenzio, e lasciò la cucina. Raggiunse la sua camera e si sedette sul letto,
un sospiro che le sfuggiva tra le labbra.
“Vuol dire che
ognuno di noi sta rischiando per gli errori dell’altro…”.
Ciò che le aveva
detto Dimitri la fece riflettere su ciò che aveva appena fatto: aveva preso una
decisione da sola, senza però tenere conto di chi stava con lei. Era stata
impulsiva come Xander, senza però avere il suo stesso
istinto innato.
In effetti, in
quella missione erano in due, non c’era solo lei, e le conseguenze di ogni sua
scelta sarebbero ricadute su entrambi… Se lei rischiava, rischiava
anche Dimitri. E per quanto il russo fosse disprezzabile, non voleva certo che venisse ferito o ucciso per colpa sua.
“Bambina. Sei una bambina” si disse.
Non si era
comportata bene, in effetti. Avrebbe dovuto parlarne con lui, prima, o almeno
proporgli la cosa… Solo che in quel frangente non aveva potuto davvero farlo. Questa
volta era andata bene perché la sua bugia era stata molto piccola e
insignificante, ma avrebbe anche potuto combinare un guaio…
“D’ora in poi, quando predi una decisione, tieni conto
anche di chi ci finirà in mezzo… E non lasciare che Xander
ti protegga come mamma chioccia con i suoi pulcini”.
Sentì un moto
d’orgoglio invaderla. In effetti, non le era piaciuto il comportamento di Xander: aveva sgridato Dimitri per essersi comportato male
con lei, come se non fosse in grado di gestire la situazione da sola… Stupida
lei che lo aveva lasciato fare, e che prima ancora si era lamentata.
Si lasciò cadere
sul letto, le braccia dietro la testa.
Come giornata non
era stata gran che, e non era finita meglio. La convivenza con Dimitri si preannunciava difficile e molto tesa, e il freddo di Mosca
non aiutava. Non le rimaneva che darsi da fare prima di ritrovarsi pentita
della sua folle scelta.
Ore 10.30 –
San Francisco, Carcere di Massima sicurezza
<< Sono
riuscito a scoprire dov’è andata Irina >> disse Sebastian, calandosi
leggermente il cappello di feltro sulla fronte, << E’ stato difficile, ma
ce l’ho fatta… >>. Gli sbirri ai lati della sala
dei ricevimenti spostavano lo sguardo di qua e di là, svogliatamente, le luci
al neon che si riflettevano sul pavimento a rendere l’atmosfera fastidiosa e
stranamente asettica.
William si sedette
meglio sulla sedia e alzò il mento, appoggiando i gomiti vicino sul ripiano
vicino al vetro.
<< Dov’è?
>> chiese, impaziente.
<< A Parigi
>> rispose il meccanico, compiaciuto.
<< A Parigi?
>> ripeté William, perplesso, << Sei sicuro di ciò che dici?
>>.
<< Certo
>> rispose Sebastian, << E’ partita per un soggiorno studio in
Europa, diretta in Francia… Una roba dell’università, credo. Non tornerà per un
paio di mesi almeno >>.
William si portò
una mano al mento, poco convinto. Aveva molto senso, certo: Went
era rimasto a Los Angeles da solo, e lei era partita senza nessun’altro:
lo sbirro non l’avrebbe lasciata andare da nessuna parte se non fosse stato
sicuro che sarebbe stato un posto sicuro. Un soggiorno studio era una cosa da
Irina, e Went non le avrebbe precluso
quell’opportunità se a lei faceva piacere andare…
<< Sei sicuro
che si trovi a Parigi? >> domandò.
<< E’ quello
che dicono i suoi parenti >> rispose Sebastian, << Ho visto suo padre, è sembra tranquillo… Non lo sarebbe, se sua
figlia avesse in mente qualcosa di strano >>. Aveva parlato con
tranquillità, quasi fosse scontato ciò che aveva detto.
William inarcò un
sopracciglio. << Suo padre non si è mai accorto di un cazzo, figuriamoci
se si renderebbe conto di qualcosa… >> ribatté, ricordando i segreti che
Irina era riuscita a nascondergli. << Sicuramente se ha messo in atto
qualcosa, non lo avrà detto a nessuno… >>.
<< Will,
forse non sta davvero facendo niente >> lo interruppe Sebastian, il tono
stranamente conciliante, << Forse è solo un caso che la sua auto si sia
vista in giro… Magari voleva farsi un giro prima di
partire per quel suo soggiorno studio. La macchina non poteva certo portarsela
dietro… >>.
