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Autore: Soul Sister    26/06/2010    4 recensioni
salve! questa storia è un EDWARDXBELLA. Edward e Bella sono migliori amici da una vita, sono cresciuti insieme. I Cullen e gli Swan sono una grande famiglia allargata. La loro amicizia è fortissima, indistruttibile. Bella è innamorata persa di Edward, e viceversa. Solo che per paura di rovinare tutto non hanno mai trovato il coraggio di dichiararsi. Un giorno Renèe fa una telefonata a Bella,una chiamata che sconvolgerà tutto: la vita dei protagonisti, l'amicizia... Tutto scombussolato.
Cosa succederà?
Spero che vi abbia incuriosito questo 'piccolo' spoiler.
Vi prego leggete, è la mia prima ff in assoluto!Spero vi piaccia. PS: STO MODIFICANDO I PRIMI CAPITOLI, CHI LA STESSE SEGUENDO,LE DIA UN'OCCHIATA. CREDO SIA MIGLIORE.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Open your eyes- Togli la maschera'
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OPEN YOUR EYES

EXTRA: ROMEO vs GIULIETTA?

Arrivai a scuola con il sorriso, oggi mi sentivo più felice del solito. Forse perché sapevo l’argomento della lezione di letteratura inglese, Romeo e Giulietta, uno dei miei testi preferiti. Speravo che il tempo passasse velocemente e che arrivasse subito la quarta ora.
“ciao Amber!” la salutai con entusiasmo. Lei mi guardò con uno sguardo carico di dispiacere, non sapevo però se fosse davvero sincero. Quel giorno ero così euforica che non riuscivo più a capire se le persone fossero sincere o meno.
“oh, Isa, scusa se stamattina non ho potuto passare a prenderti…” implorò. Le sorrisi, alzando le spalle: “Figurati, no problem.” Poi proseguii da Nikki e Ash, che erano poco più in là.
“siamo contente oggi.” Costatò Nikki, vedendo il mio sorriso cominciante da un orecchio e finente all’altro. “Già, oggi ‘Romeo e Giulietta’!”
Le mie amiche risero, sapevano che adoravo quella storia, gliel’avevo confidato io stessa, tempo prima. La classe di Nikki e Ash questa lezione l’aveva fatta la settimana prima. Era una specie di dibattito sull’argomento. Da loro, praticamente, aveva parlato solo la prof, con suo enorme rammarico. Alle mie amiche come lezione non era dispiaciuta. Io non avevo intenzione di stare lì solo come spettatrice passiva, mi piaceva ascoltare i pareri altrui, ma dovevo anche dire la mia. Soprattutto confrontarmi con persone che avevano le mie stesse passioni, e in questo caso la letteratura.
Sentivo che quella giornata non avrebbe potuto rovinarla niente e nessuno, nemmeno quell’idiota di Cullen versione stronzo.
Al suono della campanella ci dirigemmo all’interno dell’ente scolastico.
Beh, forse l’unica cosa davvero negativa della situazione – oltre il mononeurone* Cullen – era che il martedì avevo pure matematica. Era in assoluto la materia che più detestavo, anche più della biologia ( dato che avevo dietro Cullen, che mi faceva sempre richiamare), soprattutto perché non mi entrava in testa. Un tempo, quando pensavo ingenuamente che la mia vita fosse speciale accanto a quell’ameba, facevo ripetizione proprio con lui. Non che riuscissi a capire molto, anche perché, all’insaputa di mio padre- convinto che fossimo bravi e seri studenti- finivamo sempre per cambiare i programmi del pomeriggio, mettendoci a guardare un film in compagnia di bibite e pop-corn.
Vecchi, obsoleti tempi. Che ormai non mi appartenevano più. Tempi che se rivisitavo con i ricordi, mi portavano solo dolore, malinconia, rimpianto e ancora dolore.
Marciai fino alla mia aula, con una strana sensazione; la professoressa Phillips era famosa per interrogazioni e test a sorpresa, e purtroppo non le andavo troppo a genio. Io come il resto della scolaresca, sia chiaro. Solo un ragazzo era riuscito ad abbonirla, ed era proprio quel microcefalo con certificato di Cullen. Eh, quanto era dura la vita a volte. Entrai nell’aula e vidi la prof già in classe, insieme a altri due miei compagni.
