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Autore: Lhea    11/06/2010    6 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
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Capitolo XIII

Capitolo XIII

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Los Angeles – Otto anni prima

 

William butta giù d’un sorso il drink che la ragazza bionda seduta a sinistra di fianco a lui le ha appena porto, e sorride sentendo sotto le dita la pelle dell’altra ragazza, quella seduta alla sua destra. Gli solletica una spalla sorridendogli da sotto il volto truccato e incorniciato dai boccoli castani, l’espressione sensuale a dirgli che se vuole può osare di più. La bionda lo distrae mettendogli una mano sul collo.

 

Nel Gold Bunny, locale che ormai è diventato la sua base durante le serate fuori casa, l’atmosfera è la solita del sabato: gente ovunque, musica sparata ad alto volume, alcool che scorre a fiumi, e piloti da tutte le parti, pronti a risolvere qualche discussione a suon di gare in auto. Più un innumerevole numero di ragazze, la maggior parte delle quali sono venute per vedere lui.

 

Non ha immaginato che in meno di un anno riuscisse a guadagnare tanta fama da diventare il più famoso pilota di Los Angeles e dintorni, ma ora che si trova a festeggiare la sua ennesima vittoria, si rende conto che in fondo da uno come lui non ci si sarebbe aspettato di meno. Ormai non c’è più nessuno che osa chiamarlo “novellino”, perché chi ha un po’ di cervello ci pensa due volte a sfidarlo.

 

<< Will, vuoi qualcos’altro da bere >> domanda la bionda di fianco a lui, tutta zucchero, solleticandogli le labbra con le dita.

 

<< Fammi fare un Bacardi >> risponde William, sfiorando la sua bocca e poi spingendola verso il bancone. Il suo sguardo indugia sul fondoschiena della ragazza, fasciato dalla minigonna, prima di essere distratto dalla bruna, che inizia a baciarlo con passione, approfittando dell’assenza dell’altra.

 

Anche quello, avere donne a palate, è uno degli ulteriori vantaggi che ha ottenuto diventando il miglior pilota clandestino in circolazione: non che prima non ne avesse, ma adesso ogni settimana passano per il suo letto così tante ragazze che della maggior parte non ricorda nemmeno il nome.

 

<< William, c’è tuo padre, fuori >> dice all’improvviso qualcuno, abbastanza vicino da riuscire a sovrastare la musica.

 

Lo Scorpione si scosta dalla ragazza bruna e vede Hanck, il tipo che ha conosciuto da poco e che gli fa da “assistente”, gli fa cenno di uscire.

 

<< Cosa vuole? >> domanda William, liberandosi malamente della bruna e alzandosi in piedi. Suo padre di solito non viene mai lì, e non gli va di essere disturbato mentre festeggia.

 

Hanck si stringe nelle spalle, senza rispondere.

 

A passo rapido William esce dal locale, nella notte calda e stellata di Los Angeles, e vede la limousine con cui di solito viaggia suo padre parcheggiata a pochi metri di distanza, i fari accesi a illuminare le numerose macchine ferme nei dintorni. Si avvicina ed entra dentro, nella parte posteriore, ritrovandosi in quello che è un vero e proprio salotto viaggiante, con tanto di televisore e frigobar.

 

George Challagher, suo padre, è seduto sul sedile di pelle nera con l’aria soddisfatta, la cravatta slacciata e la camicia stropicciata, ma l’aria particolarmente sveglia. Uomo di bell’aspetto, guarda il figlio salire in auto con l’espressione di chi ha una buona notizia da dare.

 

<< Che fai da queste parti? >> chiede William, sapendo bene che di solito il sabato sera suo padre va a spassarsela in qualche club con qualche donna molto più giovane di lui. La stessa identica cosa che fa sua madre, in effetti. Nessuno dei due ha mai conosciuto la parola “fedeltà”, e non se ne rammaricano. Cosa che William condivide.

 

<< Volevo parlare un attimo con te >> rispose suo padre, riallacciandosi la cravatta, << Ho concluso quell’affare di cui ti parlavo, quello dei casinò di Las Vegas >>. A giudicare dall’aria, non aveva comunque rinunciato all’incontro con le sue “amichette”.

 

<< Alla fine hai preso anche il Royal? >> domanda William, ricordando che ha in trattativa l’acquisto di uno dei più grossi casinò della città.

 

<< Meglio >> dice George, soddisfatto, << Ora siamo proprietari del Royal, ma anche del Poker d’Assi e del Blu Beach >>.

 

William sorride: suo padre è sempre stato in gamba, quando si tratta di affari. << Come lo hai convinto? >> chiede, riferendosi a Jefferson, ora ex proprietario dei casinò.

 

<< Aveva troppi debiti, e soprattutto non voleva che si venisse a sapere che aveva fatto le corna a sua moglie… >> risponde divertito George, sventolando una videocassetta che ha in mano, << Come se sua moglie non gliele facesse… >>.

 

Ridono entrambi, brindando alle loro nuove proprietà acquistate a prezzo irrisorio e che gli avrebbero fruttato molti, moltissimi soldi.

 

<< Sei venuto solo per questo? >> domanda lo Scorpione, posando il bicchiere di champagne sul tavolino della limousine.

 

<< No. Ora che siamo proprietari della maggior parte dei casinò di Las Vegas, ho intenzione di trasferirmi là >> dice George, versandosi dell’altro champagne, << Quindi io e tua madre ce ne andiamo lì, in modo da poter controllare meglio gli affari e vedere se possiamo incrementare ancora di più i nostri guadagni. Tu cosa vuoi fare? >>.

 

William non si stupisce di quella scelta: era nell’aria da tempo. Ne hanno già parlato quando si sono messi in testa di comprare il Royal.

 

<< Non me ne voglio andare da Los Angeles ora che ho una certa fama >> risponde, serio, << E comunque, non possiamo lasciare la zona… Se ce ne andiamo, il giro delle corse potrebbe ridursi, e non è mia intenzione perdere la possibilità di gareggiare quando mi pare >>. In fondo, a lui non interessa particolarmente occuparsi di casinò e denaro sporco: preferisce le auto, lo sanno tutti.

 

George sorride. << Allora il controllo della città passa a te >> dice, << Come avevamo già pensato… Qual’era il piano che avevi in mente, per mantenere il controllo della città? >>.

 

William guarda suo padre, senza provare nei suoi confronti chissà quale gratitudine: sa che il potere sarebbe passato anche a lui, un giorno, ed è da tempo che pensa come aumentare la sua fama, la sua influenza e soprattutto come superare suo padre in fatto di soldi. Non vuole dipendere da nessuno, nemmeno da lui.

 

L’idea che ha in mente è qualcosa di eccezionale, qualcosa a cui mai nessuno ha pensato né lì né da nessun’altra parte; qualcosa che gli permetterà di avere il controllo di tutte le gare, dei piloti e tutto ciò che gira intorno a loro; qualcosa che gli permetterà di diventare più influente persino di suo padre, e di controllare tutte le corse clandestine, non solo quelle di Los Angeles.

