Ho
sempre amato il mare. E’ un
amore puro, disinteressato, perché non prevede vicinanza o
contatto, è come se
fosse un amore d’altri tempi che si nutre del ricordo, delle
sensazioni
vissute.
Adoro
la sua immensità, la
profondità misteriosa e il suo movimento perenne, lento, la
sua sensuale
carezza alla spiaggia.
L’odore
del mare , quell’odore che
sembra portare da sponde inimmaginate altri odori lontani.
Odore
che può essere dolce o aspro,
forte o appena accennato.
Nell’arcipelago
delle Channel
Island, a largo della costa sud della California, in una piccola isola
per gran
parte montuosa e dalle coste frastagliate esiste un piccolo centro
abitato,
Avalon, di circa tremila abitanti. L’unico collegamento con
il continente è un
traghetto che parte ogni ora, dodici volte al giorno.
Ed
è proprio in questa città che i
miei genitori mi mandarono a trascorrere,ogni estate, un mese di
vacanza.
Mio
padre è cresciuto in questa
isola, ma il college prima e il matrimonio con mia madre dopo lo hanno
portato
a trasferirsi nel continente, a Rochester, New York.
Probabilmente
l’amore per il mare
l’ho ereditato proprio da mio padre dato che il tempo a
Rochester è decisamente
rigido in inverno, con le sue abbondanti nevicate e temperature degne
dell’Alaska.
Ho
sempre pensato che prima o poi
avrebbe deciso di ritornare nella sua amata isola, l’ho
capito sin da piccola,
quando la sera, per addormentarmi, mi raccontava bellissime storie
sempre
ambientate su un’isola
a largo delle
coste della California.
“Alyssa, la colazione è pronta”
la voce di mia nonna giungeva dal
fondo delle scale. La sua cucina era una delle migliori cose che avessi
mai
mangiato in vita mia. Mia madre non si può certo definire
una grande cuoca.
La
nonna è una delle persone
migliori che avessi mai conosciuto. E’ una persona molto
sensibile, attenta e
sempre disponibile verso gli altri. A me piace definirla
“poetica”, riesce a
creare atmosfere magiche, e forse, avendo una società di
organizzazione di
eventi, è questo suo lato del carattere che la rendere la
migliore nel suo lavoro.
Non
lasciai che mi chiamasse due
volte per la colazione, così mi alzai dalla poltrona della
mia camera che si
trovava proprio di fronte alla finestra che dava sul mare e scesi al
piano di
sotto. Passavo ore intere seduta su quella poltrona, il panorama che
offre
quest’isola è bellissimo.
La
mattina mi alzavo sempre di buon
ora, per guardare il sole sorgere sul mare. Il mare calmo che annuncia
lontano
un sole ancora non sorto, ne anticipa il chiarore come se lo sentisse
arrivare
ancora prima di vederlo.
La
nonna mi aspettava in cucina con
un piatto fumante di frittelle, uova e bacon posizionato sul bancone
della
cucina. Il profumo che emanava era divino.
“Lo so, tua madre non vuole che tu mangi questa
roba, ma non mi
interessa. Una ragazza della tua età ha bisogno di carne
sulle ossa” disse
sorridendo mentre mi sedevo.
“Ho abbastanza carne sulle mie ossa, nonna. Sto
soltanto cercando di
perdere qualche chilo, non è poi la fine del mondo”
“Non vorrai mica somigliare a quei bastoni malati
delle riviste? O a
quelle ragazze nelle loro BMW e Mercedes?”
Io
e mia nonna Sedna ci somigliamo
molto, fisicamente. Gli stessi capelli ricci ramati e gli stessi occhi,
troppo
grandi a mio avviso, azzurri come il cielo.
Un po’ come le bambole vecchia maniera, ma la
pelle invece di essere di
porcellana, è di un morbido e chiaro colorito bronzeo.
“No, nonna, voglio solo perdere un po’ di
peso. Infatti, dopo aver fatto
colazione ho intenzione di fare una lunghissima corsa sulla spiaggia.”
