Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Segui la storia  |       
Autore: Kokky    29/05/2010    3 recensioni
Un mondo parallelo e antico, popolato da vampiri che si muovono nell'ombra e umani troppo ciechi sui nemici succhiasangue. L'esercito, i positivi e gli alchimisti sono gli unici che possono proteggere l'umanità da ciò che stanno bramando i vampiri...
Un'umana insicura. Due piccoli gemelli. Un vampiro infiltrato. Una squadra di soldati. Una signora gentile e un professore lunatico. Una bella vampira e il capo. Due Dannati. L'Imperatore e i suoi figli. Una dura vampira. E chi più ne ha più ne metta!
Di carne sul fuoco ce n'è abbastanza :)
Provare per credere!
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Positive Blood' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Innanzitutto, mi scuso per il ritardo mostruoso °o° e poi vi auguro buona lettura. Angst rocks.




94 – Il rapimento (visto dagli altri)


Il soldato si muoveva con circospezione nel buio assoluto della cittadina. Aveva gli occhi sbarrati, pronti a cogliere qualsiasi movimento.
Era una vedetta. Il suo nome non è importante – era uno dei tanti senza volto e senza futuro nel gran novero della Storia; un uomo qualunque, destinato a correre.
Sentiva il terrore trapelare dai muri, come un liquido che aveva impregnato troppo i mattoni di terracotta e che ora gocciolava dalle fenditure della muratura; era nell’aria intorno. Proprio come loro – i mostri – che c’erano, ma non si vedevano; si percepivano sul corpo, a causa dei peli ritti e la pelle d’oca, ma non erano davvero tangibili.
Era una questione di conoscenza e di preveggenza. Il destino degli umani era già segnato profondamente nella terra, era un fosso arido e cosparso di sale in cui nulla sarebbe cresciuto, nemmeno l’erba malefica.
Il soldato si mosse, acquattandosi sulle case silenziose. Avanzava con la spada alzata, pronto a colpire chiunque, pur di salvarsi la pelle. Si nascose dietro l’angolo e sbirciò la via accanto: la luna, scoperta dalle nuvole, illuminava lo scenario.
La vedetta tremò nel vedere un anziano ricoperto del suo stesso sangue – la lacerazione e lo squarcio sul suo petto mettevano ribrezzo, e il militare preferì scostare lo sguardo.
Pensò che gli altri suoi commilitoni, che facevano parte del drappello mandato in avanscoperta dal Generale, erano o al sicuro o impossibili da salvare, e si decise a fuggire via. Corse il più veloce possibile, trattenendosi dal far rumore e cercando una salvezza nell’accampamento a poche miglia da lì.
Avrebbe mandato i rinforzi.

Qualcuno provò a fuggire, ma fu agguantato da una mano d’acciaio che lo stese e gli ruppe le ossa.
Qualcun altro implorò pietà, ma non venne ascoltato – parevano essere mostri sordi e senza cuore.
Nelle case, la gente si rinchiuse il meglio possibile; vi fu chi, impaurito, si infilò dentro l’armadio, nascosto dai morbidi tessuti dei vestiti. Ma tutti furono trovati, fiutati, rintracciati, scovati, ghermiti.
Le zanne bianche e affilate – come potevano chiamarsi denti, se i vampiri erano animali inumani?, quelle erano zanne – assaggiarono le loro carni, sia quelle dolci e flaccide, che quelle incallite e amare.
Gli umani caddero l’uno dopo l’altro; i loro corpi toccarono il suolo, finirono nella polvere, nel sangue rappreso, nella disgrazia notturna.
Non fu risparmiato nessuno e, quando i soldati arrivarono, era ormai troppo tardi.

