Chapter 5: His eyes
«Rose, posso
parlarti? E’ importante».
La donna smise di
spazzare il pavimento e la scrutò.
Si era decisa:
sarebbe partita il prima possibile. Dopo l’incidente della
finestra non si era
sentita sicura, avrebbe potuto capitare di nuovo e coinvolgere qualcun
altro.
Doveva affrontare
il viaggio, quello a cui si stava preparando da tempo, e, per farlo,
avrebbe
dovuto tagliare i ponti con il passato. Non c’era altro modo.
Per quel motivo,
era giunto il momento di parlare con Rose.
«Va bene» le fece
un cenno e si spostarono in cucina. Margareth era andata al mercato con
Elisha
e la stanza era vuota.
«Dunque?» domandò
Rose, prendendo posto al tavolo di noce, imitata dalla ragazza.
Cassandra respirò
profondamente, prima di cominciare «Ti sei sempre chiesta il
motivo dei miei
improvvisi viaggi ed io ho deciso di rivelartelo» fece una
pausa: non era per
niente semplice confessarle tutto.
Con una mano
afferrò il ciondolo e glielo mostrò
«Sai che questo mi è stato dato da mia
madre. So che è importante, anche se non so il motivo.
E’ per questo che ho
iniziato a viaggiare: speravo di poter trovare delle informazioni. Non
sul
ciondolo in sé, ma sul mio passato. Sul perché io
vedo cose che gli altri non
vedono» sospirò «Devi capire che io non
rimpiango affatto i miei anni passati
qui con te, alla locanda. Davvero, sono stata felice. Sono
felice» si sporse
per stringerle una mano, con gli occhi lucidi.
«Tu per me sei come
una madre, Rose. Ma devo andare».
Rose strinse gli
occhi. Lo sapeva, se lo sentiva. «Non tornerai,
vero?» mormorò con voce
spezzata, mentre le lacrime si facevano strada sul suo volto.
«Non lo so» cercò
di trattenere il tremito nella sua voce. Doveva essere forte, quella
era la
strada che aveva deciso di percorrere.
«S-sapevo che eri
speciale, ma avrei voluto ta-tanto tenerti tutta per me» si
coprì il volto con
le mani e scoppiò a piangere, incapace di resistere oltre.
Cassandra la
abbracciò, posando la guancia bagnata sulla sua spalla
«Mi dispiace» mormorò
tra le lacrime «Darei qualunque cosa perché sia
tutto diverso, ma non posso».
«Lo so».
Passarono diverso
tempo abbracciate, finché Rose non si scostò e
asciugò il viso rosso.
«Basta piangere»
forzò un sorriso «va bene, devi partire, ma non
penserai davvero di poterti
liberare così facilmente di me».
Cassandra ricambiò
il sorriso, triste.
«Non importa quanto
tempo ci metterai, se uno e vent’anni, ma tu dovrai tornare
qui. Anche solo per
salutare e dirmi che stai bene e sei felice. Mi basta sapere che,
quando
partirai, non sarà l’ultima volta che
potrò vederti» le scostò una ciocca di
capelli castani, guardandola con affetto
«Promettimelo».
Almeno quello
poteva farlo. Se Rose era disposta ad aspettare, lei sarebbe tornata.
«Te lo
prometto».
La
sacca iniziava a
pesarle e i raggi caldi del sole non facevano altro che stancarla
maggiormente.
Era in viaggio da
due giorni e si era fermata giusto per mangiare e dormire. I piedi le
facevano
male e si sentiva davvero spossata. Secondo i suoi calcoli, aveva
davanti
ancora una giornata di cammino; se non ci fossero stati intoppi,
sarebbe giunta
a Lanford prima che calasse il sole.
Sospirò affaticata:
era quasi decisa a fare una breve pausa, magari all’ombra
degli alberi che
costeggiavano la strada. Ma proprio mentre iniziava a rallentare il
passo, un
rumore di zoccoli le giunse alle orecchie.
Si voltò curiosa,
riparandosi gli occhi con una mano. Poco distante, un carretto, tirato
da un
cavallo fulvo, si stava avvicinando. Alla guida c’era un
signore piuttosto
anziano, con una spiga tra le labbra.
Sorridendo,
Cassandra agitò un braccio, richiamando la sua attenzione.
L’uomo fermò il
carro davanti a lei, scrutandola da sotto il cappello di paglia.
