La crudeltà sarebbe deliziosa
se si potesse trovare qualche tipo di crudeltà
che non facesse veramente male.
- George Bernard Shaw
Unità di Analisi Comportamentale. Quantico, Virginia.
Tormentare Spencer Reid era
il suo
hobby preferito.
Lo sapevano tutti e, in effetti, a
parte i deboli tentativi di JJ di difendere il giovane genietto,
anche tutti gli altri membri della squadra si divertivano ascoltando
le sue battute che riuscivano a mettere facilmente in
difficoltà
il ragazzo.
Derek Morgan lasciò che un
sorriso sghembo si allargasse sulle proprie labbra carnose e rivolse
uno sguardo d'intesa a Garcia, che gli strizzò l'occhio con
complicità, mentre faceva girare distrattamente un
cucchiaino
nella tazza di caffè che teneva fra le mani ornate da
vistosi
e variopinti anelli.
“Hai passato un buon week-end, mio
dolce cioccolatino al latte?” domandò gioviale,
rivolgendosi
al bell'uomo di colore.
Lui le rispose con un grosso sorriso
“Ti dirò, bambolina, non è stato
affatto male.”
Poco più in là, Reid fece
roteare gli occhi. Quando i suoi due colleghi partivano con quei
discorsi allusivi e pieni di nomignoli zuccherosi, erano in grado di
andare avanti a parlare per ore. Mosse qualche passo per allontanarsi
dall'area relax con la sua bella tazza di caffè
iper-dolcificata fra le mani, sicuro che i due non avrebbero fatto
troppo caso alla sua assenza.
“E tu, ragazzino, che hai fatto di
bello?”
La voce di Morgan lo inchiodò a
metà strada, con un piede ancora sollevato a mezz'aria.
“Niente di particolare.” assicurò,
voltandosi verso i due e scrollando le spalle esili per dare enfasi
alle proprie parole.
“Davvero?- incalzò Penelope,
un ghigno dipinto sulle labbra colorate di cremisi- Sicuro che non ci
sia niente che tu ci voglia dire?”
Quando Spencer notò i sorrisi
troppo larghi sui volti dei due colleghi indietreggiò quasi
inconsapevolmente: quello aveva tutta l'aria di essere un attacco
incrociato e lui sapeva bene di non essere in grado di spuntarla.
“Che c'è?” riuscì a
domandare con voce leggermente acuita da quella strana sensazione di
ritrovarsi indifeso e disarmato di fronte a due leoni affamati.
Garcia le rivolse uno sguardo saccente
prima di iniziare a parale“La tua ragazza è
adorabile,
genietto.”
“C-cosa?- boccheggiò il
ragazzo, scioccato da quell'affermazione- Quale ragazza?”
Morgan sollevò gli occhi verso
il soffitto e la donna rispose alla domanda, divertita
dall'agitazione che improvvisamente attanagliava il genietto della
squadra.
“La regina delle ossa.- spiegò-
La pulzella dagli occhi blu.”
Reid non potè impedire alla sua
bocca di aprirsi per lo stupore. Beccato,
lo avvisò una vocetta all'interno della sua testa, mentre le
parole di Garcia gli riportarono alla mente le immagini di una
ragazza dai lunghi capelli corvini e due profondi occhi azzurri.
Erano ormai passati
quasi più di tre mesi da quando lui e il resto della squadra
avevano conosciuto Alaska Ross, giovane antropologa forense che li
aveva aiutati a risolvere un caso piuttosto complicato a Baltimora.
Quello che i suoi colleghi non sapevano, o meglio, quello che i suoi
colleghi non avrebbero dovuto sapere, era che lui era rimasto in
contatto con lei, e che si scambiavano mail e lettere
pressoché
quotidianamente.
“Alaska non è la mia ragazza.-
si affrettò a specificare con voce acuta- Siamo solo
amici.”
“Solo amici, uh?- lo punzecchiò
Derek, incrociando le braccia muscolose- E com'è che la vedi
così spesso, allora?”
Reid spalancò gli occhi scuri
“Ci siamo visti solo un paio di volte...”
“Da quando avete chiuso quel caso ho
trovato cinque voli andata e ritorno verso Baltimora prenotati da te,
caro il mio genietto. ” gli rivelò Garcia, con un
sorriso
smagliante sul volto.
“Sai, non credo che sia legale che tu
controlli queste cose su di me.” tergiversò
Spencer, non
prima di aver deglutito rumorosamente in preda all'imbarazzo.