“signorina Swan, pronta per il compito in classe di oggi?” la mia espressione doveva essere di puro terrore, perché un ghigno perfido si disegnò sulle labbra di quella strega. Cattiva e stronza come poche, era quella. Era zitella, infatti, - quasi impossibile provare un minimo di affetto per lei, in quanto non rispettava gli altri e godesse nel vedere il panico sui visi altrui- , e tutti i prof non erano d’accordo con quel suo modo di insegnare. Lo ritenevano troppo ‘bacchettone’, e non avevano tutti i torti. Benché anche gli altri non fossero troppo indulgenti, non raggiungevano la severità e la perfidia di quella donna nemmeno a volerlo. La professoressa Phillips era il terrore di ogni studente di questa scuola, eccetto che di ‘Leccaculo- Cullen’. Incredibile come quel sorriso riuscisse a incantare anche la stronzaggine e la perfidia fatte persona. Secondo me, ciò non aveva fatto che far crescere il suo ego a dismisura- ovvero facendolo diventare ancora più irritante, nonché più fastidiosamente fastidioso e strafottente nei miei confronti.
Deglutii a vuoto, annuendo lentamente. Proseguii e andai a sedermi al mio posto; tirai fuori subito il libro per ripassare – o meglio, studiare, dato che non avevo aperto libro. L’aula cominciò a riempirsi, e ogni studente che entrava sentiva la cattiva aria che girava nella stanza. Era difficile non notare gli sguardi terrorizzati – il mio per primo – dei ragazzi che erano lì da prima con me. Non ero l’unica che aveva sfruttato quei pochi minuti per conoscere il minimo dell’argomento che avremmo sviluppato nella verifica.
Una volta che tutti i banchi furono occupati, la Phillips cominciò: “Bene, ragazzi. Come sapete, oggi ho organizzato un test a sorpresa. Il lavoro è personalizzato per ognuno, chi ovviamente è più bravo, avrà quesiti pari al suo livello. È attitudinale, ma i voti li do’ comunque”. Un mormorio si levò tra i banchi, che per quanto fosse basso, le diede fastidio. “piantatela di comportarvi come una balbettante banda di babbuini balbettanti!” tuonò, lanciando un’occhiataccia alla classe. “vi chiamerò in ordine alfabetico; non aprite il fascicolo finché non ve lo dirò.” Uno a uno andammo là, e quando fu il mio turno, la sua espressione mutò un poco. Era un misto tra soddisfazione e perfidia. Non capivo il perché; il mio non doveva essere troppo difficile, in quanto ero un’incapace in matematica, e lei lo sapeva bene. Almeno, speravo.
“Avete due ore di tempo… da ora.” E dettò ciò, tutti aprimmo l’inserto. Guardai la prima domanda: ma che..? Sembrava il mio peggiore incubo. Non mi ricordavo di aver fatto cose del genere qui. Girai pagina, un altro problema, un altro punto di domanda. Infine, l’unica cosa che sapevo compilare era il mio nome.
Di sicuro era uno zero, il voto che avrei preso.
Rilessi il primo quesito, sperando che un qualche santo del cielo m’illuminasse. Ma niente. Io non.. aspetta. Quell’argomento l’avevo già affrontato, a Forks. Peccato che fosse uno di quelli di cui non capivo un fico secco. E il seguente mi ricordava vagamente un compito affidatoci dal prof al secondo anno di superiori.
Un momento.
Avevo il vago sospetto che la professoressa avesse volontariamente spulciato nel programma che avevo affrontato gli anni scorsi a Forks, ma non poteva aver azzeccato tutti gli argomenti in cui avevo delle lacune. Almeno che..
Almeno che il suo beniamino non l’avesse aiutata con i quiz.
Solo Edward sapeva quanta fatica avevo fatto per meritarmi la sufficienza piena negli argomenti difficili. Solo lui, perché – oltre a Alice, che in matematica non mi aiutava mai, in quanto non era una cima nemmeno lei – nessun altro mi dava delle dritte in queste materia.
Non riuscivo a crederci: ma quanto era diventato cattivo?
Tralasciando quanto fosse cambiato quello che era il mio migliore amico, spulciai nei miei vaghi ricordi qualche nozione datami da Edward- stronzo- Cullen.
Fortunatamente non avevo cestinato tutto ciò che avevo imparato gli anni scorsi, e tra vaghe formule e calcoli improvvisati, riuscii a terminare il test al suono della seconda campanella. Richiusi con un sospiro pesante il fascicolo, misi in spalla lo zaino e aspettai che gli altri consegnassero, dato che ero l’ultima ad aver finito.