«Scusate, buon
uomo» cominciò gentilmente «Posso
chiedervi dove siete diretto?»
Con una mano
grinzosa, si tolse la spiga di bocca «A est, al mercato di
Lanford».
Spalancando gli
occhi, si affrettò a domandargli «Sareste
così gentile da accettare la mia
compagnia, durante quest’ultima parte di viaggio?»
Lui la squadrò, poi
si fece leggermente da parte «Vai a Lanford anche
tu?»
Cassandra si
affrettò a salire, contenta di poter riposare un
po’ «Sì. Siete un mercante?»
Il vecchio annuì e
spronò il cavallo «Da dove vieni?»
«Da Glenville».
«Ci sono stato
recentemente, per la fiera di Primavera».
«Vi siete trovato bene?»
Lui sorrise,
accentuando le rughe sul suo volto «Glenville è un
bel posto».
Passarono il resto
del viaggio chiacchierando amabilmente. Il vecchio mercante sembrava un
tipo
burbero, ma una volta acceso il suo entusiasmo fu facile mantenere una
buona
conversazione.
Pranzarono insieme,
dividendo il cibo e i racconti, e a metà pomeriggio giunsero
finalmente in
vista di Lanford.
Dopo essersi
registrati all’ingresso della cittadina, Cassandra
salutò sorridente l’anziano
uomo, promettendogli un saluto prima di ripartire.
Nonostante le sue
ridotte dimensioni, Lanford era sempre stato un luogo affollato e anche
in quel
periodo non era da meno.
Cassandra si
avventurò tra le strade gremite e costeggiate da bancarelle
di qualsiasi tipo,
lanciando occhiate curiose qua e là, alla ricerca di una
locanda tranquilla
dove passare la notte.
Soltanto dopo esser
scampata alle diverse fragranze di saponi che un mercante insisteva a
farle
provare, si accorse di essere seguita.
Non era la solita
presenza gelida che la colmava di terrore, era decisamente un essere
umano.
Cautamente si fermò
ad una bancarella più affollata delle altre e si
guardò indietro, mischiandosi
alle comari che rimbambivano di ordinazioni il povero venditore.
Lo distinse subito:
era un uomo ben robusto, con un cappello a larga tesa ed un mantello da
viaggio
marrone; sulla mascella squadrata si intravedeva un lieve accenno di
barba
scura e il naso aquilino torreggiava sulla bocca sottile. Nel complesso
non
sembrava un tipo molto raccomandabile.
Leggermente
inquieta, riprese il suo giro cercando allo stesso tempo di seminare il
suo
inseguitore, senza mostrargli di essersene accorta.
“Perché?”
si
chiese morsicandosi un labbro; cosa poteva volere quell’uomo
da una forestiera
come lei? Probabilmente pensava di poter guadagnare denaro con un
minimo
sforzo. Non doveva sembrare una gran minaccia, minuta com’era.
Ma un’altra parte
di lei non credeva che fosse solo il furto l’obiettivo che
stava perseguendo.
Affrettò il passo,
mischiandosi alla folla e girando in una grande via a destra,
lì cominciò a
correre, per quanto le era possibile, schivando la gente; si
voltò per guardare
sopra la spalla e distinse chiaramente la figura dell’uomo
che girava nella
strada e aumentava il passo, senza staccarle gli occhi di dosso.
Fu allora che,
sbadata, andò addosso a qualcuno. La forza d’urto
la spinse indietro, ma due
mani calde la presero per le braccia, evitando di farla cadere a terra.
Ansimando, alzò il
volto. E incontrò lo sguardo più intenso che
avesse mai visto.
Spalancò gli occhi,
mentre il ragazzo davanti a lei faceva lo stesso, ma si permise solo un
attimo
di smarrimento, prima di lanciare un’altra occhiata
spaventata alle sue spalle,
dove l’uomo l’aveva quasi raggiunta. Allora
cercò di staccarsi dalla presa del
ragazzo, ma lui era concentrato su altro per prestarle attenzione.
I suoi occhi blu si
incupirono e finalmente si decise a riportarli su di lei.
«Dove stavi
correndo?»
Cassandra cercò
ancora di sgusciare via, tenendo d’occhio l’uomo
che si era fermato davanti alla
bancarella più vicina, fingendosi interessato alla mercanzia.
