Per
te, donna di malafede.
Ti voglio bene.
CAPITOLO 22
Wake up
Look me in the
eyes again
I need to feel
your hand upon my face
Stateless,
Bloodstrem.
«Questo
posto è… magnifico.» mormorai
guardandomi intorno.
«Amo venire qui. Oramai questo tavolo
è… come se fosse mio.» rise
sommessamente.
Corrugai la fronte, posando le posate sul patto e posando il tovagliolo
si
stoffa color avorio sulle labbra. «Quindi suppongo tu abbia
portato qui molte
ragazze.» dissi chinando appena lo sguardo, prima di posarlo
ancora, titubante,
sul suo viso.
I suoi occhi ardevano come fiamme blu. «No. Sei la prima.
Vengo qui da solo.»
«Devo crederti?» chiesi seria senza scostare il mio
sguardo dal suo.
«Sì.»
Non v’era traccia di menzogna nei suoi occhi limpidi,
così sorrisi prima di
sfiorarmi collo e riafferrare la forchetta. Mentre mi portavo alle
labbra un
gamberetto, abbozzai un sorriso. A Robert, non sfuggì.
«Perché sorridi?» chiese curioso
inclinando appena il capo.
Masticai lentamente, guardandolo negli occhi. Poi voltai lo sguardo,
guardandomi intorno. «E’ un posto da mozzare il
fiato.» esordii. E così era. Ci
trovavamo in un lussuoso ristorante nel centro della città.
Una terrazza ornata
di rose, gigli ed orchidee. Illuminati dalla fioca luce di lanterne.
Oltre la
ringhiera di ferro nero, la città si stagliava possente.
«Perché io?» chiesi desiderosa di
risposte.
«Uhm... bella domanda. Non lo so. Forse lo stesso motivo che
mi spinge a fare
questo.» disse carezzandomi la mandibola con i polpastrelli.
«O questo.»
continuò baciandomi il dorso della mano, senza staccare i
suoi occhi dai miei.
«O ciò che mi ha spinto a
baciarti…» indugiò un attimo, come a
corto di parole.
Fece un sospiro. «Ciò che mi ha spinto a cercare i
tuoi occhi ogni giorno. Ciò
che mi ha spinto a passare il weekend alla locanda. Non lo so, Laira.
So solo
che se non avessi fatto tutto ciò, l’avrei
rimpianto. Dolorosamente.»
Le sue inaspettate parole mi colsero di sorpresa, lasciandomi
interdetta, col
respiro corto. Mi colpirono in pieno viso, come una secchiata
d’acqua fredda.
Per qualche inspiegabile motivo, il mio cuore accelerò i
suoi battiti, dandomi
alla testa.
«Oh.» mormorai.
Robert scosse il capo e sospirò, frustrato. «Solo
“oh”?» chiese prima di posare
il suo sguardo sul mio.
Cercai di reprimere, inutilmente, un sorriso. «Se non ci
fosse il tavolo ad
impedirmi i movimenti ti bacerei.», sorrisi.
Robert rise, inclinando poi il capo di lato, perdendosi in un sospiro.
Poi si
alzò leggermente dalla sedia, sporgendosi sul tavolo e
posando le sue labbra
morbide sulle mie. Una miriade di farfalle spiccarono il volo
all’interno del
mio stomaco e tutto, intorno a me, parve sparire. C’erano le
sue labbra,
plasmate delicatamente sulle mie, il suo respiro caldo sul mio viso
purpureo.
Sorrisi nel bacio e lui si allontanò appena, quanto bastava
per parlare. Le sue
labbra, sfioravano ancora le mie.
«Perché sorridi?» chiese con voce calda
e roca.
«Non c’è sempre un perché
nella vita, Rob. Certe cose accadono e basta.» sussurrai sfiorandogli la
mandibola con i
polpastrelli.