La classe era ormai vuota quando diedi il libretto all’insegnante, che mi guardò con sufficienza. “bravo vero, il signor Cullen a dare esercizi?” e rise malignamente. Non le risposi, e voltandole la schiena uscii da lì. Poco importava che mi avesse messo uno zero. La detestavo.
Odiavo Edward Cullen, il suo cocco.
“ehi Isa, a te come è andata?” mi domandò Kristen, sorridente. “a me, benissimo, era semplicissimo!” esultò, felice.
“il mio era difficilissimo, eppure non sono brava in matematica” sbottai, arrabbiata.
“che strega che è quella donna. Non devi starle molto simpatica, ma chi può dire di essere sotto l’ala protettrice della prof ‘megera’?”. Cercò di tirarmi su il morale, ma non funzionò.
“grazie del sostegno, Kris, ma ora devo andare.” Sospirai, proseguendo spedita verso la nuova aula.
Come nei miei sogni peggiori mi comparve davanti Mr. Cretino in persona.
“Swan, ma che dispiacere vederti!” esclamò, solo il suo sorrisino mi faceva venire la voglia di prenderlo a schiaffi. Diceva: picchiami, picchiami!
“Sei così stronzo che mi verrebbe voglia di sputarti in faccia” dissi sincera, incenerendolo con lo sguardo. Lui fece una risatina sarcastica, per poi tornare a guardarmi con malizia.
“Swan posso farti una domanda?”
“se ci riesci, chiedi pure” risposi, preparandomi ad una frecciatina delle sue.
“Se uso il microscopio, riesco a vedere il tuo cervello?”
“Questa domanda se la pongono le persone che vedono te, non me. Sai che è illegale essere così irreparabilmente idioti, stronzi e cretini?”.
“ e allora perché non sei ancora in galera?” domandò, e li dovetti iniziare a contare i secondi per non perdere la mia pacatezza. Respiravo con calma, cercavo di mantenere il controllo di me stessa.
Non ero una persona violenta, io.
Mi dovevo iscrivere ad un corso di Yoga, o un giorno di questi l’avrei mandato all’ospedale. Ne ero capace.
“ah.” Mi ricordai “ grazie di aver aiutato la prof con la scelta degli esercizi per il mio quiz a sorpresa.” Lui alzò le spalle: “dovere”.
“ma vai a quel paese, va.” Gli dissi, sorpassandolo diretta alla mia classe.
“ci vediamo in classe, Ameba!” esclamai poi, ma non sentii la sua risposta perché ero già nell’aula. Ero in ritardo, ma il prof ancora non c’era. Mi sedetti vicino ad Amber. “ ehi, perché Taylor non c’è ancora?” le chiesi, mentre lei si smaltava le unghie con lo smalto rosa shocking. “belle, mi piacciono così” commentai poi.
“grazie!” mi sorrise, posando l’attenzione su di me. “Comunque, è assente. Non lo sapevi? Questo fine settimana è andato in gita con le seconde a Sidney. Sai che lui si vantava di essere quel grande surfista, no?” annuii, divertita.
“me lo immagino, non sa nemmeno fare due passi senza inciampare!” esclamai, facendo ridere la mia amica. “già, appunto! Un ragazzo l’ha sfidato, e lui ha accettato. Si è fatto male.” Si strinse nelle spalle. “niente test lunedì, perlomeno.”
Avevamo l’ora buca, ma rimanevamo tranquilli nella classe. Ognuno si faceva i fatti suoi, senza badare a ciò che gli altri combinavano. Tirai fuori dalla tracolla il mio Ipod e misi le cuffie nelle orecchie. La musica era al massimo, ma il suono della canzone che stavo ascoltando era così delicato che non poteva dare fastidio.
Claire de lune.
La nostra canzone.
Quella stessa musica che lui mi aveva sempre suonato, dicendomi che la nostra amicizia era infinita come le volte che lui aveva fatto vibrare le note di Debussy nell’aria.
Certo, infinita. Era bastato che fossimo abbastanza distanti, per odiarci. Non c’eravamo fatti niente di male, ma da quel primo incontro a scuola non c’eravamo più sopportati. Io.. io sinceramente non avevo nulla contro di lui. Io tenevo alla nostra amicizia. Ma a lui non interessava, lui mi odiava, lui mi aveva spezzato il cuore.
