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Autore: Kokky    01/06/2010    3 recensioni
Un mondo parallelo e antico, popolato da vampiri che si muovono nell'ombra e umani troppo ciechi sui nemici succhiasangue. L'esercito, i positivi e gli alchimisti sono gli unici che possono proteggere l'umanità da ciò che stanno bramando i vampiri...
Un'umana insicura. Due piccoli gemelli. Un vampiro infiltrato. Una squadra di soldati. Una signora gentile e un professore lunatico. Una bella vampira e il capo. Due Dannati. L'Imperatore e i suoi figli. Una dura vampira. E chi più ne ha più ne metta!
Di carne sul fuoco ce n'è abbastanza :)
Provare per credere!
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Positive Blood' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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95 – I will fight for all that is real

Francis ed Elisabeth corsero di fretta verso il palazzo dell’Imperatore, tenendo la mano destra sull’impugnatura della spada.
Le loro divise rosse brillavano nell’oscurità della notte, insieme a molte altre di soldati pronti ad accorrere in aiuto del loro signore.
Le guardie imperiali sembravano tante mosche dal carapace rilucente, attratte dall’odore di sangue che si spandeva nell’aria – non fiutato, non percepibile allora. Dall’alto tetto del palazzo sarebbero parsi come un’onda rossa, con la schiuma umida che lasciava segni sulla gelida sabbia. A spingere a largo il mare vi fu una schiera scura e compatta: vampiri.
L’Ala Sud era in parte crollata, rilasciando una scia di polvere e detriti bianchi; un vociare frammisto di servitori spaventati riempiva i saloni ormai aperti, violati dalla forza di quei mostri. Contrapposto a loro, il silenzio dei vampiri.
Le loro figure leggiadre si muovevano senza peso nel cortile signorile, brandendo come armi le proprie mani tese e spalancando le bocche dai denti aguzzi e affilati.
Francis agguantò la spada con vigore, corrugando il volto in una smorfia d’odio – non c’erano più parole da urlare, allora, né un dialogo da portare avanti; c’era la guerra!, la guerra funesta che si abbatte come una mannaia sui colli della gente.
Elisabeth entrò nel palazzo, correndo per i corridoi illuminati da fioche luci. C’erano altri soldati, lì, che combattevano contro alcuni vampiri, ma nessuno riusciva a trovare l’Imperatore, e la ragazza si sforzò di andare il più veloce possibile per rintracciarlo.
Le stanze si confondevano nella sua mente e alla sua vista tutto appariva uguale e desolato: un divano sfondato, un arazzo distrutto, una tenda in fiamme, un tavolo diviso in due... non c’erano tracce del loro signore.
Intanto, Francis era rimasto fuori, nel cortile, brandendo la spada e rincorrendo i vampiri che stavano assediando il palazzo.
Si gettò senza pietà su un giovane dagli occhi scarlatti e la pelle scura, ma quello si parò tendendo una mano per bloccare la lama affilata.
I due combattenti non si dissero nulla, si squadrarono con disprezzo, cercando un modo per sovrastare l’uno la forza dell’altro. Francis piantò bene a terra i piedi e spinse la spada, sforzandosi di piegarlo.
Con un gesto repentino, alzò la lama, spostandola sulla destra, e afferrò con la mano sinistra il polso dell’altro; lo strinse con durezza, bloccando ogni suo movimento, e affondò orizzontalmente la spada nel suo collo.
Premette con più forza, fino a spezzare le sue ossa e a ucciderlo.
Francis non guardò più gli occhi del vampiro, offuscati dalla morte imminente; ma si voltò per attaccare un altro nemico, sfuggendo a un gruppetto di vampiri che aveva l’intenzione di accerchiarlo.

