Capitolo XIII
Los Angeles
– Otto anni prima
William butta giù
d’un sorso il drink che la ragazza bionda seduta a sinistra di fianco a lui le
ha appena porto, e sorride sentendo sotto le dita la pelle
dell’altra ragazza, quella seduta alla sua destra. Gli solletica una spalla
sorridendogli da sotto il volto truccato e incorniciato dai boccoli castani,
l’espressione sensuale a dirgli che se vuole può osare di più. La bionda lo
distrae mettendogli una mano sul collo.
Nel Gold Bunny, locale che ormai è
diventato la sua base durante le serate fuori casa, l’atmosfera è la solita del
sabato: gente ovunque, musica sparata ad alto volume, alcool che scorre a
fiumi, e piloti da tutte le parti, pronti a risolvere qualche discussione a
suon di gare in auto. Più un innumerevole numero di ragazze, la maggior parte delle quali sono venute per vedere lui.
Non ha immaginato
che in meno di un anno riuscisse a guadagnare tanta fama da diventare il più
famoso pilota di Los Angeles e dintorni, ma ora che si
trova a festeggiare la sua ennesima vittoria, si rende conto che in fondo da
uno come lui non ci si sarebbe aspettato di meno. Ormai non c’è più nessuno che
osa chiamarlo “novellino”, perché chi ha un po’ di cervello
ci pensa due volte a sfidarlo.
<< Will, vuoi
qualcos’altro da bere >> domanda la bionda di fianco a lui, tutta zucchero, solleticandogli le labbra con le dita.
<< Fammi fare un Bacardi >> risponde William, sfiorando la sua bocca
e poi spingendola verso il bancone. Il suo sguardo indugia sul fondoschiena
della ragazza, fasciato dalla minigonna, prima di essere distratto dalla bruna,
che inizia a baciarlo con passione, approfittando dell’assenza dell’altra.
Anche quello, avere
donne a palate, è uno degli ulteriori vantaggi che ha
ottenuto diventando il miglior pilota clandestino in circolazione: non che
prima non ne avesse, ma adesso ogni settimana passano per il suo letto così
tante ragazze che della maggior parte non ricorda nemmeno il nome.
<< William,
c’è tuo padre, fuori >> dice all’improvviso qualcuno, abbastanza vicino
da riuscire a sovrastare la musica.
Lo Scorpione si
scosta dalla ragazza bruna e vede Hanck, il tipo che
ha conosciuto da poco e che gli fa da “assistente”, gli fa
cenno di uscire.
<< Cosa vuole? >> domanda William, liberandosi malamente
della bruna e alzandosi in piedi. Suo padre di solito non viene mai lì, e non
gli va di essere disturbato mentre festeggia.
Hanck si stringe nelle
spalle, senza rispondere.
A passo rapido
William esce dal locale, nella notte calda e stellata di Los Angeles, e vede la
limousine con cui di solito viaggia suo padre parcheggiata a pochi metri di
distanza, i fari accesi a illuminare le numerose macchine ferme nei dintorni.
Si avvicina ed entra dentro, nella parte posteriore,
ritrovandosi in quello che è un vero e proprio salotto viaggiante, con tanto di
televisore e frigobar.
George Challagher, suo padre, è seduto sul sedile di pelle nera
con l’aria soddisfatta, la cravatta slacciata e la camicia stropicciata, ma
l’aria particolarmente sveglia. Uomo di bell’aspetto, guarda il figlio salire
in auto con l’espressione di chi ha una buona notizia da dare.
<< Che fai da
queste parti? >> chiede William, sapendo bene che di solito il sabato
sera suo padre va a spassarsela in qualche club con qualche donna molto più
giovane di lui. La stessa identica cosa che fa sua madre, in effetti. Nessuno
dei due ha mai conosciuto la parola “fedeltà”, e non se ne rammaricano. Cosa
che William condivide.
<< Volevo
parlare un attimo con te >> rispose suo padre, riallacciandosi la
cravatta, << Ho concluso quell’affare di cui ti parlavo, quello dei
casinò di Las Vegas >>. A giudicare dall’aria, non aveva comunque
rinunciato all’incontro con le sue “amichette”.
<< Alla fine
hai preso anche il Royal? >> domanda William,
ricordando che ha in trattativa l’acquisto di uno dei più grossi casinò della città.
<< Meglio
>> dice George, soddisfatto, << Ora siamo proprietari del Royal, ma anche del Poker d’Assi e del Blu Beach >>.
William sorride:
suo padre è sempre stato in gamba, quando si tratta di affari. << Come lo
hai convinto? >> chiede, riferendosi a Jefferson, ora ex proprietario dei
casinò.
<< Aveva
troppi debiti, e soprattutto non voleva che si venisse a sapere che aveva fatto
le corna a sua moglie… >> risponde divertito George, sventolando una
videocassetta che ha in mano, << Come se sua moglie non gliele facesse…
>>.
Ridono entrambi, brindando
alle loro nuove proprietà acquistate a prezzo irrisorio e che gli avrebbero
fruttato molti, moltissimi soldi.
<< Sei venuto
solo per questo? >> domanda lo Scorpione, posando il bicchiere di
champagne sul tavolino della limousine.
<< No. Ora che
siamo proprietari della maggior parte dei casinò di
Las Vegas, ho intenzione di trasferirmi là >> dice George, versandosi
dell’altro champagne, << Quindi io e tua madre ce ne andiamo lì, in modo
da poter controllare meglio gli affari e vedere se possiamo incrementare ancora
di più i nostri guadagni. Tu cosa vuoi fare? >>.
William non si
stupisce di quella scelta: era nell’aria da tempo. Ne
hanno già parlato quando si sono messi in testa di comprare il Royal.
<< Non me ne
voglio andare da Los Angeles ora che ho una certa fama >> risponde,
serio, << E comunque, non possiamo lasciare la zona… Se ce ne andiamo, il
giro delle corse potrebbe ridursi, e non è mia intenzione perdere la
possibilità di gareggiare quando mi pare >>. In fondo, a lui non
interessa particolarmente occuparsi di casinò e denaro sporco: preferisce le
auto, lo sanno tutti.
George sorride.
<< Allora il controllo della città passa a te >> dice, <<
Come avevamo già pensato… Qual’era il piano che avevi
in mente, per mantenere il controllo della città? >>.
William guarda suo
padre, senza provare nei suoi confronti chissà quale gratitudine: sa che il
potere sarebbe passato anche a lui, un giorno, ed è da tempo
che pensa come aumentare la sua fama, la sua influenza e soprattutto come
superare suo padre in fatto di soldi. Non vuole dipendere da nessuno, nemmeno
da lui.
L’idea che ha in
mente è qualcosa di eccezionale, qualcosa a cui mai
nessuno ha pensato né lì né da nessun’altra parte; qualcosa che gli permetterà
di avere il controllo di tutte le gare, dei piloti e tutto ciò che gira intorno
a loro; qualcosa che gli permetterà di diventare più influente persino di suo
padre, e di controllare tutte le corse clandestine, non solo quelle di Los
Angeles.