Lo sentii sorridere e, dopo aver baciatomi a fior di labbra, torno a
sedersi,
guardandomi con aria maliziosa. Le mie gote parvero prendere fuoco
sotto il suo
sguardo. Mi sfiorai il collo con una mano, imbarazzata.
«Sai… le orchidee sono i miei fiori
preferiti.» dissi dopo aver masticato un
altro boccone.
Robert si voltò, allungando la mano verso un vaso per
prendere un fiore. Poi mi
porse la bellissima orchidea.
«Si dice che quando si regala un’orchidea ad una
donna è come se fluttuasse su una
nuvola di infinite possibilità.»
mormorai
osservando le sfumature rose del fiore, sfiorandolo delicatamente con i
polpastrelli.
«Ed è vero?» chiese.
Alzai lo sguardo sul suo viso ed i suoi ardevano come fiamme
verdazzurro. «Sì.»
«Sono stata bene, questa sera.» mormorai voltandomi
a guardarlo.
Aveva appena spento l’auto e teneva le mani stretta al
volante.
Lui sorrise flebilmente senza guardarmi. Fissava le sue dita. Inclinai
il capo
e corrugai la fronte.
Forse la scelta più saggia sarebbe stata annuire col capo,
augurargli buona
notte e scendere dall’auto per poi varcare la porta di casa. Ma tutto ero, io,
fuorché saggia.
«Ehi, cosa succede?» mormorai sporgendomi appena
per guardarlo in volto. Il suo
viso era imperscrutabile. Non sapevo cosa pensare, confusa continuavo a
guardare i suoi occhi fissi sulle proprie mani. Poi, colpita dalla
verità,
sussultai. Mi si rivelò come un fulmine solitario che
illumina la buia campagna
durante un temporale. Fugace, violenta, crudele, improvvisa.
«Oh.» soffiai
indietreggiando appena,
senza poggiarmi allo schienale del sedile e, con la cena che si
rivoltava nello
stomaco, annuii piano col capo, più a me stessa, che a lui.
Come potevo esser stata così cieca? Come potevo esserci
cascata ancora?
Immagini di una vita passata presero a susseguirsi nella mia mente,
dandomi
alla testa, mozzandomi il respiro. Con la coda dell’occhio
vidi Robert
voltarsi, ma non presati attenzione all’espressione dipinta
sul suo viso. Mi
portai una mano sulla fronte, prima di sbattere più volte le
palpebre, scacciando
via lacrime di rabbia. Deglutii e posai la mano sulla maniglia. Fissai
un punto
indefinito del cruscotto, raccogliendo la poca voce rimastami.
«Non scomodarti.
Non ce n’è bisogno.» sibilai con voce
glaciale. Feci per aprire la portiera, ma
la sua mano strinse con forza il mio braccio, trattenendomi.
«Di cosa non dovrei scomodarmi.» chiese quasi
sorpreso. Non risposi subito. Mi
voltai a guardare la sua mano stretta al mio braccio. Accortosi dello
mio
sguardo omicida, come volessi all’istante mozzargli
l’arto, la fece scivolare
via.
Poi alzai gli occhi sul suo viso. «Non scomodarti a dirmi che
è stato un
errore.» mormorai con voce tremante, ferita dal suo sguardo
vacuo, posato sul
voltante.
«Cosa?» chiese con voce strozzata.
Non risposi, mi limitai a guardarlo negli occhi con sguardo duro.
Stupida, stupida, mi ripetei
cercando
di lottare contro lacrime di rabbia e delusione.
Respinta.
Poi Robert spalancò gli occhi. «Credi
sia stato un errore? Credi abbia
mentito?»
Ancora non risposi. La voce mi era bloccata in gola.
«Dio, Laira, sei assurda. Ti ho inseguita per così
tanto tempo. Ho atteso il
momento in cui ti sentissi pronta, perché lo sai, non
è sfuggito nulla. Ho
aspettato che il tuo passato non premesse più sulla tua
vita.»