Lo Scorpione lo
fulminò con gli occhi. Forse il meccanico aveva ragione, ma lui aveva il sentore
che Irina non stava facendo la brava, che non si era completamente dimenticata
chi era… Era sicuro che stava combinando qualcosa,
ovunque fosse andata. In due anni la sua auto non si era mai vista in giro, e
in tutto quel tempo non le era mai venuta voglia di farsi un giro?
Poi,
improvvisamente, si diede dello stupido.
No, era lui quello
che sbagliava. Irina era a Parigi a fare la sua vacanza studio, ed era lui che
sperava non fosse veramente così; era lui, che nel profondo di se stesso,
sperava che Irina non avesse cancellato tutto il suo passato e fosse ancora
Fenice… Lo sperava, perché era l’unica cosa che poteva dare un senso alla sua vita in quel momento, chiuso dietro quelle
sbarre metalliche a sognare il mondo di fuori… In fondo era lei che aveva usato
per tenersi vivo, per non lasciarsi sopraffare dal torpore e dall’angoscia che
aveva minacciato di distruggerlo in carcere. Era lei che senza saperlo gli
aveva dato uno dei motivi per uscire da lì, per farlo riflettere in qualche
modo.
<< D’accordo,
forse hai ragione >> disse stancamente, << Ma se scopri
qualcos’altro fammelo sapere. Magari era Went ad
andare in giro con la sua auto, e non lei… Sai qualcosa di Dimitri? >>.
Sebastian scosse il
capo. << So che è rinchiuso nel carcere di Sacramento, ma non sono
riuscito ad avvicinarmi >> rispose, << Anche lui è ben sorvegliato.
Posso provare a chiedere di incontrarlo, ma non credo voglia vedermi, dopo quello che è successo… >>.
William si produsse
in un ghigno. << No, vallo a trovare >> disse, << Informalo
che ci vedremo molto presto, e sarà la prima è l’ultima volta che ci
incontreremo dopo la faccenda di Irina >>.
<< Ah
proposito… >>. Sebastian si gettò un paio di occhiate intorno, frugando
nella tasca dei pantaloni, << Marissa mi ha
dato una cosa da parte di Blacktree… >>.
Mostrò un pacchetto
di quelle che erano caramelle alla frutta, perfettamente sigillato nella carta
trasparente. Lo agitò facendo rumoreggiare il contenuto, per far
capire che era pieno.
William inarcò un
sopracciglio. << Che cazzo significa? Cosa me ne faccio di caramelle?
>>.
<< In mezzo
ce ne sono due particolari >> sussurrò Sebastian, << Sono le uniche
due completamente bianche. Marissa mi ha detto che tu
e Grey dovete prenderle per la fuga… >>.
Interessato,
William si avvicinò al vetro, per permettergli di parlare ancora più piano.
<< Allora è
tutto pronto? >> domandò a bassa voce.
Sebastian annuì.
<< Pare di sì >> rispose, << Non conosco
nei dettagli il piano, ma mi ha detto che vi farà uscire facendo credere che state
male… Dovete prendere quella pillola subito dopo pranzo, fra una settimana
esatta. Si è raccomandata che lo facciate insieme… >>.
William arricciò il
labbro. Non gli piaceva tutta quella storia… Doveva prendere una pastiglia per
sentirsi male? Non potevano cercare un altro modo per farlo uscire?
<< Sono
sicuri che funzionerà? >> chiese, << Non ci voglio
lasciare le penne… >>.
<< Non lo so,
ha detto che non vi dovete preoccupare >> rispose Sebastian, scrollando
le spalle, << Che dovete prendere la pastiglia e al resto ci pensano
loro. Probabilmente svenirete, non lo so, o avrete
una sorta di attacco… Non è stata particolarmente eloquente su questo punto
>>.
William strinse il
pugno, infastidito dal tono leggero del meccanico: se trovava la cosa divertente,
lui pensava diversamente. Voleva uscire di lì, ma non
voleva farlo in una cassa da morto.
<< Digli che
se mi succede qualcosa, non vedranno nemmeno un soldo >> ringhiò.
<< Ok…
>>.
Sebastian si voltò
verso il poliziotto alle loro spalle, agitando il pacchetto di caramelle per
mostrarglielo.
<< Posso
darglielo? >> chiese, accennando verso William.
Lo sbirro si
avvicinò con aria assassina, gli tolse la scatoletta di mano e la aprì; guardò
dentro, agitando le caramelle come per rimestarle e controllare che non ci
fosse niente nascosto in mezzo. Gettò un’occhiata verso di loro, poi annusò il
contenuto continuando a guardarli, forse per cogliere una qualche loro
reazione.
<< Puoi
darglielo >> disse alla fine, lanciando il pacchetto a Sebastian. Si voltò
e tornò al suo posto, continuando a tenerli d’occhio.