«Devo andare!»
esclamò concitata.
«Stai scappando».
«Oh, ma che
intuito» borbottò ironica, continuando a
dimenandosi.
Lui alzò un
sopracciglio corvino e la squadrò con una smorfia
«Codarda» sibilò poi.
A quella parola
Cassandra si immobilizzò e lo fulminò con gli
occhi azzurri «Scusate?!» soffiò
irata «Rimangiatevi quello che avete detto!»
Lui ghignò e, senza
una parola, tenendo salda la presa su un braccio, la
trascinò verso l’uomo.
Cassandra tentò di
tirarsi indietro, confusa e spaventata «Cosa state facendo?
Lasciatemi andare!»
La ignorò, finché
non si trovarono a un paio di metri di distanza dal suo inseguitore,
che li
sfidò con lo sguardo.
«Avete qualche
problema con la signorina?» gli chiese il ragazzo, con
un’espressione fredda
sul bel volto.
L’altro la guardò
di sfuggita, soffermandosi troppo a lungo sulle sue curve femminili e
provocando un rossore imbarazzato sulle guance di Cassandra. Poi
riportò la sua
attenzione sul ragazzo che la teneva per un braccio e scoprì
i denti storti in
un ghigno deplorevole.
«Nessun problema»
rispose con voce untuosa.
Lui sorrise
gelidamente «Allora vi consiglio di allontanarvi».
L’uomo ghignò
ancora e, senza aggiungere altro, se ne andò.
Solo quando fu ben
lontano, Cassandra si rese conto di aver trattenuto il respiro fino a
quel
momento e lo rilasciò sollevata.
«Vi ringrazio»
mormorò, improvvisamente timorosa «E mi dispiace
per come vi ho trattato».
Lui si limitò a
scrollare le spalle con una smorfia e lasciarle il braccio,
improvvisamente
diventato troppo freddo e vuoto
senza la sua mano.
«Vedi di stare più
attenta, la prossima volta» la rimproverò,
voltandosi, intenzionato ad
andarsene.
Ma una voce allegra
bloccò entrambi.
«Thomas! Dove ti
eri-signorina Cassandra! Che incantevole sorpresa!»
Il capo biondo del
signor Henry si fece largo fino a trovarsi davanti a loro. Sorridendo,
l’uomo
fece un elegante baciamano a Cassandra, che arrossì
imbarazzata, ma allo stesso
tempo lieta di averlo incontrato.
«Ti lascio solo un
istante e subito trovi qualche donzella di cui approfittare!»
esclamò
melodrammatico Henry, procurandosi un’occhiataccia silenziosa
da parte del
moro.
«Oh, no, signor
Henry!» si affrettò ad intervenire la ragazza,
spiegando il malinteso «Il signor
Thomas mi ha soltanto aiutato in una situazione spiacevole!»
Henry sembrò
divertito «Il signor Thomas?» chiese divertito,
alzando le sopracciglia bionde
per poi scoppiare a ridere «Da quanto tempo nessuno ti
chiamava così, Tom?»
Lui fece schioccare
la lingua e iniziò ad andarsene, bloccato però da
un braccio dell’uomo.
«Eh, no! Non te ne
andrai proprio adesso che abbiamo incontrato la signorina Cassandra,
per di più
così vicini all’orario di cena, vero?
Ditemi» disse poi, rivolgendosi alla
ragazza «dove alloggiate?»
Lei arricciò la
bocca «Ecco, non ho ancora trovato una locanda in cui passare
la notte».
«Magnifico!»
esclamò Henry, guadagnandosi un’occhiata confusa e
una chiaramente contrariata
«Alloggerete nella nostra, così potremo cenare
insieme!»
Senza voler sentire
proteste, le fece strada fino alla loro locanda.
Nonostante
apprezzasse la cucina di Margareth, quella era la zuppa migliore che
avesse mai
mangiato: densa e saporita al punto giusto.
Mandò giù un altro
cucchiaio, sempre più contenta di aver avuto quella fortuna
inaspettata.
«E’ strano sentire
di una donna che viaggia da sola».
Cassandra alzò gli
occhi verso Henry, che la stava fissando curiosamente, tenendo il
cucchiaio
sopra il piatto.
«Non è pericoloso?»
La ragazza accennò
un sorriso «Basta sapere evitare i guai».