Elisabeth respirò affannosamente, poggiandosi su un muro ancora stabile. Poco prima, l’Imperatore era stato ritrovato in stato confusionale; ora rimaneva soltanto lo scontro finale contro i vampiri che ancora li attaccavano.
Guardò con occhi distanti altre guardie imperiali fare a pezzi i vampiri – sembravano martiri, quei mostri, anche se era strano da pensare: vittime sacrificali il cui compito era creare scompiglio; pochi di loro riuscivano a scappare dai soldati umani.
In questo modo gli uomini avevano l’illusione di una vittoria. Ma c’era sempre il fantasma di Eve su di loro: Eve era scomparsa e tutto il popolo sarebbe insorto in grida e lamenti, in parole vane e lacrime senza età.
Elisabeth serrò i denti e uscì allo scoperto, alzando la lama acuminata.
Il clangore delle armi che colpivano la dura scorza dei vampiri riempì le sue orecchie, però non ci fece caso; si gettò su un vampiro qualsiasi, socchiudendo gli occhi verdi.
Ogni volta che combatteva pensava alla sua casa, circondata da campi di grano e da luce splendente; alle corse che aveva fatto con suo fratello, alle risa di quegli anni passati. Era quella mancanza e bellezza a spingerla nella lotta, quella voglia di una libertà che non era mai più tornata – solo da bimba aveva conosciuto tutto quello e adesso desiderava riaverlo.
Elisabeth era forte anche per questo e così andava avanti in ogni sua battaglia, ma quella volta si bloccò nel vedere il suo nemico. La spada rimase a mezz’aria, a metà del fendente, e gli occhi di Elisabeth si fermarono nel vederne altri già conosciuti in passato.
Occhi che ora erano rossi come il sangue.
«Sofia?», mormorò.
Le grida in lontananza non smisero di aumentare e i vampiri continuarono a combattere, ma le due si bloccarono come automi, interrotte nel loro lavoro meccanico.
L’una impugnava la spada, l’altra mostrava i pugni chiusi e i denti affilati.
«Sofia?», la chiamò nuovamente. La vampira stavolta non si fermò, tese una mano verso di lei e cercò di colpirla. Elisabeth si difese istintivamente.
«Conosci il mio nome, umana?», sibilò la vampira, facendo un giro su se stessa e tirandole un calcio sulla destra – Elisabeth le sfuggì per un soffio, sfruttando la sua velocità da positiva.
Sofia... Sofi non era più se stessa, non agli occhi di Elisabeth. Dov’era finita la ragazza che pochi mesi prima aveva conosciuto e apprezzato? Dov’era la sua simpatia? E il suo sguardo castano? Il suo sorriso?
Al suo posto c’era una bambola potenziata, un’arma adamantina che riusciva a spezzare le pietre e le ossa umane; un essere che la guardava senza riconoscerla.
«Sì, lo conosco, ma non conosco te», ribatté Beth, proteggendo il suo fianco con la spada.
Adesso aveva paura di fallire di fronte a quello che restava di Sofia. Di morire per l’amicizia che la legava a lei.
Non c’era nulla sotto quella pelle dura?, si ritrovò a pensare.
«Che strano», borbottò Sofia e le agguantò una spalla; poi si sporse con la bocca e cercò di morderla, ma Elisabeth la bloccò all’ultimo istante, con la mano libera dal peso della spada.
La spinse il più lontano possibile, cercando di respirare in modo normale. Incanalare l’aria, pur di sopravvivere – combatterla, pur di esserci anche domani.
Le venne da piangere e non ricacciò le lacrime di rabbia, che le solcarono il viso pieno d’efelidi, anche se così la sua vista fu offuscata. Provò un odio profondo nel vedere Sofia in quel modo e, delusa (non da lei, forse da se stessa), la colpì con la spada e la vide cadere a terra.
La vampira s’inginocchiò e afferrò la lama con uno slancio inumano; si aggrappò all’arma, spezzandone una parte, e ridacchiò leggermente.
«Cos’hai da ridere?», sbottò Elisabeth.
«Non capisco cosa sono quelle cose buffe sulle tue ciglia, lacrime? Per chi?», disse l’altra, lapidaria.
«Per Sofia», esclamò la soldatessa.
La vampira ringhiò e si sporse per morderle il volto. Era a un soffio dal suo naso, quando si bloccò nuovamente. La fissò come se l’avesse riconosciuta, come se riuscisse finalmente a vedere chi era – o chi era stata per lei, forse.