Quella
che vidi sulla faccia di mia
nonna era senz’altro una smorfia di disapprovazione
“Oh, e Aly, so che non ti piace
quando prendo decisioni senza parlartene
prima, quindi volevo avvisarti che ho intenzione di invitare per pranzo
la
signora Thompson con suo nipote Alec ”.
Sbuffai
storcendo il naso.
Per
quanto amassi quest’isola, non
riuscivo proprio a farmi piacere altrettanto le persone che ci
vivevano. Il
quartiere in cui vive mia nonna e’ uno pseudo, ma
più reale Hampton con enormi tentacolari
country club, ville eleganti ed infinite e abiti griffati; e la signora
Thompson era una di quelle classiche persone che considerava un paio di
scarpe
nuove da cinquecento dollari come qualcosa di irrinunciabile per ogni
cena a
cui avrebbe partecipato ogni sera.
“Oh, avanti Alyssa, non fare la difficile
… E’ una mia amica, so che non
ti piace, ma puoi sforzarti di essere carina con lei solo per qualche
ora? E
poi ci sarà Alec con lei” non so
perché ma quel nome gli portò un grande
sorriso sulle labbra “Avete la
stessa
età, vi conoscete da quando siete bambini …
vedrai non sarà un pranzo così
terribile”
Alzai
gli occhi al cielo.
“Sono felice di rivedere Alec, da quando sono
arrivata non ho ancora
avuto il tempo di salutarlo … ma sua nonna, mi dispiace, ma
non so se posso
farcela!” Sinceramente non sono mai stata il tipo
di persona che sopportava
bene quello stile di vita, non faceva per me, avrei preferito un buon
libro
letto in spiaggia a quel pranzo.
Ma
la nonna ci teneva. E io le
volevo bene.
Le
sorrisi, rassegnata.
“
Questa mattina uscirò a fare delle
compere, ma sarò di ritorno a casa
per mezzogiorno, o giù di li, e voglio che tu sia pronta. Mi
raccomando, metti
un bel vestito.”
“Sissignora!” detto questo salii
nella mia camera e mi misi una tuta
comoda per la mia corsa sulla spiaggia. Presi una bottiglietta di acqua
e uscii
dalla porta posteriore.
La
casa della nonna era sulla St.
Catherine way, questa terra apparteneva alla mia famiglia da oltre un
secolo.
Come
tutte le abitazioni di questo
quartiere, era enorme. Il giardino costeggiava tutto lo stabile, con
una
piscina non eccessivamente grande sul lato destro della casa. Seguiva
una forma
irregolare, fatta di curve e di sporgenze.
L’ingresso
all’interno della casa
somigliava molto alle hall di un albergo di lusso. Una rampa di scale
conduceva
al piano superiore dove vi erano ben quattro camere da letto con
rispettivi
bagni al loro interno.
Il
piccolo giardino sul retro della
casa, invece, si affaccia direttamente sull’oceano. La
spiaggia quella mattina
era deserta e si offriva come un ricco letto.
Iniziai
a correre, l’oceano
dolcemente bagnava i miei piedi e li accarezza dandogli quella
sensazione di
freschezza e benessere. Una leggera brezza scompigliava i miei capelli
e mi
lasciava sulla pelle quel sapore di salsedine che amo assaggiare
mordicchiandomi delicatamente le labbra.
Sorrido,
mi sento bene …
Mi
guardai intorno, quella spiaggia
era così bella.
E’
un incantevole spiaggia a
mezzaluna con sabbia bianca, incastonata fra una grotta e
un’alta rupe protetta
da una barriera semicircolare di scogli.
E
proprio mentre guardavo verso gli
scogli mi ricordai che dal posto in cui mi trovavo, non ero
così lontana dalla
mia piccola grotta segreta. Quando ero bambina, quella grotta mi era
sempre
sembrata un luogo lugubre e spaventoso. Non avevo mai avuto il coraggio
di
superarne l’entrata.
Ma
con gli anni, ero riuscita a
vincere questa mia paura, iniziando piano piano a esplorarla.