La polizia ha una
lista dei piloti più ricercati, una lista che contiene le loro taglie e le loro
caratteristiche… Una lista che li mette in ordine di forza e pericolosità solo
virtualmente, perché alcuni di loro nemmeno si conoscono, nemmeno si sono mai sfidati… Ma lui quella lista la vuole vedere diventare
realtà, vuole che quei piloti vengano riuniti sotto lo stesso nome e sotto una
sola persona.
Lui. Quello che
doveva diventare il numero uno della sua stessa creazione, lui che era il
migliore pilota in circolazione e che doveva comandare la città.
<< La Black List >> dice,
fissando suo padre negli occhi, << Voglio creare la Black
List >>.
Ore 16.00 -
Autostrada
<< Lo sapevo, cazzo. Qualcosa doveva per forza andare storto…
>>.
Le orecchie di William
captarono una voce distante, ma chiaramente quella di un uomo. Era sdraiato,
gli occhi ancora chiusi, sentendosi dondolare su e giù come fosse su una
giostra… Aveva i sensi troppo intorpiditi per capire
dove si trovava, e la testa troppo pesante per volersi alzare…
<< Che
facciamo? >>. Questa volta era una ragazza.
William aprì gli
occhi, e si rese conto di essere dentro una specie di furgone bianco, pieno di
mobiletti e di strani strumenti… Sentiva suonare una sirena… Era un’ambulanza.
Si mise a sedere, un forte mal di testa che lo attanagliava, e si guardò
intorno, cercando di capire come fosse arrivato lì.
Un attimo, e il
veicolo scartò di lato, sballottando tutto di qua e di là. Si tenne stretto
alla barella, e imprecò, improvvisamente più sveglio.
<< Che cazzo
succede… >>.
Vide Daniel
sdraiato di fianco a lui, come addormentato. Gli diede uno strattone, poi sentì
di nuovo la voce della ragazza.
<< Si è
svegliato >>.
William si voltò di
scatto. Alla guida dell’ambulanza c’era un uomo che tutto gli sarebbe sembrato
tranne un esperto in evasioni. Incontrandolo in un’altra situazione lo avrebbe
scambiato per un normalissimo impiegato statale con gli occhi ingranditi dalle
lenti degli occhiali vecchio tipo, la cravatta ben legata e ormai pochi capelli
sulla testa… Di fianco a lui, Marissa, vestita da
infermiera.
<< Che cazzo
mi avete dato? >> ringhiò lo Scorpione, << Mi sembra di aver
beccato una martellata sulla testa… >>.
<< Poche
storie, Challagher >> disse Marissa,
<< La polizia ci segue… >>.
William si mise in
piedi, accorgendosi solo in quel momento che a pochi metri da loro correva una
volante della polizia a sirene spiegate, e due sbirri intimavano l’alt. Vedeva i poliziotti dal piccolo vetro nella fiancata
dell’ambulanza.
Qualcosa gli diede
una scossa, come se finalmente si fosse accorto di
essere vivo, e fissò le pareti del veicolo, le mani strette sulla barella…
Ora che era fuori,
non sarebbe di certo bastata una semplice pattuglia a rimetterlo dietro le
sbarre… Non era disposto a perdere di nuovo la libertà ora che l’aveva
riguadagnata…
<< Avete una
pistola? >> domandò, alzandosi.
Marissa gli passò l’arma,
e lui la afferrò malamente. << Tutto questo influirà sulla vostra paga…
>> aggiunse.
Raggiunse il fondo
dell’ambulanza, mentre Daniel iniziava a svegliarsi. Guardò dal piccolo vetro
la volante dietro di loro, le luci bianche, blu e rosse che si
illuminavano a intermittenza.
“Sono fuori! Sono fuori!”.
La consapevolezza
gli si riversò addosso come un torrente in piena, facendogli solo sentire
quella sensazione di appagamento che non avvertiva più da
tempo… Persino la testa smise di fargli male, rendendosi conto di tutto
quello che la sua rinnovata libertà gli avrebbe riportato…
Non c’era rischio abbastanza grande, azione abbastanza folle da
impedirgli di perdere quello che aveva appena riottenuto…
Tolse la sicura
dalla pistola e gettò un’occhiata a Daniel.
<< Che vuoi
fare? >> chiese lui, che ancora non aveva capito dove si trovava. Fu
costretto ad aggrapparsi a quello che doveva essere un defibrillatore per
evitare di cadere, quando il veicolo scartò di lato all’improvviso, tra il
frastuono dei clacson.
<< Tenermi
stretta la mia nuova libertà >> rispose lo Scorpione.
Poi spalancò la porta
posteriore dell’ambulanza, l’asfalto che scorreva velocissimo sotto di loro,
l’auto della polizia con le sirene spiegate che li seguiva a rotta di collo.
Vide l’espressione stupita dei poliziotti e ghignò, afferrandosi a una maniglia
di ferro del veicolo, prendendo la mira con la pistola…
<< Che cazzo
fai, Challager?! >>
gridò qualcuno da dietro.
<< Torno a
essere lo Scorpione… >> sussurrò, la lingua tra
i denti.
La volante scartò
di lato, ma non abbastanza veloce da sfuggire al proiettile che si conficcò nel
cofano, lasciando un buco circolare nella carrozzeria. Le auto civili dietro di
loro inchiodarono, facendo stridere le gomme sull’asfalto…
<< Challagher, torna dentro! >> gridò Marissa.
“Non mi faccio prendere, fosse l’ultima cosa che
faccio… Dovranno mobilitare tutta l’F.B.I. per farmi
tornare dietro le sbarre…”.
Si tenne saldo alla
porta, e si sporse fuori, la pistola alzata e lo sguardo puntato sulla volante.
Sentiva il vento sferzargli il viso, il guard-rail che scorreva veloce alla sua
destra, ma non aveva paura di cadere e sfracellarsi sull’asfalto… Non poteva
avere paura di niente, in quel momento, nemmeno di farsi ammazzare.
Uno degli sbirri
tirò fuori un’arma, con tutta l’intenzione di rispondere al fuoco. Spalancò il
finestrino della volante, il compagno che parlava alla ricetrasmittente…
Un attimo, e
William aveva premuto il grilletto, colpendo in pieno il poliziotto dal lato
del passeggero. L’auto sbandò di lato, misero tentativo di schivare il colpo, e
l’arma cadde lungo l’autostrada, finendo sotto le ruote di un’utilitaria
grigia…
Lo sbirro alla
guida afferrò di nuovo la ricetrasmittente, per chiamare rinforzi, gli occhi
incollati su di loro… Il braccio dell’altro che pendeva lungo la fiancata
dell’auto, sanguinante…
Prese la mira,
deciso a fermarli definitivamente…
La volante iniziò a
zigzagare, le ruote che strisciavano sull’asfalto sibilando, forse sperando di
scoraggiarlo… Volevano aspettare i rinforzi.
Qualcuno lo afferrò
dalla spalla, per tirarlo dentro l’ambulanza, ma lui scostò malamente la mano.
<< Challagher, sei un pazzo! Adesso… >>. Era Daniel, che
lo stava trattenendo per le spalle.
<< Sta zitto
e fammi finire… >> ringhiò William. Marissa si
voltò un momento per vedere cosa stavano facendo, mentre Blacktree
continuava a guidare, gocce di sudore che gli colavano sulla fronte.
