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Autore: LunaMirtilla    13/09/2005    1 recensioni
Tutto può succedere. Anche che un ragazzo pacifico come Tom Riddle diventi l'essere più spietato del mondo dei maghi.
Ma come?
La mia prima storia seria, con la quale voglio dimostrare che ogni cosa ha un perché, anche se crudele, e che nel mondo non sono sempre i buoni a vincere.
Avvertimento: forse questa storia può risultare incompatibile con la serie di Harry Potter. Questo perché l'ho scritta basandomi solo sui primi cinque libri della saga. Per cui, vi prego di non considerare tutti i particolari del sesto e settimo libro che potrebbero smentire la mia versione.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tom Riddle/Voldermort
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era un sogno.
Solo un altro di quegli stupidi incubi, niente di cui preoccuparsi.
E allora perché Tom continuava a pensarci dall'inizio della lezione di Storia della Magia?
Cominciò a ripetersi di dimenticare quelle immagini e concentrarsi sui suoi appunti.

Nel 1753 la Prima Alleanza dei Goblin crollò a causa dei pesanti tributi che il Ministro Adehl Follet aveva imposto alla popolazione di Little Green, una città abitata in gran parte da mhenski e goblin. Il Capo supremo mhenski riteneva infatti che...

La penna si fermò a metà della frase.
Non riusciva a scacciarsi quei pensieri bui dalla testa.
E se davvero non fosse stato solo un sogno?
Se quelle immagini non fossero altro che una premonizione, qualcosa che avrebbe compreso solo in futuro?
La voce piatta e monotona del professor Ruf (in carne ed ossa), serpeggiava per l'aula come un fastidioso ronzio.
-Così, il 5 Agosto del 1754 i Consigli Riuniti del Ministero della Magia attuarono delle riforme a favore degli esseri magici per calmare le acque ed allentare la tensione che si stava creando tra...- No, non poteva essere così...
Tom non conosceva nessuna delle persone che aveva visto nel sogno.
Allora cosa ci facevano nella sua testa?
-Nonostante ciò, sei mesi dopo...-
Il professor Ruf alzò lo sguardo dai suoi appunti e prese a fissare Tom. -Cosa c'è, Riddle? Perché non sento la sua penna grattare sulla pergamena?-
Maledizione.
Si era fatto riprendere dal professor Ruf? Doveva essere proprio evidente che pensava ad altro. Il professore di Storia della Magia era solito continuare a leggere i suoi appunti indisturbato anche se l'intera classe si alzava ed usciva dall'aula.
-Ehm...- rispose, quasi prontamente -non mi sento molto bene. Temo sia a causa dei fumi di Artemisia che ho usato durante la lezione di Pozioni.-
Ruf lo squadrò con attenzione.-Beh- ammise -è un po' pallido. Forse dovrebbe recarsi in Infermeria. Poi potrà farsi prestare gli appunti di un compagno.-
Perfetto.
-Sì- rispose Tom fingendosi dispiaciuto -seguirò il suo consiglio, professore.-
Si alzò, ripose penna e pergamena nella borsa ed uscì dall'aula, richiudendo la porta dietro di sé.
Camminò velocemente, finché il suo orecchio smise di captare il ronzio monotono del professor Ruf, e l'unico suono che echeggiava per i corridoi deserti fu il rumore intermittente dei suoi passi sul pavimento di pietra.
Forse non era stata la cosa più corretta da fare. Forse sarebbe stato meglio rimanere in classe e tentare di concentrarsi unicamente sulla lezione, senza che i suoi stupidi incubi infierissero sulla sua vita scolastica.
Facile a dirsi.
Imboccò automaticamente il corridoio che portava alle scale, e salì la rampa che portava all'Infermeria. Poi si fermò.
Ma cosa stava facendo?
Non doveva andare all'infermeria. La faccenda del mal di testa era solo una scusa!
Giusto.
Cercò di concentrarsi almeno per qualche secondo su qualcosa che non fosse il suo sogno.