 

La polizia ha una lista dei piloti più ricercati, una lista che contiene le loro taglie e le loro caratteristiche… Una lista che li mette in ordine di forza e pericolosità solo virtualmente, perché alcuni di loro nemmeno si conoscono, nemmeno si sono mai sfidati… Ma lui quella lista la vuole vedere diventare realtà, vuole che quei piloti vengano riuniti sotto lo stesso nome e sotto una sola persona.

 

Lui. Quello che doveva diventare il numero uno della sua stessa creazione, lui che era il migliore pilota in circolazione e che doveva comandare la città.

 

<< La Black List >> dice, fissando suo padre negli occhi, << Voglio creare la Black List >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 16.00 - Autostrada

 

<< Lo sapevo, cazzo. Qualcosa doveva per forza andare storto… >>.

 

Le orecchie di William captarono una voce distante, ma chiaramente quella di un uomo. Era sdraiato, gli occhi ancora chiusi, sentendosi dondolare su e giù come fosse su una giostra… Aveva i sensi troppo intorpiditi per capire dove si trovava, e la testa troppo pesante per volersi alzare…

 

<< Che facciamo? >>. Questa volta era una ragazza.

 

William aprì gli occhi, e si rese conto di essere dentro una specie di furgone bianco, pieno di mobiletti e di strani strumenti… Sentiva suonare una sirena… Era un’ambulanza. Si mise a sedere, un forte mal di testa che lo attanagliava, e si guardò intorno, cercando di capire come fosse arrivato lì.

 

Un attimo, e il veicolo scartò di lato, sballottando tutto di qua e di là. Si tenne stretto alla barella, e imprecò, improvvisamente più sveglio.

 

<< Che cazzo succede… >>.

 

Vide Daniel sdraiato di fianco a lui, come addormentato. Gli diede uno strattone, poi sentì di nuovo la voce della ragazza.

 

<< Si è svegliato >>.

 

William si voltò di scatto. Alla guida dell’ambulanza c’era un uomo che tutto gli sarebbe sembrato tranne un esperto in evasioni. Incontrandolo in un’altra situazione lo avrebbe scambiato per un normalissimo impiegato statale con gli occhi ingranditi dalle lenti degli occhiali vecchio tipo, la cravatta ben legata e ormai pochi capelli sulla testa… Di fianco a lui, Marissa, vestita da infermiera.

 

<< Che cazzo mi avete dato? >> ringhiò lo Scorpione, << Mi sembra di aver beccato una martellata sulla testa… >>.

 

<< Poche storie, Challagher >> disse Marissa, << La polizia ci segue… >>.

 

William si mise in piedi, accorgendosi solo in quel momento che a pochi metri da loro correva una volante della polizia a sirene spiegate, e due sbirri intimavano l’alt. Vedeva i poliziotti dal piccolo vetro nella fiancata dell’ambulanza.

 

Qualcosa gli diede una scossa, come se finalmente si fosse accorto di essere vivo, e fissò le pareti del veicolo, le mani strette sulla barella…

 

Ora che era fuori, non sarebbe di certo bastata una semplice pattuglia a rimetterlo dietro le sbarre… Non era disposto a perdere di nuovo la libertà ora che l’aveva riguadagnata…

 

<< Avete una pistola? >> domandò, alzandosi.

 

Marissa gli passò l’arma, e lui la afferrò malamente. << Tutto questo influirà sulla vostra paga… >> aggiunse.

 

Raggiunse il fondo dell’ambulanza, mentre Daniel iniziava a svegliarsi. Guardò dal piccolo vetro la volante dietro di loro, le luci bianche, blu e rosse che si illuminavano a intermittenza.

 

“Sono fuori! Sono fuori!”.

 

La consapevolezza gli si riversò addosso come un torrente in piena, facendogli solo sentire quella sensazione di appagamento che non avvertiva più da tempo… Persino la testa smise di fargli male, rendendosi conto di tutto quello che la sua rinnovata libertà gli avrebbe riportato…

 

Non c’era rischio abbastanza grande, azione abbastanza folle da impedirgli di perdere quello che aveva appena riottenuto…

 

Tolse la sicura dalla pistola e gettò un’occhiata a Daniel.

 

<< Che vuoi fare? >> chiese lui, che ancora non aveva capito dove si trovava. Fu costretto ad aggrapparsi a quello che doveva essere un defibrillatore per evitare di cadere, quando il veicolo scartò di lato all’improvviso, tra il frastuono dei clacson.

 

<< Tenermi stretta la mia nuova libertà >> rispose lo Scorpione.

 

Poi spalancò la porta posteriore dell’ambulanza, l’asfalto che scorreva velocissimo sotto di loro, l’auto della polizia con le sirene spiegate che li seguiva a rotta di collo. Vide l’espressione stupita dei poliziotti e ghignò, afferrandosi a una maniglia di ferro del veicolo, prendendo la mira con la pistola…

 

<< Che cazzo fai, Challager?! >> gridò qualcuno da dietro.

 

<< Torno a essere lo Scorpione… >> sussurrò, la lingua tra i denti.

 

La volante scartò di lato, ma non abbastanza veloce da sfuggire al proiettile che si conficcò nel cofano, lasciando un buco circolare nella carrozzeria. Le auto civili dietro di loro inchiodarono, facendo stridere le gomme sull’asfalto…

 

<< Challagher, torna dentro! >> gridò Marissa.

 

“Non mi faccio prendere, fosse l’ultima cosa che faccio… Dovranno mobilitare tutta l’F.B.I. per farmi tornare dietro le sbarre…”.

 

Si tenne saldo alla porta, e si sporse fuori, la pistola alzata e lo sguardo puntato sulla volante. Sentiva il vento sferzargli il viso, il guard-rail che scorreva veloce alla sua destra, ma non aveva paura di cadere e sfracellarsi sull’asfalto… Non poteva avere paura di niente, in quel momento, nemmeno di farsi ammazzare.

 

Uno degli sbirri tirò fuori un’arma, con tutta l’intenzione di rispondere al fuoco. Spalancò il finestrino della volante, il compagno che parlava alla ricetrasmittente…

 

Un attimo, e William aveva premuto il grilletto, colpendo in pieno il poliziotto dal lato del passeggero. L’auto sbandò di lato, misero tentativo di schivare il colpo, e l’arma cadde lungo l’autostrada, finendo sotto le ruote di un’utilitaria grigia…

 

Lo sbirro alla guida afferrò di nuovo la ricetrasmittente, per chiamare rinforzi, gli occhi incollati su di loro… Il braccio dell’altro che pendeva lungo la fiancata dell’auto, sanguinante…

 

Prese la mira, deciso a fermarli definitivamente…

 

La volante iniziò a zigzagare, le ruote che strisciavano sull’asfalto sibilando, forse sperando di scoraggiarlo… Volevano aspettare i rinforzi.

 

Qualcuno lo afferrò dalla spalla, per tirarlo dentro l’ambulanza, ma lui scostò malamente la mano.

 

<< Challagher, sei un pazzo! Adesso… >>. Era Daniel, che lo stava trattenendo per le spalle.