La donna scrollò le spalle “Puoi
denunciarmi, se ti va.”
“E poi...- continuò il giovane
profiler- non devo giustificarmi con voi se faccio qualche viaggio
nei week-end.”
Morgan rise “Nessuno ti giudica perchè
vuoi passare del tempo con la tua ragazza, ragazzino.”
“Non è la mia ragazza!”
sbottò Reid, alzando la voce di un'ottava.
“Parlate di Alaska?” domandò
Rossi, avvicinandosi per agguantare una tazza di caffè.
Penelope e Derek annuirono con aria
saccente “Mmm”
“Mi ha mandato una cartolina.”
rilevò il profiler di origini italiane, ricordando con
piacere
lo scambio di corrispondenza che aveva avviato con quella ragazza
riaffiorata improvvisamente dal suo passato.
“Anche a me. - disse Garcia- E
pensare che nemmeno ci siamo mai conosciute di persona.”
“Com'è che è in
Guatemala?” domandò quindi Morgan che, come ogni
altro
membro del team, aveva ricevuto una cartolina dall'antropologa.
“Deve affiancare il docente che
conduce uno scavo al posto del dottor Stein.”
spiegò David,
ricordandosi le parole scritte in stampatello e inclinate per la
troppa fretta che aveva letto su una delle lettere che aveva
ricevuto.
Derek annuì “Giusto, me l'ero
scordato. Ormai è laggiù da parecchio,
però,
saranno...”
“Ventun giorni domani.” buttò
fuori velocemente Reid.
Tre paia d'occhi si puntarono su di
lui, facendolo immancabilmente arrossire.
“Per non essere la tua ragazza, sei
piuttosto interessato a quello che fa.” trillò
Penelope con
il tono di chi la sa lunga.
In quel momento JJ fece capolino
nell'area relax, pronta a richiamare al dovere i profiler. Quando
vide il volto paonazzo di Spencer e i sorrisi divertiti degli altri
immaginò immediatamente che tipo di conversazione potessero
aver avuto i suoi colleghi.
“D'accordo, fine primo round.-
dichiarò la bionda, prima di sventolare una cartelletta
gialla- Abbiamo un nuovo caso.”
“Questo
è Bill Port.- annunciò
l'agente Jereau, sventolando il telecomando dello schermo di
presentazione verso la foto di un uomo di circa trent'anni- trovato
in un parcheggio coperto a Georgetown ieri pomeriggio.”
Premette un pulsante e il proiettore
passò alla foto di un altro uomo, dai tratti tipicamente
latini “Manuel Gomez, rinvenuto circa due settimane fa
pestato a
morte a Logan Circle.- continuò a parlare- Ieri sera il capo
della polizia di Washington ha richiesto il nostro
intervento.”
“Non ha dato importanza al primo
omicidio?” azzardò Hotch, pensando a quanto fosse
toccata
dalla criminalità la seconda zona citata dalla collega.
JJ fece ondeggiare la testa “Questo
sommato al fatto che un medico legale di Prince George's County, nel
Maryland, ha letto il bollettino e ha segnalato di avere dovuto
esaminare un caso simile giusto un mese fa.”
L'immagine sul proiettore cambiò
ancora, mostrando tre di quelli che sembravano a tutti gli effetti
dei mucchi di sangue rappresso.
“Perchè non ci sono foto del
corpo?” domandò Derek, sfogliando il fascicolo del
caso.
“Quello è il corpo.” lo
informò Rossi. Aveva visto molte cose, e tutte terribili,
durante la sua carriera, ma quello che si ritrovavano davanti in quel
momento non sembravano affatto i resti di una persona, ma dei
semplici mucchietti di carne tritata.
“Accidenti!- esclamò l'uomo di
colore, aggrottando le sopracciglia-Come diavolo...”
“Non lo sappiamo ancora.- continuò
JJ- Quello che rimane della seconda e terza vittima è stato
spedito ai nostri laboratori solo stamattina, mentre la prima
è
stata già seppellita.”
Reid storse le labbra perplesso “Quindi
avrebbero già archiviato il caso?”
“Già, come incidente
automobilistico.” confermò la bionda, voltandosi
verso di
lui.
“Sarebbe dovuto essere stato
risucchiato da una betoniera per finire in questo stato.”
commentò
Emily, fissando lo sguardo sulla foto della scena del crimine.