Poteva tornarsene al dormitorio di Serpeverde. Sì, forse sarebbe stato abbastanza fortunato da non incrociare nessuno per i corridoi che gli facesse troppe domande. Dopotutto era un prefetto, nessuno si sarebbe insospettito troppo vedendolo girovagare per Hogwarts durante l'orario delle lezioni.
Poteva aver ricevuto un incarico speciale.
Sì, quella era la scelta più saggia.
Tuttavia l'istinto lo guidò per un'altra strada, verso un corridoio illuminato da enormi vetrate, al quinto piano. Verso l'ufficio di Silente.
Tom non sapeva bene perché, ma credeva che l'insegnante di Transfigurazione fosse l'unica persona a cui potesse rivolgersi.
Non aveva ancora frequentato una sua lezione, dall'inizio dell'anno scolastico. Non lo vedeva oltre che al tavolo degli insegnanti, in Sala Grande. Non ci parlava da quando si era ritrovato con lui sull'Espresso per Hogwarts.
Ma quell'uomo gli ispirava una strana fiducia. Una fiducia che non aveva mai provato nei confronti di nessun altro docente, o studente della scuola di magia.
Non aveva intenzione di raccontargli il suo sogno.
La sua mente era l'unico posto in cui nessun altro poteva entrare. L'unica cosa che nessuno oltre a lui poteva capire. E non aveva intenzione di renderla accessibile ad un estraneo. Non un'altra volta.
E allora perché continuava a camminare verso quella porta?
Si fermò e fece per bussare, ma dentro di lui si fece spazio la vocina saggia e prudente della sua coscienza.
Non puoi disturbarlo ora... forse ha lezione.
Giusto, forse sarebbe meglio tornare indietro...
Torna indietro, Tom. Non vale la pena di andare a raccontare i tuoi sogni in giro. Sono una cosa che riguardano solamente te.
Già...
Non bussare, Tom. Torna indietro.
-Riddle, non immaginavo di trovarti qui.-
Tom si voltò verso la fine del corridoio.
Veniva verso di lui. Alto, magro, con il suo solito cappello a punta e la sua lunga barba scura. Albus Silente.
Il ragazzo fece per ribattere. Aveva sempre la risposta pronta, in quei casi. Sfortunatamente, in quel momento no. Così Tom si limitò a boccheggiare e rimanere in silenzio.
Silente proseguì verso di lui. -Beh, immagino tu non sia qui, come me, per ammirare il bellissimo paesaggio di Hogwarts dalle vetrate.- disse pacatamente -A volte i maghi, specialmente quelli più giovani, tendono a sottovalutare ciò che ci sta più vicino, ciò che vediamo più spesso. Ad esempio, ricordo di essere passato per questa vetrata diverse volte. Tuttavia, mi rendo conto solo ora che il salice piangente del parco cambia angolazione a seconda della posizione del sole. Confesso di non averci mai fatto caso, in precedenza. Non si finisce mai d'imparare.-
Tom raggiunse il professore, di fronte alla vetrata.
-E' vero.- ammise il ragazzo -L'albero si muove.-
Silente annuì. -Il nostro più grande difetto è quello di tendere sempre a guardare verso l'orizzonte, ignorando ciò che è accanto a noi. Le cose che ci sono poste accanto non sono tutte inutili. Molte servono a prepararci per ciò che verrà dopo, più lontano.-
Il ragazzo scrutò le immense distese di Hogwarts, il parco, la Foresta Proibita. Non ci metteva piede dal giorno in cui aveva varcato per la prima volta la soglia del castello, il primo settembre.
Sembrava tutto così tranquillo, così sicuro.
Ma le cose non sono sempre come sembrano, e Tom era sicuro che ci fosse una ragione, se il preside Dippet aveva vietato agli studenti di uscire dai portoni di quercia.
Ci volle un'altra decina di secondi perchè Tom riuscisse ad ignorare completamente la vocina che continuava a ripetergli
...non parlare... non dire niente del sogno... inventa una scusa e torna al dormitorio... -Professore,- disse infine -ho fatto un sogno.-
Silente continuò a fissare la vetrata. -Un sogno insolito, presumo, o certo non saresti qui a parlarmene, non credi?-
-Un sogno oscuro. Mi chiedo che collegamento possa avere quel sogno con la mia vita.-
Tom si aspettava che Silente dicesse qualcosa, gli rivolgesse una qualche domanda. Ma rimaneva in silenzio, senza costringerlo a dire altro che ciò che aveva intenzione di dire.