Il meccanico tornò
a guardare William, facendogli l’occhiolino. Gli passò il pacchetto sotto la
feritoia del vetro, e lui le prese malamente, facendole sparire in un attimo
nella sua tasca.
<< Ancora una
settimana, allora? >> domandò riferendosi alla fuga, innervosito da
quella storia.
<< Sì
>>.
<< Allora ci
vediamo >>.
<< Forse è
l’ultima volta che incontriamo qui >> sussurrò Sebastian, avvicinandosi
di nuovo al vetro, << Marissa mi ha consigliato
di stare lontano da qui per un po’, in modo da non insospettire gli sbirri…
>>.
<< Allora
fatti trovare preparato quando sarò fuori >> sibilò lo Scorpione,
<< Trovali tutti >>.
Si alzò e fece
cenno al meccanico per dirgli che poteva andare, e che il loro colloquio era
terminato. Si girò e si diresse verso l’uscita della stanza, giocando con il
pacchetto di caramelle; Reed, l’agente che di solito
lo accompagnava, lo seguì in silenzio, lasciandolo camminare in pace fino alla
sua cella, sapendo che non avrebbe tentato la fuga.
Ancora una
settimana… Sette giorni…
Sentiva
l’impazienza renderlo nervoso, ma non poteva fare altro che stare tranquillo in
quel momento, per non rendere sospettosi i poliziotti… Se doveva aspettare
ancora un po’ prima di uscire definitivamente, non poteva che accettare in
silenzio: in fondo aveva pazientato due anni, e oltretutto le cose sembravano
procedere per il verso giusto. Una settimana lì dentro non passava in fretta,
ma poteva occuparla pensando a come uccidere Went e
Dimitri, come farla pagare a Irina.
Perché in ogni
caso, anche se aveva ancora un legame con lei, Fenice non poteva passarla
liscia del tutto… Non dopo quello che gli aveva fatto.
Ore 12.00 –
Mosca
Irina guardò il frigorifero
strapieno di cibo, e inarcò un sopracciglio. Vilena
lo aveva davvero riempito per bene: sembrava che i russi avessero quasi paura
di rimanere senza niente da mangiare… O che mangiassero
il doppio degli americani, che sembrava più verosimile.
Lo stereo in
soggiorno trasmetteva la più famosa stazione russa a volume soffuso, lo speaker
che parlava veloce senza lei che ci capisse nulla, ma
almeno molte delle canzoni che trasmettevano le conosceva. Si era permessa di
accendere la radio perché Dimitri era sparito al piano di sopra, e sembrava non
voler farsi vedere ancora per un po’.
Doveva preparare il
pranzo, ma non sapeva bene da dove cominciare. Sapeva cucinare, anche
abbastanza bene a detta di Xander, e il suo problema
era un altro: il russo sembrava essere piuttosto schizzinoso in fatto di cibo.
La sera prima, a casa di Vilena, aveva mangiato solo
quello che gli piaceva, quindi non più di due pietanze.
“Mi ha proibito di salire di sopra, ma dovrò pur
chiedergli cosa vuole da mangiare… Anche se credo che in ogni caso non gli vada
bene niente. Come potrà mai apprezzare la mia cucina, quando a mala pena
gradisce della di sua sorella?”.
Il campanello della
porta suonò all’improvviso, e lei sussultò. Dandosi della stupida andò ad
aprire la porta, e per vedere di chi si trattava
dovette abbassare di molto il suo campo visivo: Yana,
gli occhioni che la scrutavano curiosi, sorrise con
aria innocente. Niente scuola di sabato anche da loro.
<< Ciao piccolina >> la salutò Irina, << Cosa c’è?
>>.
<< Voglio…
Vedere… Zio… Dimitri >> rispose tutta contenta per essere stata in grado
di farsi capire.
<< Oh, va
bene >>.
Irina si fece da
parte e la lasciò entrare. La bambina si diresse saltellando verso le scale che
portavano di sopra, come se sapesse esattamente dove stava Dimitri in quel
momento. Iniziò a salire, quando Irina si ricordò che il russo le aveva praticamente proibito di farsi vedere la sopra… Forse Yana aveva una sorta di permesso speciale.
Preoccupata,
attese qualche minuto guardando la scala vuota, i gradini lucidi e deserti. La bambina non si
fece vedere, né scese di sotto piangendo: Dimitri non l’aveva sgridata, almeno
a lei.
Tirando un sospiro di sollievo, tornò in cucina e si decise a preparare
qualcosa di semplice, fregandosene di quello che avrebbe detto Dimitri. Stava
apparecchiando, quando il suo telefono squillò.
<< Pronto?
>>.
<< Fenice, ti interessano ancora le gare di auto? >>.
Era Boris, il tono
divertito con il suo accento russo. La ragazza sorrise.
