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Autore: Ely79    23/05/2010    4 recensioni
Harry è Auror e vive a Grimmauld Place con la sua famiglia, ma il palazzo cade a pezzi e le memorie dei Black ingombrano ancora le stanze. Ginny, preoccupata per James e Albus e per la figlioletta in arrivo, decide di rivolgersi a chi può dar loro una mano.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Sirius Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Tav. 2 - Rilievo
«Affofa, fenfaffe fe affeffefà?»
Harry aggrottò la fronte, dietro il lieve vapore del the che stava sorseggiando.
«Ron, smettila di parlare con la bocca piena, poi i bambini ti imitano!» lo riprese Ginny, allungandogli uno schiaffo sulla nuca.
Il fratello mandò giù il boccone di brioche, facendo una buffa smorfia. Albus, in braccio al padre, lo fissava facendo bollicine di saliva mentre James assestava un morso troppo grande al suo dolce.
«Dicevo… pensate che accetterà il lavoro questo Goldstein?» tossicchiò, cercando sollievo nella tazza di infuso che gli fluttuava accanto.
«Beh, Kingsley gli ha mandato la lettera solo due giorni fa. Mi ha anche detto che è difficile avere un contatto perché è un tipo impegnato. Pare che i suoi servigi siano molto richiesti» rispose il cognato, cercando di liberare il disgraziato croissant dalla boccuccia famelica del figlio.
«Hermione dice che ha lavorato anche per il furetto. L’ha letto su Strega Oggi» buttò lì con indifferenza, allungandosi con malagrazia sulla poltrona.
«Per Malfoy? Ginny hai sentito?»
La domanda aveva duplice significato: riguardava l’informazione appena ricevuta ed il suono molliccio prodotto dal sederino del pupo che teneva in grembo.
«Sì, lo sapevo» rispose prendendo in braccio Albus, che aveva urgente necessità di essere cambiato. «Annie me l’aveva accennato. Sembra che la scorsa primavera abbia dato una bella rinfrescata al pied à terre che il nostro carissimo compagno di scuola ha ad Edinburgo. Giusto in tempo per la nascita di suo figlio. Proprio non capisco perché far partorire sua moglie in Scozia…»
Il sottinteso restava lampante: figlio nuovo, casa nuova. Harry avrebbe voluto fingere di non averlo colto.
«Ora ti tocca competere con quello là anche a distanza» ghignò Ron, ricordando la lunga inimicizia tra Harry ed il pallido Purosangue. «Lui ha fatto mettere a posto quattro stanze, tu un palazzo intero! Scommetto che quando avrà la notizia gli andrà tutto di traverso. È invidioso come pochi, quella serpe!»
«Fatti suoi, non ho intenzione di competere proprio con nessuno. E poi, ancora non sappiamo se Goldstein accetterà. Potrebbe avere clienti migliori di noi»
Quando Ron spalancò le braccia esterrefatto, il the traboccò dalla tazzina sul pavimento e sul vecchio tappeto damascato.
«Migliori del Bambino Sopravvissuto? Di Colui-che-ha-sconfitto-tu-sai-chi? Miseriaccia, Harry, fammi il piacere! Te lo dico io, quello farà carte false per accontentarti. E magari vi farà pure un bello sconto» sbottò l’Auror spostando la tazzina che beccheggiava ormai vuota per ammirare il laghetto dorato che si allargava in direzione di un paio di pantofole delle Holyhead Harpies. La proprietaria era contrariata, a giudicare dal battere cadenzato di una suola. Per fortuna era solo un po’ d’acqua colorata, sarebbe bastato asciugare.
«Guarda che disastro hai fatto, Ron! Esseca! E comunque, pagheremo tutto quel che occorrerà per rimettere a posto questa casa»
Ad Harry suonò molto strana quella frase in bocca a sua moglie e decise di attribuire la cosa al suo stato di gestante. Probabilmente più tardi si sarebbe rimangiata tutto, asserendo che riuscire ad ottenere un ribasso del prezzo sarebbe stato non solo utile ma doveroso.
Udirono un ticchettio ritmato provenire dalla strada. Si voltarono e videro una mascherina tonda e candida a pochi centimetri dalla finestra del soggiorno. Un elegante barbagianni picchiettava col becco adunco sul vetro.