Si sporse di nuovo
dall’ambulanza, le porte del veicolo che sbattevano violentemente per via
dell’aria… Alzò la mano, la pistola in pugno, lo sbirro che continuava ad
andare di qua e di là, convinto di poter evitare i suoi colpi…
Sparò tre
proiettili a ripetizione, uno dietro l’altro, con tre traiettorie diverse. Come
aveva previsto, almeno uno andò a segno, conficcandosi nel parabrezza della
volante e mandando il vetro in mille pezzi. L’auto sbandò di nuovo, poi si girò
su se stessa e finì di traverso lungo la carreggiata, le ruote che pattinavano
sull’asfalto.
Soddisfatto,
William guardò le auto inchiodare di botto, cercando di evitare l’impatto le une contro le altre. Due finirono lungo il
guard-rail, e un tir travolse un furgoncino sbalzandolo in avanti come fosse
fatto di carta…
<<
Andiamocene >> ordinò secco, mentre Daniel lo guardava allucinato.
L’ambulanza
accelerò, e lui chiuse le porte, nascondendo il caos causato dall’incidente
dietro di loro. Nessuno disse niente riguardo a ciò che era appena successo, ma
si sentì chiaramente il respiro di sollievo di Marissa.
William gettò la
pistola di lato, sulla barella, e si sedette appoggiando la testa alla parete
del veicolo, un ghigno soddisfatto sul volto e gli occhi chiusi, l’ambulanza
che correva ancora sull’autostrada con le sirene spiegate.
Respirò un paio di
volte, prima di lasciarsi andare a quel pensiero che gli martellava nella
testa, incessante, incredibile, vero…
Era fuori. Era
fuori, era libero… Si sarebbe ripreso tutto, tutto ciò che gli era stato tolto…
<< Sei un
pazzo, Challagher >> mormorò Daniel.
William riaprì gli
occhi, e guardò il suo compagno di fuga, ancora seduto sulla sua barella, senza
riuscire a smettere di sorridere.
<< Mi stai
facendo un complimento >> ribatté soave, << E adesso… Dove siamo
diretti, Marissa? >>.
La ragazza si voltò, l’espressione ancora spaventata. << A cinque
chilometri da qui… >> rispose, << C’è l’auto che abbiamo preparato,
ad aspettarci… >>.
William guardò dal
piccolo vetro della porta dell’ambulanza, il traffico dietro di loro praticamente inesistente: l’incidente della volante aveva
bloccato il flusso di auto, e potevano sperare che nessun’altro sbirro li
seguisse.
<< Abbiamo
cinque minuti prima che la polizia ci sia di nuovo addosso >> disse,
secco, << Blacktree, datti una mossa a guidare,
altrimenti mettono dentro pure voi >>.
L’uomo borbottò
qualcosa, e William sentì l’ambulanza accelerare. Mentre sobbalzava seduto sul
sedile, si portò una mano alla testa dolorante, a cui
aveva smesso di fare caso quando l’adrenalina era entrata in circolo.
<< Che
cos’era quell’affare? >> ringhiò, chiudendo gli occhi. Non pensava che
quella dannata piccola potesse dargli così fastidio.
<< Ti fa male
perché sei caduto e hai sbattuto contro il letto >> spiegò Marissa, tenendosi alla parete del veicolo, << Ti
avevo detto di tenerti lontano da oggetti pericolosi… >>.
William ringhiò
infastidito, Daniel davanti di fronte e ancora più stordito
di lui. Forse non si rendeva ancora conto di essere libero…
<< E se ci
lasciavamo le penne, con quella cazzo di pastiglia?
>> sibilò il ragazzo, guardandola in cagnesco.
<< Era uno
dei rischi… >> commentò Marissa, come se fosse
ovvio.
In quel momento
l’ambulanza si fermò, e William spalancò la porta. Il venticello fresco
dell’autunno diminuì il pulsare alla testa, e si guardò intorno, assaporando quella incredibile sensazione che aveva addosso: persino
l’aria aveva un sapore diverso, ora.
Si trovavano in una
piazzola deserta, forse un’area di sosta dove si
fermavano a dormire di notte i camionisti, circondata da campi d’erba alta e
incolta. Si sentiva solo il rumore delle auto che correvano lungo l’autostrada,
poco lontano, seminascoste dal guard-rail. A qualche metro era parcheggiata una
BMW serie 7, nera e dall’aria abbastanza ordinaria,
con Sebastian appoggiato alla fiancata, in attesa.
<< Siete
arrivati, finalmente >> disse, mentre si avviavano verso di lui. <<
Problemi? >>.
William allungò il
passo. << Dobbiamo andarcene, abbiamo gli sbirri alle calcagna >>
spiegò.
Stava per aprire il
baule dell’auto per tirare fuori la valigetta che conteneva i soldi per pagare Blacktree e la sua assistente, quando un rumore sordo e
intermittente gli arrivò alle orecchie, facendogli gelare il sangue nelle vene.
Alzò lo sguardo, e
poco lontano vide un elicottero della polizia dirigersi verso di loro.
<< Via! Via!
>> gridò, saltando in macchina.
Mise in moto l’auto,
Sebastian già seduto di fianco a lui, e Daniel, Marissa
e Blacktree che si infilarono
dietro. Fece retromarcia e schizzò via sgommando, verso l’autostrada.
<< Come hanno
fatto a beccarvi?! >> gridò Sebastian, tenendosi
stretto alla maniglia della portiera, << Avevate detto che non dovevano
esserci problemi! >>.
<< Uno degli
sbirri all’uscita dal carcere si è insospettito! >> rispose Marissa, schiacciata in mezzo a Daniel e Blacktree, sempre assurdamente fuori posto tra loro,
<< Cazzo, adesso che facciamo? Dovevi lasciarci lì… >>.
<< Con quello
che vi abbiamo pagato avreste dovuto prevederlo,
idioti! >> gridò Daniel, << Che razza di fuga è questa?! >>.
<< Eravate
chiusi in un carcere di massima sicurezza, come potevate pensare che non ci
sarebbero stati problemi?! >> ringhiò Marissa in risposta.
<< Allora
dovevate preparare un piano d’emergenza! >> urlò Daniel.
<< Infatti,
ma… >> iniziò Marissa, sempre più arrabbiata.
<< State zitti, porca puttana! >> gridò lo Scorpione,
all’improvviso.
Nell’abitacolo calò
il silenzio, di fronte al suo tono infuriato. Aveva bisogno di pensare, ed era
già nervoso per via del mal di testa… E quelli si mettevano pure a gridare. Non
si era aspettato un fuga del genere, ma l’adrenalina
che ricominciava a scorrergli addosso gli diceva che qualsiasi cosa sarebbe
successa, lui non sarebbe mai tornato dietro le sbarre.
Imboccò
l’autostrada, il cervello a mille e il cuore che batteva forte nella cassa
toracica, facendolo sentire più vivo che mai…
<< Dimmi che
l’hai modificata >> sussurrò a Sebastian nel silenzio generale,
riferendosi all’auto.