<< Certo…
Sono già invitata? >> chiese, guardando l’orologio.
<< Se
desideri gareggiare, te ne do la possibilità >> rispose Boris, << E
ti farò conoscere qualcuno che potrebbe aiutarti. Naturalmente, l’invito è
valido anche per Dimitri >>.
<< D’accordo
>> disse Irina, << Dove ci troviamo? >>.
<< Testovskaya, Mosca ovest >> rispose Boris, <<
Dimitri sa a cosa mi riferisco >>.
Perplessa per la
risposta, Irina annuì.
<< Ok,
quando? >>.
<< Domani
sera, alle undici >>.
Salutò velocemente
il russo e poi posò il cellulare sul ripiano della cucina. Bene, doveva essere
stata abbastanza convincente la sera prima, perché le veniva
già data la possibilità di gareggiare… Di sicuro ci sarebbe stata gente, e
altrettanto sicuramente avrebbe avuto modo di trovare qualcuno che l’avrebbe
avvicinata alla Lince…
<< Era Boris,
immagino >>.
Irina sussultò di
nuovo, ritrovandosi alle spalle Dimitri, comparso come un fantasma
dall’espressione burbera. Aveva l’assurda capacità di apparire senza fare il
minimo rumore, e la cosa la innervosiva parecchio.
<< Si, era lui >> rispose arricciando il labbro, <<
Domani sera gara, in un certo Testovoskyay o una roba
del genere… >>.
Dimitri inarcò un
sopracciglio, e Irina lo trovò per la prima volta abbastanza “umano”. A
pensarci bene, non l’aveva mai visto lasciarsi andare a un’espressione diversa
dalle sue smorfie fosche.
<< Testovskaya… >> la corresse, << Di già? A che ora? >>.
<< Alle
undici >> rispose Irina, incrociando le braccia.
Dimitri fece
un’altra smorfia, tornando alla sua solita espressione. << Bene, non mi
resta che dirti che sei entrata nel giro… E in più stasera vengono i miei
cugini >>.
Ore 21.00 -
Mosca, Casa di Dimitri
Irina aspettava
impaziente seduta nel soggiorno, gli occhi incollati a Dimitri, perfettamente
seduto sul divano di pelle nera, gli occhi grigi inespressivi. C’era solo la televisione
accesa a fare da sottofondo.
<< Non
parlare più del necessario >> disse il russo, << Anche se sono miei
parenti, non sono tolleranti come me… >>.
<< Se tu ti
definisci tollerante… >> commentò sarcastica Irina.
Dimitri le lanciò
un’occhiataccia. << Ti sto dicendo che stavolta non devi inventarti altre
cose strane, chiaro? >>.
<< D’accordo,
starò zitta >> ribatté Irina, infastidita, << Non li conosco, non
so chi sono, quindi non saprei come comportarmi… Starò
buona, contento così? >>.
Dimitri non si
degnò di rispondere e si alzò di scatto. Raggiunse il mobile del soggiorno e
tirò fuori una bottiglia di vodka insieme a un paio di bicchierini. Li riempì,
poi tornò a sedersi con aria funerea.
<< Forse ti
conviene rimanere con mia sorella… >> borbottò, agitando il contenuto del
bicchiere e guardandoci dentro, improvvisamente pensieroso.
Irina spalancò gli
occhi. << Addirittura? >> sbottò, << Siete così terribili, o
siete solo maschilisti? >>.
L’occhiata di
Dimitri avrebbe potuto ucciderla all’istante.
<<
Maschilisti… No, non siamo maschilisti, ma odiamo le
persone invadenti e che parlano troppo >> ribatté, poi buttò tutto giù
d’un sorso la vodka.
Irina sbuffò e fece
per prendere il bicchierino lasciato sul tavolino, ma
Dimitri fu più veloce e lo afferrò prima che lo facesse lei, senza nemmeno
sfiorarla.
<< L’alcool
scioglie la lingua >> disse.
Irina lo fissò
allibita, poi tornò ad appoggiarsi con la schiena al divano, irritata. Incrociò
le braccia e iniziò a guardarlo con insistenza, sperando di riuscire a farlo
innervosire abbastanza da fargli spostare lo sguardo
da un’altra parte. Dimitri non si scompose, buttò giù il secondo bicchierino di
vodka e aggiunse: << Andiamo di sotto >>.
<< Perché?
>> sibilò Irina.
<< Ci
incontriamo dell’appartamento di sotto >> rispose Dimitri, << E’
più adatto a questo genere di visite… >>.
<< Vilena? Viene anche lei? >> chiese Irina.
<< No.
Passeranno a salutarla come fanno sempre, ma non si unirà ai nostri affari
>> disse Dimitri.