L’uomo ricambiò il
sorriso, mentre Cassandra arrossiva leggermente sotto lo sguardo
penetrante che
le aveva lanciato Thomas.
«Oggi mi sono
distratta» spiegò imbarazzata.
«Capita a tutti,
ogni tanto» la tranquillizzò il biondo
«E’ già abbastanza stupefacente che una
ragazza come voi abbia viaggiato molto e in sicurezza».
«Vi ringrazio»
disse lei gentilmente, riprendendo a mangiare.
Una volta terminata
la zuppa, una cameriera portò via i loro piatti.
Cassandra si guardò
attorno: era una locanda molto pulita ed efficiente, come quella di
Rose.
Avevano diverse camere libere e si era potuta rinfrescare prima della
cena.
Dopo tutto quel camminare e correre ne aveva avuto decisamente bisogno.
«Posso chiedervi il
motivo che vi spinge a viaggiare?» le chiese Henry,
guardandola fisso con i
suoi occhi azzurri.
Cassandra si morse
una guancia: non era convinta di volerglielo rivelare. Non dopo gli
ultimi
avvenimenti, non dopo l’improvviso interesse che in molti
nutrivano per il suo
ciondolo.
Non le era di certo
sfuggita l’occhiata che lo stesso Henry aveva lanciato al
medaglione, quando
glielo aveva mostrato. Addirittura Thomas l’aveva studiato
attentamente.
C’era qualcosa
intorno al suo pendente, ne era sicura. Ed era per quello che aveva
iniziato a
viaggiare.
Non sapeva se
poteva fidarsi di loro, però qualcosa le diceva di farlo.
Che se glielo
avessero voluto sottrarre, probabilmente ci sarebbero già
riusciti.
«E’ per via del mio
ciondolo» iniziò, fissando lo sguardo sulle
venature del tavolo di legno. Anche
senza guardare, sapeva di avere tutta la loro attenzione.
«Me l’ha lasciato
mia madre prima di morire e io voglio sapere da dove viene e chi
l’ha
realizzato».
«Come mai? Mi
sembra un interesse alquanto strano» disse Henry curioso,
aggrottando le
sopracciglia bionde.
Lei esitò, ma ormai
aveva iniziato, tanto valeva dire tutto.
Aprì bocca e
rispose, prima di rischiare un ripensamento «Non si
apre» alzò lo sguardo e lo
puntò sull’uomo davanti a lei «Dentro
c’è qualcosa, lo so, ma deve essersi
rotta la cerniera o altro, perché per quanti sforzi faccia
rimane chiuso».
Era frustrante.
L’unico oggetto che
la legava a sua madre, che poteva contenere qualcosa di importante, era
inaccessibile.
«Così ho deciso di
rintracciare chi l’ha fabbricato e farmelo aprire».
Henry la studiò
attentamente, perforandola con gli occhi chiari «Forse si
aprirà quand’è il
momento giusto, non ci avete pensato?»
Cassandra si fece
scappare una risatina di scherno «Il momento
giusto?» ripeté «E’ da
quattordici
anni che aspetto “il momento giusto”!»
sbatté un pugno sul tavolo, ignorando le
rapide occhiate che le lanciava la gente intorno.
«Continuerete a
viaggiare, quindi?» le chiese Henry pacatamente. La stava
studiando
attentamente e per la prima volta si accorse di quanto fosse ben
delineato il
suo volto.
La mascella era
forte e squadrata, gli zigomi pronunciati e il naso ben dritto. Aveva
un bel
viso, quasi aristocratico, ma erano le sue labbra ad essere una
tentazione,
troppo forte per poterla ignorare.
Aveva visto come sorrideva
alle donne, come le guardava, quasi denudandole con quello sguardo
profondo. E
Cassandra sapeva per certo che non si limitava a farlo con gli occhi.
Probabilmente, se
le avesse lanciato una di quelle occhiate, neanche lei sarebbe riuscita
a resistere.
Si sarebbe lasciata andare, dimenticando tutto quanto.
Eppure, per quanto
fosse bello, c’era qualcosa di sbagliato. Non era lui quello
giusto. Sarebbe
stata solo un’illusione, breve ed effimera.
«Continuerò a
viaggiare» gli rispose, sospirando.
Lui sorrise e
quello che disse poi la lasciò di stucco
«Perché non vi unite a noi?»
Cassandra spalancò
gli occhi, ma non fu lei a rispondere.
