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Autore: Yumeji    10/07/2010    1 recensioni
Questa breve FF parla dei pensieri di Sebastian dopo aver ottenuto ciò che voleva, è ambientata nel luogo dell'ultima scena dell'anime, scusate se non mi sono dilungata troppo sulle descrizioni dell'ambiente :P
L’unica goccia cristallina che gli solcava il viso proveniva dal pianto di un corvo che, dall’alto muro del rudere, aveva assistito alla scena.
P.s: Non consigliato a chi non ha visto l'ultima puntata ovviamente :P
commentate ^^
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Salve gente, e visto che l'altro sembra esservi piaciuto, ecco a voi l'ennesimo frutto della mia insonnia :-D 
Questa volta si tratta del mio personaggio preferito Ciel. Ho voluto approfondire ciò che Sebas-chan si diceva tra se e se nell'altro capitolo, questa volta però è dal punto di vista del signorino, ovvero nel momento in cui viene "divorato" :P
Inizialmente questa FF non doveva essere ricollegata cosi tanto a quell'altra, ma alla fine rileggendola ho capito che, senza la prima che ho scritto, questa non avrebbe molto senso XD

p.s: le frasi in corsivo sono i pensieri di Ciel e avvertitemi se trovate errori di battitura/grammaticali. Grazie ;-)))






Ciel rimase lì, immobile, intorno a lui solo l’oblio del niente, l’oscurità infinita...

Privato di ogni cosa.

Non sapeva più chi era. Non aveva più coscienza di se stesso. Non si rendeva conto se fosse ancora vivo oppure già morto.

Per lui più nulla esisteva, ne era mai esistito. Tutta la sua vita sembrava essere stata ingoiata da quel buio abisso senza fine. L’unica percezione che aveva del mondo, l’ultima, era un dolore atroce e continuo, che sembrava distruggerlo, legandolo ancor di più a quel oscurità.

Non aveva un corpo o, almeno, non lo percepiva, però la sofferenza che impregnava tutto il suo essere, sin nelle profondità di ciò che era stato, assai differente dal dolore che lo colpiva, quella, la sentiva e sapeva essere sempre stata in lui.

Ora però, la piccola parte dalla sua mente, che ancora ragionava, si chiedeva: Cosa ci faccio in questo luogo?

Aspetto... Si rispose, ma che cosa?

Di divenire parte di questo nulla.

Da quanto tempo è che attendo..? Ecco, questo, non lo sapeva.

Lì il tempo sembrava infinito, potevano essere passati minuti, secondi o anni, da quando si era ritrovato lì, ma credeva di esserci stato da sempre. Per quanto una parte di se stesso lo negasse, provando a rievocare in lui memorie di altri luoghi, il loro ricordo era però perso in quell'oblio. Non aveva niente a cui afferrassi, niente per poter uscire da quel pozzo oscuro.

Ormai di lui non rimaneva nessuno, solo cenere, priva persino di un qualunque sbuffo di fumo.

Tutto sembrava essere perduto, eppure, in quel momento, Ciel vide qualcosa...

Dal nulla di quel buio infinito, scendeva dall’alto, proprio davanti ai suoi occhi, un qualcosa di sottile, quasi trasparente, simile al filo di una ragnatela.*

Inconsciamente il ragazzo tese la mano, afferrando quel filo tanto fragile e delicato.    

In esso vi era custodito un qualcosa che non avrebbe mai abbandonato il suo animo tanto facilmente.

Il solo ricordo, la sola immagine a cui i riuscì ad aggrapparsi... L’unica che gli era rimasta...

 

 A quanto pare, nella cenere era rimasto ancora un piccolo pezzo di carbone, che sembrava pulsare, proteggendo all’interno il calore del fuoco.

 

 Ciel spalancò gli occhi, rendendosi conto solo in quel momento di averli tenuti chiusi, e venne subito accecato dall’intensa luce di quello che credette essere l’inferno. Dopo il nulla nel quale era sprofondato, di fronte a lui, alte fiamme cremisi erano apparse, incominciando a divorare quel oscuro oblio, e ora lo avvolgevano, nutrendosi anche del suo corpo.

La sofferenza che provò in quei momenti era indescrivibile, ogni volta che credeva di averne raggiunto l’apice, ecco che essa cresceva, sempre, sempre più. Sembrava come se le fiamme si portassero via un piccolo pezzetto di lui poco per volta, più desiderose di torturarlo che di bruciarlo.

Il piccolo Conte però non urlò, non ci riusciva, gli mancava l’aria nei polmoni, e poi il suo orgoglio non glielo avrebbe mai permesso. Soprattutto, non davanti a quei macabri volti impressi tra le fiamme, che sembravano deriderlo con i loro sorrisi pazzi e crudeli. Non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di vederlo debole, neanche in quel momento in cui le fiamme lo dilaniavano.

Sapeva di non poter chiedere aiuto e di non poter lasciar scorrere le lacrime che tentavano di salirgli agli occhi...