Irina non disse
niente e si limitò a fissare le lancette dell’orologio, pensando che di lì a
qualche ora Xander avrebbe preso il suo aereo e
sarebbe stato un po’ meno lontano di quanto era in quel momento… Come sempre,
cominciava a sentire la sua mancanza dopo solo un paio di giorni, ma in quel
caso c’era anche il “fattore” tensione tra lei e Dimitri: aveva bisogno di
sentirsi un po’ coccolata, forse.
Sussultò quando il
campanello della porta suonò, e sul pianerottolo si sentirono dei rumori. Un
gruppo di persone stava parlando ad alta voce.
Dimitri si alzò e
Irina lo seguì fino alla porta.
Il drappello di
persone che si erano ammassate sul pianerottolo era formato da sei uomini di
tutte le età, vestiti di scuro, di cui due ammantati in pellicce pesantissime e
con un colbacco calato sulla testa a coprire pure le orecchie. Stavano
salutando Vilena e Yana, e
quando videro Dimitri iniziarono a gridare
allegramente, parlando in russo stretto stretto e senza
degnare Irina di uno sguardo, nemmeno avesse fatto parte della parete.
Nel trambusto
generale, si ritrovò al piano inferiore, nel soggiorno dell’appartamento sotto quello in cui stavano loro, a osservare incuriosita il lungo
tavolo da biliardo con il triangolo di palline pronto al centro del tappetino
verde; il tavolo rotondo e ampio che doveva servire a giocare a carte; il
divano angolare di pelle marrone trapuntata con il tavolino di vetro e ferro
battuto, e l’angolo bar con tanto di credenza piena di bottiglie di alcolici. Il
gruppo l’aveva preceduta parlando ad alta voce, continuando a ignorarla.
“Ora ho capito perché aveva detto che questo posto era
più adatto…” pensò
Irina, immaginando già a cosa dovesse servire quell’appartamento… Molto in
stile William, notò.
<< Irina
>> la chiamò Dimitri, secco.
La ragazza si
voltò. I sei uomini ora la stavano guardando interessati, come se fosse
comparsa solo in quel momento, ma dalle loro espressioni riuscì a leggere molta
diffidenza nei suoi confronti. Solo quello più giovane, con ancora una vistosa acne a ornargli la faccia, sembrava il meno
distaccato.
Dimitri le fece
cenno di avvicinarsi, i suoi occhi grigi che brillavano di una strana luce, ma imperscrutabile come al solito.
<< Parlano
tutti inglese, quindi vi potete capire >> disse.
Irina annuì, poi
puntò lo sguardo sull’uomo che sembrava essere in qualche modo il più vecchio,
con la barba striata di bianco.
<< Piacere di
conoscervi, sono Irina Dwight, Fenice, ex numero tre
della Black List americana
>>.
Lungo la schiena le
passò un brivido quando pronunciò quelle parole, la voce ferma e quasi fredda,
ma non fu per l’espressione lievemente colpita di quei russi di fronte al suo
nome: fu per la sensazione stranissima che la prese allo stomaco, come se una
morsa le si fosse serrata nelle viscere… Adesso era
veramente Fenice, era veramente di nuovo la numero tre della Black List…
<< Sei la
donna di Challagher? >> domandò il ragazzo più
giovane, facendosi avanti, gli occhi che la scrutavano come a soppesarla.
Irina esitò.
<< Sì >> rispose solo, ma la sua voce questa volta tremò
impercettibilmente di fronte al peso dei ricordi che riaffiorarono per un
secondo nella sua mente.
<< Yulian >> si presentò il più anziano, porgendole la
mano, << Abbiamo sentito parlare di te anche da queste parti, Fenice… Sei
famosa per essere la pilota donna più forte in tutti gli Stati Uniti >>.
<< Mi fa
piacere che mi conosciate anche qui >> ribatté Irina, << Però non sono venuta per vantarmi delle mie capacità al volante…
>>. Dimitri le gettò un’occhiata. << Ma
avremo modo di parlarne dopo… >>.
<< Infatti
>> disse Yulian, << Lasciaci presentare,
prima di passare agli affari >>. Indicò uno a uno gli
uomini di cui pronunciava il nome. << Radim…
>>. Quello con i capelli biondicci e i tratti affilati che ricordavano
quelli di Dimitri, << Ivan… >>. Il ragazzo più
giovane, quello con l’acne, << Gavriil…
>>, Un ragazzo poco più grande di lei, dagli occhi verdi, << Kazimir… >>, l’altro uomo con la pelliccia,
<< Emilian… >>.