“Le zone dove sono avvenuti i primi
omicidi sono aree con un alto tasso di criminalità.-
riflettè
ad alta voce Morgan- Non si può dire lo stesso di
Georgetown.”
“Probabilmente sta cambiando raggio
d'azione, sta prendendo confidenza.” ipotizzò
Emily con
sguardo concentrato.
“Abbiamo già qualcuno che è
stato incaricato di occuparsi del caso?- domandò Rossi-
Voglio
dire: un medico legale capace di rimettere insieme i pezzi e dirci
come sono state uccise le vittime?”
“Il nostro antropologo forense ha la
mononucleosi ed è in quarantena e gli altri di cui dispone
l'FBI sono già oberati di lavoro senza dover occuparsi di
questo caso.- disse Hotch, che aveva già esaminato la
cartella
del caso la sera precedente quando, come al solito, era rimasto in
ufficio oltre l'orario di lavoro- Ho pensato che una consulenza
esterna fosse l'ideale.”
“Una consulenza esterna?” ripetè
Spencer, alzando la testa. Un campanello di allarme gli risuonava da
qualche parte a metà fra lo stomaco e il cuore, ma non
sapeva
dargli significato in quel momento.
“E chi pensavi di chiamare?”
domandò Prentiss, alzandosi all'unisono con tutti gli altri.
“Ho già contattato
qualcuno.-continuò il capo dell'Unità
Comportamentale-
È laggiù ad aspettare nell'open space.”
Annuirono distrattamente prima che
l'uomo ricominciasse a snocciolare direttive “Io e Rossi
andremo
dal capo della polizia, Morgan e Prentiss a parlare con le famiglie
delle vittime e Reid si occuperà della vittimologia. JJ,
voglio che prepari un comunicato stampa.”
Avevano già
conosciuto tutti il
dottor Davon Stein, antropologo forense di fama internazionale, ma in
quel nuovo incontro c'era qualcosa di sostanzialmente diverso.
L'uomo, i cui capelli canuti e le
numerose e profonde rughe del volto rivelavano l'età non
più
giovane, se ne stava in piedi, sorretto da un'unica stampella che
l'aiutava a muoversi nonostante la displasia congenita all'anca che
lo faceva zoppicare vistosamente, ad attendere con impazienza che
qualcuno lo ragguagliasse sul suo compito di consulenza per l'FBI.
Indossava una camicia azzurra a maniche corte e un cravattino a
farfalla gli stringeva il collo rinsecchito; se non avesse avuto sul
viso quell'aria arcigna e quello sguardo severo, sarebbe potuto
benissimo passare come un qualsiasi bonario vecchietto felice di
godersi gli anni della pensione.
L'agente Hotchner aveva ricevuto un
appunto su un seminario che il dottor Stein avrebbe tenuto a
Washington riguardo a delle nuove analisi forensi su resti
già
decomposti e potenzialmente non identificabili così, quando
JJ
le aveva fatto vedere la cartella di quel nuovo caso, il suo pensiero
era subito andato all'antropologo.
“Dottor Stein.” lo salutò,
allungando una mano per stringere quella dell'uomo.
“Spero che abbiate un buon motivo per
trattenermi qui.- disse l'altro, saltando i convenevoli e ignorando
la mano tesa- Quando mi avete chiamato stavo per l'appunto per
tornarmene a Baltimora.”
“Lo so. Ma abbiamo fra le mani un
caso piuttosto complicato.- spiegò, ignorando le cattive
maniere del professore- Tre uomini sono stati uccisi con estrema
violenza e probabilmente ci sarà la necessità del
parere di un esperto per identificare il tipo di fratture subite e
con quale oggetto sono state fatte.”
JJ gli porse la cartella del caso, ma
Stein alzò la mano con la quale non teneva la stampella per
rifiutare “Non mi interessano le vostre informazioni
superficiali.-
chiarificò - Mi ha detto che i corpi sono già nei
vostri laboratori, ho mandato la mia assistente a prendere le
cartelle di modo da poterle visionare.”
“Avrà a disposizione tutti gli
strumenti forniti dai laboratori federali di Quantico.”lo
informò
la bionda con tono professionale e trattenendo a stento una smorfia.
Era difficile apprezzare la compagnia del misantropo dottor Stein ma,
mentre gli altri se l'erano cavata con un veloce cenno di saluto, lei
e Hotch erano costretti a fare gli onori di casa.