Ginny andò ad aprire, seguita da James.
«Cejino! Cejino! Veni cejino!» esclamò, tendendo in alto le mani per afferrarlo.
Il barbagianni non si degnò d’allungare il collo per scoprire da dove venisse tanto trambusto. Rimase immobile, la zampa protesa in avanti in attesa che qualcuno slegasse la missiva che portava.
«No, tesoro, non puoi giocarci. Quest’animale non è nostro e non è neppure Leotordo!»
Il povero gufetto di Ron era stato scambiato dal bambino per un Boccino ed inseguito come tale fino allo sfinimento. Per la prima volta in tanti anni, qualcuno aveva trovato il modo di zittirlo.
«Vojo!» piagnucolò James pestando i piedi.
«No, Jamie! E vai a chiedere a papà perché non puoi averlo» lo incitò, indicando la strada col braccio.
Il bimbo guardò il genitore seduto sul divano all’altro capo della stanza con fare accusatorio. Suo padre che gli proibiva di avere un giocattolo nuovo, arrivato apposta per farlo divertire, era per lui inconcepibile.
«Vojo cejino!»
Harry tese le braccia e lui vi corse in mezzo, in cerca di coccole.
«Jamie, quel portalettere appartiene ad un altro mago. Deve andare a casa sua, non puoi tenerlo. E le cose degli altri non si prendono. Te l’avevo spiegato, vero?»
«Papà, io vojo…» piagnucolò, cercando di intenerirlo.
Gli occhi castani del bimbo erano talmente simili a quelli di Ginevra che per lui era difficile resistere. Avrebbe voluto accontentarlo, pur sapendo di sbagliare.
«Ah, ma che devo fare con te?» chiese, trasfigurando un cuscino in un piccolo barbagianni di pezza.
Tutt’altro che soddisfatto, il piccolo sedette sul sofà col finto rapace. Di tanto in tanto lanciava occhiate furtive a quello vero, appollaiato sul davanzale.
Nel frattempo, la madre armeggiava con la lettera. Sulla busta, un elegante svolazzo color seppia riportava le iniziali C. G.
«Cosa dice?» s’informò Ron, addentando un’altra brioche.

Londra, 7 gennaio 2006

Alla cortese attenzione dei Signori Potter

In riferimento alla missiva inviatami dal Ministro della Magia, Signor Kingsley Shacklebolt, e stimata consorte, sono a comunicare il mio interessamento a quanto indicato. Al fine di poter comprendere appieno le Vostre necessità ed onde approfondire le questioni squisitamente tecniche che si pongono alla base dell’opera, suggerisco un incontro conoscitivo in data 13 c.m., ore 17:00, presso la Vostra abitazione.
Per comunicazioni di qualsivoglia natura da parte Vostra, il mio messaggero provvederà tempestivamente al loro recapito.
Colgo l’occasione per porgere distinti saluti,
C. Goldstein

«Davvero molto professionale!» fece Ginny, dopo aver letto ad alta voce.
Era piacevolmente colpita dal tono distaccato e compito, in linea con i racconti di Annie e Kingsley.
«Sì, certo. Sembra uno Yeti! È gelido… manca solo che esca neve dalla busta»
«Neve! Neve! Dammi! Io! Io!»
James era balzato a terra e saltellava ai piedi della madre puntando alla busta, sperando facesse la magia detta dallo zio. Ottenne la lettera proprio con l’aiuto dell’uomo, il quale si limitò a guardarlo sbattere il pezzo di carta nell’attesa che apparisse qualche fiocco bianco.
«Mi sembra un buon inizio dato che ha chiesto un incontro per valutare il da farsi» disse lei, allungando il biglietto al marito.
Ron non sembrava affatto convinto.
«Ne sei sicura, sorellina? A me sembra che anticipi un disastro»
«La casa non è messa così male. Certo, domani è il compleanno di Jamie, ma io Kreacher sapremo risistemarla per tempo» ribatté, sperando in cuor suo di riuscirci.
«Non parlavo di quello. Hai notato niente?» chiese, sporgendosi verso l’amico ed indicando lo scritto.