Abbassai lo sguardo, poggiandomi con la schiena al sedile, meditando
sulle sue
parole.
«Laira…» gemette e sentii i suoi
polpastrelli sfiorarmi la mandibola.
Non mi voltai. Chiusi gli occhi, assaporando quel semplice e delicato
contatto.
«Non mi pento di niente. Ringrazio Dio, se davvero esiste, di
avermi condotto
da te.» mormorò. «Non potrei mai
ferirti.»
«Non dirlo, ti prego.» gemetti, mentre le lacrime
premevano per uscire, mentre
il ricordo di lui si faceva avanti
nelle mia mente. «Non anche tu.»
«Guardami, ti prego.» sussurrò al mio
orecchio, premendo il palmo della mano
sulla mia guancia destra e costringendomi a voltarmi.
I suoi occhi ardevano come fiamme blu e verdi, dandomi alla testa.
Erano
dannatamente vicini ai miei, tanto che potei perdermi in essi per dolci
istanti
infiniti. Il suo respiro caldo mi carezzava la pelle, quasi fosse una
mesta
carezza.
«Vorrei potessi leggermi dentro. Capire cosa sto provando
ora.» mormorò.
Afferrò con delicatezza la mia mano e se la portò
sul petto. Il suo cuore
martellava con violenza contro di essa, eco del mio.
Avevo il fiato corto ed abbozzai un sorriso. Poi presi
l’altra sua mano e me la
porti sul cuore.
«Grazie.» mormorai prima che, sorridente, posasse
le sue labbra calde sulle
mie.
«Ti chiamo domani.» mormorò carezzandomi
con la mani il collo e poggiando la
fronte sulla mia.
«Ne sarei felice.»
«Non ti libererai tanto facilmente di me, Laira.»
disse con voce suadente,
calda.
«Me la caverò.» risposi. Poi, sorridendo
e baciandogli la punta del naso, uscii
dall’auto.
Aprii la grande porta di ferro e legno e mi voltai a guardarlo.
Sorrisi. Mi baciai le dita della mano e alzai la mano a mo’
di saluto. Lui mi
strizzò un occhio, prima di ripartire.
Salii nel mio appartamento mentre milioni di farfalle si libravano
libere.
Mi sedetti sul letto
sfilandosi le scarpe e lasciandole ai piedi del letto. Mi
passai una mano sul collo nudo e mi portai la mani ai capelli
liberandomi delle
forcine. In pochi secondi una cascata di capelli, neri ed ondulati, mi
ricadde
sulle spalle. Sopirai e mi lascia cedere sul materasso.
Fra la mia palpebra
chiusa e l’occhio era intrappolata l’immagine del
viso di
Robert, del suo dolce e sincero sorriso.
Sorrisi flebilmente,
fra me, portandomi le mani sul viso.
Abbracciavo con
dolcezza il ricordo delle sue labbra calde sulle mie, morbide
come mousse.
Risi, agitando le
gambe in aria, godendomi il mio cuore palpitante d’affetto,
emozione, gioia. E intanto ridevo, ridevo con la bocca del cuore.
Ridevo felice
e spensierata come non succedeva da tempo. Voltai la sguardo alla
radiosveglia.
Segnava le due del mattino.
«Oh, al
diavolo!» esclamai gattonando sul letto e sporgendomi verso
il comodino
per afferrare il telefono. Pigiai il tasto per le chiamate rapide e
attesi
sorridendo.
«Pronto?»
borbottò la voce assonna di Andrew. «Non le hanno
insegnato che non
si chiama quest’ora?» biascicò poi.
«Neanche per
la dolce Laira?» chiesi in un risolino.
Per alcuni istanti non
udii altro che il suo respiro regola a pesante, tanto
che pensai si fosse riaddormentato. Alzai un sopracciglio ed aprii la
bocca per
parlare, ma Andrew mi precedette.
«Hai bevuto,
vero? Sai che non reggi l’alcool.»
sospirò.