<< Sì, come
mi avevi chiesto… >> rispose il meccanico, quasi perplesso.
William sorrise,
rendendosi improvvisamente conto di essere al volante di un’auto… La sua vita,
la sua fama… Dipendevano tutto da quello che sapeva
fare meglio: guidare. E guidare era la cosa che gli era
mancata di più, in quei due lunghi anni… E ora, era libero e guidava… Cosa
poteva chiedere di più?
Schiacciò a fondo
l’acceleratore, sentendo la BMW guadagnare velocità. Scartò di lato, mettendosi
nella corsia di sorpasso, il guard-rail che sfrecciava alla sua sinistra, il
traffico meno intenso di quanto aveva sperato…
<< Challagher, ti ordiamo di fermarti! >>.
Dall’altoparlante
sull’elicottero arrivò la voce chiara di uno sbirro,
le pale dell’elicottero che sferzavano l’aria sopra di loro con un rumore
sordo.
<< Fermatevi
o apriamo il fuoco! >>.
William digrignò i
denti, il volante stretto tra le mani, e schiacciò ancora l’acceleratore,
infilandosi tra due auto civili. I poliziotti non gli avrebbero mai sparato
finché ci fosse stato il pericolo di provocare incidenti a catena…
<< Cosa vuoi fare? >> chiese Marissa,
sporgendosi dai sedili posteriori, spaventata.
<< Li semino,
poi vi lascio da qualche parte >> rispose William.
Sentire di nuovo
un’auto sotto le sue mani lo faceva tornare indietro nel tempo, quando gli
inseguimenti erano il suo pane quotidiano…
<< Ma come
fai?! >> gridò la ragazza, << Quelli hanno un elicottero! >>.
<< Non sei
mai stato in auto con lo Scorpione… >> mormorò William.
Quella era una vera
e propria sfida, e lui amava le sfide. Se non fosse
stato per Went, non lo avrebbero mai preso… Ma questa
volta Went non c’era, e lui non si sarebbe lasciato scoffiggere…
Fece mente locale,
cercando di studiare un piano. Doveva seminarli il più in fretta possibile,
altrimenti rischiava di trovarsi addosso anche le
volanti, e lì le cose si sarebbero fatte difficili. Gli serviva un tunnel, un
sottopassaggio, qualcosa in cui un elicottero non poteva entrare…
<< Dove lo
trovo un tunnel? >> domandò, rimanendo incollato a un furgoncino per
evitare che gli sparassero addosso.
<< C’è il
sottopassaggio a nord della città. Devi uscire tra due svincoli… >>
rispose Blacktree, dando segni di vita.
<< Pregate
che il mio piano funzioni… >>.
<< Challagher, accosta e scendi con le mani in alto! >>.
Un altro
avvertimento degli sbirri arrivò alle sue orecchie, chiaro e forte, ma non
abbastanza convincente.
“Col cazzo che mi fermo…”.
Controllò che non ci
fossero auto della polizia dietro di loro, ma non ne
vide. L’incidente doveva averli in qualche modo bloccati, oppure dovevano
ancora arrivare…
<< La
prossima… >> mormorò Sebastian.
<< Lo so…
>>.
William superò il
furgoncino, imboccando la rampa di decelerazione e ritrovandosi lungo la
superstrada che portava dritto dritto
in centro città. Si mise sulla corsia di emergenza per superare le auto che lo
avrebbero rallentato, e mirò verso il tunnel in lontananza.
<< Questo è
l’ultimo avvertimento che ti diamo, Challagher!
>> gridarono gli sbirri, forse intuendo il suo piano, << Ferma
l’auto o apriamo il fuoco! >>.
Per tutta risposta,
William schiacciò l’acceleratore fino a fine corsa, il motore della BMW che
ruggiva, il tunnel sempre più vicino…
Il primo proiettile
si conficcò nell’asfalto, sibilando, e Marissa gridò.
Un altro colpo fischiò a pochi metri dal suo finestrino, e lo Scorpione iniziò
a zigzagare tra le auto dei civili…
<< Ci sparano
addosso! >> gridò Daniel.
Un altro proiettile
prese in pieno il baule della BMW, procurandole un foro rotondo nella
carrozzeria, le macchine della gente lì intorno che iniziavano a inchiodare,
suonando il clacson, il sottopassaggio sempre più vicino…
<< Questi ci
fanno secchi! >> gridò Sebastian, perdendo per un momento il controllo.
Un attimo, e
William era sotto il tunnel, finalmente al riparo, le luci dei lampioni che si
riflettevano sul cruscotto dell’auto, i fari delle macchine che provenivano
dalla direzione opposta che lo abbagliavano…
Individuò
ciò che gli interessava: lo svincolo da cui provenivano le auto dall’autostrada
sud… C’era solo un problema: c’era divieto di accesso, dalla sua parte. Doveva imboccarlo
contro mano, e lo aveva appena superato…
<< Cosa vuoi fare? >> domandò allarmato
Sebastian, << Ci staranno aspettando all’uscita… Crederanno che miriamo
alla città nella speranza di seminarli più facilmente da lì… >>.
William sorrise.
<< Appunto >>.
Si accorse dello
sguardo che gli lanciò il meccanico, intuendo cosa volesse fare, ma lo ignorò.
Aveva lui il volante in mano, e sarebbe stato lui a farli scappare…
Tirò il freno a
mano con un gesto secco, sentendo una scarica di adrenalina percorrergli le
vene.
Con uno strattone
tremendo, la BMW si girò di lato, lo stridore delle gomme che rimbombò nella
galleria, il suono dei clacson che si confuse con le grida di Marissa. Scivolò per diversi metri, andando in testa coda e
sfiorando un camion per pochi centimetri, poi William riprese il controllo del
veicolo e infilò lo svincolo, dritto, rapido e sicuro.
<< Stai
andando contro mano! Stai andando contro mano! >> urlò disperata Marissa.
William strinse il
volante, incollato al guard-rail di sinistra per evitare un’eventuale auto che
arrivasse dalla parte opposta e accelerò, sudando freddo. Vide baluginare i
fari accesi di una macchina a pochi metri e scartò di lato tra i colpi di
clacson, evitandola per un pelo.
Finalmente si
ritrovò sull’autostrada, e rapidamente si immise nel
traffico, tra gli sguardi allibiti degli altri automobilisti, sorpresi di
vederlo entrare dall’uscita…
I suoi occhi
corsero allo specchietto retrovisore, per controllare che non ci fossero
sbirri… Niente. Nessuna traccia di elicottero.
<< Ci hanno
seguito? >> domandò, per avere un’ulteriore
conferma.
Sebastian si sporse
e guardò in alto. << No… >> rispose, a voce bassa.
Il cuore di William
iniziò a battere più lentamente, la stretta sul
volante più leggera. Contò fino a cento, prima di lasciarsi andare a un
sorriso.
Ce
l’aveva
fatta… Li aveva seminati. Era libero.
Mentre sorrideva
superando le altre auto, nell’abitacolo della BMW regnava il silenzio. Erano
tutti troppo spaventati, per poter dire qualcosa.
<< Porca
puttana, Challagher, ma tu guidi sempre così?