Daniel perlustrò le strade della cittadina, insieme agli altri soldati, cercando qualcuno ancora in vita. Non era molto speranzoso di poter trovare dei superstiti.
Distolse gli occhi molte volte, quella notte.
Non era un tipo sentimentalista, era pragmatico e risoluto, ma non riuscì a trattenere qualche lacrima. Il suo umore cadde sulle guance sporche di polvere, caldo, vivo, e Daniel si sentì pronto a vomitare se stesso su quel sangue secco lì a terra.
Camminando ancora, arrivò alla piazza centrale, dove tutti gli altri soldati si stavano riunendo per parlare della situazione e decidere il da farsi. Mentre avanzava, notò una piccola scarpa nera e seguì con lo sguardo una scia che avvolgeva il relitto e continuava per un breve tratto. Vide una bimba esangue e rabbrividì.
Il corpicino era supino e, per fortuna, Daniel da quella posizione non poteva vedere gli occhi pieni di dolore della vittima. I suoi vestiti erano strappati e la sua pelle era violacea – il freddo l’aveva presa e insieme ad esso il mostro.
Daniel non riuscì a guardare oltre, si portò le mani agli occhi e pianse nuovamente, svuotandosi di tutte quelle immagini appena viste. Scene di sofferenza e di barbarie gli percorsero la mente, indelebili nella loro crudeltà; si sentiva macchiato di una colpa non sua.
Non era un eroe, anche se precedentemente aveva voluto diventarlo, e avrebbe preferito essere a casa con Muriel, ma quello spettacolo gli diede forza e coraggio. L’indignazione mista all’ira e al proprio orgoglio d’umano lo spinsero nella notte, mentre continuava ad andare come un esule alla ricerca di sopravvissuti.
Così tra le macerie vagavano i soldati, anime spaesate e grigie nelle foschia di sangue e pianto che le avvolgeva.

La mattina dopo non era rimasto nulla, nemmeno la speranza.
Gli occhi dei soldati erano vacui e spenti e non cercavano più barlumi di vita, in quelle mura macchiate di sangue, ma soltanto un riparo in cui nascondere se stessi, in cui buttare tutti i ricordi d’orrore che avevano in seno.
Daniel sedeva su quello che era stato un muretto, aspettando la luce abbagliante del sole. Le nuvole coprivano bigie il cielo rischiarato e nulla sembrava muoversi: non c’era più il vento della sera prima e l’aria ristagnava, puzzolenta, sotto la cappa plumbea.
Non c’era più vita, in quel villaggio, né in loro. Cosa poteva scuoterli da quell’apatia profonda, da quell’ignavia immobile? Quando il sangue e la morte ricoprivano i loro occhi con untuosità maledetta, cosa c’era da fare?
Il corpo non si muoveva, anche se il loro desiderio più grande era quello di allontanarsi da tali disgrazie; il cuore fiacco batteva per inerzia e il respiro regolare inglobava e rilasciava aria soltanto per necessità, ma nessuno riusciva a sollevarsi da lì.
Quel villaggio, quella notte... erano più di una strage, erano una sconfitta crudele, una sacrilega condanna per loro – per gli umani, pensò Daniel.
Lui aveva già perso contro i vampiri alla Villa e adesso si ritrovava addosso il peso di quei morti – rischiava di soccombere sotto di loro; così non avrebbe mai più potuto raggiungere la sua Muriel, la sua casa e una parvenza di pace. Non... come poteva correre via? Come facevano gli altri a non combattere?
Quanta povera gente rischiava di morire, allora; e quei pochi soldati del S.S.E.V., insieme all’esercito, erano gli unici lottatori. Che cecità c’era stata in tutti loro e quanti, nel popolo, avevano gli occhi tappati dalla fame e dalla miseria, o dal bigottismo e dalla convinzione della propria superiorità. E anche loro, soldati, erano stati ciechi: avevano avuto la superbia di controllare tutti i focolai di lotte tra vampiri e umani, senza vedere il grande incendio che si gettava come un’ombra ardente su di loro.
«Daniel», lo chiamò un suo commilitone. Alzò gli occhi, il nordico, aspettando che l’altro parlasse.
Eccola, la vita! In quegli occhi impauriti. Era un giovane soldato, quasi fragile in quel corpo tremante – eppure, la notte prima aveva retto tutto quanto, anche la puzza del sangue che non andava via e che ancora ristagnava.
«Cosa? Cos’altro?», chiese Daniel.
L’altro si coprì la bocca con una mano, a soffocare un singhiozzo sincero; poi gesticolò qualcosa e si sedette accanto a Daniel. Poggiò i gomiti sulle ginocchia e il viso sulle mani, sospirando.
Daniel attese in silenzio.
«È stata rapita! La nostra signora, Eve, è stata rapita», sussurrò con un singulto, nascondendo gli occhi sotto il palmo. Corrugò le sopracciglia e osservò Daniel.
Lui non disse nulla, non c’era bisogno di chiedere chi fosse stato. Deglutì raucamente, immaginando quanto potesse essere forte quel colpo per tutto il popolo di Aiedail, da sempre affezionato suddito di Eve. Il suo nome era leggenda: ogni disgrazia arrecatale diveniva tragedia per chi le era intorno.
Pensò, infine, a cosa poteva essere accaduto a palazzo. Era lì che i suoi commilitoni, Elisabeth e Francis, avevano preso servizio.
Con un brutto presentimento – più forte di prima, più dolente che in passato – Daniel diede una pacca al soldato, cercando di consolarlo e di rincuorare se stesso.