Senza capire, Harry tornò ad esaminarlo, provando una gran invidia per quella calligrafia pulita e filante, frutto -sperava- di una penna autoscrivente.
«Tanto è inutile che mi scervelli, vero? Stai morendo dalla voglia di dirmelo» rispose sistemando meglio il neonato che cominciava ad agitarsi.
«Mah… non saprei…»
«Ron spicciati, devo cambiare Al!» l’aggredì.
Il furbastro si guardava bene dall’assumersi l’onere del fasciatoio. Hermione gliel’aveva detto, per cui sapeva bene non aveva la minima idea di cosa si stesse preparando per lei in quella tutina verde.
«Mamma, Abbu pussa!» osservò James storcendo il naso schifato.
«Lo so, Jamie, grazie per avercelo fatto notare. Allora?» sbraitò.
«Tu non…?» chiese rivolgendosi questa volta ad Harry.
«No»
«La data dell’incontro» suggerì.
«E quindi?» incalzò Ginny, sempre più esasperata.
«Bella ricorrenza, vero?» ammiccò il cognato, incurante del rossore iracondo della sorella.
Ad un tratto, Harry si lasciò cade indietro, coprendosi la faccia con le mani.
«Oh, Merlino…» esclamò fra le dita.
Aveva capito di cosa parlava Ron. Certe date erano indelebili nella sua mente.
«Cosa? Cosa, Harry?»
«Il tredici gennaio… ricordi cos’è successo il tredici gennaio del Novantasei?»
«No, e piantatela di fare i misteriosi, ho fretta! Sì, sì, Al, adesso questi parlano o li affatturo! No… no… non piangere. Insomma! Cos’è successo?» li incalzò spazientita, col piccolo ormai alle lacrime.
«I Mangiamorte fuggirono da Azkaban. Quel giorno saranno trascorsi dieci anni esatti!»
«Bellatrix Lestrange, Rodolphus e Rabastan Lestrange, Antonin Dolohov,… Pessima scelta di data, pessima» evidenziò Ron, sogghignando alla schiena della donna che si allontanava scuotendo la chioma rossa.
«Siete due bambini…» ringhiò andandosene.
I due attesero di vederla sparire oltre lo stipite prima di lasciarsi andare ad una sonora risata. Una voce severa  li richiamò all’ordine.
«Harry, sbrigati! Scrivi a Goldstein che va bene, e segnati in agenda che venerdì non dovrai avere inseguimenti, appostamenti, arresti o simili! Abbiamo un impegno a cui non devi mancare» urlò dalle scale.
«Come se potessi deciderlo io…» borbottò appellando penna e inchiostro.
«Ti ho sentito!»

***

«Chi credi che sia?» domandò Harry, scostando appena la tenda.
Nell’umida pozza di luce di un lampione c’era una donna, che scriveva fitto su un voluminoso blocco per appunti. Difficile pensare si trattasse di qualche studentessa Babbana o di una turista che si era persa: puntava dritta al dodici di Grimmauld Place.
«Non so, gira qui intorno da almeno un’ora. Forse è l’assistente di Goldstein» rispose Ginny, sporgendosi a sua volta.
Non ricordava se Annie le avesse parlato di assistenti o segretarie, ma a quel punto, quando mancavano dieci minuti all’ora dell’incontro, poteva anche essere. Se davvero l’Archimago era così impegnato come lo dipingevano, poteva aver avuto un qualche contrattempo ed aver inviato un membro del suo staff per parlare ai nuovi clienti.
«Kreacher, per favore, prendi i bambini e portali in cameretta. Non ci vorrà molto» disse lei.
L’elfo prese il più piccolo fra le braccia e diede un’occhiata sdegnosa al maggiore. La sua fiducia in quella creaturina era prossima allo zero e Ginevra lo sapeva.
«Per favore, Kreacher… farà il bravo, vero Jamie?»
«Tì» promise, annuendo allegramente alla madre, ma il servitore non concordava.
«Anche Padron Sirius diceva così a Kreacher e poi… povero Kreacher!» mugolò offeso, ma guardando il piccino che tentava di afferragli il naso sorrise: «Per fortuna è nato Padron Regulus, come è nato Padron Albus!» e si avviò zoppicando su per la scalinata di legno.