>> esalò Daniel, sedendosi meglio sul sedile. William lo guardò dallo
specchietto retrovisore, ghignando.
<< Faccio il
pilota clandestino >> ribatté, divertito.
<< Adesso…
Adesso cosa facciamo? >> domandò Marissa,
appoggiandosi allo schienale, il fiato corto. Aveva gridato come una disperata
dalla paura… Irina non avrebbe mai fatto così.
<< Dobbiamo
nasconderci >> rispose William, << Lasciamo calmare un po’ le
acque, poi prendiamo l’altra auto e ce ne andiamo… Avete la targa di ricambio
per questa? >>.
<< E’ nella
valigetta dietro >> rispose Blacktree, riemergendo
dal nulla, il occhiali storti sul naso, <<
Insieme ai documenti falsi >>.
<< Ok, allora
mi fermo e cambiamo la targa, così ci riconosceranno
più difficilmente, se incontriamo degli sbirri >> disse William, <<
Dov’è l’appartamento dove dovevamo nasconderci? >>.
<< Non troppo
lontano da qui >> rispose Blacktree, <<
Nel paesino di Santa Cruz. Mancheranno una ventina di
chilometri >>.
<< Bene,
speriamo di non avere ulteriori problemi >>
commentò William, raggiungendo la corsia di sorpasso dell’autostrada, cercando
di non andare troppo forte per non destare sospetti, << Vi pago e poi
decidete cosa volete fare, visto che mi è parso di capire che non avevate
previsto che le cose andassero in questo modo… >>.
<< Ok
>>. Marissa guardò Blacktree,
incerta.
<< E non
provare a chiedermi dei soldi in più per via dell’inseguimento >>
aggiunse William, minaccioso, << Ringrazia che vi ho
salvato il culo facendovi venire con me >>.
Ore 19.00 –
Mosca, Casa di Dimitri
Qualcuno suonò alla
porta proprio mentre Irina apparecchiava la tavola, momento decisamente
inopportuno. Si bloccò un istante, chiedendosi chi fosse, poi ricordò che Yana era solita fargli visita alle ore più strane del
giorno. Doveva essere lei, che ci aveva preso gusto a farsi insegnare qualche
nuova parola da Irina.
<< Apro io
>> disse, mentre raggiungeva il soggiorno. Dimitri doveva essere in
camera sua, nel suo eremo off-limits.
Quando si ritrovò davanti quella che non era sicuramente Yana,
ma un omone alto e barbuto, vestito di scuro e con gli occhi neri come la pece,
rimase di sasso. Il russo, perché lo era chiaramente,
sembrò stupito quanto lei: le rivolse un’occhiata a dir poco esterrefatta.
<< Iosif >> disse Dimitri, comparendo improvvisamente
alle sue spalle, facendola sussultare, << Ti aspettavamo un po’ di giorni
fa… >>.
Irina si fece
immediatamente da parte, mentre l’uomo continuava a fissarla stralunato,
accorgendosi a malapena del saluto di Dimitri.
<< Ho avuto
qualche problema… >> rispose, studiando Irina da capo a piedi. Poi
aggiunse, questa volta rivolto direttamente a lui: << Ma lei… Tu e lei…
>>. Li indicò con il dito, come se non avessero capito che stava parlando
di loro.
Dimitri sembrò
emettere un ringhio degno di una tigre. << No, hai capito male >>
disse.
Iosif, il padre di Yana, annuì e si strinse nelle spalle, e sembrò tornare in
se stesso. Irina rimase ferma a guardarli, senza sapere bene cosa fare.
<< Mi fa
piacere rivederti >> disse l’uomo, << Come stai?
>>. Non provò nemmeno ad abbracciarlo, perché doveva già sapere che era
una cosa che Dimitri odiava.
<< Bene…
>> rispose il russo, a bassa voce. << Tu? >>.
<< Anche…
>>. L’uomo guardò nuovamente Irina. << E tu chi sei? >> domandò, diretto ma non per questo con tono scortese. Sembrava
stranamente incuriosito dalla sua presenza.
<< Irina
Dwight >> rispose lei, << Vengo da Los Angeles, sono una pilota
clandestina >>.
Lanciò un’occhiata
a Dimitri, per vedere se come presentazione gli andava bene… Non disse niente,
quindi doveva essere soddisfatto.
<< Ah…
>> fece Iosif, << Dimitri, devo dirti una
cosa piuttosto urgente… >>. Ennesima occhiata nella sua direzione.
<< Allora vi
lascio da soli >> disse Irina, intuendo che volevano che se ne andasse. I
due uscirono sul pianerottolo, e lei fece finta di tornare in cucina.
Appena la porta venne chiusa, si precipitò di nuovo in soggiorno, pronta a
spiare la loro conversazione. Non amava origliare, ma non poteva fare finta di
niente e accettare che Dimitri si facesse tranquillamente i fatti suoi senza
dirle niente… Meglio essere troppo prudenti, che troppo incoscienti.
Appoggiò l’orecchio
alla porta, pronta a scappare se fossero rientrati, e cercò di cogliere cosa si
stavano dicendo.
<< …Vladimir
ha saputo che sei tornato >> stava dicendo Iosif,
serio e preoccupato, << Ho incontrato alcuni dei suoi tornando qui da San
Pietroburgo… >>.
<< Immagino
ti abbiano detto qualcosa… >> grugnì Dimitri, come se
se lo aspettasse.
<< Lo sai
meglio di me cosa potrebbero avermi detto >> rispose Iosif,
<< Abbiamo cercato di non farlo sapere in giro, che eri di nuovo a Mosca…
Credo sia stato qualcuno che c’era alla gara dell’altra volta, a riferirglielo.
Non avresti dovuto andarci… >>.
<< Non
importa >> disse Dimitri, << Tanto non credo che avrà il coraggio
di farsi vedere già adesso, soprattutto qui. Aspetterà il momento migliore…
>>.
<< Non questa
volta >> ribatté Iosif, << Lo sai che ti
vuole morto, ed è pronto a venire dritto dritto
da te… Sei sparito per più di due anni, non si lascerà sfuggire l’occasione di
averti qui a portata di mano… >>.
<< Allora che
venga pure >> disse Dimitri, freddo come il ghiaccio, << E che si
porti pure dietro tutti i suoi amici. Sa meglio di me che lo voglio morto anche io >>.
Irina rimase
impalata lì, incollata alla porta, il cervello che lavorava a mille. Cosa era successo tra quel Vladimir e Dimitri, per metterli
così palesemente l’uno contro l’altro? Ma soprattutto,
perché sembrava che il russo non volesse far sapere di essere tornato, eppure
si augurava che Buinov si facesse vivo? Non era un
controsenso?
<< Sei
tornato per lui, quindi? >> domandò Iosif.
<< No
>> rispose Dimitri, << Non sono tornato
per lui, non questa volta… Non in questa situazione. Ma
se me lo ritroverò davanti, non cercherò certo di fuggire… >>. Il suo
tono minaccioso diceva tutto.
<< Dobbiamo
aspettarci guai, allora? >> fece Iosif,
abbassando la voce.