Ma quel silenzio lo costrinse a scavare ancora di più nella sua mente, alla ricerca di quelle cupe immagini.
-Insomma, io non conoscevo nessuna delle persone che ho visto. Però erano nella mia testa.-
Silente parlò. -A volte, particolari che possono apparire dapprima privi di significato, nascondono cose importanti per il futuro. Forse più avanti capirai il significato del tuo sogno.-
-Ma io non voglio capirlo più avanti. Io l'ho sognato ora, e dev'esserci un motivo. Forse è una premonizione. Forse mostra qualcosa che potrei cambiare. Ma devo interpretarlo ora.-
Silente sembrava lieto di accorgersi che il ragazzo aveva smesso di misurare le sue parole con il contagocce, prima di esporre le sue frasi. -E perché ti rivolgi a me?- chiese.
-Beh...- Tom rifletté qualche secondo, prima di accorgersi che la risposta più corretta era anche la più semplice -Perché credo che lei possa aiutarmi.-
Il professore distolse finalmente lo sguardo dalla vetrata, per fissare gli occhi del ragazzo. -Seguimi, Tom. Credo di avere qualcosa che possa aiutarti, nel mio ufficio.-
L'ufficio di Silente era il più strano che Tom avesse mai visitato.
Lunascopi, clessidre, astromappe, cannocchiali, telescopi, ed una marea di altri oggetti che il ragazzo non riconobbe troneggiavano sulle scaffalature delle mura in pietra. Il trespolo della fenice era appostato in un angolo, accanto al camino, dove l'uccello gorgogliava maestosamente. A pochi metri da esso, la scrivania in legno era occupata da altri curiosi oggetti, pergamene, grossi volumi antichi dalle pagine ingiallite dal tempo, una candela spenta, ed una lunga penna d'aquila.
Il professore si diresse verso l'armadio, ed estrasse un basso bacile di pietra, decorato con incisioni si rune e simboli sconosciuti.
Tom riuscì a notarne il contenuto solo quando Silente lo poggiò sulla scrivania, e si risedette di fronte al ragazzo.
Non aveva mai visto nulla del genere. Era una materia, argentea, a quel che pareva, a metà tra lo stato liquido e quello gassoso, che s'increspava e prendeva a vorticare, come mossa da un soffio di vento. Emanava una luce biancastra, luminosa quanto quella di un piccolo sole argenteo.
-Che cos'è?- chiese al professore.
Silente prese a fissare il bacile di pietra. -Questo, Tom, è un Pensatoio.-
Oh, adesso si che è tutto chiaro... sussurrò una vocina sarcastica nella mente del ragazzo.
-Quella sostanza che vidi qui dentro, non sono altro che i miei pensieri.-
Fin qui tutto chiaro. C'era solo un piccolo particolare che non quadrava. Cosa ci facevano i pensieri di Silente in quel contenitore?
-Non tutti, ovviamente. No, la maggior parte è ancora racchiusa nella mia mente. Penso che tu ti accorgerai presto, se non lo hai già fatto, che avere troppi pensieri per la testa non fa che confondere le idee.-
Beh, sì, in un certo senso...
-E' più semplice ricordare e riflettere quando si ha una 'seconda memoria' a disposizione. Non so se mi spiego.-
Silente gli lanciò uno sguardo con quei sui penetranti occhi azzurri, e Tom si affrettò ad annuire.
-Sta a vedere.-
Estrasse la bacchetta dalla veste e la puntò alla sua tempia, tra i capelli scuri. Poi la allontanò lentamente dal volto, attirando nel pensatoio una lunga scia di quella sostanza argentea, che ricadde sulla superficie luminosa e prese ad incresparsi.
Poi, ad un altro lieve tocco della bacchetta, la sostanza prese a vorticare, e formare una figura nell'aria, davanti ai loro occhi.