 

<< Sta zitto e fammi finire… >> ringhiò William. Marissa si voltò un momento per vedere cosa stavano facendo, mentre Blacktree continuava a guidare, gocce di sudore che gli colavano sulla fronte.

 

Si sporse di nuovo dall’ambulanza, le porte del veicolo che sbattevano violentemente per via dell’aria… Alzò la mano, la pistola in pugno, lo sbirro che continuava ad andare di qua e di là, convinto di poter evitare i suoi colpi…

 

Sparò tre proiettili a ripetizione, uno dietro l’altro, con tre traiettorie diverse. Come aveva previsto, almeno uno andò a segno, conficcandosi nel parabrezza della volante e mandando il vetro in mille pezzi. L’auto sbandò di nuovo, poi si girò su se stessa e finì di traverso lungo la carreggiata, le ruote che pattinavano sull’asfalto.

 

Soddisfatto, William guardò le auto inchiodare di botto, cercando di evitare l’impatto le une contro le altre. Due finirono lungo il guard-rail, e un tir travolse un furgoncino sbalzandolo in avanti come fosse fatto di carta…

 

<< Andiamocene >> ordinò secco, mentre Daniel lo guardava allucinato.

 

L’ambulanza accelerò, e lui chiuse le porte, nascondendo il caos causato dall’incidente dietro di loro. Nessuno disse niente riguardo a ciò che era appena successo, ma si sentì chiaramente il respiro di sollievo di Marissa.

 

William gettò la pistola di lato, sulla barella, e si sedette appoggiando la testa alla parete del veicolo, un ghigno soddisfatto sul volto e gli occhi chiusi, l’ambulanza che correva ancora sull’autostrada con le sirene spiegate.

 

Respirò un paio di volte, prima di lasciarsi andare a quel pensiero che gli martellava nella testa, incessante, incredibile, vero…

 

Era fuori. Era fuori, era libero… Si sarebbe ripreso tutto, tutto ciò che gli era stato tolto…

 

<< Sei un pazzo, Challagher >> mormorò Daniel.

 

William riaprì gli occhi, e guardò il suo compagno di fuga, ancora seduto sulla sua barella, senza riuscire a smettere di sorridere.

 

<< Mi stai facendo un complimento >> ribatté soave, << E adesso… Dove siamo diretti, Marissa? >>.

 

La ragazza si voltò, l’espressione ancora spaventata. << A cinque chilometri da qui… >> rispose, << C’è l’auto che abbiamo preparato, ad aspettarci… >>.

 

William guardò dal piccolo vetro della porta dell’ambulanza, il traffico dietro di loro praticamente inesistente: l’incidente della volante aveva bloccato il flusso di auto, e potevano sperare che nessun’altro sbirro li seguisse.

 

<< Abbiamo cinque minuti prima che la polizia ci sia di nuovo addosso >> disse, secco, << Blacktree, datti una mossa a guidare, altrimenti mettono dentro pure voi >>.

 

L’uomo borbottò qualcosa, e William sentì l’ambulanza accelerare. Mentre sobbalzava seduto sul sedile, si portò una mano alla testa dolorante, a cui aveva smesso di fare caso quando l’adrenalina era entrata in circolo.

 

<< Che cos’era quell’affare? >> ringhiò, chiudendo gli occhi. Non pensava che quella dannata piccola potesse dargli così fastidio.

 

<< Ti fa male perché sei caduto e hai sbattuto contro il letto >> spiegò Marissa, tenendosi alla parete del veicolo, << Ti avevo detto di tenerti lontano da oggetti pericolosi… >>.

 

William ringhiò infastidito, Daniel davanti di fronte e ancora più stordito di lui. Forse non si rendeva ancora conto di essere libero…

 

<< E se ci lasciavamo le penne, con quella cazzo di pastiglia? >> sibilò il ragazzo, guardandola in cagnesco.

 

<< Era uno dei rischi… >> commentò Marissa, come se fosse ovvio.

 

In quel momento l’ambulanza si fermò, e William spalancò la porta. Il venticello fresco dell’autunno diminuì il pulsare alla testa, e si guardò intorno, assaporando quella incredibile sensazione che aveva addosso: persino l’aria aveva un sapore diverso, ora.

 

Si trovavano in una piazzola deserta, forse un’area di sosta dove si fermavano a dormire di notte i camionisti, circondata da campi d’erba alta e incolta. Si sentiva solo il rumore delle auto che correvano lungo l’autostrada, poco lontano, seminascoste dal guard-rail. A qualche metro era parcheggiata una BMW serie 7, nera e dall’aria abbastanza ordinaria, con Sebastian appoggiato alla fiancata, in attesa.

 

<< Siete arrivati, finalmente >> disse, mentre si avviavano verso di lui. << Problemi? >>.

 

William allungò il passo. << Dobbiamo andarcene, abbiamo gli sbirri alle calcagna >> spiegò.

 

Stava per aprire il baule dell’auto per tirare fuori la valigetta che conteneva i soldi per pagare Blacktree e la sua assistente, quando un rumore sordo e intermittente gli arrivò alle orecchie, facendogli gelare il sangue nelle vene.

 

Alzò lo sguardo, e poco lontano vide un elicottero della polizia dirigersi verso di loro.

 

<< Via! Via! >> gridò, saltando in macchina.

 

Mise in moto l’auto, Sebastian già seduto di fianco a lui, e Daniel, Marissa e Blacktree che si infilarono dietro. Fece retromarcia e schizzò via sgommando, verso l’autostrada.

 

<< Come hanno fatto a beccarvi?! >> gridò Sebastian, tenendosi stretto alla maniglia della portiera, << Avevate detto che non dovevano esserci problemi! >>.

 

<< Uno degli sbirri all’uscita dal carcere si è insospettito! >> rispose Marissa, schiacciata in mezzo a Daniel e Blacktree, sempre assurdamente fuori posto tra loro, << Cazzo, adesso che facciamo? Dovevi lasciarci lì… >>.

 

<< Con quello che vi abbiamo pagato avreste dovuto prevederlo, idioti! >> gridò Daniel, << Che razza di fuga è questa?! >>.

 

<< Eravate chiusi in un carcere di massima sicurezza, come potevate pensare che non ci sarebbero stati problemi?! >> ringhiò Marissa in risposta.

 

<< Allora dovevate preparare un piano d’emergenza! >> urlò Daniel.

 

<< Infatti, ma… >> iniziò Marissa, sempre più arrabbiata.

 

<< State zitti, porca puttana! >> gridò lo Scorpione, all’improvviso.

 

Nell’abitacolo calò il silenzio, di fronte al suo tono infuriato. Aveva bisogno di pensare, ed era già nervoso per via del mal di testa… E quelli si mettevano pure a gridare. Non si era aspettato un fuga del genere, ma l’adrenalina che ricominciava a scorrergli addosso gli diceva che qualsiasi cosa sarebbe successa, lui non sarebbe mai tornato dietro le sbarre.

 

Imboccò l’autostrada, il cervello a mille e il cuore che batteva forte nella cassa toracica, facendolo sentire più vivo che mai…

 

<< Dimmi che l’hai modificata >> sussurrò a Sebastian nel silenzio generale, riferendosi all’auto.