Non Smaterializzava mai i bambini, sapeva che poteva essere pericoloso. Gliel’aveva proibito la signora Black decenni prima, quando aveva quasi Spaccato il penultimo degli eredi della casata. E pensare che in seguito la megera aveva rimpianto che non l’avesse fatto sul serio…
«Sarà più semplice rimuovere la memoria dei Black da questa casa che dalla sua testa!» sospirò Harry.
In quel momento, bussarono alla porta. In anticipo di cinque minuti. Se non era un buon segno quello!
Oltre la soglia, avvolta in un lungo mantello, stava la donna di poco prima. I capelli castano chiari erano raccolti in una severa crocchia sulla nuca, che ad Harry ricordò quella della professoressa McGranitt. Ma chi gli stava davanti non aveva certo la stessa età della sua insegnante di Trasfigurazione: era molto più giovane, avrebbe potuto essere una loro coetanea.
«Il signor Potter, presumo?» domandò lei, dietro un paio di lenti rettangolari.
«Sì, lei è…?»
«Goldstein, molto lieta» rispose, tendendo la mano.
Lui la strinse deciso.
«Piacere. E… suo marito dov’è?» chiese, frugando la via deserta con lo sguardo.
Gli occhi bruni superarono la sottile montatura degli occhiali, squadrandolo indispettita.
«Mio marito?»
«Fratello?» tentò di nuovo, ma al suo sguardo sempre più contrariato, iniziò: «L’Archima…» mordendosi la lingua un secondo dopo, quando realizzò la gaffe. «Lei è l’Archimago?!?»
«Preferirei Archimaga se non le spiace, signor Potter»
«S-sì, certo. M-mi scusi. Vuole entrare?» la invitò, dandosi del cretino e maledicendo una certa coppia per non averli avvertiti di come stavano le cose.
La Goldstein era quanto di più lontano avessero immaginato. Dai racconti degli Shacklebolt era emersa una figura carismatica, competente, arguta, fantasiosa senza eccedere, culturalmente elevata, a tratti indisponente. La figura di un uomo. Ed era quella figura che si aspettavano d’incontrare, non una signorina in tailleur indaco e avorio che sedeva composta sul divano del soggiorno.
«È un errore in cui cadono parecchie persone. Sono poche le Archimaghe in circolazione. Meno ancora quelle che possano vantare un nome conosciuto» spiegò.
Sembrava che la cosa la disturbasse nonostante il tono vagamente rassegnato. Ginny condivideva: al suo posto si sarebbe offesa a morte. In molti settori del mondo magico c’erano ancora troppi maghi a comandare e poche streghe a farsi valere. Persino nel Quidditch le giocatrici venivano considerate brave ma su un piano inferiore rispetto agli uomini e lei non l’aveva mai tollerato. Questa cosa suscitò in lei un’immediata simpatia per la progettista.
«Suppongo vogliate vedere le mie referenze, prima di intavolare una qualunque discussione» propose, porgendo loro quello che sembrava essere un piccolo album di fotografie.
Dentro, una raccolta di lavori piuttosto considerevole. Si andava da alcuni negozi alla casa del Ministro, passando per architetture meno pretenziose, giardini e, ovviamente, per la dimora scozzese dei Malfoy.
«Col cavolo delle quattro stanze, Ron…» pensò Harry osservando un grande atrio a due livelli su cui affacciavano non meno di una decina di porte di quercia, disposte nel candore dei muri.
La luce si diffondeva da un lucernaio a cupola fin sulle scale in ferro battuto che congiungevano i due piani,  disegnando una leggiadra curva nell’aria.
Per diversi minuti i coniugi Potter fecero scorrere quelle istantanee, che parlavano di uno stile sobrio ed elegante, di cura nei dettagli e attenzione alle necessità del cliente. Era impossibile trovare due elementi uguali in due distinti progetti: erano tutte creazioni personali e personalizzate, al pari di gioielli.
«Da quanto tempo esercita, signorina Goldstein?» s’informò la giornalista sportiva, ormai avvezza a quel tipo di domande.
«Una decina d’anni. Sei da libera professionista»
«Solo sei anni?»
«Ritiene siano insufficienti a fare di me una figura accreditata?»