«Cosa?!»
Si era quasi
dimenticata di lui.
Era talmente
silenzioso che era difficile accorgersi della sua presenza.
Sarebbe stato
capace di raggiungere chiunque alle spalle, senza che quello se ne
rendesse
conto.
Non sarebbe stato
difficile scambiarlo per un’ombra, se non fosse stato per la
sua pelle chiara.
Creava uno strano contrasto con i suoi capelli scuri, neri come
l’ala di un
corvo. Scendevano a ricoprirgli la nuca e la fronte, mascherando appena
quelle
due pozze blu.
Non aveva mai visto
degli occhi di un colore simile. Con un solo rapido sguardo poteva
inchiodarla
dov’era e svuotarle la mente.
Henry avrebbe
potuto farle fare qualsiasi cosa con un solo tocco, un solo attimo di
intimità.
Ma a Thomas sarebbe
bastata una breve e misera occhiata.
Se avesse
incrociato i suoi occhi blu e lui le avesse ordinato di fare qualcosa,
lei
avrebbe obbedito senza esitare, senza nemmeno pensare.
Perché lui
incantava, senza nemmeno volerlo. Avrebbe potuto obbligare chiunque.
E in quel momento
il suo sguardo era fisso su Henry, che lo ricambiava tranquillo, con un
accenno
di sorriso.
«Perché no?»
riprese l’uomo, voltandosi verso Cassandra «Sareste
più sicura a viaggiare in
compagnia e sarebbe anche meno pesante».
«Henry» lo ammonì
Thomas, quasi sibilando.
Ma Henry lo zittì
con un cenno della mano, concentrato sul volto della ragazza
«Cosa ne pensate,
voi?»
Lei esitò,
lanciando una breve occhiata al moro per poi riportare la sua
attenzione
sull’uomo «Non voglio arrecarvi disturbo»
rispose intimidita «Posso continuare
a viaggiare da sola, come ho sempre fatto. Non è un
problema, per niente».
Henry si accigliò e
scosse il capo con disapprovazione «Non siate testarda,
signorina Cassandra.
State rendendo tutto più difficile».
«No» si intromise
Thomas «Sta ragionando, a differenza di te» strinse
i denti, irritato, e si
sporse verso il compagno di viaggio «Come pensi che potremmo
occuparci di lei?
Sarebbe solo un impiccio».
Cassandra si
accigliò. Non aveva intenzione di andare con loro, ma non
poteva sopportare
nemmeno che si parlasse in quei termini di lei.
«Thomas» lo riprese
Henry «non essere maleducato. Se la signorina Cassandra vuole
unirsi a noi,
sarà bene accetta. E tu non le procurerai alcun
disagio».
Il ragazzo serrò
ancora di più i denti «Lo sai che non ne
uscirà nulla di buono» sibilò, prima
di alzarsi di scatto e allontanarsi.
Cassandra strinse
le labbra e aggrottò la fronte. Che
razza di comportamento.
«Scusatelo» disse
Henry, scrollando appena il capo «E’ piuttosto
introverso e fatica a
socializzare. La vostra scelta non dovrebbe essere influenzata da
lui» le
sorrise con calore «Vi consiglio di accettare la mia
proposta, forse voi non ne
siete a conoscenza, ma negli ultimi tempi è diventato ancora
più pericoloso per
una donna, girovagare da sola. Potreste trovare molti malintenzionati
sulla
strada e non lo dico per spaventarvi, perché si tratta della
pura e semplice
verità».
La ragazza si morse
un labbro, indecisa. Se il signor Henry aveva ragione, allora sarebbe
stato
meglio accettare la sua offerta.
«Avete detto che
state cercando il fabbricante del vostro ciondolo, ma non avete avuto
molto
successo fino ad ora» continuò, senza aspettare
una risposta. Poi i suoi occhi
brillarono improvvisamente «Siete mai stata a
Maitland?»
Cassandra scosse il
capo, intuendo dove volesse arrivare.
«Potreste venirci
con noi. Se non avete avuto successo qui nel continente, forse
troverete
qualcosa a Maitland».
Riflettendoci, era
un’idea abbastanza buona. Henry aveva pienamente ragione.
«Però non voglio
disturbarvi» mormorò, iniziando ad accettare
l’idea. Se non fosse
stato per
Thomas.