Elisabeth fu svegliata da suo fratello, come non accadeva da tempo.
Gli occhi verdi di lui, suoi gemelli, la guardarono con terrore. Non era normale, forse stava semplicemente sognando... ma quando lui la scosse con le braccia forti, si accorse che doveva davvero svegliarsi e capire cosa stava accadendo.
«Che c’è? Non vedi che sto dormendo? Il mio turno è tra tre ore, lasciami in pace», esclamò, stropicciandosi gli occhi con le mani. Lui, affannato, non riuscì a rispondere.
«Francis?», disse lei e gli prese il viso tra le mani. Guardò bene il volto di suo fratello, che ormai conosceva a memoria, ancora meglio della propria faccia. Sapeva cogliere qualsiasi suo mutamento d’umore, ogni suo gesto, ogni suo riso; avevano vissuto tutta la vita insieme, d’altronde.
Facevano parte della stessa entità.
«Francis, dimmi tutto», borbottò, alzandosi dal letto e iniziando a vestirsi in previsione di qualche calamità.
Francis fece una smorfia e si alzò dal letto sfatto della sorella, si mise una mano sul cuore e parlò. «Sorellina, siamo stati attaccati. Non c’è tempo da perdere, prendi le tue armi, dobbiamo combattere. La signorina Eve è stata rapita e l’Ala Sud è sotto l’assedio dei vampiri.
Non so se l’Imperatore è in salvo, ma suo figlio Richard è voluto intervenire; dobbiamo proteggerlo, dobbiamo sbrigarci».
Elisabeth fece un sorriso duro e strinse gli occhi verdi smeraldo in modo feroce, pronta a lottare.
«Che stiamo aspettando, allora? Andiamo!», esclamò, fiondandosi fuori dalla camera. Francis la seguì.
Non le disse nulla del suo spavento che l’aveva reso muto, pochi istanti prima, e che l’aveva fatto esitare nello svegliarla.
L’aveva vista dormire, pacifica, e aveva avuto la tentazione di lasciarla lì nel letto, salva e felice. Come un vile, avrebbe voluto chiudere la sua porta a chiave, pur di non metterla in pericolo.
Erano soldati, era stato stupido pensare ciò; eppure, per un istante, aveva provato un brivido di terrore, come se qualcosa incombesse su di loro – una falce pronta a spazzarli via, dividendoli per sempre.
*












Sicuramente, questo non è un capitolo molto lungo né molto soddisfacente, ma spero presto di raccontare un po' d'azione +ç+ beh, la fine del capitolo dovrebbe alzare un po' la suspence e le aspettative, vero? :) così nel prossimo potrò sbizzarrirmi! (tremate, nemici dell'erede xD)
Ad ogni modo, voglio ringraziare tutti quanti. I 41 preferiti, i 1 ricordati, i 52 seguiti... e chi ha recensito:
Silvia (non so, ma prima o poi Sofi tornerà, non ti preoccupare +_+ grazie) e Marta (la tua recensione è qualcosa di sublime *__* non sai quanto mi rendi felice, ogni volta! Grazie per capire tutte queste cose e per tutto il tuo amore, non vedo l'ora di abbracciarti).
Ordunque, spero davvero di tornare presto. La scuola sta finendo e l'estate mi dà tempo e ispirazione, perciò credo proprio che almeno in questo periodo PB potrà andare avanti per un bel po'. Ci stiamo avvicinando all'ipotetico confine che delimita la parte finale, non vedo l'ora.
Grazie a tutti quanti.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: Kokky