“Dovrà solo rendere conto
delle sue analisi alla responsabile del caso, la dottoressa
Tanaka.”
continuò Aaron.
Il vecchio si lasciò sfuggire un
verso gutturale di disappunto. Non avevano capito se a causare quella
reazione fosse stato il fatto che doveva rendere conto a qualcuno
delle proprie azioni o perchè potesse effettivamente
conoscere
il capo dei loro laboratori.
Dietro di loro un trillo acuto avvisò
che l'ascensore era appena arrivato al piano. Stein si voltò
leggermente, giusto quanto bastava per riconoscere la ragazza che
stava per raggiungerli.
Poco più in là Spencer
Reid allungò il collo dalla propria scrivania verso le porte
ancora spalancate dell'ascensore e rimase inaspettatamente abbagliato
da un sorriso che gli stava diventando pericolosamente familiare.
Percorse il tratto
dall'ascensore
all'open space in una corsa goffa, trascinandosi dietro un trolley
arancione e che di certo aveva visto tempi migliori e cercando di non
farsi scivolare giù dalla spalla esile la tracolla di un
borsone stracolmo. Alaska Ross indossava una camicia indiana bianca,
che metteva in risalto la sua carnagione insolitamente abbronzata e
gli occhi chiari, e dei jeans leggermente consumati: sembrava una
ragazza pronta per il viaggio premio alla fine del college.
“Davon, quel laboratorio è un
paradiso per scienziati!” trillò, non appena
raggiunse JJ;
Hotch e il suo capo, che fece roteare gli occhi vistosamente, con
un'espressione scocciata dipinta sul volto.
“Ti stai forse lamentando del nostro
laboratorio, Quarantanove?”
“Dico che se avessimo più
fondi sarebbe meglio attrezzato.-specificò la giovane-
Vorrei
tanto un microscopio comparativo tutto mio e non da condividere con
il reparto tracce!”
“Ha portato la dottoressa Ross?” chiese Hotch,
sottolineando l'evidenza, sorpreso di incontrarla di
nuovo.
Lei rivolse finalmente la sua
attenzione anche a lui e JJ e fece sventolare una mano in segno di
saluto.
“Mi hai detto che potevo portare uno
dei miei assistenti.- borbottò Stein con voce monocorde- Lei
è
la migliore, soprattutto se tace un pò.”
Quando Reid aveva riconosciuto Alaska
una strana forza l'aveva costretto ad alzarsi e raggiungere i suoi
colleghi di fianco all'antropologo. Sembrava un fantasma o,
perlomeno, uno che un fantasma lo aveva appena visto e ciò
gli
impedì di parlare, almeno fino a quel momento.
“Credevo...credevo fossi in Guatemala
a...a tenere un corso sul riconoscimento dei cadaveri non
identificati al posto di Stein...”intervenne quindi Spencer,
senza
riuscire a non balbettare.
“Non sono in Guatemala.- sottolineò
l'ovvio lei, sorridendo- In effetti è stato un rientro
piuttosto improvviso...”
“Le è scaduto il passaporto.”
rilevò Davon, con un sospiro rassegnato. Era abituato alla
sbadataggine della propria assistente, ma costantemente rimaneva
stupito da quanto lei fosse in grado di rimuovere dalla propria mente
le cose più necessarie.
“Non è vero!-protestò
Alaska mettendo il broncio per un istante- Mi è scaduto il
visto, giusto in tempo per evitare la stagione delle
piogge...”
JJ la guardò con aria
compassionevole “E sei venuta direttamente qui
dall'aeroporto?”
“Davon ha detto che era urgente,
quindi ho fatto scalo a New York e invece di tornarmene a Baltimora
sono volata qui.” l'avevo detto come se fosse stata
un'equazione
logica, ma in effetti era la sola a crederlo. Per di più,
non
erano in molti quelli che potevano affermare di essere così
disponibili ad assecondare i capricci di Stein.
“Che stiamo aspettando, quindi?”
cinguettò di nuovo, con impazienza. Aveva fatto scivolare al
proprio fianco i bagagli e si era messa a tamburellare con impazienza
le dita sulle cartelle che teneva fra le mani.
“La dottoressa Tanaka.- la informò
Hotch- È la responsabile del caso e coordinatrice dei
laboratori forensi: vorrei presentarvela prima di lasciarvi al vostro
lavoro.”
“La dottoressa Tanaka?” ripetè
Ross, spalancando la bocca.