Decisi
che quello era un buon
momento per continuare la mia perlustrazione al suo interno.
Tornai
a casa e presi il mio zaino
infilandoci il kit del pronto soccorso, insieme con una torcia e una
coperta.
Li infilai ordinatamente nella sacca, ci aggiunsi qualche barretta
energetica e
una bottiglia di acqua, o due, per ogni evenienza.
Mi
guardai intorno assicurandomi di
non aver dimenticato nulla e m’incamminai verso sud, verso la
mia grotta.
Il
buio al suo interno sembrava
premere contro le pareti mentre camminavo, feci roteare più
volte la mia torcia
illuminando le facciate di roccia dura e il pavimento di sabbia che
sembrava
non finire mai.
Iniziai
a ispezionare la parte
posteriore, stringendo la felpa intorno al mio corpo, le mie scarpe da
tennis
raccoglievano molta più sabbia mano a mano che avanzavo e
l’umidità dell’aria
aumentava drammaticamente. Avevo indossato dei jeans sopra il costume
da bagno che
sembravano voler trattenere ogni singola particella di
umidità presente in
quella grotta; il loro peso era diventato insopportabile.
Ero
disorientata, perplessa. Non
era mai stato così prima.
Era
quasi come se la grotta fosse …
viva. Ed io mi sentivo come se fossi in attesa di qualcosa che doveva
ancora
accadere.
Cercai,
scrutai con i miei occhi,
ma l’unica cosa che riuscii a vedere era solo il buio
sconfinato.
Continuai
a illuminare le pareti e
ritrovai il mio marchio poco dopo, quello che indicava dove mi ero
fermata l’ultima
volta che ero stata lì, una X fatta con un gessetto rosso.
“Bene, vediamo cosa c’è oltre
…” espressi i miei pensieri a voce
alta.
Proseguii
lungo quel piccolo
sentiero di sabbia, ma tutto a un tratto il percorso si
fermò davanti ad una
parete di roccia.
Mi
avvicinai e lo esaminai con
attenzione. “A quanto pare la mia
esplorazione finisce qui …”
Stavo per tornare indietro
quando mi accorsi
di una crepa nella roccia, larga quel tanto che bastava per consentire
il
passaggio di una persona. Sentivo il rumore dell’acqua poco
distante da me e
immaginai che quella piccola crepa conducesse proprio lì.
Esitai
un momento. Mi muovevo
lentamente rimanendo attaccata alla parete e capii che sarebbe stato
facile
tornare indietro in caso di necessità.
Quello
che mi fece decidere di
andare avanti era una straordinaria luce blu che proveniva dal fondo di
quel
piccolo tunnel.
Cautamente
ed in punta di piedi
sbirciai dietro quell’angolo.
Quello
che vidi mi lascio la bocca
aperta. Era la cosa più meravigliosa che avessi mai visto.
Era
una piccola piscina. L’acqua
era così chiara da riuscire a vedere il fondo. Sembrava non
finire mai. Era
evidentemente acqua di mare. Forse c’erano altre piscine
sotterranee come
questa. Le pareti e il fondale erano ingombri di un cristallo
incandescente che
non sembrava aver bisogno di luce.
Era
questa l’origine di quel
bagliore blu. L’altra sponda della piccola piscina era ad un
salto da dove mi
trovavo io, ma la cosa che più mi colpì erano le
gallerie che si diramavano nel
lato opposto.
Sembravano
quasi create
artificialmente.
I
sentieri erano lisci, e non
ruvidi come quelli che avevo attraversato fino ad oggi. Sembravano
chiari segni
di un abitazione passata.
Alcuni
disegni scintillavano sul
muro davanti a me. Era come se fossi entrata in un altro mondo.
Mi
guardai intorno ancora un po’,
prima di saltare quella piccola piscina.