Arrivata
all’ultimo, Irina non poté che fissare la sua faccia per qualche istante,
cercando di non mostrarsi troppo inorridita. Emilian, che doveva avere pressappoco la stessa età di
Dimitri, aveva la parte sinistra del volto completamente sfigurata, come se
fosse stata consumata dall’acido. L’unica cosa rimasta sana da quella parte
della sua faccia era l’occhio, di un azzurro brillante e più chiaro di quello
di Xander. Come aveva fatto a non notarlo prima,
quando erano arrivati?
<< Sediamoci
>> disse Dimitri, forse per darle modo di riprendersi.
I sei uomini si
andarono ad accomodare sul divano angolare che li accoglieva comodamente tutti,
e Dimitri iniziò a tirare fuori una grossa bottiglia di vodka, tutta elaborata
e filigranata d’argento. Posò otto bicchierini sul tavolino di vetro, e li
riempì uno a uno sotto lo sguardo dei suoi cugini, fermandosi però al settimo.
Le lanciò un’occhiata di ammonimento, poi riempì anche l’ottavo e richiuse la
bottiglia.
“Ok, quello è il mio, immagino”.
Irina prese il
bicchiere, seguita da tutti gli altri, e notò che in effetti
non era stato riempito fino all’orlo come gli altri… Dimitri aveva paura che
iniziasse a delirare, forse.
Yulian alzò il
bicchierino, poi disse qualcosa in russo e tutti, insieme come se fossero stati
sincronizzati, buttarono giù la vodka tutta d’un
fiato, come Irina aveva imparato fosse usanza da quelle parti.
Questa volta non
riuscì a non farsi scappare una smorfia di dolore, dopo aver ingurgitato la
bevanda: se quella che aveva assaggiato da Boris era forte, quella lo era il
doppio. Le scivolò lungo l’esofago bruciandole la gola e lo stomaco,
stordendola in un attimo. Scosse il capo per riprendersi, guardando sbalordita
il bicchiere vuoto, e udì qualcuno ridacchiare.
<< Forte, la
ragazza… >> commentò Ivan, il giovane.
Irina lo ignorò, ma
Yulian sorrise. Era chiaro che quei russi la stavano
prendendo in giro, ma dubitava che le loro donne fossero in grado di reggere
quella roba molto più di lei…
<< Allora,
Dimitri, finalmente sei tornato >> disse Gavriil,
allargando le braccia sullo schienale del divano, << Non dire che non ti
avevamo avvertito, quando ti dicevamo di non avere niente a che fare con
quell’americano… >>.
Irina drizzò le
orecchie, pronta a cogliere qualsiasi informazione sul passato di Dimitri, ma
il russo arricciò il labbro.
<< Non sono
venuto qui per farmi fare la ramanzina… >>
ringhiò.
Gavriil ridacchiò.
<< Ok, cugino, non ti arrabbiare >> disse, << Come te la sei
passata, fin’ora? >>.
<< Meglio di
come sarei stato qui >> rispose Dimitri, << Come
vanno le cose da queste parti? >>.
<< Bene, se
parliamo di affari >> rispose Yulian, appoggiando
la pelliccia sul bracciolo del divano, << Abbiamo il monopolio in alcuni
settori della città e di alcuni territori a est… Ma se ti riferisci alle cose
con Vladimir, bè, allora non vanno molto bene
>>.
<< Ci sono
stati ancora scontri? >> chiese Dimitri, evidentemente sapendo benissimo
a cosa si riferivano.
<< Roman e Seren sono morti >> rispose secco Kazimir,
<< Li hanno uccisi in un’imboscata qualche mese fa… Noi abbiamo ammazzato
un paio dei loro, ma non è ancora finita. Appena potranno
si faranno vedere da queste parti, soprattutto quando sapranno che sei di nuovo
a Mosca >>.
Dimitri non si
lasciò intimorire. << Che vengano… >> ringhiò, << Non avranno il coraggio, visti i precedenti… >>.
Irina osservò
attentamente l’espressione del russo, accorgendosi che era furioso, in quel
momento. Chiunque fossero quelli di cui stavano parlando, doveva odiarli a
morte.
<< Figli di
puttana, Seren centrava poco e niente >>
sussurrò Yulian, << Era troppo giovane per dare fastidio… >>.
<< Lo sai
come sono fatti >> commentò funereo Ivan.
<< Tanto non
finisce qui >> disse Radim.
L’unico a rimanere
in completo silenzio era Emilian, che fissava Irina
con gli occhi di ghiaccio, minaccioso. La sua faccia non contribuiva a renderlo
amichevole, e il suo atteggiamento confermava che tra tutti doveva essere il
più pericoloso.
<< Cosa sei
venuta a fare qui, Fenice? >> domandò
all’improvviso, rivelando una voce roca e bassissima.