Il capo dell'unità di analisi
comportamentale annuì, mentre JJ e Reid aggrottavano le
sopracciglia confusi da quella reazione.
“Amy Tanaka?!” esclamò di
nuovo la giovane antropologa, le guance arrossate dall'emozione.
“Quarantanove ti prego, contegno.”
la richiamò all'ordine Stein, con tono secco.
Alaska si tappò immediatamente
la bocca con entrambe le mani, ma dai suoi occhi continuava a
trapelare l'evidente eccitazione per quella notizia.
“Quarantanove apprezza molto il
lavoro della dottoressa.” si decise a spiegare Davon,
stringendosi
nelle spalle. Personalmente non si capacitava di quell'interesse.
“Apprezzo?- ribattè Ross,
prima di iniziare a spiegare le proprie ragioni tanto velocemente da
rendere difficile seguire il discorso- Lei è decisamente la
migliore patologa forense dello Stato!Inoltre ha portato delle
innovazioni straordinarie nelle tecniche di laboratorio, senza
contare che le sue pubblicazioni sono sulle migliori riviste
scientifiche del mondo!La dottoressa Tanaka è
semplicemente...cavolo, sto andando in iperventilazione.”
JJ si mise una mano davanti alla bocca
per coprire la risatina che le era salita alle labbra, mentre Reid e
Hotch volsero lo sguardo verso una donna in camice bianco che si era
presentata alle spalle dei due antropologi.
La dottoressa Tanaka aveva un aspetto
severo, con gelidi occhi scuri e la bocca contratta in una linea
dura. I lunghi capelli, pura seta nera, erano raccolti sulla nuca in
una crocchia.
“Dottor Stein.” salutò
freddamente l'orientale.
“Dottoressa Tanaka.- le fece eco
l'antropologo con voce piatta- Non mi sarei mai aspettato di lavorare
ancora con lei. Questa è la dottoressa Ross, mi
assisterà
durante questo caso.”
“Quella ragazzina nel mio
laboratorio?- domandò, squadrando Alaska da capo a piedi-Non
direi proprio.”
Reid storse la bocca infastidito da
quell'ingiustificato disprezzo e Hotch stava per aprire bocca per
informare la dottoressa che avrebbero dovuto collaborare volenti o
nolenti, ma la voce di Stein lo precedette.
“Quarantanove perchè non
risolvi un po' delle scartoffie lasciate indietro dal tizio con la
mononucleosi?”
Alaska annuì, con il suo solito
sorriso imperturbabile sul volto.
“Che stai facendo?” domandò
la Tanaka, guardando con sospetto la giovane che sfogliava con foga
dei fogli che era sicura fossero stati presi dal suo laboratorio.
“Consulenza sui casi lasciati aperti
dal vostro antropologo, come mi ha chiesto Davon.- spiegò
semplicemente Ross, prima di iniziare a esaminare i casi che le
passavano fra le mani-Queste ceneri umane sono incomplete, il loro
volume e peso sono troppo inferiori alla media per essere associati
all'aspetto dei resti di un intero corpo umano. Questo
teschio?Abbastanza antico da dire che si può trattare di
resti
riportati alla luce da una sepoltura illegale, in ogni caso si tratta
di una donna afroamericana, di mezza età. Il pezzo di
avambraccio probabilmente è di un uomo, alto circa un metro
e
settantacinque. È stato trovato in mare?Perchè
questo
spiegherebbe il taglio della frattura che corrisponde con l'elica di
un'imbarcazione di qualche tipo. E le ossa di quelle mani non sono
classificabili come resti umani, appartengono a degli orsi, quindi
immagino che il caso non sia di vostra competenza.”
Sui volti di JJ e Reid si aprirono dei
sorrisi soddisfatti. Avevano avuto modo di conoscere la preparazione
professionale di quella ragazza, ma erano contenti che potesse
dimostrarlo anche in quel momento, cambiando l'impressione negativa
che si era creata la Tanaka.
“D'accordo, Davon.- tagliò
corto la giapponese, soprassedendo sull'aria strafottente del
collega- La tua assistente Dakota è dei nostri, ma non
intendo
farle da babysitter.”
“In realtà è Alaska.”
intervenne l'interpellata, divertita da quello sbaglio.
“Come?” sibilò la patologa,
stringendo gli occhi.
“Il mio nome è Alaska.-
ribadì- Ma se vuole possiamo fare che quando chiama uno
Stato
confederato risponderò io. Potrebbe non chiamarmi Washington
o
Colorado, però?Mi sembrano nomi maschili...”