M’accigliai.
«No, certo che no!» esclamai ridendo e reggendomi
la testa con una
mano, stesa sul letto.
«Allora devi
aver fatto uso di droghe.»
«Nah.»
dissi con una smorfia.
«Bevuto una
pozione ringiovanente?»
«Nah.»
«Hai visto i
conigli!»
Risi.
«Andrew!»
«Allora
dammi un motivo plausibile per non sgozzarti domani. Per quale motivo
tu mi hai… aspetta, non sei uscita con Pattinson
oggi?» chiese.
Sorrisi.
«Già.»
Mi alzai sul letto e
prendendomi un lembo del vestito con le mani, scoprendomi
le gambe fino al ginocchio, presi a saltare sul materasso.
«Cosa stai
facendo?» chiese confuso.
«Nulla.»
dissi sempre sorridente.
Andrew tacque per un
momento. «Stai saltando sul letto?» chiese e la sua
voce
era un suono acuto.
«Forse.»
dissi ridendo.
«Allora
è più grave di quanto pensassi.»
«Dai,
indovina.» dissi col fiatone.
«Ha fatto
ciò che penso?»
«Cosa
pensi?»
«Ti ha
baciata.»
«Sì!»
«Bene, ora
posso dire che sei una contraddizione vivente. Prima tremi ed ora
salti su un letto.»
«Sì,
lo so. Sarà l’ora.»
«Dimenticavo
che dai di matto quando non dormi. E credo tu abbia anche delle
ore arretrate. La pianti di saltare che sento malissimo!» mi
sgridò.
Mi bloccai
all’istante, sedendomi a gambe incrociate.
«Scusa.»
Ci fu un attimo di
silenzio in cui riflettei sul mio repentino cambiamento di
umore. Mi succedeva, dovevo ammetterlo, di sentirmi leggermente
euforica quando
non disponevo di ore sufficienti di sonno. Certo, se poi alle poche ore
di
sonno era associato un evento inaspettato, qualcosa che andasse oltre
le
aspettative della mia monotona vita, beh, le cose si complicavano. E
quello era
il caso.
Sfiorandomi le labbra,
ripensando con dolcezza al viso di Robert, sorrisi.
«Dai,
racconta.»
«Andrew…
credo andrò a dormire. Ne parliamo domani?»
Andrew
sbuffò. «Tu mi hai svegliato a quest’ora
del mattino per dirmi che ne
parliamo domani?»
«Sì,
in teoria sì.» mormorai.
Sospirò.
«Okay. Passo da te con la colazione. Laira?»
«Sì?»
«Era ora ti
baciasse.»
«Cosa?»
chiesi corrugando la fronte, confusa.
«Ne parliamo
domani?» chiese imitando la mia voce.
Risi.
«D’accordo. Ti voglio bene, Andrew.»
mormorai sorridendo con dolcezza,
come fosse davvero di fronte a me.
«Ti voglio
bene, Laira. Sempre.», e riappese.
Mi feci cadere sul
materasso, poggiando le testa sul cuscino. Chiusi gli occhi
e senza nemmeno accorgermene nel giro di pochi secondi mi addormentai.
L’immagine
del viso di Robert proiettata sulla palpebra chiusa del mio occhio.
*
Salve
gente. Eccomi qui, finalmente.
Purtroppo non ho molto tempo… i temi d’esame mi
chiamano a gran voce.
Perciò ringrazio di cuore gli angeli che hanno recensito lo
scorso capitolo.
Perdonatemi se non lo faccio a modo, ma prometto che nel prossimo
capitolo sarà
fatto. Avrò finito gli esami! *-*
Grazie: ginevrapotter, Sognatrice85, Piccola
Ketty, lazzari, mathi, Nessie93,
Ello, cris91,
Fairwriter e KeLsey.
Grazie.
Grazie di cuore.
Vostra,
con immenso affetto, Panda.