Da quando mi ero trasferita, non c’era giorno che lui, che loro, non tornassero nella mia mente, ferendomi il cuore. La fioca, debole speranza che il mio amore per lui scomparisse era morta quasi subito. Perché, nonostante tutto, io non riuscivo a non amarlo incondizionatamente. Gli rispondevo male, lo insultavo, ma era un modo per nascondermi, per difendermi. Non avrei retto senza la mia maschera.
Edward era il mio fottutissimo primo amore.
E sfortunatamente comportava una serie di problemi, che a distanza di tempo, non riuscivo a risolvere.
Già, fottutissimo.
Era come un tormentone dell’estate; quando cerchi di levartelo dalla testa, inspiegabilmente non ci riesci. E benché tu voglia liberartene, anche a costo di prendere delle capocciate sul muro, sai che ti sentiresti vuoto senza. Strana la vita.
Edward era il mio tormentone. Ma lui non sarebbe stata una moda per il mio cuore, che poi, finita la stagione sarebbe diventata ‘out’. Lui era incredibilmente, sfortunatamente sempre ‘in’. Era uno stile eterno, di quelli che persistono sempre in alto alla classifica.
Senza che nemmeno me ne accorgessi, il mio scudo si era abbassato. Il segno evidente della mia vulnerabilità: una lacrima. Era riuscita furbescamente a rigarmi la guancia, senza che potessi fermarla. Stupida e inutile goccia salata.
La asciugai, con rabbia quasi.
In quel momento, tra i miei compagni, accanto alla mia amica, mi sentivo sola.
Beh, una persona che tiene a te dovrebbe accorgersi che qualcosa non va, soprattutto se è evidente. Qui io potevo mettermi ad urlare, e nessuno mi avrebbe veramente ascoltata. Ne ero certa.
Era un gioco di popolarità e amicizie false, una gara a chi conquistava più ragazzi e a chi aveva la simpatia di certe persone, anche a costo di ferirne altre.
Ero stufa di tutta questa ipocrisia, eppure non potevo farne a meno. Stavo diventando un manichino, assoggettata dal mio copione, una parte che mi ero scritta da sola. E mi pentivo di averlo fatto.
Avevo bisogno di figure davvero amiche. Sincere come Nikki e Ashley. Ma forse volevo solo che tornasse tutto come prima. Avrei sopportato anche il dolore per l’amore non corrisposto, pur di averlo di nuovo vicino a me. Pur di avere di nuovo l’amicizia di Alice, Rosalie, Emmett e Jasper. Pur di rivedere il sorriso amorevole di Carlisle e Esme. Pur di poter riabbracciare mio padre.
Non dovevo pensarci. Scossi la testa, per scacciare quei pensieri tristi. Come invocata, suonò la campanella.
Andai in bagno, prima di andare alla penultima, tanto attesa, ora.
Il mio viso era pallido, le occhiaie marcate e gli occhi spiritati. Dovevo ringraziare Edward, per tutto questo.
Grazie Edward!
Mi sciacquai la faccia con l’acqua fredda, e rabbrividii. Il mio viso, nonostante l’avessi ravvivato un po’, era sempre segnato dalla tristezza e dal dolore.
Avevo bisogno di sfogarmi, un incontenibile bisogno di sfogarmi.
Lo odiavo.
Odiavo quel verme del ragazzo che amavo.
Ero una continua contraddizione, con i miei pensieri.
Lo odiavo e lo amavo.
Volevo che tornasse tutto come prima, ma non volevo amarlo di nuovo.
Desideravo sfogarmi, ma non potevo.
Già.
Raccolsi la tracolla, cercai di fare un accenno di sorriso, e uscii. Quasi correndo, raggiunsi l’aula di Letteratura. Positività, entusiasmo: ecco cosa mancava ora nella mia vita. Tutto quello che riusciva a trasmettermi con un sorriso o una battuta, la mia meravigliosa ex famiglia allargata.
La classe era ancora mezza vuota, perciò avevo libera scelta di posto.
Mi misi a sinistra, rispetto alla cattedra della prof Callaway, che in quel momento canticchiava tre sé.
Era la prof che più stimavo e rispettavo. La ritenevo un mito, era una di quelle persone che ti accettano per quello che sei e anzi, ti faceva sentire migliore di quello che eri. Era esattamente il contrario della Phillips, che ti faceva sentire insignificante e al posto sbagliato. Queste due prof erano costantemente in conflitto, poiché avevano delle idee completamente differenti: una era buona, gentile, che cercava di incoraggiarti ed era contraria all’annientamento della stima di una persona; l’altra ti smerdava, faceva si che ti ritenessi una nullità, cattiva e sadica.
