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Autore: ceciotta    08/07/2010    1 recensioni
Una mia nuova storia, spero che vi piaccia. secondo capitolo modificato
Gli occhi si riaccesero e il ragazzo annaspò per ritrovare aria, come dopo essere stato troppo sott’acqua. Regolarizzato il respiro, Neshfir rimase per un attimo immobile mentre la ferita si richiudeva del tutto. Infine si tirò su, guardandosi attorno: i suoi compagni lo fissavano immobili, tradendo apprensione.
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Prologo


Jeb cadde in ginocchio, sfinito. Con gli occhi colmi di lacrime guardò il corpo di Neshfir e si chiese se fosse effettivamente finita. Trasalì quando due mani si posarono sulle sue esili spalle e alzò il volto: suo padre era in ginocchio accanto a lui e piangeva, sorridendo.
“Ce l’hai fatta, Jeb… L’hai sconfitto…” mormorò. “Sono davvero orgoglioso di te”
Jeb tirò su col naso. Stentava a credere che fosse morto davvero.
L’uomo si rialzò e lo prese in braccio. Il ragazzino lo lasciò fare, ancora scombussolato. Il tempo di festeggiare sarebbe venuto, ma al momento non ce la faceva.
Il professore guardò indifferente la scena. “Ora andiamocene. Qualcuno potrebbe aver sentito qualcosa e non voglio che la polizia faccia troppe domande” disse.
Il padre di jeb gli lanciò un’occhiataccia. “Mio figlio è stanco, ha appena combattuto” disse, arrabbiato.
“Riposerà in viaggio” replicò il professore. Aspettò che l’uomo si fosse allontanato, poi lanciò uno sguardo al bosco e li seguì.

Una figura barcollava nella notte, i vestiti inzuppati di sangue. Neshfir digrignò i denti, il corpo che aveva occupato non era adatto ad essere posseduto.
Poveri stolti, non avevano capito nulla… Pensavano di averlo sconfitto e ci erano quasi riusciti, ma non si erano accorti del suo piano di riserva. Ora però doveva recuperare un altro corpo, più giovane, in cui poter riprendere le forze.
Il pastore che aveva posseduto era vecchio e aveva dovuto ferirlo per farlo stare buono. Lo sentì ribellarsi alla sua presenza e quasi cadde. L’odio verso quel vecchio e tutta la sua specie lo travolse e un grido disumano uscì dalla sua bocca, ossia quella del suo ospite. Lui, il potente Neshfir, costretto a strisciate, allo stremo delle forze, mentre quell’essere inferiore ferito gravemente riusciva quasi a combatterlo. Odiava gli umani, doveva riprendersi la sua rivincita, doveva annientarli fino all’ultimo, debole individuo.
‘Tornerò’ pensò, mentre arrancava, trascinando quel corpo martoriato. ‘Tornerò e pregherete di morire al più presto’
Percepiva il terrore del vecchio e quella paura gli diede la forza di ghignare.
‘Già, tornerò, peccato che tu morirai prima… Non puoi fermarmi, vecchio. L’unico che poteva farlo mi crede morto’ gli disse.
Poi la vista di una casa gli ridiede la speranza. Neshfir percepì altre forme viventi, ormai era salvo. Quasi strisciò verso la costruzione a due piani e si diresse verso la luce che filtrava dalla finestra. Sentiva dolore provenire da qualcuno e se ne nutrì per fare gli ultimi metri.
“Spingi, amore mio. Spingi, è quasi finita” diceva un uomo con voce rotta, mentre una donna urlava.
Neshfir sbirciò dentro e vide quattro persone nel salotto. La donna dalla pancia enorme era sdraiata su un lettino e teneva le gambe piegate e divaricate, mentre il marito le stringava la mano.
Il medico era chino sulla donna e, intuì Neshfir, la stava facendo partorire, assistito da un’infermiera. Valutò le sue possibilità: il medico aveva già una cinquantina d’anni ed era troppo in là per fare ciò che voleva; la invece coppia era giovane, sui trentanni, forse meno, ma la donna stava partorendo e comunque sembrava troppo esile per superare lo choc, e poi erano entrambi troppo al centro dell’attenzione: rischiava di farsi scoprire. L’infermiera sembrava invece il candidato perfetto: era molto più giovane e al momento si era allontanata per recuperare qualcosa da un carrello pieno di strumenti. Eppure… Neshfir lanciò un’occhiata al pancione. E se… Certo, il trauma poteva ucciderlo, ma se fosse successo si sarebbe diretto subito verso l‘infermiera, e c‘era il vantaggio che il bambino non si sarebbe accorto di nulla.
Neshfir abbandonò il corpo del vecchio, sfruttando tutte le risorse del suo ospite che cadendo si sgretolò in cenere e la donna urlò più forte mentre il suo ventre subiva una contrazione diversa dalle altre.
Ci siamo quasi… annunciò il medico, mentre la testa spuntava.
Dopo alcuni dolorosi minuti, il pianto di un bambino riempì la stanza.
La donna ricadde sul lettino, singhiozzando di felicità, mentre il marito l’abbracciava.
L’infermiera si avvicinò, un sorriso a trentadue denti, con il bambino avvolto in un asciugamano sterilizzato tra le braccia. “Complimenti, è un bel maschietto” disse, mettendoglielo in grembo.
La donna lo prese e sorrise tra le lacrime, mentre insieme al marito guardava quegli occhioni spalancati sul mondo.
“Gary” mormorò. “Ti chiamerò Gary”

   
 
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