<< Forse… Se
venite a sapere che si trova da queste parti, avvertitemi. E cercate di non
fargli sapere di… >>. Dimitri si zittì, molto probabilmente per rivolgere
un’occhiata eloquente al russo: dovevano sapere entrambi di cosa si trattava.
<< D’accordo
>> disse Iosif, << Ci proveremo >>.
Irina si scollò
dalla porta, rendendosi conto che la conversazione era terminata. Corse in
cucina, stampandosi in faccia un’espressione neutra e attese che Dimitri tornasse.
Erano bastate un paio di frasi per darle parecchio da
pensare.
Avvertì che la
porta venne aperta, e afferrò il telecomando della tv
per dare l’idea di essere interessata ad altro. Fece zapping tra i canali,
cercandone uno che potesse fintamente cogliere la sua attenzione, ma notò che
Dimitri la stava guardando fisso.
Appena gli rivolse
un’occhiata, lui sembrò trattenere una smorfia; si voltò e tornò in camera sua.
E Irina non poté fare a meno di pensare: “Lo
sa… Sa che ho origliato”.
Ore 21.30 –
Santa Cruz
<< Qual è il
tuo piano, ora che la polizia ci starà addosso? >> chiese Sebastian,
seduto al tavolo di fronte a lui, nella spartana cucina della villetta che Blacktree gli aveva preparato come rifugio temporaneo, la
luce fioca del lampadario sopra le loro teste. Daniel stava in piedi, una birra
in mano e l’espressione interessata, appoggiato al sudicio ripiano di marmo
pieno di righe. Marissa e Blacktree,
ancora con loro, erano nel soggiorno.
William sputò una
boccata di fumo in direzione del soffitto, e avvicinò il posacenere,
tranquillo. Anche quella sigaretta aveva il sapore della vittoria, e se la
stava gustando come mai aveva fatto fino a quel momento.
<< Dobbiamo
lasciare lo Stato prima che l’F.B.I. sguinzagli tutti
i suoi agenti per cercarci >> rispose, << Cerchiamo un posto dove
non possono trovarci e rimaniamo lì finché non so dove sono Dimitri, Went e Irina >>.
<< Dove pensi
di trovarlo, un posto del genere? >> chiese
Sebastian, << E per scoprire dove sono potresti metterci mesi… Non possiamo rimanere qui a lungo, lo sai. Dobbiamo lasciare gli
Stati Uniti per un bel po’ prima di poterci ritenere tranquilli >>.
William spense la
sigaretta e gettò un’occhiata a Daniel.
<< C’è gente
in Messico che conosco e che potrebbe ospitarci >> disse tranquillamente,
<< Lì la polizia non è particolarmente invadente, perché i Narcos gli
danno del filo da torcere e ne fanno fuori a bizzeffe… E da lì possiamo
sicuramente prendere un aereo che ci porti il più lontano possibile da qui
>>.
Forse in quel
momento, fuggire dagli Stati Uniti era l’ultima cosa di cui si preoccupava:
aveva ancora molte conoscenze in giro, e sicuramente avrebbe trovato il modo
per scappare. Con i soldi che gli rimanevano poteva
procurarsi biglietti per l’aereo e organizzarsi ancora meglio la fuga. I suoi
problemi erano due, per ora: trovare Irina, e sbarazzarsi del meccanico.
<< Sei
riuscito a capire dove si trova Irina? >>
domandò. Notò lo sguardo di Daniel su di lui, come se avesse intuito che tra
lui e la “sua ragazza” c’era qualcosa che non andava.
<< No, a
parte quello che sai già >> rispose Sebastian, << Nessuna traccia
di Went… E Dimitri è chiuso in carcere, per il
momento >>.
William arricciò il
labbro, infastidito dal fatto che non era riuscito a trovare altre
informazioni. << D’accordo, me ne occuperò io >> disse, <<
Dammi il tuo cellulare… Hai ancora i numeri dei nostri vecchi amici? >>.
Il meccanico gli
porse il telefono. << Non di tutti, ma di quelli migliori sì >>
rispose sorridendo.
William cercò nella
rubrica, individuando il numero di Garcìa “Il
Camaleonte”, quello che gli aveva sempre fornito la droga da smistare a Los
Angeles, e che conosceva ormai da diversi anni. Sicuramente sarebbe stato
pronto a nasconderlo dalle sue parti.
<< Pronto?
>>.
La voce roca del
messicano dall’altra parte della linea gli arrivò lontana ma comprensibile.
<< Garcìa… Ti ricordi ancora di me? >> chiese sorridendo
William.
<< Challagher? >> fece il messicano, quasi stordito,
riconoscendo la sua voce, << Sei tu? >>.
<< Lo
Scorpione in persona >> disse William, << Sorpreso di sentirmi?
>>.
<< Ma non dovevi essere chiuso in una cella, chico? >>
domandò Garcìa, un tono divertito nella voce,
<< Come hai fatto ad uscire? >>.
<< Lo sai che
per uno come me, non esistono cose che non si possono fare >> rispose
William, appoggiando i piedi sul tavolo, rilassato, << Guarda il
telegiornale, stasera, e dimmi se la mia fuga non ti lascia senza parole
>>.
<< Allora sei
scappato… >> commentò pensieroso Garcìa,
<< Ora dove ti trovi? >>.
<< Non molto
lontano da San Francisco >> rispose William, << Ma naturalmente devo sparire dalla circolazione per un po’… Mi serve il tuo
aiuto >>.
Garcìa rimase zitto, come
se non sapesse cosa dire.
<< Hai un posto dove nascondermi? >> chiese lo Scorpione.
<< No
>>.
<< “No” cosa?
>> ringhiò William, improvvisamente innervosito. Non gli andava che
qualcuno gli negasse qualcosa.
<< Non posso
aiutarti, Challagher >> disse Garcìa, e non stava scherzando, << Non c’è nessun posto dove tu possa nasconderti sperando che la polizia non
ti trovi… >>.
In un attimo, la situazione
gli parve chiara: il messicano non lo voleva laggiù, non gli voleva
dare il suo aiuto.
<< Ti ricordo
che stai parlando con lo Scorpione >> ringhiò, minaccioso, << E che
abbiamo concluso tanti di quegli affari che è per
merito mio che ora sguazzi in mezzo al denaro… >>.
<< Gli affari
di soldi sono affari di soldi, Challagher >>
ribatté Garcìa, << Non farti vedere da queste
parti, altrimenti saremo costretti a ucciderti
>>.
A William venne
quasi da ridere: non era mai stato minacciato in tutta la sua vita, e anche
adesso che qualcuno trovava il coraggio di farlo non aveva paura. Anche se non
era certo quello che si era aspettato.
<< Se vieni qui ti porterai dietro tutti gli sbirri e metà dell’F.B.I.
>> proseguì Garcìa, << Non vogliamo guai
per colpa tua… >>.
<< Che figlio
di puttana… >> mormorò William, << Invece di guai ne avrete
comunque, anche se non mi aiutate. Questa me la paghi, Garcìa…
Lo sai che non mi si deve rifiutare mai niente >>.
<< Ah
>> Garcìa sembrò divertito quanto lui poco
prima, << Challagher, non sei più nessuno,
renditene conto. Sappiamo che i tuoi amici sono dietro le sbarre, e che ti
hanno sequestrato tutto… Chi pensi di poter minacciare, eh? Così vanno le cose:
finché ci sono i soldi, sono tutti amici, non lo sapevi? >>.