 

<< Sì, come mi avevi chiesto… >> rispose il meccanico, quasi perplesso.

 

William sorrise, rendendosi improvvisamente conto di essere al volante di un’auto… La sua vita, la sua fama… Dipendevano tutto da quello che sapeva fare meglio: guidare. E guidare era la cosa che gli era mancata di più, in quei due lunghi anni… E ora, era libero e guidava… Cosa poteva chiedere di più?

 

Schiacciò a fondo l’acceleratore, sentendo la BMW guadagnare velocità. Scartò di lato, mettendosi nella corsia di sorpasso, il guard-rail che sfrecciava alla sua sinistra, il traffico meno intenso di quanto aveva sperato…

 

<< Challagher, ti ordiamo di fermarti! >>.

 

Dall’altoparlante sull’elicottero arrivò la voce chiara di uno sbirro, le pale dell’elicottero che sferzavano l’aria sopra di loro con un rumore sordo.

 

<< Fermatevi o apriamo il fuoco! >>.

 

William digrignò i denti, il volante stretto tra le mani, e schiacciò ancora l’acceleratore, infilandosi tra due auto civili. I poliziotti non gli avrebbero mai sparato finché ci fosse stato il pericolo di provocare incidenti a catena…

 

<< Cosa vuoi fare? >> chiese Marissa, sporgendosi dai sedili posteriori, spaventata.

 

<< Li semino, poi vi lascio da qualche parte >> rispose William.

 

Sentire di nuovo un’auto sotto le sue mani lo faceva tornare indietro nel tempo, quando gli inseguimenti erano il suo pane quotidiano…

 

<< Ma come fai?! >> gridò la ragazza, << Quelli hanno un elicottero! >>.

 

<< Non sei mai stato in auto con lo Scorpione… >> mormorò William.

 

Quella era una vera e propria sfida, e lui amava le sfide. Se non fosse stato per Went, non lo avrebbero mai preso… Ma questa volta Went non c’era, e lui non si sarebbe lasciato scoffiggere

 

Fece mente locale, cercando di studiare un piano. Doveva seminarli il più in fretta possibile, altrimenti rischiava di trovarsi addosso anche le volanti, e lì le cose si sarebbero fatte difficili. Gli serviva un tunnel, un sottopassaggio, qualcosa in cui un elicottero non poteva entrare…

 

<< Dove lo trovo un tunnel? >> domandò, rimanendo incollato a un furgoncino per evitare che gli sparassero addosso.

 

<< C’è il sottopassaggio a nord della città. Devi uscire tra due svincoli… >> rispose Blacktree, dando segni di vita.

 

<< Pregate che il mio piano funzioni… >>.

 

<< Challagher, accosta e scendi con le mani in alto! >>.

 

Un altro avvertimento degli sbirri arrivò alle sue orecchie, chiaro e forte, ma non abbastanza convincente.

 

“Col cazzo che mi fermo…”.

 

Controllò che non ci fossero auto della polizia dietro di loro, ma non ne vide. L’incidente doveva averli in qualche modo bloccati, oppure dovevano ancora arrivare…

 

<< La prossima… >> mormorò Sebastian.

 

<< Lo so… >>.

 

William superò il furgoncino, imboccando la rampa di decelerazione e ritrovandosi lungo la superstrada che portava dritto dritto in centro città. Si mise sulla corsia di emergenza per superare le auto che lo avrebbero rallentato, e mirò verso il tunnel in lontananza.

 

<< Questo è l’ultimo avvertimento che ti diamo, Challagher! >> gridarono gli sbirri, forse intuendo il suo piano, << Ferma l’auto o apriamo il fuoco! >>.

 

Per tutta risposta, William schiacciò l’acceleratore fino a fine corsa, il motore della BMW che ruggiva, il tunnel sempre più vicino…

 

Il primo proiettile si conficcò nell’asfalto, sibilando, e Marissa gridò. Un altro colpo fischiò a pochi metri dal suo finestrino, e lo Scorpione iniziò a zigzagare tra le auto dei civili…

 

<< Ci sparano addosso! >> gridò Daniel.

 

Un altro proiettile prese in pieno il baule della BMW, procurandole un foro rotondo nella carrozzeria, le macchine della gente lì intorno che iniziavano a inchiodare, suonando il clacson, il sottopassaggio sempre più vicino…

 

<< Questi ci fanno secchi! >> gridò Sebastian, perdendo per un momento il controllo.

 

Un attimo, e William era sotto il tunnel, finalmente al riparo, le luci dei lampioni che si riflettevano sul cruscotto dell’auto, i fari delle macchine che provenivano dalla direzione opposta che lo abbagliavano…

 

Individuò ciò che gli interessava: lo svincolo da cui provenivano le auto dall’autostrada sud… C’era solo un problema: c’era divieto di accesso, dalla sua parte. Doveva imboccarlo contro mano, e lo aveva appena superato…

 

<< Cosa vuoi fare? >> domandò allarmato Sebastian, << Ci staranno aspettando all’uscita… Crederanno che miriamo alla città nella speranza di seminarli più facilmente da lì… >>.

 

William sorrise. << Appunto >>.

 

Si accorse dello sguardo che gli lanciò il meccanico, intuendo cosa volesse fare, ma lo ignorò. Aveva lui il volante in mano, e sarebbe stato lui a farli scappare…

 

Tirò il freno a mano con un gesto secco, sentendo una scarica di adrenalina percorrergli le vene.

 

Con uno strattone tremendo, la BMW si girò di lato, lo stridore delle gomme che rimbombò nella galleria, il suono dei clacson che si confuse con le grida di Marissa. Scivolò per diversi metri, andando in testa coda e sfiorando un camion per pochi centimetri, poi William riprese il controllo del veicolo e infilò lo svincolo, dritto, rapido e sicuro.

 

<< Stai andando contro mano! Stai andando contro mano! >> urlò disperata Marissa.

 

William strinse il volante, incollato al guard-rail di sinistra per evitare un’eventuale auto che arrivasse dalla parte opposta e accelerò, sudando freddo. Vide baluginare i fari accesi di una macchina a pochi metri e scartò di lato tra i colpi di clacson, evitandola per un pelo.

 

Finalmente si ritrovò sull’autostrada, e rapidamente si immise nel traffico, tra gli sguardi allibiti degli altri automobilisti, sorpresi di vederlo entrare dall’uscita…

 

I suoi occhi corsero allo specchietto retrovisore, per controllare che non ci fossero sbirri… Niente. Nessuna traccia di elicottero.

 

<< Ci hanno seguito? >> domandò, per avere un’ulteriore conferma.

 

Sebastian si sporse e guardò in alto. << No… >> rispose, a voce bassa.

 

Il cuore di William iniziò a battere più lentamente, la stretta sul volante più leggera. Contò fino a cento, prima di lasciarsi andare a un sorriso.

 

Ce l’aveva fatta… Li aveva seminati. Era libero.

 

Mentre sorrideva superando le altre auto, nell’abitacolo della BMW regnava il silenzio. Erano tutti troppo spaventati, per poter dire qualcosa.