Le diede un pugno in pancia, spingendo Elisabeth su un muro, ma non la ferì in modo grave; poi si buttò a terra e rimase lì, immobile. Cinse le proprie gambe con le braccia pallide e rimirò quella che era stata una sua amica e che ora le appariva come un fantasma incerto.
Elisabeth tossì per il dolore e sussurrò: «Dovresti scappare, prima che arrivi qualcuno. Le voci sono sempre più vicine».
«Insensate», sibilò Sofia, squadrandola dal pavimento.
«Scappa», si ritrovò a dire Elisabeth.
Non era Sofia quella che aveva davanti, davvero, ma non riusciva a immaginare il suo corpo sventrato e squarciato e poi arso su un fuoco alchemico; non voleva immaginarla con gli occhi vitrei e spenti – nella sua mente, rinvenne una figura: una ragazza dal sorriso insicuro affiorava nella sua memoria umana. La giovane aveva un vestito blu da festa e aveva appena compiuto i suoi diciassette anni; quello, in fondo, non era un ricordo così lontano.
Non voleva che morisse, anche se adesso era un mostro e di lei rimanevano pochi brandelli.
La vampira la fissò con insistenza, ma non si mosse.
«Che diamine stai aspettando? Che ti uccida?», borbottò Elisabeth, alzandosi con fatica. Barcollò verso di lei, impugnando la spada rotta.
«Sono io la cacciatrice, umana», ribatté l’altra, ghignando, e si alzò anch’ella. Le si mise davanti, per poter vedere meglio il volto stanco di Elisabeth.
Il sudore e la fatica, mista alle lacrime appena versate, rendevano lucido quel viso chiaro; i suoi occhi erano, come sempre, fieri e intelligenti.
«Scappa», ripeté Elisabeth. «Non avrai una seconda possibilità. Hai visto che tutti gli altri vampiri stanno soccombendo, vero? Va’ via».
Sofia parve scossa da quelle parole, si guardò intorno come se cercasse di sentire una presenza, qualcuno. Sembrava accertarsi che tutto stesse andando per il meglio.
Si voltò di nuovo verso lei e sorrise fievolmente. «La pietà di un’umana... che idiozia».
Elisabeth brandì la spada e la puntò sulla sua gola fredda. «La pietà di un’amica».
Gli occhi scarlatti non fecero una piega, la guardarono con gelida mancanza d’emozione, e la vampira sembrò sul punto di attaccarla di nuovo.
«Ti uccideranno».
«Vi uccideremo».
«Dov’è colui che stai cercando? Raggiungilo e scappa, smettila di farmelo ripetere. Potrei ucciderti se ti rivedessi ancora».
«Non lo farai», sussurrò la vampira e tese una mano fredda verso l’umana. Elisabeth si ritrasse, ma le dita la sfiorarono lo stesso sul capo rosso, con un tocco gentile e soffice che non si aspettava.
«Mi dispiace di averti fatto piangere, Elisabeth. Ricordo ancora il sapore salato delle lacrime», mormorò Sofia e scomparve in una folata di vento inattesa nelle sale del palazzo.
Elisabeth la inseguì per qualche istante, fino a vedere Sofia stringere la mano di Adam e scappare via, poi si accasciò su una sedia incolume dalla strage.
La ragazza era distrutta da quello che aveva appena visto, eppure non riusciva a realizzare realmente quello che era accaduto, non ancora.
Purtroppo, quell’incontro non era l’ultima delle sue disgrazie.

*












Questo capitolo è giunto di getto *-* e sinceramente non ero certa di far apparire Sofia in queste cirstanze di assedio (che si è visto ben poco, ma che descriverò un po' meglio all'inizio del prossimo cap), però ho pensato che sarebbe stato bello far incontrare la nuova vampira con un'amica del passato. Ora sono in due schieramenti opposti, eh, ma l'amicizia e l'affetto non c'entrano nulla, alla fine, con le proprie idee. O almeno, spesso è così, spesso l'uomo è irrazionale.
Comunque ho scritto questo cap in poche ore, tutto oggi; che stanchezza mi ritrovo addosso xD, però la voglia di aggiornare è stata più grande: che figata un aggiornamento lampo! Neanche il tempo di dire PIO e un altro cap è qui. Non sperate che avvenga sempre così xD
E' tutta un'illusione ottica! Anche i ringraziamenti lo sono: a Marta e a Silvia con amore (vi ringrazio per l'appoggio assiduo e continuo, non so come farei senza di voi, care ♥).
Spero di tornare presto (magari non così velocemente, ma comunque entro il mese);
   
 
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