Mi
morsi il labbro quando raggiunsi
l’imbocco delle diverse gallerie. Ce ne erano cinque ma da
nessuna di esse
sembrava provenire una luce. Le guardai esitante e poi decisi di
entrare in
quella al centro. Era quella che aveva la strada che sembrava
più consumata,
come se molte persone avessero usato quella grotta prima di
abbandonarla.
Illuminai con la mia torcia il sentiero. Le pareti erano lisce e
dipinte dal
pavimento al soffitto.
“Sono così belli”
esclamai a me stessa.
Le
immagini erano chiare, nitide.
Mi soffermai ad esaminarne una.
Raffiguravano
… tritoni? Mi guardai
intorno esaminando altri disegni e fui sorpresa di notare che in ognuno
di essi
vi erano raffigurati esseri umani e sirene.
E
se questo fosse stato un luogo di
incontro tra le due specie?
Ho
sempre creduto che le sirene
facessero parte di miti, che gli esseri umani, i pescatori o i marinai
avessero
scambiato delfini o lamantini per sirene e tritoni.
Continuai
a camminare lungo quel
sentiero, avevo i pensieri divisi tra i disegni che mi circondavano e
dove stavo
andando.
Quel
sentiero continuava a scendere
ancora e ancora, fino a quando non mi sembrò di non riuscire
più a respirare
per la mancanza di aria fresca.
Continuai
a camminare fino a quando
il sentiero non si interruppe nuovamente. Questa volta il passaggio era
ostruito da rocce e alghe.
Ero
confusa. Perche mai qualcuno
avrebbe dovuto bloccare questo passaggio? Era chiaro che quelle rocce
erano
state messe li da qualcuno, era un lavoro troppo ben fatto per essere
un
semplice crollo all’interno di una grotta.
Fissai
il percorso bloccato, e
decisi di tornare indietro.
Arrivata
di nuovo alla piscina,
come avevo fatto prima, saltai. Ma mi spinsi troppo vicino al bordo che
crepò
leggermente facendomi cadere in acqua.
Accusai
un dolore fortissimo alla
testa e l’impatto con l’acqua gelida mi tolse i
sensi.
L’ultima
cosa che sentii fu un
braccio che mi stringeva nella vita …
Quando
arrivai sulla spiaggia aprii
gli occhi tossendo leggermente. Ero turbata, sconvolta e ero viva
“Non avevo mai visto una donna umana da vicino
…” Una voce
sussurrata arrivava metallica alle mie orecchie.
Vidi una mano
allungarsi nel tentativo di toccare una mia gamba. Non so
perché, ma
lasciai che mi toccasse.
I
suoi occhi erano fissi nei miei,
mi guardava come se volesse scrutarmi nell’anima.
E
quello che mi provocò quello
sguardo fu una sensazione strana. Improvvisamente sentii stordita, la
testa
vuota …
Non
ricordavo nulla di tutto quello
che era accaduto.
Chi
era quest’uomo, e perché mi
trovavo sdraiata sul bagnasciuga con i vestiti completamente
gocciolanti?
“Ma cosa? …” cercavo
di capire quello che era successo. “Ricordo
di essere svenuta nella grotta … che
stavo per annegare … ma …”
“Devo andare prima che qualcuno mi veda. Non
dovresti nuotare così
lontano dalla costa, non posso essere sempre qui per salvarti
…” e si tuffò
in mare, senza guardarsi indietro.
Una
volta arrivata in casa mi
concessi una lunga doccia calda. Ripensai agli eventi della mattinata e
le
domande iniziarono ad affollare la mia mente.
Non
avevo mai visto una donna umana da vicino …
Ero sicura di averlo sentito pronunciare quelle parole, ma cosa
significavano
realmente?
Ricordavo
vagamente il viso del
ragazzo che mi aveva tirato fuori dall’acqua … e
non mi sembrava che vi fossero
in lui lineamenti “non umani”.
Ma
era strano … i pochi particolari
che ricordavo di quella mattina, sembravano scomparire lentamente dalla
mia
mente con il passare delle ore.
Scossi
la testa, convincendomi che
fossi ancora sotto shock e mi preparai per il pranzo con gli ospiti
della
nonna.