 

<< Porca puttana, Challagher, ma tu guidi sempre così? >> esalò Daniel, sedendosi meglio sul sedile. William lo guardò dallo specchietto retrovisore, ghignando.

 

<< Faccio il pilota clandestino >> ribatté, divertito.

 

<< Adesso… Adesso cosa facciamo? >> domandò Marissa, appoggiandosi allo schienale, il fiato corto. Aveva gridato come una disperata dalla paura… Irina non avrebbe mai fatto così.

 

<< Dobbiamo nasconderci >> rispose William, << Lasciamo calmare un po’ le acque, poi prendiamo l’altra auto e ce ne andiamo… Avete la targa di ricambio per questa? >>.

 

<< E’ nella valigetta dietro >> rispose Blacktree, riemergendo dal nulla, il occhiali storti sul naso, << Insieme ai documenti falsi >>.

 

<< Ok, allora mi fermo e cambiamo la targa, così ci riconosceranno più difficilmente, se incontriamo degli sbirri >> disse William, << Dov’è l’appartamento dove dovevamo nasconderci? >>.

 

<< Non troppo lontano da qui >> rispose Blacktree, << Nel paesino di Santa Cruz. Mancheranno una ventina di chilometri >>.

 

<< Bene, speriamo di non avere ulteriori problemi >> commentò William, raggiungendo la corsia di sorpasso dell’autostrada, cercando di non andare troppo forte per non destare sospetti, << Vi pago e poi decidete cosa volete fare, visto che mi è parso di capire che non avevate previsto che le cose andassero in questo modo… >>.

 

<< Ok >>. Marissa guardò Blacktree, incerta.

 

<< E non provare a chiedermi dei soldi in più per via dell’inseguimento >> aggiunse William, minaccioso, << Ringrazia che vi ho salvato il culo facendovi venire con me >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 19.00 – Mosca, Casa di Dimitri

 

Qualcuno suonò alla porta proprio mentre Irina apparecchiava la tavola, momento decisamente inopportuno. Si bloccò un istante, chiedendosi chi fosse, poi ricordò che Yana era solita fargli visita alle ore più strane del giorno. Doveva essere lei, che ci aveva preso gusto a farsi insegnare qualche nuova parola da Irina.

 

<< Apro io >> disse, mentre raggiungeva il soggiorno. Dimitri doveva essere in camera sua, nel suo eremo off-limits.

 

Quando si ritrovò davanti quella che non era sicuramente Yana, ma un omone alto e barbuto, vestito di scuro e con gli occhi neri come la pece, rimase di sasso. Il russo, perché lo era chiaramente, sembrò stupito quanto lei: le rivolse un’occhiata a dir poco esterrefatta.

 

<< Iosif >> disse Dimitri, comparendo improvvisamente alle sue spalle, facendola sussultare, << Ti aspettavamo un po’ di giorni fa… >>.

 

Irina si fece immediatamente da parte, mentre l’uomo continuava a fissarla stralunato, accorgendosi a malapena del saluto di Dimitri.

 

<< Ho avuto qualche problema… >> rispose, studiando Irina da capo a piedi. Poi aggiunse, questa volta rivolto direttamente a lui: << Ma lei… Tu e lei… >>. Li indicò con il dito, come se non avessero capito che stava parlando di loro.

 

Dimitri sembrò emettere un ringhio degno di una tigre. << No, hai capito male >> disse.

 

Iosif, il padre di Yana, annuì e si strinse nelle spalle, e sembrò tornare in se stesso. Irina rimase ferma a guardarli, senza sapere bene cosa fare.

 

<< Mi fa piacere rivederti >> disse l’uomo, << Come stai? >>. Non provò nemmeno ad abbracciarlo, perché doveva già sapere che era una cosa che Dimitri odiava.

 

<< Bene… >> rispose il russo, a bassa voce. << Tu? >>.

 

<< Anche… >>. L’uomo guardò nuovamente Irina. << E tu chi sei? >> domandò, diretto ma non per questo con tono scortese. Sembrava stranamente incuriosito dalla sua presenza.

 

<< Irina Dwight >> rispose lei, << Vengo da Los Angeles, sono una pilota clandestina >>.

 

Lanciò un’occhiata a Dimitri, per vedere se come presentazione gli andava bene… Non disse niente, quindi doveva essere soddisfatto.

 

<< Ah… >> fece Iosif, << Dimitri, devo dirti una cosa piuttosto urgente… >>. Ennesima occhiata nella sua direzione.

 

<< Allora vi lascio da soli >> disse Irina, intuendo che volevano che se ne andasse. I due uscirono sul pianerottolo, e lei fece finta di tornare in cucina.

 

Appena la porta venne chiusa, si precipitò di nuovo in soggiorno, pronta a spiare la loro conversazione. Non amava origliare, ma non poteva fare finta di niente e accettare che Dimitri si facesse tranquillamente i fatti suoi senza dirle niente… Meglio essere troppo prudenti, che troppo incoscienti.

 

Appoggiò l’orecchio alla porta, pronta a scappare se fossero rientrati, e cercò di cogliere cosa si stavano dicendo.

 

<< …Vladimir ha saputo che sei tornato >> stava dicendo Iosif, serio e preoccupato, << Ho incontrato alcuni dei suoi tornando qui da San Pietroburgo… >>.

 

<< Immagino ti abbiano detto qualcosa… >> grugnì Dimitri, come se se lo aspettasse.

 

<< Lo sai meglio di me cosa potrebbero avermi detto >> rispose Iosif, << Abbiamo cercato di non farlo sapere in giro, che eri di nuovo a Mosca… Credo sia stato qualcuno che c’era alla gara dell’altra volta, a riferirglielo. Non avresti dovuto andarci… >>.

 

<< Non importa >> disse Dimitri, << Tanto non credo che avrà il coraggio di farsi vedere già adesso, soprattutto qui. Aspetterà il momento migliore… >>.

 

<< Non questa volta >> ribatté Iosif, << Lo sai che ti vuole morto, ed è pronto a venire dritto dritto da te… Sei sparito per più di due anni, non si lascerà sfuggire l’occasione di averti qui a portata di mano… >>.

 

<< Allora che venga pure >> disse Dimitri, freddo come il ghiaccio, << E che si porti pure dietro tutti i suoi amici. Sa meglio di me che lo voglio morto anche io >>.

 

Irina rimase impalata lì, incollata alla porta, il cervello che lavorava a mille. Cosa era successo tra quel Vladimir e Dimitri, per metterli così palesemente l’uno contro l’altro? Ma soprattutto, perché sembrava che il russo non volesse far sapere di essere tornato, eppure si augurava che Buinov si facesse vivo? Non era un controsenso?

 

<< Sei tornato per lui, quindi? >> domandò Iosif.

 

<< No >> rispose Dimitri, << Non sono tornato per lui, non questa volta… Non in questa situazione. Ma se me lo ritroverò davanti, non cercherò certo di fuggire… >>. Il suo tono minaccioso diceva tutto.

 

<< Dobbiamo aspettarci guai, allora? >> fece Iosif, abbassando la voce.