Perché?

Il dubbio si instaurò nella sua mente, perché?

Perchè non poteva cedere alla disperazione nei confronti dell’oblio che stava per portarlo via?

Perchè non poteva allungare la mano sui quei visi illusori e supplicarli di salvarlo?

La risposta era semplice e gli affiorò sulle labbra senza che nemmeno se ne rendesse conto.

 

-Ciel Phantomhive - tinte di rosso dalle fiamme danzanti, quelle parole vagarono veloci nel suo inferno, come un vento gelido, simili ad un pioggia fresca o alla neve leggera, che si deposita dolcemente sul terreno, -...Io sono Ciel Phantomhive - ripeté e, anche se il dolore non si era placato, quella consapevolezza gli causò subito un enorme sollievo. Sapere chi fosse gli impediva di cadere, di lasciarsi rinchiudere nuovamente in quel nulla, che ancora allungava le sue mani temibili su di lui.

Per quanto fosse piccola, una parte del signorino si ricordava ancora ciò che era e il significato del fuoco che lo avvolgeva: erano le fiamme di cui aveva visto vestito suo padre nel loro ultimo incontro, le stesse che, più di una volta, avevano distrutto la sua casa e, nuovamente, che avevano divorato Londra quando la vide poco prima della sua fine...

Ma non solo.

Quelle fiamme cremisi, i cui colori divenivano sempre più simili a quelli dal sangue e a due occhi che Ciel non ricordava di aver mai incontrato, manifestavano l’essenza stessa della sua anima.

Consumata, divorata, bruciata dal dolore, dall’odio e dalla vendetta.

 

Questo era ciò che rimaneva dell’anima di Ciel Phantomhive e, per quanto Sebastian continuasse a cibarsi del resto, non gliel’avrebbe mai potuto togliere. 

Strano come siano i ricordi più dolorosi, quelli che ci piacerebbe cancellare, gli unici che, in realtà, non riusciamo mai a dimenticare, pensò, sapendo che il fuoco non lo avrebbero mai consumato, che il dolore non sarebbe mai scomparso e che quel oscurità oltre alle fiamme, differente dal nulla di prima, non sarebbe mai divenuta luce. 

Solo i volti non riusciva a comprenderli, per quanto gli fossero familiari, di loro non vi era alcun ricordo, ma forse, in realtà, non li aveva conosciuti.

Ciel sorrise, poco importava di chi fossero quelle facce.

Un patto con un demone... Il “maggiordomo perfetto”. Ecco, le cose che non poteva dimenticare, oltre ai sentimenti che avevano reso nera la sua anima.

Sebastian gli aveva promesso il nulla, una volta concluso il loro contratto, allora perché il piccolo Conte era finito all’inferno? Impossibile che il demone avesse sbagliato, che si fosse fatto sfuggire anche un solo briciolo della sua essenza. Eppure...

Cosa significava tutto questo?

Ciel scoppio a ridere, forse influenzato da quelle risate pazzoidi, risuonanti nel fuoco, che non sembravano aver alcuna intenzione di tacere. Aveva la sensazione che Sebastian sarebbe giunto sin lì, arrivando persino a ribaltare tutto l’inferno, per rubargli anche l’ultimo pezzetto di anima rimastogli. Più di una volta il demone gli aveva dimostrato quanto desiderasse divoralo.

Ora però il signorino, ai confini della follia causata dal proprio inferno, si chiedeva quale delle due punizioni fosse la più crudele tra le fiamme e il nulla.

 

Forse però non lo avrebbe mai scoperto.

Perché, un corvo, aveva poggiato le proprie ali sul suo corpo abbandonato. Trovando lì, ciò che di lui era rimasto.

Quel tizzone ardente avrebbe potuto causare ancora qualche bel incendio, nel luogo adatto.

Toccava solo a quel l’uccellaccio trovare il posto giusto...  

 

Ciel Phantomhive prima o poi sarebbe tornato, forse non come Ciel Phantomhive, ma lo avrebbe fatto.

Per la felicità del suo “maggiordomo perfetto”.

 

 

The End,
e, stavolta, lo è sul serio  :)

 

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* : piccolo rifermento alla puntata dell’anime in cui Ciel dice che se l’unica via d’uscita da un pozzo fosse stata la tela di un ragno, lui sa l’avrebbe fatta bastare.


Questa FF non ero sicura di pubblicarla,  vi chiedo qualche consiglio per migliorarla, Grazie.

Continuando, ringrazio Nikkai, Gioia_92, Aphrodite e  Errors11 per aver commentato,  siete GRANDI :D
E, sperando che vi sia piaciuta, di non essere stata OOC (anche se credo di esserlo stata), di non aver fatto grossi errori grammaticali/battitura o di aver esagerato con le virgole...

Vi saluto e alla prossima ;-)))

p.s: Please commentate, ogni suggeriemto è bene accetto.

  
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