“Allora- domandò il dottor
Stein, interrompendo uno degli usuali ed improbabili discorsi della
sua assistente- che cosa c'è di così complicato
da
richiedere il mio intervento?”
Alaska strinse le labbra e gli passò
la cartelletta riassuntiva che aveva recuperato dal laboratorio.
“Dov'è il corpo?” domandò
quindi, mentre si sporgeva oltre la spalla di Davon per osservare la
foto della scena del crimine.
“E' sulla foto.” fu la risposta
lapidaria della dottoressa Tanaka.
“Quello
è un cadavere?” buttò fuori con tono
incredulo. Era
difficile associare a delle figure anatomiche quell'ammasso di carne
e sangue.
“Così pare.” interloquì
il suo mentore, mentre avvicinava la foto al volto per osservarla
meglio con i suoi occhi compromessi dalla vecchiaia.
Sul volto della giovane comparve
un'espressione rammaricata “Oh.”
“Ci sarà da lavorarci
parecchio.” dichiarò quindi l'antropologo.
“Torno in laboratorio per procedere
con la rimozione dei tessuti?” si propose immediatamente la
ragazza, riprendendo la propria vivacità immediatamente.
“No.” la contraddisse la dottoressa
Tanaka.
“No?” ripeterono in coro Alaska e
Reid, cosa che causò al ragazzo un diffuso rossore al volto,
soprattutto quando la ragazza gli rivolse un sorriso divertito,
accompagnato da una strizzata d'occhio, per l'accaduto.
“No?!-sbottò Stein-Perchè
dai ordini alla mia assistente?”
L'orientale fece roteare gli occhi
spazientita prima di rispondere “Devo prima continuare con le
mie
analisi. Al momento le uniche cose che potete fare sono quelle che
non vi faranno toccare nulla che mi possa essere utile.”
“Quindi dovremmo analizzare quelle
ossa stando lontani dalle ossa?” riepilogò il
vecchio
antropologo, alzando scetticamente un sopracciglio.
“Vedo che hai mantenuto il tuo dono
della sintesi.” sibilò la donna, rivolgendogli uno
sguardo
di sfida.
Hotch strinse gli occhi mentre li
osservava. Era palpabile la tensione che scorreva fra i due luminari,
e non occorreva certo essere un profiler per capirlo. Sperò
vivamente che tutto ciò non compromettesse sul lavoro che
dovevano svolgere per venire a capo di quel caso.
“D'accordo.- capitolò Stein-
Io vado in laboratorio e vedo quali mezzi abbiamo a disposizione,
mentre tu, Quarantanove, fatti portare sulla scena del
crimine.”
“Lavoro sul campo!- trillò,
facendo un saltello sul posto- Vado a prendere un kit in
laboratorio.”
Primo capitolo ufficiale!Olè!Come mi è stato fatto notare, non ho specificato niente riguardo la storia durante il prologo. Ebbene sì: questo è il seguito di Invisible Women anche se non ritengo sia necessario conoscere l'altra storia per capire questa: i personaggi già conosciuti sono stati reintrodotti e quelli nuovi sono nuovi per tutti, in più, se ci sarà qualche riferimento alla storia precedente verrà ben spiegato. In ogni modo, se volete leggere anche l'altra fatelo pure, eh!Beware my friends, Alaska is back! ;) Fatemi sapere che pensate di questo cap, besitos e alla prossima!JoJo
takara : Ma ciao, my dear!Visto che velocità di pubblicazione?Non te lo aspettavi, vero?Soprattutto dopo i miei soliti tempi da lumaca al rallentatore!Che ne pensi dunque del primo capitolo ufficiale, o mia assidua lettrice?Kisses JoJo
MissMiluna : Wow!Davvero grazie mille per il tuo commento, sono contenta che ti sia piaciuto lo stile del prologo. Come vedi, il primo capitolo è di tutt'altra pasta, ma spero che ti sia piaciuto lo stesso. Alla prossima, besos JoJo
aliena : Lo confesso: mi ero completamente dimenticata di dire che questa è la continuazione della storia di Alaska. Sorry, ma soffro di disturbi alla memoria a breve termine...uhm, anche quella a lungo termine ora che ci penso!eheheh!Comunque sì:Alaska è tornata! :) Sono contenta che le citazioni che scelgo siano di tuo gusto!Al prossimo capitolo, un bacio JoJo