 

<< Forse… Se venite a sapere che si trova da queste parti, avvertitemi. E cercate di non fargli sapere di… >>. Dimitri si zittì, molto probabilmente per rivolgere un’occhiata eloquente al russo: dovevano sapere entrambi di cosa si trattava.

 

<< D’accordo >> disse Iosif, << Ci proveremo >>.

 

Irina si scollò dalla porta, rendendosi conto che la conversazione era terminata. Corse in cucina, stampandosi in faccia un’espressione neutra e attese che Dimitri tornasse. Erano bastate un paio di frasi per darle parecchio da pensare.

 

Avvertì che la porta venne aperta, e afferrò il telecomando della tv per dare l’idea di essere interessata ad altro. Fece zapping tra i canali, cercandone uno che potesse fintamente cogliere la sua attenzione, ma notò che Dimitri la stava guardando fisso.

 

Appena gli rivolse un’occhiata, lui sembrò trattenere una smorfia; si voltò e tornò in camera sua. E Irina non poté fare a meno di pensare: “Lo sa… Sa che ho origliato”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.30 – Santa Cruz

 

<< Qual è il tuo piano, ora che la polizia ci starà addosso? >> chiese Sebastian, seduto al tavolo di fronte a lui, nella spartana cucina della villetta che Blacktree gli aveva preparato come rifugio temporaneo, la luce fioca del lampadario sopra le loro teste. Daniel stava in piedi, una birra in mano e l’espressione interessata, appoggiato al sudicio ripiano di marmo pieno di righe. Marissa e Blacktree, ancora con loro, erano nel soggiorno.

 

William sputò una boccata di fumo in direzione del soffitto, e avvicinò il posacenere, tranquillo. Anche quella sigaretta aveva il sapore della vittoria, e se la stava gustando come mai aveva fatto fino a quel momento.

 

<< Dobbiamo lasciare lo Stato prima che l’F.B.I. sguinzagli tutti i suoi agenti per cercarci >> rispose, << Cerchiamo un posto dove non possono trovarci e rimaniamo lì finché non so dove sono Dimitri, Went e Irina >>.

 

<< Dove pensi di trovarlo, un posto del genere? >> chiese Sebastian, << E per scoprire dove sono potresti metterci mesi… Non possiamo rimanere qui a lungo, lo sai. Dobbiamo lasciare gli Stati Uniti per un bel po’ prima di poterci ritenere tranquilli >>.

 

William spense la sigaretta e gettò un’occhiata a Daniel.

 

<< C’è gente in Messico che conosco e che potrebbe ospitarci >> disse tranquillamente, << Lì la polizia non è particolarmente invadente, perché i Narcos gli danno del filo da torcere e ne fanno fuori a bizzeffe… E da lì possiamo sicuramente prendere un aereo che ci porti il più lontano possibile da qui >>.

 

Forse in quel momento, fuggire dagli Stati Uniti era l’ultima cosa di cui si preoccupava: aveva ancora molte conoscenze in giro, e sicuramente avrebbe trovato il modo per scappare. Con i soldi che gli rimanevano poteva procurarsi biglietti per l’aereo e organizzarsi ancora meglio la fuga. I suoi problemi erano due, per ora: trovare Irina, e sbarazzarsi del meccanico.

 

<< Sei riuscito a capire dove si trova Irina? >> domandò. Notò lo sguardo di Daniel su di lui, come se avesse intuito che tra lui e la “sua ragazza” c’era qualcosa che non andava.

 

<< No, a parte quello che sai già >> rispose Sebastian, << Nessuna traccia di Went… E Dimitri è chiuso in carcere, per il momento >>.

 

William arricciò il labbro, infastidito dal fatto che non era riuscito a trovare altre informazioni. << D’accordo, me ne occuperò io >> disse, << Dammi il tuo cellulare… Hai ancora i numeri dei nostri vecchi amici? >>.

 

Il meccanico gli porse il telefono. << Non di tutti, ma di quelli migliori sì >> rispose sorridendo.

 

William cercò nella rubrica, individuando il numero di Garcìa “Il Camaleonte”, quello che gli aveva sempre fornito la droga da smistare a Los Angeles, e che conosceva ormai da diversi anni. Sicuramente sarebbe stato pronto a nasconderlo dalle sue parti.

 

<< Pronto? >>.

 

La voce roca del messicano dall’altra parte della linea gli arrivò lontana ma comprensibile.

 

<< Garcìa… Ti ricordi ancora di me? >> chiese sorridendo William.

 

<< Challagher? >> fece il messicano, quasi stordito, riconoscendo la sua voce, << Sei tu? >>.

 

<< Lo Scorpione in persona >> disse William, << Sorpreso di sentirmi? >>.

 

<< Ma non dovevi essere chiuso in una cella, chico? >> domandò Garcìa, un tono divertito nella voce, << Come hai fatto ad uscire? >>.

 

<< Lo sai che per uno come me, non esistono cose che non si possono fare >> rispose William, appoggiando i piedi sul tavolo, rilassato, << Guarda il telegiornale, stasera, e dimmi se la mia fuga non ti lascia senza parole >>.

 

<< Allora sei scappato… >> commentò pensieroso Garcìa, << Ora dove ti trovi? >>.

 

<< Non molto lontano da San Francisco >> rispose William, << Ma naturalmente devo sparire dalla circolazione per un po’… Mi serve il tuo aiuto >>.

 

Garcìa rimase zitto, come se non sapesse cosa dire.

 

<< Hai un posto dove nascondermi? >> chiese lo Scorpione.

 

<< No >>.

 

<< “No” cosa? >> ringhiò William, improvvisamente innervosito. Non gli andava che qualcuno gli negasse qualcosa.

 

<< Non posso aiutarti, Challagher >> disse Garcìa, e non stava scherzando, << Non c’è nessun posto dove tu possa nasconderti sperando che la polizia non ti trovi… >>.

 

In un attimo, la situazione gli parve chiara: il messicano non lo voleva laggiù, non gli voleva dare il suo aiuto.

 

<< Ti ricordo che stai parlando con lo Scorpione >> ringhiò, minaccioso, << E che abbiamo concluso tanti di quegli affari che è per merito mio che ora sguazzi in mezzo al denaro… >>.

 

<< Gli affari di soldi sono affari di soldi, Challagher >> ribatté Garcìa, << Non farti vedere da queste parti, altrimenti saremo costretti a ucciderti >>.

 

A William venne quasi da ridere: non era mai stato minacciato in tutta la sua vita, e anche adesso che qualcuno trovava il coraggio di farlo non aveva paura. Anche se non era certo quello che si era aspettato.

 

<< Se vieni qui ti porterai dietro tutti gli sbirri e metà dell’F.B.I. >> proseguì Garcìa, << Non vogliamo guai per colpa tua… >>.

 

<< Che figlio di puttana… >> mormorò William, << Invece di guai ne avrete comunque, anche se non mi aiutate. Questa me la paghi, Garcìa… Lo sai che non mi si deve rifiutare mai niente >>.