«Più che altro, direi che sono pochi in rapporto a quanto ha realizzato. Dev’essere veramente molto brava se è riuscita ad ottenere tutte queste commissioni!»
Dietro al cenno di ringraziamento che fece, il padrone di casa lesse un tacito invito a proseguire la conversazione su temi più stringenti. Dopotutto, aveva chiesto quell’incontro per valutare la situazione.
«Signorina Goldstein, potrei sapere cosa le ha detto esattamente il Ministro per convincerla a venire qui?»
In risposta, lei prese una pergamena dalla cartelletta e la mostrò loro. Kingsley spiegava che la casa aveva bisogno di essere rimessa a nuovo, cancellando l’impronta dei precedenti proprietari e rendendola adatta alla presenza di bambini molto piccoli che, in quel momento, correvano ogni sorta di pericoli.
«Mi rendo conto che stiamo parlando di un edificio storico, in pieno centro Babbano per giunta. Un palazzo sicuramente poco malleabile ed incline alle bizze da quel che mi pare di capire…»
«Non ne ha idea!» esclamò Ginny spazientita.
Giusto la sera prima aveva sbattuto la schiena contro una porta che aveva deciso di chiudersi prima che lei finisse di attraversarla. Al quarto mese inoltrato di gravidanza era tutto fuorché salutare.
«… e quindi le operazioni di ristrutturazione potrebbero risultare alquanto invasive, ma…»
«Scusi, cosa intende per invasive?» la fermò Harry, incuriosito dal termine.
L’Archimaga aggiustò gli occhiali sul viso.
«Vede, signor Potter, talvolta è necessario utilizzare le maniere forti per farsi dar retta da questi vecchi muri. I costruttori del passato erano usi intessere incantesimi di vario genere direttamente entro le pareti. Formule orali, pozioni, addirittura l’impiego di creature magiche debitamente soggiogate. Questi incantesimi erano il risultato di conoscenze empiriche, spesso instabili o soggetti al deperimento. Questi sono piuttosto semplici da eliminare. Se invece si tratta di incantesimi erano ben articolati, accade che col trascorrere del tempo divengano inscindibili dalla materia stessa. Sovente si tratta di incantesimi protettivi o anti-intrusione. A quel punto, voi capite, le misure da attuare devono necessariamente essere drastiche»
Aveva accompagnato la spiegazione con gesti calmi ed eloquenti, che mettevano in risalto la sua profonda conoscenza delle tecniche costruttive.
«Quindi parla di… demolire qualcosa?»
«È possibile»
«Quanto, per l’esattezza?»
«Non glielo posso ancora dire, prima dovrei farmi un’idea della struttura in questione»
L’Auror si augurava che l’Archimaga scoprisse un disastro totale, che alzasse le mani profondendosi in scuse perché impossibilitata ad operare per un qualsiasi motivo, tanto da convincere l’adorata mogliettina che la cosa migliore fosse comprar casa altrove. Giusto il giorno prima aveva visto una bella villa dalle parti di Chilton Trinity, nel Somerset.
L’idea della campagna fuori dalla finestra lo attraeva. Pensava a quando da bambino, chiuso nel ripostiglio, fantasticava di lunghissime gite in bicicletta o passeggiate nei campi col sole sulla faccia. Anche Londra era bellissima, inutile negarlo, ma vederla dalle stanze di quella casa talvolta la rendeva deprimente.
Pensava a quello, mentre insieme alla moglie mostrava il palazzo all’Archimaga. Avevano cominciato dal seminterrato, dov’era la cucina e la “stanza” di Kreacher, per risalire, un piano via l’altro,  fino all’attico, dov’erano le camere da letto di Sirius e Regulus. Nessuno le aveva toccate in quegli anni e dallo spesso strato di polvere che ricopriva ogni cosa era difficile credere il contrario.
I coniugi Potter sbirciavano furtivi la donna, che seguitava a scrivere fitto sul blocco. A Ginny faceva venire in mente Demetra Spices, la segretaria di redazione, sempre intenta a stendere pergamene di appunti per tutti i giornalisti di Quidditch Week. La differenza stava nel fatto che l’impiegata utilizzasse una penna incantata, mentre il tecnico annotava di proprio pugno ogni dato, incantesimo e considerazione.