“allora, Isabella, pronta per il dibattito sull’opera più famosa di Shakespeare?” domandò, pimpante, avvicinandosi al mio banco. “prontissima, professoressa.” Dissi sicura, rivolgendole un sorriso sincero. Lei ricambiò, poi tornò alla cattedra.
Per ultimo, come sempre ovviamente, Edward arrivò in classe.
“buongiorno, ragazzi. Lei, signor Cullen sempre in orario, vedo.” Lui sorrise a mo’ di scusa.
“bene, molti di voi già sapranno cosa faremo oggi: un dibattito su ‘Romeo e Giulietta’..” guardò la classe.
“no, che pizza!” Bryan Mitchell aveva detto la sua al compagno di banco in un modo assolutamente non discreto, sicché l’avevano sentito tutti, e ovviamente anche la prof. “ Bryan, chi ha scritto ‘Romeo e Giulietta’?” incalzò la prof.
“ohmmm… Leonardo Di Caprio?” alzai un sopracciglio, scettica: ma si poteva essere più cretini di così?
“no, ignorante, quello è un attore!” esclamò Edward, il tono era fintamente divertito, la sua espressione era a dir poco indignata. La classe però la prese sul ridere, anche Mitchell.
“Edward.” Lo richiamò la prof bonariamente, e lui chiese scusa. “comunque, una persona più furba che sappia qualcosa, potrebbe rispondere? Edward!” chiamò.
“ William Shakespeare.” Rispose lui semplicemente.
“sai dirmi qualcosa di più?” chiese ancora la Callaway.
“è una storia d’amore, rapida, dal finale tragico. I due amanti, Giulietta e Romeo, appartengono a due casate nemiche di Verona..” la prof lo bloccò, e fece continuare me. “ I Montecchi e i Capuleti. Lui di una famiglia, lei dell’altra. Si conoscono ad un ballo organizzato dal padre di quest’ultima, in occasione del fidanzamento di Giulietta con Paride, un nobile che aveva chiesto la sua mano.”
“ stringiamo un po’: quella sera si incontrano, il giorno dopo si sposano, il terzo muoiono.” La prof fece un attimo di pausa. “ Lei non è morta, finge di esserlo, per poi tornare dal suo amato. Per uno strano scherzo del destino, lui crede che sia morta davvero, e si toglie la vita. Lei, al risveglio, trovandolo morto, si uccide a sua volta. Ora, voglio i vostri pareri”. Disse, alzando lo sguardo sulla classe, in silenzio tombale. Edward parlò: “Romeo è solo un rammollito, non avrebbe dovuto suicidarsi, soprattutto perché lei era viva.”
“ non sono d’accordo.” Intervenni io. “ Romeo era sinceramente innamorato di Giulietta. Lei era diventata tutta la sua vita, lui non avrebbe potuto vivere senza di lei. Ha voluto seguire la donna che amava anche nella morte.”
“ si, insieme fino alla fine, guarda.” Disse lui, a mo’ di presa in giro, il che mi diede fastidio. “ Non doveva suicidarsi. Se avesse aspettato solo un secondo di più, Giulietta si sarebbe svegliata e sarebbero scappati insieme. Ma poi era una cavolata la messa in scena della presunta morte di Giulietta. Bastava dire la verità: siamo sposati.” Ormai non era più un dibattito della classe, ma solo mio e di Edward.
“no, Edward, sai che non è così semplice. Ma scusa, tu chi sei per giudicare le scelte dello scrittore? Voleva che il loro amore fosse più potente della morte, ha voluto far riappacificare le due famiglie nel modo più semplice.”
“nel modo più meschino, direi. Bastava il matrimonio dei figli. Isabella, cresci, non puoi sempre attaccarti alle fantasie. Nessuno, nemmeno il più innamorato, sarebbe così disinteressato nel dare la propria vita per la persona che ama. L’uomo è egoista di natura. Nemmeno tu riusciresti a farlo.” Scoppiai. Non aveva il diritto lui, di parlare d’amore. “ Ma cosa ne sai tu, che non hai mai amato nessuno?! Sei solo invidioso, il fatto è che ti rode non sapere cosa sia l’amore, Edward. Cresci tu, e smettila di fare il bambino.”
Lui digrignò i denti: “tu parli tanto, ma non sai niente. Ti credi tanto profonda, credi di essere migliore di me. La realtà non è quella che ti sei costruita da sola, leggendo libri e guardando film. La vita è crudele e spietata, ma tu ancora non l’hai capito. La verità è che non vuoi capire”.