William digrignò i
denti, furioso. Sebastian e Daniel, rimasti lì ad ascoltare, si guardarono l’un
l’altro, facendolo innervosire ancora di più.
<< Forse non
avrò più i miei piloti, ma io rimango sempre lo Scorpione >> disse,
<< E tu non sei nessuno >>.
Gli chiuse il
telefono in faccia, fissando il display colorato con il fiato corto. Odiava
sentirsi dire no, odiava sentirsi preso in giro e
odiava quando le cose non andavano come voleva lui.
<< Cosa succede? >> domandò Sebastian, anche se aveva già
intuito tutto.
William cercò di
riguadagnare un po’ di calma, prima di rispondere.
<< Garcìa mi ha negato il suo aiuto >> rispose solo, il tono neutro.
Avvertì gli sguardi
del meccanico e di Daniel su di lui, ma li ignorò. Non si era aspettato un
rifiuto del genere, non quando aveva dato per scontato che il messicano, almeno
in nome di tutti gli affari che avevano concluso,
fosse pronto a offrirgli rifugio.
Era chiaro che
anche Sebastian non sapeva cosa dire: stava zitto, a guardarlo preoccupato e in
attesa che lui facesse qualcosa. Daniel non sembrava particolarmente colpito,
forse perché non si rendeva conto di ciò che quello comportava.
<< Provo con
gli altri >> disse all’improvviso William, riafferrando il cellulare,
<< Uscite >>.
I due lo lasciarono
solo, nella cucina silenziosa e spoglia, e lui cercò un altro numero nella
rubrica, sicuro che questa volta avrebbe trovato il suo aiuto. Garcìa in fondo doveva sempre averlo invidiato, e quella
era una ripicca per gelosia… Chi, di tutti quelli che aveva conosciuto, non
avrebbe dovuto invidiarlo?
Però, con rabbia e
fastidio, scoprì che Garcìa era stato solo il primo a
lasciarlo in balia dei suoi guai… Nessuno, degli altri quattro “vecchi amici”
che contattò, fu disposto a nasconderlo, a trovargli
un posto dalle loro parti dove stare per un po’ di tempo, a offrirgli un minimo
di protezione. E ben presto, si rese conto che doveva cavarsela da solo.
Di fronte
all’ennesimo rifiuto, gettò il telefono sul tavolo con stizza e rimase a
guardarlo forse sperando di poterlo distruggere con lo sguardo. Era furioso, furioso perché le cose con andavano come voleva lui.
Furioso, perché tutti gli avevano dato la stessa motivazione: niente soldi,
niente potere, niente amicizia.
“Finché gli garantivo clienti e favori
erano sempre pronti a fare gli amiconi… Che bastardi”.
Finché non c’erano
stati problemi, finché i poliziotti di Los Angeles e dintorni si erano lasciati
corrompere da lui, tutto era andato bene. Gli faceva comodo nascondersi sotto
l’ala dello Scorpione, che nel bene e nel male poteva garantirgli sempre una
via di fuga… Se c’era qualche problema, bastava rivolgersi a lui…
All’improvviso, si
rese conto delle parole di Garcìa: “Non sei più
nessuno, fattene una ragione”.
“Se non fossi veramente più nessuno, gli sbirri non mi
starebbero alle calcagna…”.
Forse no, rimaneva
ancora lo Scorpione, ma ciò non toglieva che non aveva davvero più niente.
Tutti i suoi piloti, i suoi scagnozzi, stavano dietro le sbarre; tutte le sue
auto erano state sequestrate e molto probabilmente rivendute; aveva perso tutti
i contatti con le sue conoscenze più influenti; e non poteva più contare sulla
montagna di soldi che aveva avuto fino a due anni prima. E in fondo, cos’era
sempre interessato ai suoi “amici”?
Il suo potere,
nient’altro.
Lo sapeva, lo aveva
sempre saputo, che i soldi compravano la fedeltà e l’aiuto, e ne aveva fatto la sua forza. Ci aveva sempre visto giusto, sotto quel
punto di vista… Tranne con Irina, ma quella era
un’altra storia.
Ora che non aveva
più il suo potere, nessuno voleva più avere a che fare con lui. Era diventato
un personaggio scomodo, perché la polizia lo inseguiva e perché non aveva più
niente da offrire. Finché non fosse tornato quello di una volta, non avrebbe
più potuto contare su nessuno.
Però, c’era una cosa di
cui non avevano tenuto conto: forse non aveva più i suoi soldi e la sua Black List, ma rimaneva sempre e
comunque lo Scorpione. E non avrebbe dimenticato; non avrebbe perdonato. Con o
senza auto di lusso, avrebbe sempre agito nello stesso identico modo.
Ghignò, tirando
fuori la pistola che aveva in tasca.
“Non ho bisogno di nessuno, posso cavarmela da solo. Ma in ogni caso, una visitina di cortesia la faccio comunque, dalle
loro parti”.
Si passò una mano sul
volto e decise di rimandare quella questione a più tardi. Ora doveva occuparsi
di Blacktree e della sua paga.
Andò in soggiorno,
una misera stanza con un divano e qualche sedia, più un vecchissimo televisore rotto
e una vetrina piena di bicchieri impolverati, e si sedette, la valigetta dei
soldi in mano. La appoggiò sul tavolino traballante e la aprì lentamente. Marissa, Blacktree, Sebastian e
Daniel lo guardavano in silenzio.
<< Come
abbiamo pianificato, vi devo i vostri centomila dollari, più i cinquantamila
per la fuga supplementare di Daniel >> disse,
serafico, << Contando l’acconto di altri cinquantamila, siamo a duecento…
Corretto? >>.
Blacktree, da dietro i suoi
occhiali, assunse un’aria famelica e annuì.
William contò le
mazzette di denaro e gliele passò. Blacktree allungò
la mano e le prese, lasciandone una per Marissa. La
ragazza la incassò con aria soddisfatta.
<< Ora siamo
a posto, le nostre strade si dividono >> concluse
William, assumendo un’espressione seria.
Marissa e Blacktree si guardarono in faccia.
<< Avevamo
idea di rimanere qui per la notte >> disse l’uomo, << Domani
mattina prendiamo un taxi e ci facciamo portare a San Francisco… Non avevamo
previsto che fossimo costretti a seguirvi >>.
William guardò
l’uomo, infastidito. Averlo ancora tra i piedi non era nei suoi piani,
soprattutto quando aveva in progetto un’ultima cosa per l’indomani mattina. Poi
spostò lo sguardo su Marissa, e ci ripensò:
l’occhiata languida che gli lanciò la ragazza lo convinse a cedere a quella
richiesta in vista di una più che lauta “contropartita”.
<< Fate
quello che volete >> disse, alzandosi. << Noi domani mattina ce ne
andiamo… Buona notte >>.
Raggiunse la camera da letto, dimessa come tutto il resto della casa, e
si guardò nello specchio appeso all’armadio. Ora che era la tensione si era
allentata, iniziava a sentirsi di nuovo dolorante: i muscoli del collo erano
indolenziti, e la testa gli pulsava ancora un po’.