L’attenzione di
tutti si spostò su di loro, come se il fatto che Emilian
avesse parlato fosse qualcosa di cui temere. Irina cercò di non fissare la
parte della sua faccia sfregiata, mentre rispondeva.
<< Sono
scappata dalla polizia di Los Angeles, perché sono ricercata per aver fatto
fuggire Dimitri dal carcere >>.
<< Sappi che
non abbiamo intenzione di dare asilo a una fuggiasca >> ribatté Emilian, << Abbiamo già abbastanza problemi senza
un’americana in mezzo ai piedi >>.
<< Non sono
qui per chiedere asilo >> disse Irina, incrociando le braccia e
avvicinandosi, << Ho bisogno di una mano per far scappare William Challagher dal carcere >>.
Tutti la fissarono
in silenzio, compreso Dimitri che non sembrava voler aggiungere niente al suo
discorso.
All’improvviso, Radim si rivolse in russo a Yulian,
il tono che sembrava infastidito e irato; entrambi si voltarono verso Dimitri,
chiedendogli qualcosa, e Irina si accorse dell’occhiataccia che Emilian le lanciò, segno che l’argomento non era
particolarmente gradito.
Dimitri si limitò a
parlare a bassa voce, come se volesse quasi dissociarsi da tutto quello che era
stato appena detto, ma non sembrava temesse la reazione dei suoi cugini, perché
li guardava con aria per niente intimorita.
<< Challagher non c’entra niente con noi >> disse secco Kazimir, << Non ci interessa se sta dietro le sbarre
o se è libero. Lui ha i suoi affari negli Stati Uniti, e se la deve sbrigare da
solo… Sappiamo che è amico anche di Dimitri, ma non ci possiamo occupare di lui
>>.
<< Non vi sto
chiedendo di occuparvi di lui, infatti >> ribatté Irina, << Ho solo
bisogno di soldi e dei contatti giusti… Voglio incontrare la Lince, e Boris mi
ha detto che è possibile che voglia aiutarmi >>.
<< Avete già
parlato con lui? >> chiese Yulian.
<< Sì,
>> rispose Dimitri, << La Lince e Challagher
si conoscevano, potrebbe essere disposto ad aiutarlo… Per il momento, comunque,
abbiamo le mani legate e l’unica cosa che vogliamo è nasconderci dalla polizia
e racimolare qualche soldo >>.
Kazimir disse qualcosa a Yulian, poi gettarono un’occhiata verso di lei.
<< Dobbiamo
parlarne >> disse il più anziano.
<< Ok…
>> fece Irina.
<< Non con te
>> aggiunse Emilian.
Irina li fissò uno
a uno, notando le loro espressioni serie e distaccate. Chiaramente non la
volevano tra loro, mentre parlavano dei loro affari, ma era anche necessario
che rimanesse: era lei la diretta interessata della cosa, e aveva molte cose da dire in proposito.
Il suo sguardo si
soffermò su Dimitri, e si accorse che nei suoi occhi grigi non c’era la stessa
aria scocciata dei suoi cugini: forse aveva previsto che non la volessero, ma
non sembrava ritenere necessario che se andasse.
“Adesso mi sentono, questi russi da strapazzo… Sono
talmente maschilisti che non mi vogliono nemmeno che ascolti ciò che dicono.
Pensavano mi limitassi a servigli da bere come una
brava cameriera?”.
<< Sali da Vilena >> ordinò Dimitri.
Per un attimo,
Irina fu sul punto di rispondergli per le rime e rifiutarsi categoricamente di
andarsene, ma nell’occhiata del russo lesse qualcosa di strano. Da quello che
aveva capito, i cugini nutrivano una sorta di particolare rispetto per Dimitri,
e non poteva fargli fare una figuraccia tentando di
mettergli i piedi in testa…
“Vediamo se le cose migliorano, facendo ciò che dice… Tanto
qui non parleranno sicuramente di fronte a me…”.
<< Ok…
>> disse alla fine, avviandosi verso la porta, ma sentendosi come una
bambina che viene mandata a letto troppo presto senza
riuscire a finire di vedere il suo film preferito…
Si accorse che
Dimitri la seguì fin sul pianerottolo, la strana espressione che non riusciva a
decifrare ancora sul volto.
<< Rimani un
po’ da mia sorella, poi vai a dormire >> disse a voce bassa, per non farsi
sentire da nessuno, << Non so quanto ci metteremo, quindi non mi
aspettare per sommergermi di domande, anche perché non sarò dell’umore giusto
per risponderti >>.
Irina lo guardò,
notando per la prima volta il suo tono stanco e scocciato, e almeno non
minaccioso.
<< Va bene
>> disse, << Buona notte, allora >>.