Come se avesse
potuto leggerle nella mente, l’uomo sorrise «Se la
vostra decisione dipende da
Thomas, dovreste accettare. Lui se ne farà una
ragione».
Eppure non voleva
viaggiare sentendo i suoi occhi blu trafiggerle l’anima.
«Non lo so. Posso
darvi una risposta domani?»
Il biondo allargò
il sorriso «Ma certo!»
Cassandra non poté
fare a meno di ricambiare, prima di alzarsi e congedarsi per la notte.
***
Odiava quegli
incubi. E il sudore freddo che le imperlava la pelle.
Si passò una mano
tra i capelli lunghi e sospirò. Da quanto tempo duravano?
Troppi anni per
poterli contare.
Posò i piedi sul
pavimento e si alzò, facendo scricchiolare le assi di legno.
Aveva bisogno di
aria, di uscire da quella stanza troppo soffocante.
La pesante porta si
aprì con un cigolio e lei diede un’occhiata al
corridoio buio, tendendo le
orecchie per cogliere ogni minimo rumore. Si sentivano solo i cigolii
dei letti
e il russare, lieve o forte, degli avventori.
Abbastanza sicura
di non essere scoperta da nessuno, soprattutto in veste da notte, si
avventurò
all’esterno della sua stanza, giù per le scale,
verso la grande sala della
locanda.
I gradini gemettero
appena, ma lei non ci diede peso, continuando la sua discesa.
Le gambe le
tremavano ancora e il cuore batteva forte, procurandole un fastidioso
ronzio
nelle orecchie.
Si fermò ai piedi
della scalinata e, quando i suoi occhi si adattarono
all’oscurità, entrò nella
sala.
Ma mosse appena
pochi passi, prima di fermarsi di nuovo. Perché non era la
sola ad aver
approfittato della tranquillità notturna per schiarirsi i
pensieri.
Seduto su una
sedia, Thomas la fissava con i suoi occhi blu. Probabilmente si era
accorto di
lei ancora prima che scendesse le scale.
Lo vide rilassare
la postura, come se si fosse assicurato che non ci fosse stata nessuna
minaccia, e voltare il capo.
Cassandra sentì il
suo cuore palpitare e una strana stretta allo stomaco. Non si sentiva
molto
sicura; certo, il buio celava il suo volto arrossato e il suo
abbigliamento
discinto, ma faceva lo stesso con lui. E non sapere dove lui
si trovasse
esattamente, la rendeva inquieta.
Inspirò profondamente
e a piccoli passi si diresse verso la sedia più vicina,
cercando nel frattempo
di non urtare nulla.
Si sedette con un
lieve sospiro e incrociò le braccia sul tavolo,
appoggiandoci sopra il capo e
chiudendo gli occhi.
La sua pelle era
fredda e appiccicosa, avrebbe dovuto indossare qualcosa sulla leggera
camicia
da notte.
«Sei rumorosa».
Il relativo
silenzio fu rotto dalla voce di Thomas, che, inaspettata, la fece
sussultare.
Alzò la testa,
cercando di metterlo a fuoco. Riusciva ad intravederlo appena, nascosto
nella
zona più buia della stanza.
«Scusate» si limitò
a sussurrare, ricevendo in risposta soltanto un verso stizzito.
Dal piano superiore
provenne un lieve russare e il silenzio calò di nuovo.
Cassandra
approfittò dell’oscurità per osservare
il ragazzo come non aveva mai osato fare
prima di allora, sicura che lui non se ne sarebbe accorto.
Il buio mascherava
i suoi lineamenti, ma non la sua figura: era alto e dal fisico
asciutto.
Sembrava abituato ai lunghi viaggi e a maneggiare delle armi.
Assomigliava
quasi ad uno di quei cavalieri che, raramente, chiedevano
ospitalità alla
locanda di Rose per una notte.
Quel pomeriggio
l’aveva afferrata saldamente, quando gli aveva sbattuto
contro. Doveva essere
abbastanza forte e sicuramente aveva affrontato uomini peggiori del suo
inseguitore.
Era sfuggente e non
gli piaceva stare in mezzo alla gente, di quello ne era sicura. Come
era sicura
che fosse terribilmente testardo.
«Hai finito di
fissarmi?»
Cassandra spalancò
gli occhi azzurri, stupita che lui se ne fosse accorto, e
arrossì.