Era il volto di Tom.
Il ragazzo rimase a fissare la sua copia in silenzio, a bocca aperta, finché quella non parlò.
-Un sogno oscuro. Mi chiedo che collegamento possa avere quel sogno con la mia vita.-
Un altro tocco della bacchetta, e la figura si ritrasse nel bacile.
Improvvisamente Tom si rese conto di cosa aveva in mente il professore.
Ecco... riprese la vocina... io ti avevo avvertito. Mai aprire la mente ad estranei...
Ma il ragazzo la ignorò nuovamente. Voleva sapere, voleva solo sapere il significato di quel sogno...
-Va bene, professore.- disse infine -So cosa vuole fare. Va bene. Può entrare nel mio sogno.-

Fu come spiccare un'enorme capriola in avanti.
Improvvisamente Tom si trovò ancora una volta nel suo sogno, come la notte precedente.
Guardò in alto. L'ufficio non si vedeva più. Non era rimasta traccia della fessura attraverso la quale erano entrati nel Pensatoio.
Silente era dietro di lui, e fissava serio ed imperturbabile il macabro paesaggio che li circondava. Ancora quel cimitero.
Ancora quella cerchia di uomini con la veste nera che sogghignavano sotto il cappuccio.
Tom rabbrividì, e si maledisse per aver deciso di tornare in quel posto orribile. Si fece largo tra gli uomini, che lo ignorarono deliberatamente, e raggiunse il centro della cerchia.
Ed eccolo lì, di nuovo quel ragazzo legato ad una pietra tombale. Ancora quell'uomo con il volto da mostro.
Quel volto orribile, quegli occhi rossi assetati di sangue, quel colorito bianco come quello di un cadavere, che sogghignava davanti allo sguardo carico di terrore del ragazzo.
Tom lanciò a Silente uno sguardo supplichevole.
Ti prego, andiamocene... per favore, torniamo indietro...
Poteva sentirlo. Poteva avvertire il gelo di quella notte, il male che aleggiava nell'aria.
Ma Silente non si mosse.
L'uomo dal volto serpentino parlò ancora una volta, con quella voce gelida, sibilante...
-Ed eccolo qui... il ragazzo che tutti voi avete creduto fosse stato la mia fine...-
Tom indietreggiò.
Non voleva guardare. Non voleva assistere ancora a quella terribile scena...
L'omo avanzò lentamente, e si voltò a guardare il ragazzo, la bacchetta levata. -Crucio!-
Il ragazzo si contorse, cercò di urlare, nonostante il tessuto che lo imbavagliava soffocasse ogni suo lamento disperato.
Fa che finisca... Non voglio vedere...
Poi tutto cessò. L'effetto dell'incantesimo svanì, ed il ragazzo rimase abbandonato contro le corde che lo legavano alla lapide.
E gli uomini ridevano.
-Vedete, credo,- riprese l'uomo -che sciocchezza è stata credere che questo ragazzo sarebbe mai potuto essere più forte di me. Ma io voglio che non ci siano dubbi nella mente di nessuno. Harry Potter mi è sfuggito solo per una circostanza fortunata. Ed io ora dimostrerò il mio potere uccidendolo, qui e ora, davanti a tutti voi, ora che non c'è nessun Silente ad aiutarlo e nessuna madre a morire per lui. Gli darò un'opportunità. Potrà battersi, e voi non avrete più dubbi su chi di noi è più forte. Ancora un po', Nagini.- sussurrò poi rivolto al serpente che strisciava accanto alla tomba, che si allontanò sibilando verso la cerchia di uomini.
-Ora slegalo, Codaliscia, e ridagli la bacchetta.-
L'uomo chiamato Codaliscia si avvicinò al ragazzo, che tentò di reggersi in piedi. Poi sfilò il tampone di tessuto che lo imbavagliava, e tagliò le funi con un colpo secco del pugnale. Fu allora che Tom la vide. Allora l'incisione della lapide fu visibile, dietro al ragazzo.
Quelle poche, semplici parole inscritte nella pietra.
Tom Riddle, 1942.
  
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