Risalì le scale e
bussò alla porta dell’appartamento di Vilena, molto
simile a quello di Dimitri ma dall’aria decisamente
più vissuta e più disordinata. La donna stava guardando la televisione, la
coperta sulle gambe e sul pancione, i capelli legati con una pinza. Fece per
mettere tutto a posto, forse per dare alla stanza un aria
meno informale, ma Irina la fermò.
<< Lascia
pure stare tutto così >> disse sorridendo, << Anzi, sdraiati pure
sul divano e mettiti comoda. Non credo che quel pancione sia particolarmente
confortevole >>.
Vilena sorrise a sua
volta. << Grazie >> disse, << Non vedo l’ora che nasca, così
mi sentirò meno pesante >>.
<< A che mese
sei? >> chiese Irina, sedendosi su una sedia lì di fianco.
<< Al sesto
>> rispose Vilena, << Ci vorrà ancora un
po’, ma né varrà la pena… E’ un maschietto >>.
Irina sorrise.
<< Hai già scelto il nome? >> domandò Irina, trovando molto dolce
l’espressione di Vilena, intenta a carezzarsi il
ventre con fare materno.
<< Io e Iosif vorremmo chiamarlo Sergey >> rispose, << Anche se ci sarebbe
piaciuto di più Dimitri, come suo zio. Ma lui
naturalmente non vuole >>.
Incuriosita dalla
storia, Irina la guardò interessata. << Come mai? >>.
Vilena si strinse nelle
spalle. << Non vuole che nessuno possa essere ricollegato a lui >>
rispose, noncurante.
“Tipico… Figuriamoci se Dimitri sopporterebbe mai che
qualcuno si chiamasse come lui…”.
<< Sì, forse
è meglio chiamarlo Sergey >> commentò, <<
Altrimenti rischia di diventare come suo zio… >>.
<< Se dici
così, significa che ancora non conosci mio fratello >> disse Vilena. Le lanciò un’occhiata, come per dire che Dimitri
nascondeva molti segreti che a lei non spettava di
rivelare.
<< Diciamo
che non aiuta certo a farsi conoscere… >> sussurrò Irina, con una strana
sensazione addosso.
<< Mio
fratello è fatto così >> commentò Vilena, con
tranquillità, << Si fa conoscere solo da chi lo vuole veramente >>.
E con quella frase
enigmatica, chiusero l’argomento Dimitri, passando la serata a parlare del più
e del meno, senza toccare questioni riguardanti i russi o i loro affari, ma Irina rimase con la strana sensazione che ci
fossero un sacco di cose non dette, soprattutto sull’ex Mastino.
Spazio Autrice
Ed ecco il cap… Anche stavolta scriverlo è stata un’impresa, ma
comunque adesso è fatta.
Che dire.
Il Gioco dello
Scorpione partecipa ufficialmente al concorso per il miglior personaggio
originale, e tutto questo grazie a voi che avete votato. Non mi aspettavo di
arrivare in “finale,”, se così la posso definire,
quindi per me è già un buon traguardo. Ora non mi resta che sperare che
qualcuno voti anche questa volta per me, e sperare di arrivare almeno tra le prime dieci… Previsione molto ottimistica, sapendo che la
mia dovrebbe essere la fic con il pubblico più
ristretto, ma la speranza è l’ultima a morire. Se qualcuno di voi ha voglia e
piacere di farlo, potrebbe consigliare qualche cap
della storia, almeno da avvicinare qualche altro lettore.
Come avrete notato,
ho inserito uno stralcio del passato di William, che non sarà né il primo né l’ultimo.
Voglio dare il modo a tutti di capire come ha fatto a diventare ciò che è
stato, e ciò che è ora. Non solo dal punto di vista delle gare e della sua
fama, ma anche di ciò che è caratterialmente. Sarà interessante.
Supermimmina: lo so, lo so, Dimitri è
intrigante… Io lo adoro, personalmente. Spero per il concorso vada bene… Baci!
Smemo92: grazieeee!!! Mi sto dando da fare, ora, per rendere le cose un po’ più
movimentate… Entreremo in una fase un po’ meno tranquilla. Dimitri è fatto
così, è un pezzo di ghiaccio, e ci sono pochissimi modi per scioglierlo… Yana è uno di quelli, sembra, e Irina deve scoprire gli
altri. Il suo passato verrà fuori, e scopriremo chi è in realtà: sarà una
sorpresa, vedrai. Un bacio grande!
CriCri88: potresti ipotizzare giusto su Dimitri, ma credo che ti stupirà la sua storia… Vedrai. Quanto
a William, hai visto l’inizio del cap? William
definito “pivellino”… Fa impressione. Dimmi tu cosa ne pensi, che lo adori. Sarà
un William inedito, sotto alcuni punti di vista. Baci!