 

<< Ah >> Garcìa sembrò divertito quanto lui poco prima, << Challagher, non sei più nessuno, renditene conto. Sappiamo che i tuoi amici sono dietro le sbarre, e che ti hanno sequestrato tutto… Chi pensi di poter minacciare, eh? Così vanno le cose: finché ci sono i soldi, sono tutti amici, non lo sapevi? >>.

 

William digrignò i denti, furioso. Sebastian e Daniel, rimasti lì ad ascoltare, si guardarono l’un l’altro, facendolo innervosire ancora di più.

 

<< Forse non avrò più i miei piloti, ma io rimango sempre lo Scorpione >> disse, << E tu non sei nessuno >>.

 

Gli chiuse il telefono in faccia, fissando il display colorato con il fiato corto. Odiava sentirsi dire no, odiava sentirsi preso in giro e odiava quando le cose non andavano come voleva lui.

 

<< Cosa succede? >> domandò Sebastian, anche se aveva già intuito tutto.

 

William cercò di riguadagnare un po’ di calma, prima di rispondere.

 

<< Garcìa mi ha negato il suo aiuto >> rispose solo, il tono neutro.

 

Avvertì gli sguardi del meccanico e di Daniel su di lui, ma li ignorò. Non si era aspettato un rifiuto del genere, non quando aveva dato per scontato che il messicano, almeno in nome di tutti gli affari che avevano concluso, fosse pronto a offrirgli rifugio.

 

Era chiaro che anche Sebastian non sapeva cosa dire: stava zitto, a guardarlo preoccupato e in attesa che lui facesse qualcosa. Daniel non sembrava particolarmente colpito, forse perché non si rendeva conto di ciò che quello comportava.

 

<< Provo con gli altri >> disse all’improvviso William, riafferrando il cellulare, << Uscite >>.

 

I due lo lasciarono solo, nella cucina silenziosa e spoglia, e lui cercò un altro numero nella rubrica, sicuro che questa volta avrebbe trovato il suo aiuto. Garcìa in fondo doveva sempre averlo invidiato, e quella era una ripicca per gelosia… Chi, di tutti quelli che aveva conosciuto, non avrebbe dovuto invidiarlo?

 

Però, con rabbia e fastidio, scoprì che Garcìa era stato solo il primo a lasciarlo in balia dei suoi guai… Nessuno, degli altri quattro “vecchi amici” che contattò, fu disposto a nasconderlo, a trovargli un posto dalle loro parti dove stare per un po’ di tempo, a offrirgli un minimo di protezione. E ben presto, si rese conto che doveva cavarsela da solo.

 

Di fronte all’ennesimo rifiuto, gettò il telefono sul tavolo con stizza e rimase a guardarlo forse sperando di poterlo distruggere con lo sguardo. Era furioso, furioso perché le cose con andavano come voleva lui. Furioso, perché tutti gli avevano dato la stessa motivazione: niente soldi, niente potere, niente amicizia.

 

“Finché gli garantivo clienti e favori erano sempre pronti a fare gli amiconi… Che bastardi”.

 

Finché non c’erano stati problemi, finché i poliziotti di Los Angeles e dintorni si erano lasciati corrompere da lui, tutto era andato bene. Gli faceva comodo nascondersi sotto l’ala dello Scorpione, che nel bene e nel male poteva garantirgli sempre una via di fuga… Se c’era qualche problema, bastava rivolgersi a lui…

 

All’improvviso, si rese conto delle parole di Garcìa: “Non sei più nessuno, fattene una ragione”.

 

“Se non fossi veramente più nessuno, gli sbirri non mi starebbero alle calcagna…”.

 

Forse no, rimaneva ancora lo Scorpione, ma ciò non toglieva che non aveva davvero più niente. Tutti i suoi piloti, i suoi scagnozzi, stavano dietro le sbarre; tutte le sue auto erano state sequestrate e molto probabilmente rivendute; aveva perso tutti i contatti con le sue conoscenze più influenti; e non poteva più contare sulla montagna di soldi che aveva avuto fino a due anni prima. E in fondo, cos’era sempre interessato ai suoi “amici”?

 

Il suo potere, nient’altro.

 

Lo sapeva, lo aveva sempre saputo, che i soldi compravano la fedeltà e l’aiuto, e ne aveva fatto la sua forza. Ci aveva sempre visto giusto, sotto quel punto di vista… Tranne con Irina, ma quella era un’altra storia.

 

Ora che non aveva più il suo potere, nessuno voleva più avere a che fare con lui. Era diventato un personaggio scomodo, perché la polizia lo inseguiva e perché non aveva più niente da offrire. Finché non fosse tornato quello di una volta, non avrebbe più potuto contare su nessuno.

 

Però, c’era una cosa di cui non avevano tenuto conto: forse non aveva più i suoi soldi e la sua Black List, ma rimaneva sempre e comunque lo Scorpione. E non avrebbe dimenticato; non avrebbe perdonato. Con o senza auto di lusso, avrebbe sempre agito nello stesso identico modo.

 

Ghignò, tirando fuori la pistola che aveva in tasca.

 

“Non ho bisogno di nessuno, posso cavarmela da solo. Ma in ogni caso, una visitina di cortesia la faccio comunque, dalle loro parti”.

 

Si passò una mano sul volto e decise di rimandare quella questione a più tardi. Ora doveva occuparsi di Blacktree e della sua paga.

 

Andò in soggiorno, una misera stanza con un divano e qualche sedia, più un vecchissimo televisore rotto e una vetrina piena di bicchieri impolverati, e si sedette, la valigetta dei soldi in mano. La appoggiò sul tavolino traballante e la aprì lentamente. Marissa, Blacktree, Sebastian e Daniel lo guardavano in silenzio.

 

<< Come abbiamo pianificato, vi devo i vostri centomila dollari, più i cinquantamila per la fuga supplementare di Daniel >> disse, serafico, << Contando l’acconto di altri cinquantamila, siamo a duecento… Corretto? >>.

 

Blacktree, da dietro i suoi occhiali, assunse un’aria famelica e annuì.

 

William contò le mazzette di denaro e gliele passò. Blacktree allungò la mano e le prese, lasciandone una per Marissa. La ragazza la incassò con aria soddisfatta.

 

<< Ora siamo a posto, le nostre strade si dividono >> concluse William, assumendo un’espressione seria.

 

Marissa e Blacktree si guardarono in faccia.

 

<< Avevamo idea di rimanere qui per la notte >> disse l’uomo, << Domani mattina prendiamo un taxi e ci facciamo portare a San Francisco… Non avevamo previsto che fossimo costretti a seguirvi >>.

 

William guardò l’uomo, infastidito. Averlo ancora tra i piedi non era nei suoi piani, soprattutto quando aveva in progetto un’ultima cosa per l’indomani mattina. Poi spostò lo sguardo su Marissa, e ci ripensò: l’occhiata languida che gli lanciò la ragazza lo convinse a cedere a quella richiesta in vista di una più che lauta “contropartita”.

 

<< Fate quello che volete >> disse, alzandosi. << Noi domani mattina ce ne andiamo… Buona notte >>.