Notò con piacere
che c’era un televisore, e che aveva l’aria di essere funzionante. Lo accese,
curioso di vedere cosa avrebbero detto di lui.
Il mezzobusto del
telegiornale della notte salutò il suo pubblico con aria annoiata, poi passò a
commentare le notizie più importanti. I servizi dei vari inviati passarono
sullo schermo un po’ più scoloriti del normale, mentre William li guardava con
scarso interesse, sdraiato sul letto molle e quasi sfondato.
<< E questo
pomeriggio, lungo l’autostrada in direzione Sud, si è verificato uno spaventoso
incidente a catena, che ha coinvolto diverse auto >> disse finalmente il
mezzobusto, e William drizzò le orecchie, << Il bilancio è di tre morti e
dodici feriti, e il traffico è rimasto bloccato per diverse ore. La causa pare
sia il colpo di sonno di un’autista… >>.
William rimase
interdetto: colpo di sonno? Ma quale colpo di sonno: e
la sua spettacolare fuga che fine aveva fatto?
Deluso, ascoltò il
giornalista spiegare in modo spiccio di come si era verificato l’incidente, e
poi passare a notizie meno importanti. Del suo inseguimento lungo l’autostrada
nemmeno l’ombra.
“Non vogliono far sapere in giro che sono scappato…” pensò, “L’F.B.I. vuole
insabbiare la cosa… Tanto meglio: nessuno saprà che sono fuori e che sto per
andare a prendermi la mia vendetta”.
Si alzò e spense il
televisore, di cui non aveva il telecomando, ei stiracchiò, sentendo
scrocchiare le ossa; poi si accorse che c’era qualcuno appoggiato allo stipite
della porta, nella penombra. Era Marissa.
Sorrise. In fondo,
se lo aspettava. La squadrò, sentendo che i due anni chiuso in cella si
facevano sentire anche da “quel” punto di vista, e il suo sguardo famelico
indugiò sulle sue gambe fasciate dai jeans aderenti.
“Non è Irina, ma è comunque una donna…” si ritrovò a
pensare, prima ancora di rendersene conto.
<< Nemmeno tu
riesci a prendere sonno? >> chiese la ragazza, gettandogli un’occhiata
eloquente.
William ghignò.
<< Ho dormito due anni di fila, chiuso in cella >> rispose, sapendo dove sarebbero andati a parare.
<< Credo di
conoscere un metodo per aiutarti… >> sussurrò Marissa,
avvicinandosi.
William sorrise:
quello era l’unico fuori programma del suo piano che poteva gradire.
Spazio Autrice
Oh, ed eccomi qui.
Questa volta ci ho messo un po’ di meno, perché ero particolarmente ispirata: praticamente un intero capitolo su William. Le sue fan
saranno entusiaste, immagino…
Allora, a parte la
fuga in vero stile Scorpione, ciò su cui vorrei mettere l’accento è il fatto che William pensava di uscire e avere tutti ai
suoi piedi, invece sembra proprio che nessuno voglia avere più a che fare con
lui… Non che la cosa lo spaventi più di tanto, ma sarà di vitale importanza per
fargli capire alcune cose… Vedrete. Poi, avete notato verso chi è andato a
finire il suo pensiero, quando si è trovato davanti Marissa? Eh, è partito il paragone con Irina, e William non
si rende conto di cosa significa (io naturalmente sì… J )…
Per il resto,
cercherò di scrivere il prossimo cap e postarlo prima
di partire (cioè sabato prossimo), per poi eclissarmi per due settimane: farò
del mio meglio, ma non garantisco niente.
Dust_and_Diesel: perché lo chiami delirio? E’ tutto molto
verosimile, ciò che dici. Sì, Dimitri vuole bene a Yana,
e naturalmente cerca di nasconderlo in tutti i modi. Il suo passato è contorto,
ma è proprio quello che lo ha reso quello che è ora…
Per capirlo, bisogna conoscere ciò che ha vissuto. E credo che sia chiaro che è
qualcosa anche di molto doloroso. Per quanto riguarda Twilight,
sono contenta che tu sia d’accordo con me: ho letto tutti i libri anche io, e non nego che mi siano piaciuti, e su questo sito
un terzo delle fic sono su quello… Penso che ormai
possa uscirci benissimo dalle orecchie. Ma sono gusti, alla fine ( e poi, non mi piacciono le storie con personaggi già
inventati: meglio essere originali, no? ). Baci!
Supermimmina: eh eh,
vedo che l’argomento “fantomatica donna di Dimitri” ti attira molto… Non ne
dubito, visto come è fatto il russo: come mai potrebbe essere la sua donna
ideale? Ma soprattutto esiste, e l’ha già incontrata?
Io ti consiglierei di non soffermarti solo su questo, perché la storia non è
così scontata come appare. Ci sono molte cose sotto, e Dimitri non è poi così
schizzinoso come sembra… Ti ho dato abbastanza da pensare? Per il momento fai
quello, ti schiavizzerò più avanti J! Bacioni!
Noemi_lii: ah ah ah,
ma grazie! Mi dispiace che tu abbia perso una notte di sonno pur di leggere le
mie storie (però sto gongolando…), però se ti sono piaciute… E mi fa anche piacere che tu mi abbia lasciato una recensione,
naturalmente. Continua a seguirmi, e a farmi sapere se continua a piacerti! Baci!
DarkStar: perché quando vedo le tue recensioni, mi si illuminano gli occhi? E non ti preoccupare proprio del
ritardo, perché quella è l’ultima cosa a cui penso. Ahahah, non pensavo che bastasse un cimitero per farti
frullare di idee così, su Dimitri: potresti azzeccarci
come no, ma non nego che tu abbia intuito parte del suo passato. Il nostro
russo di ghiaccio ha un bel po’ di cose da nascondere… Ti chiedi se Irina
potrebbe prendere una cotta per lui? Uhm, ora come ora non saprei, ma mi chiedo
cosa mai accadrà se dovesse succedere “qualcosa” tra i due: Xander
sarebbe l’ultimo dei problemi. Dovrei vedermela con metà delle fan di William
che direbbero: perché con lui no e con Dimitri sì? E poi con le fan di Irina,
che penserebbero: gli mette le corna a Xander, ma
siamo matti???? E le fan di Xander
che direbbero… ma lo consoliamo noi!!! Ah ah ah,, a parte gli scherzi, si vedrà… E se Xander non ti manca, devo ammettere che non manca molto
nemmeno a me. Ora sono presa da Dimitri e William (sono abbastanza volubile,
eh?). Fammi sapere se ti è piaciuto questo cap tutto
dedicato allo Scorpione! Baci!
CriCri88: anche tu non senti la mancanza di Xander… Nemmeno io, a essere sincera, ed è un pensiero
abbastanza diffuso. Povero, mi dispiace per lui, ma Dimitri gli sta rubando le
fan… Non le biasimo, comunque. Il russo ha un certo fascino… Come il suo
passato misterioso, d’altronde. Ma non pensare alla
fedeltà, questa volta non centra… Perché? Lo scoprirai più avanti… Baci!