La udirono mormorare più volte Incanto Motis, Saltarina, Duro, Adesio Major e altre fatture, alcune delle quali mai udite prima. Come riuscisse a scoprirle o riconoscerle, era un mistero: procedeva senza ricorrere alla bacchetta, osservando e tastando pareti, porte, corrimani, pavimenti e quant’altro trovasse interessante.
Le raccontarono ogni necessità, ogni desiderio, ogni suggestione venisse loro in mente, anche la più banale o astrusa. La stessa Goldstein li aveva sollecitati in quel senso. A sua volta, lei aveva posto domande di vario genere, dagli hobby al tipo di frequentazioni, alle preferenze per materiali, stili o temi (in particolare per i bambini). Aveva chiesto persino da quanti elfi domestici era composta la servitù, spiegando che i loro spostamenti seguivano percorsi chiamati “correnti spiraglio”, che potevano indebolire i sortilegi costruttivi. Maggiore era il numero di elfi, più alta era la probabilità di rendere instabile l’edificio.
«Qual è il suo responso?»
«Da quanto ho potuto vedere» disse la Goldstein, riesaminando con attenzione gli appunti, «potrei dire che la situazione è piuttosto promettente»
«Promettente?» chiese perplesso Harry.
Era proprio una delle parole che sperava di non sentirle pronunciare, dannazione.
«Sì. Ammetto che ci sono alcuni elementi che fanno ipotizzare dei problemi, come gli oggetti adesi in modo permanente o la scala, certamente affatturata con un incantesimo errato, ma nel complesso l’edificio pare prestarsi bene ad una ristrutturazione»
Il sorriso radioso di Ginevra assestò il colpo definitivo alle speranze di Harry di trasferirsi in prossimità delle coste del Canale di Bristol. I campi del South West si dissolsero, insieme alla villetta.
«Ha già qualche idea? Perché, le dico subito, l’atrio che ha realizzato dal Ministro è meraviglioso! Credo che starebbe benissimo anche…» esordì la donna, già lanciata in labirinti di stanze piene di sole e colori vivaci.
«No»
La risposta dell’Archimaga fu dura da incassare come un Bolide in pieno stomaco.
«Come?»
«Ho detto no. Mi rifiuto di replicare quello che ho creato per un altro cliente, in un altro contesto. Ogni progetto ha una storia a sé, vive in ragione dei proprietari, delle loro richieste, dell’ambiente circostante, della storia che lo permea. Riproporre quello spazio a casa vostra sarebbe un’indegna mancanza, una banale copia che anche la più scadente Fattucchiera saprebbe fare. No, signora Potter. Nessun pedissequo Gemino» concluse perentoria.
«Ma allora… cosa farà?»
«Datemi una settimana e preparerò un paio di ipotesi. Quando avrete stabilito quale delle mie proposte si adatta maggiormente ai vostri desideri, procederemo»


Eccoci alla seconda tavola di questo progetto.
E, di conseguenza, cominciamo con i primi ringraziamenti. Grazie ad aurora03, ginyullil, niettolina, Shenhazai, tappetta e _Lety_ che hanno inserito questa fic tra le Seguite. Grazie a data81, ginny74 e leloale che invece l'hanno inserita tra le Preferite.
Spero abbiate tutti quanti voglia di farmi conoscere i vostri pareri! Sono molto curiosa.
Per Foolfetta: Mi sono sempre chiesta dove Harry avesse costruito la sua famiglia insieme a Ginny e Grimmauld Place, per quanto tetra e decadente, è stata il dono di Sirius. Sì, nelle mie idee, Hugo e Lily sono gli ultimi nipotini di Molly.
Per Ginyullil: La prendo come un asfida. Chissà se riuscirò a vincere...
Per Circe: Siamo abituati a vedere Harry e Ginny fermi agli anni di Hogwarts, o in mirabolanti avventure al fianco della nuova generazione. A me interessava vederli alle prese con vicende meno eclatanti, al fianco degli amici di tutti i giorni. E, come hai potuto vedere, Ginny può contare sull'aiuto (più o meno affettuoso) di Kreacher per la gestione della casa.
   
 
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