 

Raggiunse la camera da letto, dimessa come tutto il resto della casa, e si guardò nello specchio appeso all’armadio. Ora che era la tensione si era allentata, iniziava a sentirsi di nuovo dolorante: i muscoli del collo erano indolenziti, e la testa gli pulsava ancora un po’.

 

Notò con piacere che c’era un televisore, e che aveva l’aria di essere funzionante. Lo accese, curioso di vedere cosa avrebbero detto di lui.

 

Il mezzobusto del telegiornale della notte salutò il suo pubblico con aria annoiata, poi passò a commentare le notizie più importanti. I servizi dei vari inviati passarono sullo schermo un po’ più scoloriti del normale, mentre William li guardava con scarso interesse, sdraiato sul letto molle e quasi sfondato.

 

<< E questo pomeriggio, lungo l’autostrada in direzione Sud, si è verificato uno spaventoso incidente a catena, che ha coinvolto diverse auto >> disse finalmente il mezzobusto, e William drizzò le orecchie, << Il bilancio è di tre morti e dodici feriti, e il traffico è rimasto bloccato per diverse ore. La causa pare sia il colpo di sonno di un’autista… >>.

 

William rimase interdetto: colpo di sonno? Ma quale colpo di sonno: e la sua spettacolare fuga che fine aveva fatto?

 

Deluso, ascoltò il giornalista spiegare in modo spiccio di come si era verificato l’incidente, e poi passare a notizie meno importanti. Del suo inseguimento lungo l’autostrada nemmeno l’ombra.

 

“Non vogliono far sapere in giro che sono scappato…” pensò, L’F.B.I. vuole insabbiare la cosa… Tanto meglio: nessuno saprà che sono fuori e che sto per andare a prendermi la mia vendetta”.

 

Si alzò e spense il televisore, di cui non aveva il telecomando, ei stiracchiò, sentendo scrocchiare le ossa; poi si accorse che c’era qualcuno appoggiato allo stipite della porta, nella penombra. Era Marissa.

 

Sorrise. In fondo, se lo aspettava. La squadrò, sentendo che i due anni chiuso in cella si facevano sentire anche da “quel” punto di vista, e il suo sguardo famelico indugiò sulle sue gambe fasciate dai jeans aderenti.

 

“Non è Irina, ma è comunque una donna…” si ritrovò a pensare, prima ancora di rendersene conto.

 

<< Nemmeno tu riesci a prendere sonno? >> chiese la ragazza, gettandogli un’occhiata eloquente.

 

William ghignò. << Ho dormito due anni di fila, chiuso in cella >> rispose, sapendo dove sarebbero andati a parare.

 

<< Credo di conoscere un metodo per aiutarti… >> sussurrò Marissa, avvicinandosi.

 

William sorrise: quello era l’unico fuori programma del suo piano che poteva gradire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Oh, ed eccomi qui. Questa volta ci ho messo un po’ di meno, perché ero particolarmente ispirata: praticamente un intero capitolo su William. Le sue fan saranno entusiaste, immagino…

Allora, a parte la fuga in vero stile Scorpione, ciò su cui vorrei mettere l’accento è il fatto che William pensava di uscire e avere tutti ai suoi piedi, invece sembra proprio che nessuno voglia avere più a che fare con lui… Non che la cosa lo spaventi più di tanto, ma sarà di vitale importanza per fargli capire alcune cose… Vedrete. Poi, avete notato verso chi è andato a finire il suo pensiero, quando si è trovato davanti Marissa? Eh, è partito il paragone con Irina, e William non si rende conto di cosa significa (io naturalmente sì… J )…

 

Per il resto, cercherò di scrivere il prossimo cap e postarlo prima di partire (cioè sabato prossimo), per poi eclissarmi per due settimane: farò del mio meglio, ma non garantisco niente.

 

Dust_and_Diesel: perché lo chiami delirio? E’ tutto molto verosimile, ciò che dici. Sì, Dimitri vuole bene a Yana, e naturalmente cerca di nasconderlo in tutti i modi. Il suo passato è contorto, ma è proprio quello che lo ha reso quello che è ora… Per capirlo, bisogna conoscere ciò che ha vissuto. E credo che sia chiaro che è qualcosa anche di molto doloroso. Per quanto riguarda Twilight, sono contenta che tu sia d’accordo con me: ho letto tutti i libri anche io, e non nego che mi siano piaciuti, e su questo sito un terzo delle fic sono su quello… Penso che ormai possa uscirci benissimo dalle orecchie. Ma sono gusti, alla fine ( e poi, non mi piacciono le storie con personaggi già inventati: meglio essere originali, no? ). Baci!

 

Supermimmina: eh eh, vedo che l’argomento “fantomatica donna di Dimitri” ti attira molto… Non ne dubito, visto come è fatto il russo: come mai potrebbe essere la sua donna ideale? Ma soprattutto esiste, e l’ha già incontrata? Io ti consiglierei di non soffermarti solo su questo, perché la storia non è così scontata come appare. Ci sono molte cose sotto, e Dimitri non è poi così schizzinoso come sembra… Ti ho dato abbastanza da pensare? Per il momento fai quello, ti schiavizzerò più avanti J! Bacioni!

 

Noemi_lii: ah ah ah, ma grazie! Mi dispiace che tu abbia perso una notte di sonno pur di leggere le mie storie (però sto gongolando…), però se ti sono piaciute… E mi fa anche piacere che tu mi abbia lasciato una recensione, naturalmente. Continua a seguirmi, e a farmi sapere se continua a piacerti! Baci!

 

DarkStar: perché quando vedo le tue recensioni, mi si illuminano gli occhi? E non ti preoccupare proprio del ritardo, perché quella è l’ultima cosa a cui penso. Ahahah, non pensavo che bastasse un cimitero per farti frullare di idee così, su Dimitri: potresti azzeccarci come no, ma non nego che tu abbia intuito parte del suo passato. Il nostro russo di ghiaccio ha un bel po’ di cose da nascondere… Ti chiedi se Irina potrebbe prendere una cotta per lui? Uhm, ora come ora non saprei, ma mi chiedo cosa mai accadrà se dovesse succedere “qualcosa” tra i due: Xander sarebbe l’ultimo dei problemi. Dovrei vedermela con metà delle fan di William che direbbero: perché con lui no e con Dimitri sì? E poi con le fan di Irina, che penserebbero: gli mette le corna a Xander, ma siamo matti???? E le fan di Xander che direbbero… ma lo consoliamo noi!!! Ah ah ah,, a parte gli scherzi, si vedrà… E se Xander non ti manca, devo ammettere che non manca molto nemmeno a me. Ora sono presa da Dimitri e William (sono abbastanza volubile, eh?). Fammi sapere se ti è piaciuto questo cap tutto dedicato allo Scorpione! Baci!

 

CriCri88: anche tu non senti la mancanza di Xander… Nemmeno io, a essere sincera, ed è un pensiero abbastanza diffuso. Povero, mi dispiace per lui, ma Dimitri gli sta rubando le fan… Non le biasimo, comunque. Il russo ha un certo fascino… Come il suo passato misterioso, d’altronde. Ma non pensare alla fedeltà, questa volta non centra… Perché? Lo scoprirai più avanti… Baci!

 

 

 

  
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