«Scusate» mormorò
imbarazzata.
A quello seguì
nuovamente un attimo silenzio, rotto solo da alcuni scricchiolii.
«Sei irritante. Non
credo di riuscire a sopportarti, se mi dai un’altra volta del
“voi”».
Cassandra non disse
nulla, troppo stupita che lui le parlasse di sua spontanea
volontà.
«Ti conviene
decidere in fretta» la sua voce inespressiva sembrava
più vicina, ma non
l’aveva sentito alzarsi. Nessun rumore.
«Non basare le tue
scelte sui voleri di qualcun altro» le passò alle
spalle con un unico fruscio,
per poi dirigersi verso le scale e sparire alla sua vista.
Cassandra sbatté
gli occhi. Le aveva forse
detto che avrebbe accettato la sua eventuale
presenza nel loro viaggio?
Si rialzò
lentamente, facendo frusciare la camicia leggera. Le gambe si mossero
da sole,
alla volta della sua stanza, fermandosi solo per ammirare la luna
crescente,
che gettava la sua luce lattea all’interno della stanza,
dritta su di lei.
Le piaceva
osservare la luna: riusciva sempre a calmarsi, qualsiasi pensiero la
stesse
torturando. Quella notte, poi, era incredibilmente bella.
Alzò una mano,
portandola all’altezza degli occhi. Era quasi perlacea e le
ricordò le leggende
che venivano spesso raccontate. Si diceva che immergersi in un lago
sotto la
luna piena aiutasse a conquistare la propria anima gemella.
Era il genere di
storie che amava Elisha.
Sospirò.
Chissà se stavano
tutti bene, a Glenville.
Abbassò lo sguardo,
afferrando stretto il suo ciondolo, e si voltò.
Non c’era nessuno,
probabilmente Thomas era già tornato nella sua stanza,
eppure si sentiva
osservata.
Non sentiva il
solito gelo e nemmeno il disagio che le aveva provocato
quell’uomo nel
pomeriggio. Era una sensazione piacevole e calda. Uno sguardo la
accarezzava,
sfiorando la sua pelle scoperta, scivolando lungo le sue curve, lungo
le pieghe
della veste bianca, calmando il suo cuore agitato e il suo animo
tormentato.
Era bello.
Chiuse gli occhi
per un istante, lasciando che le sue labbra si stendessero in un
sorriso.
Era da tempo che
non si sentiva così bene.
Lo stridio di una
civetta la riscosse, costringendola a riemergere da
quell’attimo di pace. Diede
un ultimo sguardo alla luna e si ritirò nella sua stanza,
lasciando il buio
dietro di sé.
Colpo
di scena: capitolo molto più lungo del solito! Il
fatto è che ho deciso di postare tutto quello che avevo
già scritto, per
continuare man mano, e piuttosto che interromperlo prima di arrivare
alla
locanda ho deciso di prolungarlo.
Come avete
potuto leggere succedono un sacco di cose: la partenza di Cassandra,
l’incontro
con Henry e Thomas, un piccolo dialogo con quest’ultimo e
qualcuno che la
fissa. Chi è che la fissa? Mah, non ve lo dico! Fate pure le
vostre congetture!
Ringrazio di
cuore chi ha commentato.
Hareth: Grazie! Sono
contenta che ti interessi la
storia e spero continuerai a seguirla! Sono stata davvero contenta di
leggere
la tua recensione!
Ghen: Non
preoccuparti, quello che conta è che
alla fine tu l’abbia letto! Gli occhi di Thomas in questo
capitolo sono ancora
più belli! Sinceramente, nonostante il suo carattere, sono
diventata una sua
fan! XD Per quanto riguarda il sogno di Cassie, quello è il
genere di incubo
che fa la notte e la finestra aperta è un mistero che non
posso svelare (anche
perché io stessa ho il dubbio su chi sia stato! XD) Questo
capitolo è decisamente
più lungo e almeno i misteri che riguardano Cassandra
iniziano a svelarsi pian
piano.
Grazie a tutti
coloro che hanno letto, Ghen
e Targul per
averla aggiunta tra le Preferite e Calliroe,
erato1984
e Hareth
per
averla inserita tra le
Seguite.
Sarei contenta
di sapere cosa ne pensate e se volete lasciarmi una recensione ve ne
sono
grata! Ma l’importante è che continui a piacervi!
Alla
prossima!