Le parole erano sincere, convinte, e trapassarono la barriera, colpendo il mio cuore.
Stavo per rispondere, quando la mia attenzione fu catturata dalla mia migliore amica di un tempo. Alice si accasciò sul banco; era pallida, troppo, quasi verdognola. Volevo correre da lei, abbracciarla, starle vicino. Ma non potevo farlo..
Edward le fu subito vicino, e mezza classe si mise intorno a lei. “Ragazzi, lasciatela respirare. Chiamate l’infermiera.” Esclamò la Callaway.
Edward le scostò la frangia dalla fronte. Vedevo il suo volto contorto dall’ansia e dalla paura. Era il vecchio Edward, quello iperprotettivo nei confronti della folletta troppo esuberante.
Quell’immagine di Alice smorta, mi tolse tutte le forze. Non potevo vederla così.
Di nascosto tirai fuori il telefono.
To Amber: Chiama Jasper, digli che Alice è svenuta. Ha bisogno di lui.
E inviai. Pochi secondi dopo, un Jasper tutto trafelato entrò in classe, seguito da Rose e Emmett. “Amber mi ha detto che Alice è stata male, cos’è successo? Piccola, tesoro?! ”. La chiamò Jasper, preoccupato e teso.
“ Jasper, portala in infermeria, tu che sei il suo ragazzo”. La prese in braccio, e uscì dall’aula. Al suono della campanella,pochi istanti dopo, tutti si dileguarono.
Tutti a parte Edward.
Mi osservava, con una strana espressione in volto.
“Amber non è una veggente.” Disse, solamente. “Perché lo hai fatto?”
“chi ti dice che l’abbia avvisata io?”mi scrutò intensamente, sapeva ancora bene come leggermi. Però non capiva la cosa più semplice di tutte.
“forse perché le voglio bene.”


*Angolino autrice*
Ecco qui il primo 'extra' della storia, nel periodo in cui Edward e Bella amavano scannarsi a vicenda ^^"
Si vede qui che Bella non ha smesso di amare Edward, e che non ha dimenticato comunque la sua famiglia. Diciamo che la mente di questa giovane è un po' contorta: ti odio e ti amo, ti picchio e non ti voglio far del male.. xD
Beh, che ci volete fare: era depressa!
In questo extra, Edward si è lasciato andare, si vedeva un po' che la sua era una maschera. Ma loro, no! Prima che lo capiscano, campiamo cent'anni! ^^" xD
Devo dire che mi sono divertita - ma anche indepressita - a scrivere questo capitolo.
Adoro farli litigare. Chiamatemi sadica, ma amo quando i protagonisti arriverebbero volentieri alle mani.^^ xD Sono peggio della Phillips! Oh my Volvo! 0.0
Nei punti tristi di Bella, invece, ho sfogato tutta la mia tristezza per la fine della scuola. Chiamatemi pazza, ma è così: ormai, ho finito la terza media, e mi mancherà moltissimo la mia classe, massiccia fino all'osso. Non voglio perdere i miei amici, e un po' mi sono messa nei panni di Bella, che ha perso tutti quelli a cui voleva bene, anche se nella storia decide lei. Ma ricordiamo Renèe, quella cattivona. U.U xD
E poi, non so cosa mi è capitato, ma ho fatto stare male il mio idolo, povera Aliciuccia *-*. MA NON SI PUO'! Sono partita ormai. E sadica, perfida come poche. 0.0
Ma.. Don't worry, be happy! Alice si è ripresa subito dopo, era un semplice calo di pressione, ma sentiva l'ansia di Cip e Ciop che discutevano e... BOOM, Alice è crollata fisicamente ed emotivamente. Puaretta.
* Mononeurone: cito la mia ormai ex prof di mate, sigh ç_ç, fanatica di Hallo Kitty, caffè dipendente, che beve per dimenticare. Cavolo, era un mito. Beh, ecco, il mononeurone è diviso in 13 individui del genere maschile della mia classe. U.U
Ho divagato troppo. Mi dispiace, avete subito già troppo scleri mentali della sottoscritta.
GRAZIE A CHI SEGUE ANCORA, CHI HA RECENSITO LO SCORSO CAPITOLO, E CHI ANCORA TIENE QUESTO OBBROBRIO TRA I PREFERITI. GRAZIE INFINITE!
Ciau, Giorgia.^^

  
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